ARCHIVIO TEMATICO (in allestimento. Pronto l'indice dei redattori)

sabato 30 gennaio 2016

SENZA GUERRA E SENZA PACE di Checchino Antonini





SENZA GUERRA E SENZA PACE

di Checchino Antonini

La tavola rotonda del primo giorno del congresso di Sinistra Anticapitalista


Il dibattito sulla ricomposizione a sinistra sembra avere espunto dalla propria agenda il tema della guerra e della mobilitazione per fermarla. Eppure le prime pagine della stampa mainstream confermano l’escalation in corso in Medio Oriente proprio mentre a condurre i lavori per il famoso soggetto unico della sinistra sono anche gli eredi – meglio, ciò che resta in Italia – di quello che fu definito la “seconda potenza mondiale” dal New York Times, il grande movimento contro la guerra del 2002-2003. Ora, probabilmente, è vero che quella definizione del Nyt «fu una bufala», spiega Franco Turigliatto, come un’esca alla quale abboccarono in molti per considerare conclusa la lotta per l’egemonia nella società. «Ma quali ostacoli ne bloccano il rilancio?», si chiede Nando Simeone, dirigente di Sinistra Anticapitalista proprio come l’ex senatore che ruppe nel 2007 con il governo Prodi, e fu espulso da Rifondazione con la sua corrente, proprio sul nodo delle missioni militari.
Simeone: «La guerra non figura nell’agenda di Sinistra Italiana»
Simeone e Turigliatto sono stati i protagonisti di una tavola rotonda sulla guerra organizzata nel corso del primo congresso nazionale della loro organizzazione. Con il centinaio di delegati, sono arrivati a Chianciano, infatti, anche i dirigenti di quasi tutto quello che si muove a sinistra al di fuori del controverso progetto della Grande Sel. C’erano Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione che, per non sciogliersi nel “nuovo” Pds, subirà una ennesima mini scissione; Giorgio Cremaschi, lungo passato nella Fiom e un presente in Ross@; Luca Scacchi del Partito Comunista dei Lavoratori. Dibattito vero, a tratti crudo, ma comunque in un clima di buona cordialità tra tutte le organizzazioni coinvolte.
Nella sua introduzione, Simeone ha rievocato l'”oceano pacifico” e le città impavesate con l’arcobaleno e, tredici anni dopo, un paesaggio irriconoscibile segnato dalla sconfitta di quel movimento (Ferrero, al contrario, è convinto che abbia sedimentato) dentro la successione di sconfitte del movimento dei lavoratori. Proprio allora la sinistra radicale perse la faccia sul tema della guerra che, ora, la guerra piomba in casa sotto le spoglie di effetti collaterali, con gli attentati di Parigi o le colonne dei profughi, ma la paura fa trovare un clima accogliente per la militarizzazione delle metropoli, in Italia, così come per lo stato d’eccezione in Francia, sancito dall’union sacrée da Le Pen fino al Pcf e in via di costituzionalizzazione da parte del governo “socialista” Hollande/Valls. «Roma è militarizzata e nessuno sembra aver qualcosa da dire – avverte Simeone – la guerra non figura nelle agende di Sinistra Italiana ma nemmeno in quelle della coalizione sociale (che pare già avaporata, ndr) o dei centri sociali».
In realtà, nel venticinquennale della prima guerra del Golfo, una manifestazione è stata chiamata, a Milano e Roma, da un cartello guidato da Ross@, ma non ha visto marciare insieme i soggetti di questa tavola rotonda. Se per il Partito Comunista dei Lavoratori e Rifondazione è stata meglio di niente, per Sinistra anticapitalista, contenuti e modalità di costruzione erano irricevibili. Il nodo è quello di un neocampismo che affiora sempre più spesso nelle analisi del contesto internazionale e che vizia le mobilitazioni fornendo il miraggio di presunti campi “antimperialisti”, mistificando la natura e il ruolo di personaggi come Putin o Assad.
La proposta di Sinistra Anticapitalista, e dei suoi compagni di strada della rete anticapitalista, è quella di caratterizzare contro la guerra globale – e contro l’Isisi e ogni imperialismo – la giornata del 25 aprile ma quello che potrebbe accadere sulle sponde meridionali del Mediterraneo potrebbe stravolgere l’agenda di tutti.

venerdì 29 gennaio 2016

TUTTI GLI UOMINI DEL RE di Stefano Santarelli





TUTTI GLI UOMINI DEL RE
di Stefano Santarelli


Sono un politico, e noi non abbiamo amici”



