''Dedicato a tutti i disertori e dissenzienti
la cui patria è la terra
che nel nemico riconoscono il fratello
che ascoltano gli ordini della propria coscienza e non i generali
che credono nella vita e non nelle ideologie
la cui paura è più piccola del loro amore'' Luigi Forte
1. La società odierna messa davanti alla fine della comunità umana, si trova inevitabilmente a dover ridefinire il compito delle arti, della letteratura, della musica, e della stessa filosofia.
Io potrei, con la massima serenità porre il quesito ‘’chi è un grande scrittore?’’, e allora tante anime belle mi farebbero i nomi di Nietzsche, Bukowski, Celine, o Pirandello, ma quale è l’elemento che fa diventare uno scrittore veramente grande? Lo stile, la sperimentazione linguistica, la capacità di entrare nelle psiche dei personaggi e di descriverne il dramma umano,come se tutta l’esistenza fosse condannata inevitabilmente ad una di lotta tutti contro tutti; il mondo è orrendo ma va sopportato, come dicono i filosofi del post-moderno.
Questa è la concezione del mondo dei dominanti, o delle mezze tacche di intellettuali che hanno chiuso i loro conti con la storia, di quegli acculturati che cercano nel bello un motivo per sentirsi lacrimare gli occhi, senza più scoprire il valore umano della condivisione.
Nietzsche quindi diventa lo scrittore e filosofo non solo dei giovani studenti di filosofia, che alle prese con il post-moderno proclamano, come un coro di chierichetti, la fine di quella che io da marxista chiamo la dimensione della totalità, ma diventa anche il compagno di viaggio di Kissinger che mentre presta visita a Pinochet, nella sua borsetta di pelle umana, per dilettarsi nella lettura ,si porta dietro ‘’Al di là del bene e del male’’, oltre, ovviamente, l’immancabile Spengler, apologeta della tecnocrazia hitleriana.
L’umanità deve respingere tutto questo, e la mia affermazione è tanto scontata, date le premesse, quanto categorica; il compito di chi scrive è di interpretare le tendenze di un’epoca, rifuggendo l’abitudine sia nell’elaborazione stilistica, e sia in quello che il signor Brecht chiamava ‘’il profondo scontento per le cose che non si possono cambiare’’.
Nell’epoca del capitalismo in crisi, il poeta dovrebbe scavare fin dentro le nostre macerie, critico feroce della nostra incapacità di rifarci costruttori, ed edificatori di città future.
Considerazioni abbastanza ripetitive, dette da me anche altrove, ma che introducono al meglio l’oggetto di questo mio intervento; delle riflessioni critiche sul dramma teatrale di Brecht ‘’La rovina dell’egoista Johann Fatzer’’.
2. Al centro di questo dramma ci sono le grandi tematiche che assillano l’uomo moderno: il rapporto del singolo con la comunità, della violenza con la giustizia rivoluzionaria, e viene aperta addirittura una parentesi sull’amore e sul sesso.
Inizialmente il dramma doveva chiamarsi proprio ‘’La rovina dell’individualista Johann Fatzer’’, essendo la lotta alla singola individualità il baricentro della letteratura marxista, in entrambe le sue varianti: quella futurista di sinistra e il realismo socialista (da non confondere con lo zdanovismo!).
Ripercorrendo brevemente la vicenda descritta da B.B., Fatzer rappresenta la figura del disertore, il quale compare in scena, dimostrando grande lucidità, e consapevolezza sul carattere della guerra.
‘’E chi lo vuole qui?
Voi non volete imparare niente ma io vi dico
C’è qualcun altro che non vuole che voi
Impariate
Perché questa guerra
Va contro di noi, col nostro braccio
Viene combattuta la nostra persona
E in modo sbagliato
Sono scelti gli avversari, le posizioni
Avversarie lo occupano
I reparti sbagliati
Amico e nemico in un reparto
E nell’altro amico e nemico.
E tutti questi combattono
Secondo l’uso di agire in base a un piano
Che loro non conoscono, venire schierati
E per loro un piacere come le donne
Venire chiavare; quelli che servono
La falce della guerra non vogliono altro …’’
Fatzer è pienamente consapevole del carattere imperialistico della guerra, e invita tutti i soldati a disertare, per cercare il nemico all’interno della loro stessa trincea; invita, utilizzando il linguaggio marxista, il proletariato a rivolgersi contro la sua borghesia nazionale.
Del resto Brecht, riprendendo il motto degli spartachisti diceva:
‘’AL MOMENTO DI MARCIARE MOLTI NON SANNO
Che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
È la voce del nemico.
E chi parla del nemico
È lui stesso il nemico’’.
Il tema della guerra è sempre stato caro a ‘’il nostro’’ (riferito ovviamente a Brecht), il quale dalle poesie più note, fino a ‘’L’abìcì della guerra’’, passando per i capolavori teatrali, non ha mai perso di vista l’analisi di Lenin del capitalismo; terminato il conflitto, fra vincitori e vinti c’era sempre chi continuava a fare la fame, e questi erano gli stessi che avevano combattuto la guerra: i compagni operai.
