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sabato 24 settembre 2011

Livorno 2011: 90 anni da una rovinosa scissione


Per ricordare quel che accadde allora non ci sono parole migliori di quelle del grande Nenni che scrisse il suo libro “6 anni di guerra civile”, e lo pubblicò per la prima volta in francese in esilio in Francia. Fu stampato e tradotto una sola volta in Italia, nel 1945, poi è sparito dalla circolazione, certe verità infatti scottano e hanno continuato a scottare per decenni, vi porgo le sue parole come un sacro monito del passato verso il nostro presente e il nostro futuro:

“Livorno fu la culla della scissione

Il Partito Socialista si divideva proprio nel momento in cui aveva più bisogno della sua unità. Mosca esigeva che si accettassero senza riserva i famosi “ventun punti” che in quell’epoca fecero tanto parlare di loro. Chiedeva e soprattutto l’espulsione del partito di tutta l’ala riformista. Le sedute furono appassionate e tumultuose. Sinistra, centro e destra si accusavano reciprocamente delle difficoltà della situazione. Il congresso avendo rifiutato di espellere Turati e i riformisti, fu l’ala sinistra che si ritirò per fondare il partito comunista.

Fu un disastro. Da quel momento ogni azione nell’insieme divenne impossibile per il proletariato. Centomila compagni scoraggiati non rinnovarono la tessera, rifiutandosi di scegliere fra socialisti e comunisti,. La lotta tra i due partiti operai prese un carattere di violenza inaudita, e si vide lo spettacolo, forse unico, di una classe che si dilacera proprio nel momento in cui è attaccata da un nemico spietato e implacabile”

Ebbene, quel nemico è sempre stato l’artefice delle dittature più feroci nel mondo, con la sua potenza economica e con la spregiudicatezza della sua capacità di manovrarla per i suoi fini di profitto.

Ben prima che Hitler e Stalin si accordassero, consentendo così l’inizio della seconda guerra mondiale, quel nemico di tutti i popoli del mondo aveva già finanziato l’ascesa di entrambi i regimi.

Purtroppo la storia viene scritta sempre dai vincitori, ma ormai, per chi sa indagare, la storia non riesce più a mascherarsi come un tempo.

I bolscevichi infatti furono sostenuti dagli stessi personaggi e dalle stesse strutture finanziarie che poi, avrebbero sostenuto l’ascesa del nazismo in Germania, rendendo possibile il “miracolo” della sua rinascita economia con Hitler e soprattutto il suo prodigioso riarmo, in barba a tutte le clausole che avrebbero dovuto vietarlo.

Per la grande finanza internazionale ha sempre avuto più importanza il profitto di qualunque scelta ideologica, ed ogni ideologia è sempre stata piegata agli interessi economici.

Lo stesso Trotsky, nella sua biografia, riconosce i prestiti ricevuti da finanzieri come Alfred Milner della Chase National Bank di New York.

Nel 1915 l’American International Corporation già si predisponeva a finanziare la rivoluzione russa e i Roschild furono coinvolti direttamente in tale intento mediante Jacob Schift della Khun Leb di New York che nel 1917 depositò 50 milioni di dollari sul conto di Lenin e Trozsky presso una banca svedese. Suo nipote dichiarò al New York American Juornal il 3 febbraio del 1949 che suo nonno aveva poi versato tramite la stessa struttura finanziaria altri 20 milioni di dollari ai bolscevichi.

Senza la crisi del 1929 Hitler non sarebbe mai riuscito a conquistare il potere e non lo avrebbe nemmeno consolidato senza gli investimenti di grandi Corporation made in USA. La Ford anche dopo l’entrata in guerra degli USA, continuò a produrre materiali bellici che sarebbero stati utilizzati contro gli stessi americani, tali fabbriche americane in Germania non furono mai bombardate ed utilizzarono manodopera proveniente dai lager. La IBM fornì tramite la sua filiale tedesca chiamata Dehomag, la tecnologia necessaria per la catalogazione e l’internamento di milioni di ebrei nei lager.