Il romanzo di Robert Penn Warren “Tutti gli uomini del Re” scritto nel 1946 e vincitore del Premio Pulitzer, e due anni dopo adattato anche per il teatro, forse non è un libro di facile lettura fosse soltanto per la mole, ma costituisce indiscutibilmente una delle migliori denunce di una politica senza principi morali ed un ritratto spietato di quella statunitense in particolare. Un testo che indiscutibilmente è il miglior romanzo politico americano del novecento nella sua riflessione sull'idealismo corrotto del potere e sulla logica del compromesso per non fare cambiare lo stato delle cose.
Una delle prime recensioni è quella di Orville Prescott, critico del New York Times, che il 16 agosto 1946 elogia così il romanzo: “Nato nel Sud, nel Kentucky, e cresciuto nel Tennessee (…) Warren ha scritto un romanzo accidentato e ostico come una strada di tronchi sulla palude, irrisolto, incerto davanti ai problemi della vita (…) eppure magnifico, vivace da leggere, con tensione scintillante (…) intriso di emozioni feroci, con ritmo narrativo e immagini poetiche scintillanti, non un “romanzo di lettura” (…) ma un testo che non ha pari (…) non da leggere pigri, distesi su un’amaca, ma da divorare sino alle tre di notte, da portare in treno e in metropolitana e leggere mentre aspettate il tram, un appuntamento, l’ascensore o – se capitasse - un passaggio su un elefante (…)”
Ed effettivamente Prescott non ha esagerato con questo omaggio all'opera di Penn Warren.

martedì 26 gennaio 2016

SULLA CRISI DEL CAPITALE (2) di Lucio Garofalo







SULLA CRISI DEL CAPITALE (2)

di Lucio Garofalo




Karl Marx aveva intuito e teorizzato la globalizzazione capitalista oltre un secolo e mezzo fa. Oggi gli stessi economisti borghesi si sono rassegnati di fronte all'evidenza oggettiva e drammatica di un sistema economico che genera solo diseguaglianze crescenti tra ricchi e poveri nella popolazione. 

Non si tratta di un'anomalia, ma di una tendenza intrinseca e connaturata al capitalismo. Che piaccia o meno, poco importa. La realtà dimostra il fallimento di un assetto economico che rischia di condurre l'umanità verso la rovina e la catastrofe. La razione di miseria imposta ai popoli in Europa (i PIGS) non basterà ad arrestare la caduta di rendimento (del saggio di profitto) del capitale finanziario, per cui serviranno altre manovre finanziarie che spingeranno verso una condizione crescente di insopportabilità dei sacrifici imposti ai lavoratori. 

Ormai il capitalismo non ha più nulla con cui tacitare la protesta sociale. Anzi, per sopravvivere è costretto ad estorcere ricchezze in dosi sempre maggiori. Quando il presidente Obama è costretto a raddoppiare i fondi dell’assistenza sociale per sovvenzionare, sottobanco, i supermercati dei distretti popolari statunitensi al fine di evitare drammatiche esplosioni sociali, quando in Europa si procede all’abolizione di ogni copertura di welfare e manco uno solo degli economisti borghesi è stato in grado di prospettare un modo per uscire dalla crisi, il processo di disfacimento totale del capitalismo ha una sua ragion d’essere: costituisce l’irrazionalità del capitalismo stesso rispetto alle ragioni dell’intera umanità. 

