PCL-PDAC: FRATELLI COLTELLI
di Stefano Santarelli
Nel pubblicare il documento del Partito comunista dei lavoratori “A proposito del Pdac fenomenologia di una setta” eravamo perfettamente consapevoli di entrare nella durissima polemica che caratterizza fin dalla loro nascita i rapporti fra queste due formazioni, rapporti che definire pessimi è un vero e proprio eufemismo.
Una situazione questa ben strana visto che sia il Pcl che il Pdac hanno un programma ed una origine politica comune. Per comprendere bene i rapporti che intercorrono tra questi due partiti siamo costretti a fare un breve cenno di storia.
Queste due formazioni costituivano fino al 2006 la tendenza di opposizione più coerente e più conseguente dentro Rifondazione comunista. Questa tendenza denominata “Progetto comunista” è stata per molti anni la vera alternativa dentro il Prc alla direzione di Bertinotti raggiungendo ampi consensi tra gli iscritti a Rifondazione.
Consensi e riconoscimenti che permisero, durante la formazione delle liste elettorali dell’Ulivo nel 2006, la candidatura ad un collegio senatoriale sicuro da parte della Segreteria nazionale di Rifondazione per Marco Ferrando nella sua qualità di massimo esponente di Progetto comunista.
Era questa la prima volta nella storia di Rifondazione che la formazione delle liste elettorali veniva aperta in modo formale anche alle minoranze congressuali.
Ma questa scelta della S.N. viene inesplicabilmente contestata dai membri del Comitato Politico Nazionale facenti riferimento proprio a Progetto comunista, ben 10 su 17, guidati da Francesco Ricci i quali volevano un candidato diverso da Ferrando per avere un ricambio politico.
Una tesi francamente risibile visto che Ferrando non aveva mai ricoperto incarichi pubblici dentro Rifondazione comunista. Infatti se era pacifico dare a Progetto comunista un collegio sicuro in lista, altrettanto pacifico era darlo al dirigente storico più rappresentativo di questa corrente.
E questo dirigente storico era Ferrando non certamente Ricci. E la Segreteria Nazionale decide proprio in questo senso.
Ma Ferrando è un personaggio scomodo e quando rilascia per il Corriere della Sera nel febbraio del 2006 una intervista sui fatti di Nassirya in cui esprimeva il diritto del popolo irakeno alla resistenza armata contro gli eserciti imperialisti, compreso ovviamente anche quello italiano, si scatena una durissima reazione da parte di tutto il quadro politico del nostro paese. Infatti sia da sinistra che da destra si chiede alla direzione di Rifondazione di togliere Ferrando dalle liste elettorali.
Una richiesta che viene esaudita immediatamente da Bertinotti.
E’ un atto questo antidemocratico per la vita interna di Rifondazione che vede la contrarietà delle altre correnti di minoranza: da Grassi per “Essere comunisti” a Malabarba e Cannavò per “Sinistra critica” e da esponenti della stessa maggioranza come Raul Mantovani.
Paradossalmente sono proprio favorevoli quei rappresentanti di Progetto comunista guidati da Ricci che daranno poi vita al Pdac e che non esprimono nessuna solidarietà a Ferrando.
La Segreteria toglie Ferrando da questo collegio senatoriale per mettere al suo posto la pacifista Lidia Menapace la quale eletta, da buona pacifista voterà in parlamento tutti i crediti e tutte le missioni militari tanto da meritarsi il soprannome di “Menaguerra”.
Ora la domanda da porre ai compagni del Pdac è se Ferrando come senatore avrebbe votato tutte queste operazioni militari, personalmente riteniamo che non avrebbe votato tali provvedimenti e fosse solo per questo sarebbe stato un parlamentare migliore della Menapace.
Ed è questo in fondo il peccato originale del Partito di alternativa comunista.
Nella metà del 2006 nascono quindi da Rifondazione comunista questi due partiti all’apparenza gemelli: il Pdac ed il Pcl. Entrambi si richiamano alla Quarta internazionale pur aderendo a due differenti correnti trotskiste. Sono due formazioni con un programma politico ed un patrimonio teorico simile che fanno apparire sin dall’inizio letteralmente incomprensibile tale divisione non solo per gli addetti ai lavori, ma per i suoi stessi militanti.
La loro separazione però non deriva, come abbiamo visto, dalla storia certamente travagliata del trotskismo, ma risale a questo scontro dentro il Comitato politico di Rifondazione comunista.
Questa profonda rivalità fa sì che impedisce al Pcl e al Pdac di potere arrivare, se non ad una unificazione di difficile attuazione, almeno ad una alleanza politica o ad un patto federativo che dir si voglia. Cosa questa che sarebbe stata la mossa più logica.
Oltretutto entrambe queste formazioni sono caratterizzate da un profondo elettoralismo, frutto di più di un quindicennio di entrismo nel Prc, che si scontra però con le attuali leggi elettorali che di fatto ostacolano la formazione di liste elettorali autonome.
Ovviamente un po’ di buon senso vorrebbe, lì dove è possibile, vedere l’unificazione di tali sforzi. Invece questi due gruppi, specialmente il Pdac, vedono nell’altro il vero nemico.
