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venerdì 11 novembre 2011

Come riconoscere un illusionista che parla di illusioni

Di Carlo Felici

Data la recente nomina a senatore a vita di Mario Monti e considerato che egli viene oggi ritenuto il più probabile prossimo premier di un governo di coalizione, mi pare opportuno riflettere sulla cultura e sull'esperienza di tale personaggio, a partire proprio dalle sue dichiarazioni ed in particolare, da un articolo di qualche tempo fa, uscito sul Corriere, che allora ebbi prontamente modo di criticare in un mio intervento che oggi vorrei riproporre, perché lo ritengo tuttora estremamente attuale.

"E’ uscito sul Corriere un articolo di uno dei cosiddetti “guru” dell’economia mondiale, che alcuni vorrebbero anche alla guida del nostro Paese: Mario Monti

Esso parla esplicitamente di due grandi illusioni, quasi equiparandole: quella del sogno marxista e quella del sogno berlusconiano.

Ora, a parte il fatto che Marx come economista, e oggi ancor di più come filosofo, è studiato in tutto il mondo e tuttora apprezzato per la sua vasta opera, non solo di natura economica ma anche “umanistica”. come i manoscritti economico-filosofici del 1844, e in particolare, per le sue profezie sulla crisi irreversibile del capitalismo che si stanno puntualmente avverando oggi, a parte questo piccolo particolare, che si aggiunge alla perfetta irrilevanza di Berlusconi sul piano culturale, economico e anche politico a livello internazionale, poiché oltre le Alpi egli non suscita né sogni e tanto meno incubi ma solo grasse risate, ecco, direi che il nostro “guru” va un po’ a ruota libera; probabilmente su un giornale che tanto libero non è.

Marx aveva perfettamente capito che gli economisti borghesi erano nel torto quando affermava che se il valore di una merce è causato, in ultima istanza, solo dal suo prezzo, al punto che solo il prezzo determina il suo effettivo valore, allora tutto è affidato al caso, poiché in una società che si fonda esclusivamente sul profitto, i prezzi sono quanto di più volatile esista. E il mercato, in tal senso, non ha la forza né consistenza sufficiente per regolare la vita sociale: se così risulta nelle società capitalistiche, è perché oltre al mercato interno esse possono giovarsi delle migliori condizioni per sfruttare i mercati esteri delle colonie. Cosa che accade tuttora, rovesciando regimi democratici o imponendo guerre in zone cruciali per l’approvvigionamento di materie prime.

Marx, in definitiva, voleva rendere consapevoli gli economisti borghesi che se non fosse stato possibile stabilire una legge del valore in maniera non arbitraria, il capitalismo si sarebbe autodistrutto, in quanto nessun assetto sociale può fondarsi sul più assoluto arbitrio, e che se quella possibilità si fosse realizzata, il capitalismo sarebbe collassato a favore del socialismo.

I sintomi della crisi strutturale del capitalismo sono ormai endemici, e quel che viene fatto nei vari stati e spacciato per riforme strutturali o di sistema, non è altro che la maschera impositiva di un sistema che, nella sua agonia, è disposto a tutto pur di non auto annientarsi, generando però, in primis, l’autoannientamento delle persone che sfrutta.

Rileva giustamente Leonardo Boff: “Trovandosi in una situazione di crisi, il sistema neoliberista tende a radicalizzare la propria logica e l'ulteriore utilizzazione della forza lavoro. Invece di cambiare rotta, fa sempre di più la stessa cosa, diventando una pesante croce sulle spalle dei lavoratori.” E ancora: “A causa della crisi, le aziende e i loro managers portano la competitività al limite estremo, chiedono obiettivi quasi irraggiungibili, generando angoscia, paura ed a volte attacchi di panico nei lavoratori…La ricercatrice, Margarida Barreto, medico specialista in medicina del lavoro, ha osservato in un sondaggio realizzato tra 400 persone, l’anno scorso, che quasi un quarto di loro aveva tendenze al suicidio a causa delle richieste eccessive di lavoro. E dichiarò: “dobbiamo vedere il tentativo di commettere suicidio come una denuncia importante delle condizioni di lavoro imposte dal neoliberismo negli ultimi decenni..” Conclude Boff: “Nelle analisi fatte della crisi attuale, è importante includere questo fattore perverso che è l'oceano di sofferenza che viene imposto al popolo, specialmente ai poveri, con lo scopo di salvare il sistema economico, controllato da pochi gruppi, estremamente forti, ma inumani e spietati. Un motivo in più per superarlo storicamente, oltre che per condannarlo moralmente.”