lunedì 25 gennaio 2016

ROMA CITTA' ANTI LIBERISTA E ANTICAPITALISTA







APPELLO DELLA RETE ROMANA ANTILIBERISTA E ANTICAPITALISTA



La giunta Marino, insediatasi a giugno del 2013, a fronte di una limitata partecipazione al voto e dopo aver vinto in ogni Municipio della città, si è dimostrata del tutto funzionale alle politiche di austerity imposte dal patto di stabilità, dal pareggio di bilancio, dall’applicazione ferrea del piano di rientro imposto con il cosiddetto “Decreto salva Roma”, attraverso tagli ai servizi, processi di privatizzazione, attacco al salario ed ai diritti dei lavoratori, oltre che sfratti e sgomberi, accompagnati alle solite concessioni alla speculazione cementizia, come nel caso dello stadio della Roma: questi gli elementi caratterizzanti di questa giunta.
Neanche sul versante delle politiche rivolte ai rom e ai rifugiati la giunta è stata capace di rompere nettamente col passato. Al di là delle buone intenzioni e di progetti assai tardivi, ha addirittura incrementato gli sgomberi forzati dei campi-rom e, più in generale, ha perpetuato discriminazione nonché segregazione sociale e spaziale della popolazione rom e sinti, oltre tutto sprecando ingenti risorse pubbliche, come nel caso del famigerato “Best House Rom”. Lo stesso approccio di tipo emergenziale ha caratterizzato le politiche per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti-asilo. Insomma, la giunta Marino si è rivelata del tutto inadeguata ad amministrare una città complessa come Roma, già duramente colpita al cuore dalla gestione fascio-mafiosa della giunta Alemanno, rimanendo anzi in parte coinvolta nell’inchiesta di Mafia Capitale.
Questa giunta, che avremmo voluto veder cadere sotto la spinta della mobilitazione contro le sue politiche liberiste, è invece finita per l’azione di lento logoramento messo in atto da Renzi, attraverso un primo rimpasto ed un successivo “commissariamento di fatto”, durante uno scontro di potere tutto interno al partito democratico, di cui Renzi e Marino risultano due esponenti di rilievo, entrambi candidati alla guida del P.D. durante le ultime primarie.
La congiura di palazzo, vinta dal presidente del Consiglio Renzi, ha aperto la strada a un commissariamento non ordinario, a partire dalla scelta, dichiaratamente clientelare e di fidelizzazione, di lasciare in vita i 15 minisindaci ed i loro consigli, per portare la nostra città al voto amministrativo entro il prossimo maggio 2016, salvo che ancora una volta Renzi non decida diversamente, per evitare una probabile débâcle da parte del suo stesso partito e dei suoi alleati.
Questo ci consegna una città ridotta allo stremo, dove le realtà sociali e politiche di classe sono frammentate e ridotte in un angolo alla strenua ricerca di resistere alla propria sconfitta. In questi anni le lotte coraggiose intraprese da alcuni sui luoghi di lavoro sono rimaste isolate a hanno subito arretramenti e sconfitte. Al tempo stesso non si è riusciti a costruire una risposta di unificazione dei conflitti per la pubblicizzazione della gestione idrica e contro i processi di privatizzazione in atto nei confronti delle aziende del Comune di Roma, Atac, Ama, Farmacap, Assicurazioni di Roma. Gli spazi culturali, quali esperienze germogliate, al centro come nella periferia della città, hanno subito, uno alla volta, la capitolazione in nome della legalità borghese che ha ridotto gli spazi di democrazia. Stessa sorte è spesso toccata agli spazi sociali e alle vertenze ed occupazioni per il diritto all’abitare.
L’eredità lasciata dalla giunta Marino responsabile di queste politiche, defenestrata dalla congiura di palazzo del presidente del consiglio Renzi e da parte del partito democratico è ancora più funesta. Un’eredità fatta di una gestione emergenziale prefettizia che, ai tempi della crisi economica e dell’emergenza antiterrorismo, sotto la guida della borghesia reprime diritti sociali e civili e restringe il campo della democrazia e del dissenso.
Questo “nuovo modello Roma”, non accetta mediazioni sociali, come l’esperienza greca e portoghese hanno insegnato, un modello che accompagna la necessità di applicare politiche di austerity attraverso la repressione del dissenso di chi resiste.
Un nuovo modello al quale la rete romana antiliberista e anticapitalista vuole opporsi insieme con tutti coloro che vogliono operare un reale cambio di passo nella costruzione di un’alternativa, che va ricercata in sintonia con quella sinistra politica e sociale impegnata in questi anni contro le giunte di centro destra-centro sinistra.
La rete romana antiliberista e anticapitalista s’impegna nella costruzione di uno spazio politico pubblico, caratterizzato da forte discontinuità con improvvisati cartelli elettorali di stampo moderato, spesso solo utili al tentativo di sopravvivenza delle burocrazie di piccoli apparati di partito.
Un percorso dove sarà indispensabile mobilitare le realtà territoriali per la costruzione di uno spazio politico dichiaratamente contro il patto di stabilità, costruito e contaminato da rapporti con le altre forze politiche, sociali, sindacali di classe e associative disponibili.
Sarà nostra cura intraprendere da subito in questa precisa prospettiva, attraverso uno sforzo propositivo unitario, in primis verso tutte le soggettività politiche, movimenti e piattaforme di lotta della città che in questi anni hanno lottato sul tema della casa, delle privatizzazioni e dei servizi pubblici, della difesa dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti e dei precari/e e che hanno praticato un’opposizione politica e sociale contro la gestione Marino, Renzi, Gabrielli e Tronca che, in modi differenti, incarnano tutti l’applicazione delle politiche di austerità imposte dalla BCE.
Uno spazio politico utile alla costruzione di un programma per temi, da costruire collettivamente, per un’idea di città che rompa con i dettami delle barbarie imposte dal capitalismo con guerre e austerità.
Una città capace di mettere in discussione il ricatto del Debito e di rompere unilateralmente con il Patto di Stabilità interno che grava sulle politiche di bilancio del Comune di Roma, impedendo politiche sociali che redistribuiscano verso il basso le risorse pubbliche, dove si ponga fine ad ogni finanziamento delle scuole dell’infanzia private; una città che istituisca una Patrimoniale comunale e una tassa di scopo sulle grandi ricchezze per re-internalizzare immediatamente tutti i servizi sociali, costruendo un nuovo modello di governancepartecipativo; una città dei servizi pubblici per tutti e tutte, erogati attraverso municipalizzate, bloccando ogni privatizzazione e ri-pubblicizzando tutte le aziende ex municipalizzate, applicando il risultato del referendum del 2011; una città per la stabilizzazione dei precari/e; una città che promuove un fondo per il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, una Roma che sia in grado di dare un sostegno ai redditi più bassi per lavoratori dipendenti, precari/e e disoccupati/e ed alle loro famiglie; una città, inoltre, attenta alle nuove forme di lavoro e ai diritti che questi rivendicano.
Per una città, infine, in grado di respingere la “politica dei campi” attraverso la chiusura progressiva delle strutture segregative definite ipocritamente “villaggi della solidarietà”, dove centrale è l’accesso a percorsi d’inclusione abitativa e sociale delle famiglie rom e sinti, come previsto dalla Strategia Nazionale d’Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti, dove si costruisca un sistema di accoglienza dei richiedenti-asilo e dei rifugiati, in favore di politiche efficaci che non si limitino alla prima assistenza, ma che ne tutelino realmente i diritti fondamentali e l’inclusione sociale mediante un sistema di accoglienza diffusa e integrata nel territorio.

