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domenica 8 maggio 2011

DOVE VA IL MOVIMENTO AMBIENTALISTA ITALIANO?



di Marco Piracci


Non ripetere gli errori del passato

C'era un'Italia diversa. Quando nell'Aprile 1986 si iniziò a discutere sulle possibili cause di una nube radioattiva sulla Finlandia nessuno conosceva un nome che sarebbe passato alla storia: Chernobyl.
Ma tutti erano consapevoli che nulla sarebbe stato più come prima. Dopo anni di incubazione il movimento stava prendendo una forma autonoma e una capacità d'azione sempre maggiore. Due partiti erano in prima fila, Democrazia Proletaria e i Radicali (oltre alla formazione delle prime liste verdi). Chernobyl accellerò la presentazione dei quesiti referendari e la spinta emotiva ne condizionò sia la raccolta delle firme sia il voto dell'anno successivo. Importante fu anche il ruolo svolto dalla testata de il manifesto, che molto si spese per la vittoria referendaria.
Al contrario il PCI aveva al suo interno posizioni contrastanti. Poco prima dell'incidente in Ucraina, si era schierato apertamente a favore dello sviluppo del nucleare italiano, nonostante la contrarietà di buona parte degli iscritti. Dopo Chernobyl qualcosa cambiò. Il partito non partecipò attivamnente alla raccolta delle firme, ma molti suoi iscritti si unirono individualmente al movimento. Quando poi, il 10 maggio 1986 a Roma sfilarono 200.000 persone, i vertici di quel partito compresero che qualcosa a sinistra stava cambiando. Era l'emergere della richiesta di un preciso modello di società. Non era il solo fattore economico a determinare una lotta politica. Era la richiesta di un'alternativa reale, un' alternativa di qualità, centrata su nuovi rapporti umani, sul rispetto dell'ambiente, su un nuovo modello sociale.
In quell'occasione centarle fu il ruolo di DP, che forte della propria base teorica, riuscì meglio delle altre soggettività a mettere in evidenza queste contraddizioni. Il movimento divenne poi talmente tanto forte che, nel Marzo dell'Ottantotto provocò la caduta del governo che stava tentando di trovare una soluzione pasticciata per riaprire una strada al nucleare nel nostro Paese. Ma proprio in quel momento, non si andò fino in fondo. Il movimento non approfittò della debolezza della controparte e si accontentò del riultato. A tal punto che non solo non continuò nella lotta per un modello sociale differente, ma non riuscì nemmeno ad imprimere quell'impulso che Kyoto ha dato ad altri Paesi Europei.
Germania, Spagna, Danimarca, Olanda, puntarono sulla scelta dell'alternativa energetica e sulle fonti rinnovabili. I tedeschi in particolare, arrivarono ad un piano di sostituzione del nucleare con l'eolico. Inoltre, il movimento non seppe approfittare della vittoria ottenuta e della credibilità che un certo progetto si era conquistato nella società italiana.
In particolare con il primo governo Prodi risultò evidente che in Italia come anche in numerosi altri Paesi europei le proposte del gruppo dei Verdi si sarebbero limitate ad un mero ruolo di testimonianza tradendo così le forti aspettative riposte da una grande parte della società.
Oggi quell'esperienza non può non farci riflettere. E' sempre più urgente un progetto politico di totale alternativa all'attuale sistema economico. Il capitalismo sta distruggendo l'ambiente. Le barbarie sono già qui e cambiare, oltre che giusto, è necessario.

7 maggio 2011

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