Alla luce di queste considerazioni, ci appare dunque piuttosto riduttiva e semplicistica la considerazione di Monti in base alla quale ci sarebbe, per passare dall’illusionismo ad un sano realismo e proteggere le fasce più deboli e sempre più vaste della popolazione, l’ “esigenza di tutelare al meglio e pragmaticamente tali interessi nel contesto di economie di mercato che devono affermarsi nella competizione internazionale.”

Quasi che il pragmatismo possa coincidere con un mero incremento di competitività e produttività, senza capire bene in che termini si possa passare ad un reale incremento dei valori, in termini di competitività e produttività. Non si può infatti considerare il valore solo sotto l’aspetto della “merce materiale”, ma piuttosto lo si deve inquadrare in una dimensione valoriale più ampia.

I beni di consumo, le merci, gli oggetti in generale, hanno un loro specifico valore materiale, ma l'uomo è libero solo quando possiede la facoltà di attribuire a quelle stesse cose un valore diverso, collegato a condizioni o situazioni immateriali dell'esistenza. L'uomo è libero solo perché può usare le cose a prescindere dal loro valore materiale.

In un contesto in cui si muore di fame, come un lager o un gulag, un pezzo di pane può avere un grandissimo valore, ma non ne ha alcuno (dal punto di vista materiale) per chi lo butta, perché un po’ indurito e avanzato dopo il cenone di Capodanno

I valori spirituali - se sono puri, spontanei, autentici - sono infinitamente superiori a quelli materiali, ed essi non possono essere valutati né sulla base dei costi produttivi, né sulla base del tempo lavorativo.

L’Italia ha prodotto le sue migliori bellezze artistiche fuori da ogni logica di produttività di mercato o di tempi di lavorazione.

Un valore spirituale che è indispensabile per la stessa sopravvivenza e qualità della vita umana (p.es. amicizia, affetto, gratitudine...) può attribuire un valore immenso a una cosa che nel mercato può risultare insignificante, poiché le imprime un carattere simbolico, e, viceversa, può rendere superflua, inutile, una cosa che sul mercato può avere un grande valore commerciale.

Una cosa ha valore per l'uso che se ne fa, ma, oltre a ciò, essa ha il valore che l'essere umano, in quel momento e in quel determinato contesto, le attribuisce. Se le cose hanno un valore che prescinde dalla volontà degli utilizzatori, questi ultimi risultano inevitabilmente servi obbedienti delle merci.

Quando un essere umano non riesce ad apprezzare il valore simbolico di un oggetto, allora egli è schiavo di quella attitudine ad attribuire alle cose solo un valore materiale. Anche il capitalismo quindi cerca di generare valori simbolici (tramite la pubblicità, le mode, le grandi firme ecc.) con cui realizzare maggiori profitti.

E dunque spinge verso una competitività basata più che su un valore d’uso, su una “merce” a cui attribuire in maniera “alienata” valore simbolico.

Questa è la costruzione del “pensiero unico globalizzato” a fini di profitto. Una “massa di conformisti” da cui non si può evadere, pena la frustrazione, fino al suicidio.

Monti cita la riforma Gelmini come “cartina di tornasole” per la riuscita di questa tendenza “pragmatica” che ha però annientato l’artigianato dell’insegnamento dell’Educazione Tecnica riducendolo a informatica di base, ha ridotto ore preziose di Italiano a scapito di “terze lingue” solo accennate, ha accorpato nei licei in un unico insegnamento ore di Storia e Geografia, e questi sono solo alcuni esempi di misure che sono state mirate soltanto a tagliare risorse economiche ad un settore cruciale dove si impara, fin da giovani, mediante la cultura, come attribuire ad un oggetto di studio un valore simbolico vero, libero, autentico. Provvedimenti che hanno premiato scuole private dove, per stessa ammissione dell’OCSE, la competitività culturale è fortemente ribassata.

Quali sono allora le vere amare illusioni di cui ci si vuol parlare?

Cosa possiamo concludere sui veri illusionisti che hanno, come lo stesso Monti ammette, incoraggiato già da 15 anni quella che ritenevano dovesse essere una sorta di “rivoluzione liberale” senza avere, come si rileva anche da certi articoli, un briciolo di cultura in merito a quella che è l’essenza di un autentico liberalismo?