Brecht descrive il declino di un mondo la società industriale, partendo dall’anonimato dei sui personaggi; gente comune da Fatzer, il disertore che conosceva l'imperialismo, a Madre Coraggio che vive sulle spalle di quella stessa guerra che gli ruberà i suoi tre figli.
Il carattere spettrale dell’opera brechtiana, un B.B. quasi kafkiano, influenzerà molto anche Walter Benjamin, e il suo marxismo messianico.
Benjamin in una conferenza radiofonica del giugno 1930 intitolata Bert Brecht, spiega come l’elemento centrale della ricerca del suo amico poeta sia l’asociale, il ribelle; ’’il nostro’’ parte da questa figura, per contrapporre l’egoista al rivoluzionario.
3. Il dramma è ambientato nella prima guerra mondiale, e tre soldati titubanti vengono spinti da Fatzer a disertare.
Il nome Fatzer deriva dal verbo che nella letteratura tedesca del cinquecento significa ingannare, non a caso Brecht lo paragonerà a Tersite, personaggio dell’Iliade di Omero.
I tre disertori metteranno le loro sorti nelle mani di Johann, il quale si prenderà gioco della loro ingenuità, arrivando anche a fare sesso con la moglie di Kaumann, uno dei sui tre compagni.
‘’Non significa niente. Se lei creda per caso che due su di un’isola, di sesso diverso, ma senza Amarsi – non più di quanto si amino lui e lei – anche senza odiarsi – come tra di noi – o forse persino odiandosi, vivendo insieme anni o anche giorni, diciamo una notte, in una capanna – come qui – o persino un giorno, lontano da tutto ciò, non giacerebbero insieme?’’.
La concezione strumentale dell’amore, è un elemento caratterizzante la società capitalistica; alienazione e valore economico si compenetrano dando vita a quello che Marx chiamava feticcio delle merci, e quindi reificazione dei rapporti umani.
Dice bene Bordiga:
‘’ Marx dimostrò che il lavoro è soggetto come qualunque altra merce alle leggi dell'offerta e della domanda. Si potrebbe svolgere una teoria analoga sulla merce-amore’’.1
Poco più avanti Fatzer:
‘’Ma il NUOVO è in tutto le circostanze CATTIVO, è ciò che vuole conquistare e rovesciare i vecchi confini e le antiche devozioni; e solo ciò che è VECCHIO è buono! Gli uomini buoni di ogni tempo sono quelli che seppelliscono nel profondo i vecchi pensieri e ne ricavano frutti sempre nuovi: i contadini dello spirito. Ma ogni terra sfruttata alla fine si esaurisce e deve sempre intervenire l’aratro dei cattivi’’.
L’egoista inizia a delineare la sua concezione del mondo assolutamente disillusa; la vita è una lotta di tutti contro tutti, quindi è bene affilare le proprie armi, e dimostrarsi capaci di reggere lo scontro, in fondo i cattivi, forse, non sono tanto cattivi, e ci si può sempre accontentare.
Partendo da qui Brecht poco più avanti ritrae la dicotomia fra concezione del mondo borghese e concezione del mondo proletaria, improvvisando un dialogo fra un soldato fedele ai padroni e un soldato socialista:
‘’PRIMO SOLDATO
Siamo sempre stati autonomi
SECONDO SOLDATO
E’ una tale stupidaggine quel che dici! Quelli che sono autonomi in qualcosa li si dovrebbe fucilare per primi. Quelli che ci tengono al guinzaglio, quelli sono autonomi. Nessuna rivoluzione riuscirà a passare dove c’è solo gente autonoma, non lo capisci? E’ la nostra forza che non siamo autonomi, e quelli tra noi che ancora agiscono in modo incontrollato e che ragionano con la loro testa, quelli devono essere fatti fuori per primi se vogliamo mantenerci puri, quelli per primi, Diversamente il mondo non cambierà.
PRIMO SOLDATO
Tutto questo lo dici ora soltanto perché non riesci a capire come fanno ad accaparrarsi il loro pezzo di carne!
SECONDO SOLDATO
Questa è la speranza, che ci sia gente simile che non capisce niente di quello che dovrebbe capire, perché si possa restare in questa palude’’.
L’uomo autonomo nel mondo borghese è la figura dell’innovatore, identificato negli anni ’30 nell’imprenditore di Schumpeter; una sorta di super-uomo (Schumpeter, secondo molti, fu influenzato da Nietzsche) dedito agli affari e al buon commercio.
Con lo smantellamento del capitalismo fordista, invece emerge la figura del manager, dell’affarista; non è solo un cambiamento della struttura economica e sociale, ma è la creazione di un nuovo tipo umano, di un nuovo modello antropologico.
L’uomo precario vive una vita liquida, si adatta a tutte le circostanze, cede i diritti per abitudine, e si auto-convince della normalità del peggioramento delle sue condizioni di vita.
Ho già detto che quella che viene chiamata meritocrazia, non è nient’altro che una proiezione nel capitalismo manageriale dell’etica nietzscheana del risentimento; il rapporto dicotomico, adesso, è fra meritevole e fallito, chi non si adegua alla macchina della selezione, così giustamente la chiamò Andrè Gorz, deve interiorizzare, il suo fallimento sociale.