Rivoluzione industriale 4.0 e Medioevo insorgente di Riccardo Achilli




Rivoluzione industriale 4.0 e Medioevo insorgente di Riccardo Achilli



Il dibattito sull’automazione ed i suoi effetti lavoristici e sociali sta avendo una rinascita, in corrispondenza con quella che sembra prospettarsi come una nuova rivoluzione tecnologica pervasiva, fatta essenzialmente di sviluppi nei settori della intelligenza artificiale, della produzione, uso e distribuzione sostenibile dell’energia, delle biotecnologie e della progettazione digitalizzata in 3D. Qualcuno chiama “Rivoluzione Industriale 4.0” questa ondata tecnologica imminente, che riconfigurerà completamente gli assetti produttivi, occupazionali, sociali e politici del mondo.
Naturalmente non mancano i cantori dell’ottimismo, appositamente convocati per preparare il campo a questi sconvolgimenti che saranno, per chi dovrà viverne la fase di transizione (cioè noi) devastanti non meno di quelli che hanno accompagnato la prima Rivoluzione industriale. Nel campo della green economy, si va da chi, come Jeremy Rifkin, immagina un futuro di “produzione democratica” di energia da parte di autoproduttori individuali proudhoniani, che si scambiano energia fra loro in una rete in cui nessuno può assumere una posizione oligopolistica, all’idea che l’innovazione tecnologica in materia energetica possa risolvere il riscaldamento globale (quando probabilmente il problema è quello, da un lato, di preparare le contromisure nei confronti di un fenomeno già in atto e non reversibile, e dall’altro di preoccuparsi di problemi ambientali altrettanto se non più gravi, come l’eccessiva impronta idrica ed alimentare). La progettazione in 3D vede altrettanti cultori dell’idea neo-proudhoniana della “democrazia progettuale”, in cui gruppi di giovani in blue jeans e senza capitali produce innovazioni tecnologiche nel garage di casa. Le biotecnologie navigano su un’onda che è preoccupante sotto il profilo filosofico, prima che tecnologico, ovvero sull’idea della “costruibilità” e della producibilità e modificabilità manifatturiera della vita stessa, sull’onda dei microrganismi ibridi di Craig Venter, oppure degli Ogm. Idea che a mio parere si rivelerà fallimentare, perché la vita, il cui concetto stesso sfugge ad una definizione specificamente scientifica (la stessa definizione più avanzata della vita, quella di Schroedinger, basata sul disequilibrio energetico stazionario e la capacità di sintesi dall’ambiente esterno, è più che altro una osservazione delle proprietà termodinamiche e chimiche della vita, non una sua spiegazione) è qualcosa che va al di là del volgare bric-à-brac del DNA cui pensano i genetisti. Però questa idea, per quanto fallimentare, modifica profondamente il concetto di vita, riducendolo ad un processo manifatturiero. La vita, spogliata della sua aura di sacralità e mistero, diverrà un prodotto da supermercato disponibile “on-the shelf”, e gli effetti sulle relazioni sociali ed umane saranno devastanti, improntati a cinismo e crudeltà.
Ovviamente sfugge a tutte queste visioni ottimistiche un semplice concetto: dentro una società, l’innovazione tecnologica non è neutra. La direzione che essa imprime dipende dalle relazioni sociali e dai modi di produzione che la generano e la assimilano. Per fare un semplice esempio, la tendenza spontanea dell’accumulazione capitalistica verso forme di oligopolio smentirà, con ogni probabilità, le fanfalucche della “democrazia energetica” o “dell’autoprogettazione partecipata”, forme che probabilmente si esauriranno nelle prime fasi di varo delle innovazioni in materia energetica o di progettazione in 3 D.