Certamente è veramente ridicolo che due partiti, se così li vogliamo chiamare visto lo scarso numeri di aderenti, con programmi simili ed in una situazione politica gravissima per i lavoratori ed i ceti più poveri del nostro paese si diano una battaglia così feroce paragonabile a quella dei poveri capponi di Renzo destinati alle pentole di Azzeccagarbugli.
Ora tale scontro non può vedere la nostra neutralità od indifferenza proprio perché riguarda due forze che si rivendicano alla migliore tradizione della sinistra rivoluzionaria.
E veniamo ai documenti che abbiamo pubblicato nel nostro sito.
Il Pcl pubblica una interessante analisi sul Pdac utilizzando la teoria della psicopatologia politica ideata da Roberto Massari.
Certamente “la scissione del 2006 non dipese da divergenze programmatiche” visto che entrambe queste formazioni si riconoscono nel programma della Quarta internazionale ed in fondo “la scissione dipese dalla volontà del responsabile organizzativo della AMR Progetto Comunista (nome della nostra frazione dentro il PRC) e del gruppo dei suoi fiduciari, di conservare ad ogni costo la propria funzione di comando in fatto di organizzazione contro i principi della democrazia interna e della collegialità delle decisioni.”
E’ questa una chiave di lettura che in fondo condividiamo della spaccatura provocata dentro la corrente di Progetto comunista e di cui le responsabilità maggiori sono proprio da addebitare al Pdac.
Ma non condividiamo la definizione del Pdac come setta.
Il Pdac non è una setta al contrario di Socialismo rivoluzionario o di Lotta comunista, la trasformazione di un soggetto politico in una setta non avviene in poco tempo. Infatti Sr o Lc si sono trasformate in una setta dopo un processo durato circa una decina d’anni.
Oltretutto i dirigenti ed i militanti del Pdac provengano da Rifondazione comunista di cui si può dir tutto tranne che è una setta.
Certamente non si può negare che il Pdac presenta dei sintomi estremamente preoccupanti con una organizzazione ultracentralista non giustificata dalla realtà della lotta di classe in Italia ed in cui l’avversario per antonomasia è divenuto il Pcl.
Il Pdac sta attraversando una crisi profonda che non viene neanche smentita dall’articolo di Ricci “Volgare attacco del Pcl al Pdac”, infatti non è un segreto che alcune sezioni e dirigenti di questa organizzazione sono passati con armi e bagagli nel Pcl e francamente queste pesanti perdite non possono essere compensate dall’entrata in Alternativa comunista del giovane compagno Siciliani.
Tale situazione non viene affrontata dalla direzione del Pdac e quando non si affronta una situazione nei fatti la si nega.
Non vede la sua profonda crisi organizzativa e politica che l’attanaglia, ma invece accusa di riformismo e menscevismo il Pcl. E’ proprio vero che chi guarda la pagliuzza nell’occhio del fratello non vede la trave nel proprio occhio. (Mt 7.3)
L’accusa di riformismo e menscevismo che lancia il Pdac al Pcl è francamente ingiusta ed ingiustificata. Appoggiare criticamente Pisapia a Milano o votare Si ai referendum sono per esempio posizioni tattiche oltretutto anche corrette.
Ma le posizioni tattiche non sono sufficienti per definire una forza politica come riformista o peggio come menscevica. E francamente abbiamo trovato disgustoso mettere la fotografia di Ferrando insieme a quella di Bersani, di Di Pietro e della Bonino come ha fatto il Pdac nel suo giornale.
Ma cari compagni del Pdac credete veramente che Ferrando sia la stessa cosa di Bersani?
Certamente alcune critiche espresse da Ricci nel suo “Lo strano caso di un partito virtuale” sono fondate.
Vi è stato sicuramente un atteggiamento mediatico nel Pcl molto pronunciato che ha sicuramente contribuito ad una aspettativa di risultati che non hanno avuto purtroppo nessuna corrispondenza con la realtà. Purtroppo la costruzione di un partito rivoluzionario non è così veloce e l’attuale clima politico non è certamente tra i migliori e questo la direzione del Pcl aveva il dovere di dirlo con chiarezza, non farlo ha contribuito a provocare una profonda delusione fra i suoi iscritti e militanti.
Oltretutto vi è anche il problema della formazione dei quadri quasi tutti cresciuti in una formazione, questa sì veramente riformista come quella di Rifondazione comunista.
A questo punto da osservatori esterni al Pcl e al Pdac i quali non hanno nessuna intenzione di fare i “maestrini” proprio perché non hanno la presunzione di insegnare nulla a questi compagni, possiamo solo augurare e ricordare che in questa grave fase di debolezza ed impoverimento dei ceti medio-bassi del nostro paese che quindi provoca un aumento della proletarizzazione, una maggiore unità fra le forze anticapitaliste diventa non solo necessaria, ma doverosa.
A maggior ragione quando questa frattura, che non esprime nessuna seria argomentazione teorica o politica, riguarda due organizzazioni che si richiamano ad una delle migliori tradizioni rivoluzionarie come quella trotskista.