Prescott Bush, nonno di George W., installò una fabbrica vicino ai campi di Auschwitz dove lavoravano prigionieri internati e fece grandi affari col regime nazista.

Matteotti quando pronunciò il suo coraggioso discorso, fu praticamente ignorato dalla stampa internazionale che liquidò poi il suo assassinio come una “questione interna” Le autorità americane e inglesi e lo stesso Churchill, che con Mussolini ebbe un imponente carteggio, allora consideravano il dittatore italiano come un “grande statista” Il Times allora addirittura acclamava il potere di Mussolini.

Tutto questo evidentemente ci fa capire che il Socialismo del XXI secolo esige un notevole salto di qualità, sia sul piano della “visione storica” sia su quello della capacità di contrasto globale di tale èlite finanziaria che opera tuttora per costruire una scala gerarchica rigidissima, in cui è previsto un gotha ristretto di ricchissimi padroni degli strumenti finanziari di produzione globale e di contrasto ad ogni tendenza “eversiva”, una serie abbastanza numerosa di “vassalli” che, in campo politico, ne mettono fedelmente in pratica le direttive, adattandole ad ogni singolo Stato, e infine una massa destinata alla “pollificazione” e cioè al consumo in batteria, più o meno dotata di becchime a seconda della sua posizione geostrategica; pronta a riconoscere sempre l’ “allevatore” pavlovianamente come un benefattore, anche quando entra nel pollaio per tirare il collo, o tagliando servizi, imponendo tasse o privatizzando beni essenziali come l’acqua, oppure spedendo i “polli” direttamente in guerra. Al di sotto di tutti naturalmente c’è la massa da macello destinata ai bombardamenti e alle scorie radioattive, alla cosiddetta “selezione naturale”

Sappiamo molto bene che i crimini nel mondo non si sono esauriti con il tramonto dei grandi totalitarismi e che il totalitarismo tuttora in atto, e che si sta diffondendo e consolidando su scala globale, è quello economico del neoliberismo basato esclusivamente sull’accumulazione di profitto

Allais Maurice ne “La crise mondiale aujourd’hui” Paris 1991 scrive: “La banca crea ex nihilo..Essenzialmente, l’attuale creazione di denaro operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte dei falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto”

Gli unici presidenti americani che provarono a cambiare le cose furono assassinati. Lincoln che aveva creato le green backs e cioè le banconote prive di interessi bancari e Kennedy che approvò nel 1963 un ordine esecutivo che consentiva al Paese di stampare banconote, sottraendo potere alla FED...solo 5 mesi prima di morire.

Oggi le guerre, dopo quella del Vietnam, in cui la presenza dei media fece la differenza e costrinse l’establishment a fare marcia indietro su pressione dell’opinione pubblica, vengono condotte, recingendo prima le aree destinate al conflitto con un cordone impenetrabile ai media, e quando qualche giornalista coraggioso e quasi sempre free lance riesce a penetrare, egli viene spietatamente ucciso, persino le organizzazioni umanitarie sono nel mirino. Lo abbiamo visto con estrema evidenza nei conflitti dal Kosovo all’Irak all’Afghanistan.

Il totalitarismo dell’attuale blocco economico-finanziario si attua mediante la proprietà delle banche e degli istituti finanziari, delle Corporation e dei media e mediante essi, dei politici. Essi, sempre più spesso, sono o grandi managers oppure ex dirigenti di importanti banche o multinazionali che passano spregiudicatamente alla politica essendo ritenuti gli unici garanti della tenuta del sistema. E cioè del “pollaio”. Sono gli stessi loro “datori di lavoro”, a livello globale, a spostarli da un incarico all’altro e questo naturalmente rende i governi organi a diretto servizio del capitale, di quel gruppo ristretto che cioè possiede la maggior parte della ricchezza del mondo.

Di fronte a tutto ciò, parlare di leghe, di network, di PSI, di SEL, di PD, di “socialisti di destra, sinistra, pseudodemocratici o pseudorivoluzionari” rischia davvero di apparire alquanto ridicolo, più o meno come lo starnazzare delle oche oppure come l’azzuffarsi di polli in batteria, o come l’agitarsi del cappone prima di essere destinato allo spiedo.