martedì 19 gennaio 2016

APPELLO: UN PIANO B PER L'EUROPA







APPELLO: 

“UN PIANO B PER L’EUROPA



Per costruire uno spazio di convergenza europea contro l’austerità e per la costruzione di una democrazia autentica



Nel luglio 2015 abbiamo assistito a un colpo di Stato finanziario organizzato dall’Unione europea e dalle sue istituzioni contro il governo greco, che ha condannato il popolo greco a continuare a sopportare la politica d’austerità che già in due occasioni aveva respinto nelle urne. Questo golpe ha ulteriormente stimolato il dibattito circa il potere delle istituzioni dell’Unione europea, la sua incompatibilità con la democrazia e il suo ruolo di garante dei diritti fondamentali degli europei.
Sappiamo che vi sono alternative all’austerità. Iniziative come Per un piano B in Europa, Austerexit o DiEM25 (Democracy in Europe Movement 2025) denunciano il ricatto del terzo memorandum d’intesa imposto alla Grecia, il fallimento economico cui andrà incontro e il carattere antidemocratico della UE. Riconosciuto, quest’ultimo, dallo stesso presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, quando ha detto: «Non possono esservi decisioni democratiche contro i trattati europei».
Siamo egualmente spettatori della risposta non solidaristica (e a volte addirittura xenofoba) delle istituzioni europee e degli Stati membri all’arrivo dei rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa e al dramma umano che ne deriva. E sottolineiamo l’ipocrisia del discorso sui diritti umani della UE, che in modo indiretto, con la vendita delle armi o politiche commerciali, è una protagonista chiave nei conflitti che hanno provocato le recenti crisi umanitarie.
La politica nei confronti della crisi della UE, iniziata otto anni fa e fondata sull’austerità, privatizza i beni comuni e distrugge i diritti sociali e sindacali invece di affrontare le cause iniziali della crisi stessa: la deregolarizzazione del sistema finanziario, il controllo corporativo delle istituzioni della UE attraverso le grandi lobby e il sistema delle “porte girevoli”, attraverso cui esponenti politici che hanno rivestito importanti incarichi nelle istituzioni passano al servizio dei privati. La UE promuove false soluzioni negoziando, con grande opacità e senza quasi alcun controllo democratico, trattati commerciali e di investimento come il TTIP, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, il CETA, il Comprehensive Economic and Trade Agreemen, o il TiSA, il Trade in Services Agreement, che eliminano ciò che considerano ostacoli al commercio: i diritti e le norme che proteggono i cittadini, i lavoratori o l’ambiente. È il colpo di grazia alle nostre democrazie e allo Stato di diritto, grazie soprattutto ai meccanismi che proteggono gli investitori.

lunedì 18 gennaio 2016

SULLA CRISI DEL CAPITALE di Lucio Garofalo






SULLA CRISI DEL CAPITALE 
di Lucio Garofalo




Nel suo libro "Della guerra", pubblicato postumo nel 1832, il generale prussiano Karl von Clausewitz, che aveva maturato una lunga esperienza nel corso delle sanguinose guerre napoleoniche, che furono le prime guerre dell'era capitalistica contemporanea, elabora e propone un'analisi seria e approfondita del problema, di cui riesce a cogliere l'essenza più recondita applicando una logica tipicamente hegeliana. 
Tra le altre cose, il generale von Clausewitz scrive la celebre frase: 
"La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi"; ed ancora "La guerra è un atto di forza che ha lo scopo di costringere l'avversario a sottomettersi alla nostra volontà"