20/07/2011
Penso sia errato affermare che le due formazioni sono caratterizzate da un "profondo elettoralismo". Certo le elezioni hanno la loro utilità in termini di propaganda delle posizioni del partito, ma, essendo proprio questo l'uso che ne fatto le due formazioni e considerando che i loro impegno si concentra indubbiamente prioritariamente nelle (e sulle) lotte, parlare di elettoralismo è decisamente fuori luogo.
RispondiEliminaSono Andrè Siciliani,quello che era entrato nel PDAC,ebbene comunico che io sono tornato sui miei passi e sn tornato nel PCL!!Comunque pure io desideravo e desidero un' unione fra PCL e PDAC,solo che finchè ci saranno i vari Ricci,Rizzi,Torre,Stefanoni è impossibile farla,visto che sentendo loro"il PCL è un partito menscevico che i bolscevichi hanno l' obiettivo di distruggere".Mi piace l' articolo!!
RispondiEliminavorrei sapere perchè il giovane dirigente Andrè ha maturato la decisione di rientrare nel pcl?
RispondiEliminasaluti trotskisti
Più che altro bisognerebbe chiedersi perché ha maturato quella di uscire per entrare in quella setta priva di spirito che il Pdac!
RispondiEliminaIo trovo che il PCL e il PDAC farebbero meglio a unirsi per combattere tutti i "finti rivoluzionari più accreditati",poichè antistalinisti e di conseguenza visti meglio di quest'ultimi, quali i "Veruggiani"alias Controcorrente-di cui ancora oggi non ne parla mai nessuno- e Lotta Comunista-di cui fino adesso ne ha parlato soltanto il PCL,dedicandole un documento a doc.Entrambe queste Organizzazioni politiche fanno opportunismo a livello sindacale e lavorano di conseguenza per frenare le lotte.Insieme hanno lavorato per schiacciare la Rete28Aprile in Liguria.I Veruggiani poi sono opportunisti anche a livello politico poichè dentro al PRC si sono sempre astenuti dal 2006 ad oggi,anzichè votare contro, a tutti gli apparentamenti elettorali del PRC col PD, in Liguria persino fino all'UDC alle ultime elezioni regionali !!!
RispondiEliminaMi preoccupa di conseguenza la notizia che anche loro hanno firmato la proposta "Disarmiamoli",contro il Governo Berlusconi del sito della Rete28Aprile, che invita ad una ripresa delle lotte per questo autunno.Ho l'impressione che sarà il loro ennesimo tentativo per tagliarsi degli spazi nel movimento e reclutare nuovi iscritti,da poi spendere diversamente una volta passata l'agitazione,appunto unicamente per un fine a se stessi.E' stato così soprattutto per Lotta Comunista che a Genova ,in UNITI CONTRO LA CRISI, non partecipava ai cortei promossi unitariamente,per poi promuovere i suoi in giornate opposte,dove c'erano solo Loro, spaccando così il movimento.
Saluti rossi,
Antonio
La scelta della rottura è stata unidirzionale. Il PCL non ha responsabilità.
RispondiEliminaRicci e Stefanoni guidarono la fronda all'assamblea nazionale di Progetto Comunista nel gennaio del 2006 lasciando la sala. Hanno la gravissima responsabilità di aver depotenziato il progetto di costruzione del partito rivoluzionario.
Inoltre hanno bruciato decine di quadri giovani oggi ritirati in larga parte a vita privata.
Per quanto riguarda la formazione riformista dei militanti, siamo invece al ridicolo.
La AMR Progetto Comunista ha fatto della formazione dei suoi quadri l'emento principe della sua battaglia politica.
Ha prodotto regolarmente una rivista teorica (prima Proposta poi Marxismo Rivoluzionario).
Mentre il PCL nelle sue sezioni storiche la formazione è ancor oggi praticata con scrupolo.
Il resto son panzanate è chiaro che se un partito è in crescita (seppur si parla chiaramente di numeri non ancora all'altezza dei compiti) raggruppa anche elementi arrtati che vanno trasformati in militanti rivoluzionari. Non si nasce trotskisti... purtroppo!
Nella storia del trotskismo italiano una delle scelte politiche più sbagliate con conseguenze disastrose fu il lungo entrismo nel PCI attuato nel 1951 e durato fino alla vigilia del 1968.
RispondiEliminaInfatti l'entrismo è una tattica che lo stesso Trotsky ha utilizzato nella costruzione della Quarta Internazionale basti pensare alla formazione del SWP statunitense, ma la durata dell'entrismo per il grande rivoluzionario russo doveva essere limitata nel tempo.
Ora pretendere che l'entrismo attuato dalle varie componenti trotskiste dentro Rifondazione Comunista, durato ben 15 anni senza contare i due anni dentro Democrazia Proletaria non abbia avuto conseguenze, come vorrebbe il mio anonimo interlocutore, è francamente ingenuo a meno che non si voglia affermare che Rifondazione Comunista sia stata una organizzazione rivoluzionaria.
Questo non significa ovviamente che la direzione del PCL sottovaluti e non si cura della formazione dei suoi militanti.
Cordialmente
Stefano Santarelli