Vogliamo sentire un vero esperto di “rivoluzione liberale”, vogliamo ascoltare Gobetti invece di Monti o Berlusconi? Ebbene, è presto fatto:

“La teoria liberale non ha mai dimenticato che l’attitudine prima dell’uomo di governo sarebbe quella di sapersi fermare al momento giusto prima di decidere: la virtù del dubbio e della sospensione del giudizio, la capacità di dar ragione all’avversario è la miglior preparazione all’intransigenza e all’intolleranza operosa” (Gobetti: La rivoluzione Liberale)

Nei governi “berlusconiani” non abbiamo forse visto l’esatto contrario di tali affermazioni, non abbiamo forse assistito all’assolutismo del “ghe pensi mi” che è riuscito a cacciare dal suo ambito tutti quelli che se ne sono discostati anche minimamente: Follini, Casini, Fini..e affini..? Quando mai si è praticata la sospensione del giudizio, operando piuttosto verso la stessa delegittimazione di ogni giudizio che non fosse quello del “capo"? Quando mai si è presa in considerazione quella “ragione avversa”, bistrattata piuttosto negli insulti e nelle più bieche risse, anche nelle aule parlamentari?

E vogliamo sentire anche Rosselli, quando ci ricorda che “la fede nella libertà è allo stesso tempo una dichiarazione di fede nell’uomo, nella sua indefinita perfettibilità, nella sua capacità di autodeterminazione, nel suo innato senso di giustizia. Il liberale veramente tale è tutt’altro che uno scettico. E’ un credente, anche se combatte ogni affermazione dogmatica; è un’ottimista, anche se ha della vita una concezione virile e drammatica.” Quella concezione che antepone anche nella contrattazione aziendale il bene della comunità, sancito dalla Costituzione, a quello di una categoria o di un oligopolio.

Il quadro dell’operato di governo degli ultimi anni è forse coerente con quel «Liberismo disciplinato e rigoroso» di cui parlò lo stesso Monti nel 1994?

Abbiamo avuto una concezione “virile e drammatica” corrispondente alle parole del Presidente Napolitano che, nel discorso di fine anno, invita a rifuggire “discorsi rassicuranti”?

Perché si vuol mettere sullo stesso piano la “desertificazione culturale” tuttora in atto che impedisce persino il riconoscimento effettivo di un termine come “liberalismo” nel suo significato più autentico e profondo, con il marxismo che tuttora rappresenta uno degli strumenti più efficaci dello smascheramento di quelle feroci illusioni alimentate ad arte proprio per dare alla merce un valore anche simbolico indotto? Una merce che include, nel perverso orizzonte della globalizzazione neoliberista, anche pezzi di organi di esseri umani, ed in particolare quelli più fragili ed indifesi, a partire dai bambini.

Cosa possiamo rispondere a coloro che intesero essere “maestri di illusioni” 15 anni fa ed oggi ci vengono a proporre le loro ricette “antillusionistiche”, quasi ci porgessero finalmente in modo compassionevole un antidoto al veleno da loro stessi generato ed in mera assenza del prodotto più genuino: la cultura liberale? Li lasciamo con i versi di un poeta che di illusioni se ne intendeva più di tanti altri, con i versi di "A Silvia" che forse, in questo caso, potremmo anche declinare al maschile"

“Questo è il mondo? questi

i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,

onde cotanto ragionammo insieme?

questa la sorte delle umane genti?

All’apparir del vero

tu, misera, cadesti...”

E a buon intenditor...poche illusioni.

C.F.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

La lettura di questo post, mi ha lasciato a bocca aperta, senza parole.
Grazie di esistere.

Carlo Felici ha detto...

grazie a te, che ci segui..

de Candia ha detto...

Riconoscere gli illusionisti non è difficile, il problema è che ci sono al mondo (soprattutto nel bel paese) troppi sederi di piombo e facce relative che si ostinano a credere agli "illusionisti" ed alle loro "illusioni"

Carlo Felici ha detto...

..di piombo e di bronzo..

Giorgio Fiandrino ha detto...

Continua a leggere libri di di rivoluzionari come Stato e anarchia di Michail A.Bakunin oppure Il Capitale di Marx, e mi rendo conto che nulla di ciò che di sensato è riuscito a proporre l'uomo che potesse servire al benessere di tutti è sempre stato aggettivato come Anarchico, Marxista oppure semplicemente sbagliato; sono scaturite guerre per soffocare ideali di uguaglianza e dar modo ai potenti di turno di accaparrarsi benessere e aggiungere potere al potere.
Gli operai creatori di ricchezza che non gli spetta erano e continuano ad essere con la loro "Ignoranza" i detentori della verità, e i vari Borghesi con le loro altisonanti parole accaparratori di ricchezze a scapito di chi la produce.
Oggi più che mai questo divario fra realtà e tirannia economico politica sta aumentando e pari passo aumenta la rabbia delle persone che si vedono togliere il presente e il futuro; oggi é solo l'inizio dell'ennesima rivoluzione per la dignità dei poveri, rivoluzione alla quale sembra partecipare anche la natura con le sue recenti alluvioni quasi a sottolineare gli sbagli fatti per il capitale ad ogni costo.

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