Hegel afferma che "La storia, senza guerre, registra solo pagine bianche", intendendo dire che le guerre determinano i principali cambiamenti della storia umana. 
Sviluppando e capovolgendo la dialettica hegeliana su basi storico-materialistiche, il pensiero marxista introduce ulteriori elementi critici ed innovativi nella valutazione e nella comprensione del fenomeno, riconducendo l'essenza causale più profonda dei conflitti bellici e sociali all'economia in quanto motore della storia, che è "storia di lotta di classe"

Ebbene, nel corso della storia millenaria dell'umanità, ma soprattutto nell'epoca contemporanea, segnata e dominata dalle forze soverchianti e preponderanti del capitalismo e dell'imperialismo economico, le riflessioni elaborate da von Clausewitz e da Hegel, ma soprattutto l'analisi critica suggerita dal marxismo, hanno trovato un riscontro effettivo. 

mercoledì 13 gennaio 2016

GRAVE ATTACCO AL CIRCOLO DI SINISTRA ANTICAPITALISTA DI SAN LORENZO (ROMA)








GRAVE ATTACCO AL CIRCOLO DI SINISTRA ANTICAPITALISTA DI SAN LORENZO (ROMA)


La notte fra l’11 e il 12 gennaio il Circolo di Sinistra Anticapitalista di San Lorenzo di Via dei Latini 73 è stato scassinato a opera di ignoti. La serranda è stata forzata e una vetrina sfondata, sono stati rubati i soldi della cassa, la scorta del bar (liquori e bibite) e il decoder con cui vediamo le partite, alcune strutture sono state danneggiate. Per chi come noi non ha alcun finanziamento pubblico e vive dei contributi di lavoratori/trici ed attivisti/e falcidiati dalla crisi, si tratta di un danno ingente.
Il nostro è uno spazio completamente autofinanziato, aperto al quartiere, dove da anni costruiamo iniziative politiche, culturali e ricreative. Un luogo di socialità e incontro dove sono passate e passano centinaia di persone, lavoratori/trici, cittadini/e del quartiere. Questo gesto – molto vicino a un atto vandalico – anche se non ha arricchito chi lo ha compiuto ha senz’altro impoverito noi; o meglio ha impoverito la possibilità di continuare a produrre queste iniziative e di portare avanti il paziente lavoro di ricostruzione di una sinistra vera, dal basso, di classe e anticapitalista che è il compito principale che ci siamo dati. Impoverisce anche la possibilità di portare avanti la nostra battaglia contro il degrado del quartiere di San Lorenzo, un tempo roccaforte antifascista e popolare, oggi in preda alla speculazione edilizia e alla liberalizzazione delle licenze commerciali che ne hanno fatto un luna park per la movida notturna
Per continuare a svolgere questa opera, lanciamo un appello a una sottoscrizione straordinaria per il Circolo che consenta di coprire le spese riguardanti le riparazioni e riacquistare il materiale trafugato o danneggiato.
Invitiamo tutti/e coloro che vogliono sostenerci in questo frangente, anche con un contributo minimo, a farlo in uno dei seguenti modi:
–              Portando un contributo direttamente al Circolo nelle giornate da mercoledì 13 a sabato 16 gennaio e dalle 17,30 alle 20,30 e domenica 17 dalle 14,30 alle 18 (durate la proiezione della partita)
–              Partecipando alla cena di sottoscrizione di giovedì 21 gennaio che sarà ospitata da Communia (Via dello Scalo San Lorenzo 33)
–              Inviando un bonifico al C/C intestato a Sinistra Anticapitalista con IBAN : IT 33 M 07601 03200 001014610008 con la causale “sottoscrizione per Circolo San Lorenzo”
– Contributo online tramite PayPal al link https://goo.gl/JU7TOS
La vostra solidarietà è importante per continuare a fare vivere questo luogo e questo progetto
SINISTRA ANTICAPITALISTA ROMA


lunedì 11 gennaio 2016

LA NOSTRA USCITA DA RIFONDAZIONE COMUNISTA


LA NOSTRA USCITA DA RIFONDAZIONE COMUNISTA



La caratteristica più evidente della situazione italiana è l’assenza di una forza politica, di un partito che sia un riferimento credibile per i lavoratori e gli sfruttati. Allo stato comatoso della sinistra politica si accompagna inoltre la profonda crisi di strategia della Cgil, incapace di opporsi all’offensiva di Renzi e di Confindustria.
Non ritorneremo qui sulle ragioni vicine e lontane di questo stato di cose. Basti registrare che oggi la parola “sinistra”, compresa quella che si definisce “comunista”, è agli occhi di milioni di persone associata con l’immagine di piccoli congreghe ossessivamente dedite alla scalata di piccoli spazi elettorali, lontane da qualsiasi seria pratica di lotta, incapaci di esprimere una analisi credibile della crisi del capitalismo e tantomeno un programma capace di indicare la via d’uscita.
Che questa immagine appaia ingenerosa verso quei tanti compagni e compagne che continuano a prodigarsi in mille forme di militanza e di lotta contro questo sistema (fra questi, e certo non per ultimi, i militanti di Rifondazione comunista), non fa altro che sottolineare le colpe imperdonabili dei gruppi dirigenti.