E’ chiaro al lettore più attento, che questo è uno straordinario mezzo di conservazione dei rapporti sociali; allora i dissidenti, e ritorna la concezione del mondo borghese, vengono considerati invidiosi dei meriti altrui, come ben emerge dal dialogo fra i due soldati.
Brecht è consapevole che dal dramma della guerra si esce solo attraverso la solidarietà di classe, come la stessa solidarietà di classe è l’unica arma opponibile al capitalismo in crisi.
Il dramma delle guerre imperialistiche, lo sfruttamento nelle fabbriche, la sottoproletarizzazione di ampi settori della popolazione, si superano solo attraverso l’unità di tutti gli oppressi, senza distinzione alcuna.
Di tutto questo sicuramente se ne è ricordato Walter Benjamin quando nella XII Tesi sul Concetto di Storia descrive il proletariato come ultima classe resa schiava e vendicatrice, il cui odio si alimenta alla vista degli antenati oppressi e non dei discendenti liberati.
I quattro soldati firmano la loro condanna nel momento in cui isolandosi, si chiudono in un carro armato; quella è la stata la rovina dei quattro disertori, e l’Individualista Johann Fatzer consumerà il suo dramma individuale, all’interno di una tragedia collettiva; ritorna il paradosso della dialettica, piatto forte dell'interpretazione di Marx fatta da Brecht!
‘’La loro odissea comincia con l’errore, nella persona dell’individualista Fatzer, che essi potessero, singolarmente, mettere fine alla guerra. In questo modo, poiché per vivere si separano dalla massa, perdono la loro via sin dall’inizio. Non fanno più ritorno alla massa. Di conseguenza: sempre nuovi tentativi e decisioni di tornare sui propri passi’’.
I tre disertori, e qui B.B. è spietato verso l’individualismo, praticano solidarietà verso uno che non ne ha, ma non senza punirlo, come, per disperazione, avviene nell’atto finale.
‘’Per loro è naturale: o ne vengono fuori tutti assieme o nessuno. Vogliono portarlo con loro fino all’ultimo, che lo voglia o no. Fatzer crede alla cieca casualità, CIO’ CHE C’E’, E’ CIO’ CHE E’ RIMASTO, il caos. E’ Koch a riconoscere la necessità della guerra e a prendere la decisione di liquidarlo’’.
Per un marxista è chiaro che solo la classe può sovvertire l’ordine esistente; i profeti che salgono sul monte, o gli emuli dell’Unico di Stirner, proprio per il semplice fatto di rifiutare la comunità umana, si fanno conservatori, e disperati difensori del capitalismo, in tutte le sue forme, dall’hitlerismo al managerialismo
4. Lo scritto di Brecht termina con la condanna a morte del protagonista, ma proprio mentre i tre disertori eseguono la condanna verso Fatzer, il carro armato viene colpito, e non si salverà più nessuno.
Il coro finale ci presenta una serie di rapporti di potere, dimostrando come questi finiscono sempre, sulla base delle contraddizioni dialettiche, per elidersi a vicenda, terminando o nell’assenza di potere, quindi la rivoluzione, o nella nascita di un nuovo potere, e quindi il ripristino dell’ordine borghese o la burocraticizzazione.
‘’Il tavolo è pronto falegname.
Permetti che lo si porti via.
Non piantarlo ancora
Smetti di verniciarlo
Non parlarne né bene né male:
Così com’è, noi lo prendiamo.
Ne abbiamo bisogno:
Consegnalo.
Tu hai finito, uomo di stato
Lo Stato non è pronto.
Permetti che lo cambiamo.
Secondo le necessità della nostra vita.
Permettici di essere statisti, statista.
Sotto alle tue leggi c’è il tuo nome
Dimentica il nome.
Osserva le tue leggi, legislatore.
Rispetta l’ordine, tutore.
Lo Stato non ha più bisogno di te.
Consegnalo’’.
‘’Lo Stato non ha più bisogno di te. Consegnalo''; è questa critica tanto feroce a qualsiasi concezione consolatoria del reale, compresa quella più viscida e strisciante, quindi l’individualismo, a far resistere il marxismo brechtiano alle distruzioni ,a cui il marxismo stesso, si sta sottoponendo.
Note:
1)Amadeo Bordiga ‘’Socialismo e Femminismo’’
2)Bertolt Brecht ‘’La rovina dell’egoista Johann Fatzer’’ Ed. Einaudi 2007
Che dire. Un coacervo di incroci di domande tanto intense e influenti sulla vita di ogni singolo individuo (il tema della guerra, dell'amore..), degli inganni e delle disillusioni del tempo moderno, che lo stesso individuo sembra non voler più affrontare, sopraffatto com'é dalla erosione della sua coscienza critica. E a completare la poesia e la letteratura..le arti, che forse ci salveranno....davvero bella !
RispondiEliminaGrazie Francesco, sei una grande amico, oltre che un grande compagno!
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