Noi dobbiamo capire che oggi tale configurazione globale si combatte solamente inserendosi validamente in un quadro globale di iniziative politiche e di lotte che tenda a concertare, coordinare e rafforzare gli sforzi in tutti i continenti.

Dal Sudamerica all’Europa questo sforzo che anima i popoli verso la loro liberazione si chiama Socialismo ed in particolare dovrebbe essere orientato da una V Internazionale. Non si può minimamente pensare oggi, per qualsiasi forza politica che voglia agire validamente contro tale politica totalitaria, di estraniarsi da tale contesto. Quegli pseudo partiti o quei leader demagogici che vorrebbero piuttosto che il contesto internazionale prendesse direzioni diverse e magari atto di situazioni diverse nel nostro Paese, che esitano ad aderire a tale lotta internazionalista e socialista, sono piuttosto mascheratamente al servizio del capitale internazionale. Sono i “vassalli” obbedienti che progettano l’opera dei pollificatori.

Noi dobbiamo invece, 90 anni dopo quella rovinosa spaccatura che aprì alle forze della reazione e del capitale manganellatore le porte dell’Italia, essere consapevoli di dover costruire una grande forza politica inserita pienamente nell’Internazionale Socialista e che lotta concertando le proprie iniziative, progettandole e mettendole in atto, contemporaneamente ad altri popoli del mondo. Insieme a quei sindacati che non fanno collateralismo, che non hanno il colore giallo della acquiescente e servile sudditanza alla politica padronale, che non cercano di “pollificare” i lavoratori ricattandoli a suon di delocalizzazioni, configurando la crisi internazionale come ineluttabile fenomeno atmosferico, contro il quale nulla è possibile se non l’attesa che passi, magari prendendosi nel frattempo una bella polmonite, o ritrovandosi senza più scuole, ospedali e lavoro.

Turati in quella occasione disse queste meravigliose parole: “Il nucleo solito quindi che rimane di tutte queste lotte, che sono sempre le stesse nelle diverse forme transitorie e caduche, il nucleo solido è nell’azione. Nell’azione che non è l’illusione, che non è il miracolo, la rivoluzione in un giorno o in un anno, ma è la abilitazione progressiva, faticosa, misera, per successive graduali conquiste, obiettive e soggettive, nelle cose e nelle teste, della maturità proletaria a subentrare nella gestione sociale: sindacati, cooperative, potere comunale, parlamentare, cultura, tutta la gamma, questo è il socialismo che diviene! E non diviene per altre vie: ogni scorciatoia non fa che allungare la strada; la via lunga è la sola breve.

E l’azione è la grande pacificatrice, è la grande unificatrice; essa creerà l’unità di fatto, che noi non troviamo nelle formule, che non troveremo mai nelle parole né negli ordini del giorno, per quanto abilmente ponzati con dosature farmaceutiche di fraterno opportunismo. Azione perenne, azione fatale, prima e dopo quella tale rivoluzione che si avvera sempre, nella quale siamo dentro, perché essa stessa, questa azione è la rivoluzione.”

Oggi dunque, cari compagni, non possono esistere socialisti che non siano consacrati dall’azione rivoluzionaria, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi ove maggiormente la sofferenza e l’emarginazione lasciano profonde piaghe nel tessuto sociale odierno, dove le guerre fanno ancora stragi di vite civili innocenti, dove la speculazione finanziaria produce ancora schiavitù, costringe i popoli a restare senza medicine a buttare nelle discariche i prodotti agricoli che non reggono la concorrenza.

Ed è azione unitaria, graduale, decisa, implacabile, costante, coraggiosa, coerente!

Non saranno dunque i gruppuscoli sparsi ed eterogenei nell'universo molecolare della sinistra che ci restituiranno quella dignità e quel valore che ci compete, ma solo la nostra azione, solo il valore di agire con le masse dei lavoratori, e degli emarginati e disoccupati di tutto il mondo, in nome del Socialismo, qui e ovunque esso sia sinonimo di integrità umana, morale, politica e civile.

C.F.

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