IL MERAVIGLIOSO MONDO DI MATTEO di Norberto Fragiacomo






IL MERAVIGLIOSO MONDO DI MATTEO

di
Norberto Fragiacomo






Ma Renzi “ci fa o ci è”?
Ci fa, evidentemente (anche se la sua grossolanità è autentica): un’ulteriore prova – meglio: una perla - ce l’ha regalata venerdì, chiedendosi a gran voce “ma non sarà che l’Italia è il più stabile fra i Paesi della UE?”

Da un certo punto di vista, ha ragione: il nostro Paese è senz’altro il più stabile dell’Eurozona, perché è l’unico a non voler saperne di crescere. Letta e il suo successore possono infatti vantare, come risultato, un entusiasmante zero virgola, con la differenza che l’ultimo arrivato ha potuto beneficiare di una serie di concomitanze favorevoli (crollo del prezzo del petrolio, Quantitative easing e deprezzamento dell’euro), solo in parte compensate dall’autolesionismo delle incomprensibili – nell’ottica di un Paese che si pretende sovrano – sanzioni alla Russia. Quella udita l’altra sera era però una vanteria, non una confessione: per fare paragoni, è come se uno studente sbandierasse un 5, o un chirurgo la morte del paziente sotto i ferri.
In un’Italia ideale una simile uscita avrebbe scatenato risate e cachinni, e il nostro bulletto sarebbe stato impallinato dai media (rammentate i sarcasmi sui “ristoranti pieni” di Berlusconi?). Invece no: viene lodato, applaudito, esaltato. Uno stuolo di econottimisti ha prontamente manifestato approvazione, e persino Padellaro, a Ottoemezzo, si è mostrato ben disposto verso il premier. 

domenica 10 gennaio 2016

I TAVOLI DELLA SINISTRA E IL MUTUALISMO di Maurizio Zaffarano


Il Quarto Stato visto da Luca Peruzzi



I TAVOLI DELLA SINISTRA E IL MUTUALISMO
di Maurizio Zaffarano




Anche per l'ultimo tavolo per la Costituente della Sinistra Unita Italiana è stato dichiarato il fallimento ma non credo che la cosa possa destare meraviglia né che ciò spingerà qualcuno a strapparsi le vesti o tantomeno al suicidio.
Le ragioni di questi fallimenti, ampiamente prevedibili e scontati anche guardando a quanto successo nel passato recente, sono a mio avviso sostanzialmente due.

venerdì 8 gennaio 2016

LA CAMPANA HA SUONATO di Stefano Santarelli




LA CAMPANA HA SUONATO
di Stefano Santarelli



Esistono film completamente dimenticati ma che meritano di essere ricordati non solo per l'opera cinematografica in sé, ma anche per il messaggio politico e sociale che trasmettono.
In questa categoria rientra sicuramente un western girato nel 1954 “La campana ha suonato” (Silver Lode) girato in piena epoca maccartista e che solo ad un osservatore distratto può apparire come un classico B Movie. Al contrario grazie alla perfetta sceneggiatura di Karen Dewolf che si caratterizza per lo stile asciutto e sintetico è invece una lucida denuncia del clima di caccia alle streghe che venne lanciato dal senatore Joseph McCarthy.

In una piccola cittadina del West, Silver Lode, quattro uomini guidati dallo sceriffo federale McCarthy (un cognome evidentemente non scelto a caso) giungono proprio nel giorno in cui deve essere celebrato il matrimonio di un tranquillo e rispettato cittadino, Dan Ballard, con l'accusa di avere due anni prima assassinato proprio il fratello di questo sceriffo.
Dan Ballard cercherà con l'aiuto iniziale del fratello e del padre della sposa di scagionarsi da questa accusa, ma in brevissimo tempo lo sceriffo federale McCarthy riuscirà a convincere tutta la popolazione ad eccezione della promessa sposa e di una signora di “facili costumi” della colpevolezza di questo onesto cittadino. La popolazione di Silver Lode ne è così convinta che in neanche un'ora passerà dall'apparente sostegno al tentativo di linciarlo.
Dan Ballard riuscirà solo alla fine grazie all'aiuto della fidanzata e di questa altra signora a mandare un telegramma ricevendone una immediata risposta: non solo lui non è ricercato per omicidio, ma McCarthy non è uno sceriffo federale ma solo un volgare bandito e ladro di bestiame.
Il film termina con Ballard ferito, non solo fisicamente, che abbandona amareggiato la città insieme alla sua fidanzata.

lunedì 4 gennaio 2016

UN AUGURIO PER IL NUOVO ANNO di Lucio Garofalo






UN AUGURIO PER IL NUOVO ANNO 
di Lucio Garofalo





La riflessione più significativa sul Capodanno la scrisse Antonio Gramsci in giovane età, nel 1916, esattamente un secolo fa. 
Gramsci aveva ragione quando scriveva che dovrebbe essere Capodanno ogni giorno. Ma senza le stupide convenzioni sociali, gli stereotipi ottusi, il falso perbenismo borghese, il moralismo ed il conformismo ipocrita della società dei consumi di massa, senza i buoni propositi di ogni inizio d'anno che fanno assomigliare la vita umana ad un'azienda commerciale con i suoi consuntivi finali, bilanci e preventivi. 
Il comunismo dovrà spazzare via anche le inutili e sciocche convenzioni, le date e le ricorrenze vuote di senso. 

Questi Capodanni, che rappresentano soltanto convenzioni rituali, inducono a credere sul serio in una discontinuità della vita e della storia umana. Mentre non è affatto vero. 
Sono altri i momenti storici che hanno sancito un salto rivoluzionario, o una discontinuità effettiva. Ad esempio, il 1789 o il 1917. Giusto per intenderci. Purtroppo, la maggior parte della gente non si rende conto di inseguire chimere ed illusioni. 

Ogni fine d'anno si ripete, puntualmente, lo stesso meccanismo rituale, mentale, di massa. Una sorta di "droga collettiva", di "oppio dei popoli" utile a condizionare le classi popolari e mantenerle in uno stato di subalternità, sotto il giogo delle élites dominanti. Come recitavano gli antichi latini: panem et circenses. 
Si dice "anno nuovo, vita nuova", ma è solo una mera illusione. Nel corso della storia umana si verifica assai raramente una soluzione di continuità, una rottura o un trauma tali da generare mutamenti radicali, tranne nei casi in cui si realizzi una rivoluzione epocale. Neanche nel caso delle più celebri date spartiacque, il 1492, anno della scoperta dell'America, o il 476 d. C., che sancì ufficialmente la deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente. 

Queste date rappresentano convenzioni stabilite dagli storici per segnare sulla linea del tempo eventi che separano due epoche storiche, suscitando un'immagine di rinnovamento che è puramente simbolico ed illusorio. Solo un'autentica rivoluzione avrà il potere di introdurre qualche innovazione concreta e profonda nella vita quotidiana delle persone. 
Per cui le vere date spartiacque della storia sono altre: il 1789, anno della rivoluzione giacobina, il 1917, anno della rivoluzione bolscevica. Tali eventi storici hanno fatto compiere all'umanità uno straordinario balzo in avanti, innescando una soluzione di continuità reale. 
Ora, tenendo conto che il pensiero di Gramsci è di un'intelligenza inarrivabile, mi accontento di aggiungere riflessioni più banali e modeste. 

Come già detto, a Capodanno si usa augurare "anno nuovo, vita nuova". Un augurio che rivolgiamo a noi stessi e a chi amiamo. Ma la verità è che, con il trascorrere degli anni, si rischia di invecchiare. Per cui il miglior auspicio che mi viene in mente, è di riuscire a conservare l'entusiasmo, la carica vitale, le speranze e le energie giovanili. Come dicono nella capitale dello Stato Pontificio: "bonanotte ar secchio, ormai ce semo"

Il mio auspicio speciale è che i bilanci sul passato siano sempre onesti, mentre i desideri e i progetti per il futuro siano realizzabili. Nel contempo, non conviene mai precludersi la possibilità di sognare e pensare in grande stile, di volare alto, affinché si attui finalmente l'utopia di un'autentica rivoluzione palingenetica: l'emancipazione del genere umano da ogni forma di oppressione, politica, economica, religiosa. Pensare ed agire con coerenza, non accettare supinamente le idee altrui: è questo un augurio davvero speciale.