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venerdì 21 ottobre 2011

99 contro 1


di Carlo Felici

Non si sono ancora spenti del tutto i clamori della guerriglia urbana di sabato scorso che già si levano le voci per la richiesta di leggi speciali; anche questo era ampiamente prevedibile. Si sa bene che c'è chi quasi si augura che scoppino disordini per poi reclamare una forte restrizione delle libertà dei cittadini, infischiandosene se sono stati gli stessi cittadini che manifestavano pacificamente, le prime vittime di ciò che è accaduto in un «tranquillo week end di paura».Ma per chi ricorda gli anni di piombo queste non sono novità, così come per chi ha fresca la memoria di chi fossero i ministri dell'Interno di allora, e quali consigli dessero agli stessi ministri di oggi.
Non molto tempo fa Cossiga, infatti, rivolgendosi a Maroni gli dava la seguente «dritta»:

"Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito... Lasciarli fare (gli universitari, ndr). Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì... questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio".

Con questa singolare «ricetta democratica» allora fu giustificato il varo di leggi speciali, le stesse che adesso a gran voce, gli scolaretti della «buon anima» di un maestro che forse ora sta dando consigli preziosi pure ai diavoli dell'inferno, vorrebbero mettere in atto, si badi, non da un traballante pulpito governativo che si regge con un puntarello in più di maggioranza, ma «trasversalmente», con l'invocazione di un politico che ha collezionato nella sua vita soprattutto una gran quantità di ex. Ex poliziotto, ex magistrato, ex ministro e via dicendo, e che ha ottenuto come più gran risultato della sua vita quello di distruggere, più di ogni altra cosa, il Partito Socialista Italiano, scaricando in gran parte su di esso colpe (e un mezzo golpe) che erano di una intera classe politica di cui ora egli fa parte integrante, anche se ci ha abituato fin troppo alle sue invettive seguite poi da morbidi ammiccamenti.
Di Pietro invoca addirittura la Legge Reale bis, una legge che (la numero 152 del 22 maggio 1975), tra l'altro, di fatto sanciva il diritto delle forze dell’ordine a utilizzare armi da fuoco quando strettamente necessario anche per mantenere l’ordine pubblico. Quale ne fu il risultato è ormai triste storia, da narrare e conoscere bene. Dal giugno del 1975 a metà 1989 furono uccise 254 persone e 371 rimasero ferite, nel 90 per cento dei casi le vittime non possedevano nemmeno un’arma da fuoco al momento del confronto con le forze dell’ordine.
Noi che quegli anni li abbiamo vissuti sulla nostra pelle, sappiamo dunque bene come quelle armi poi furono usate per colpire nel mucchio, e ricordiamo con profonda amarezza e dolore anche la morte di giovani coetanei del tutto innocenti come Giorgiana Masi, che ancora attendono giustizia e la cui memoria, oggi, con il varo di provvedimenti analoghi a quelli di allora, rischia di essere calpestata e vilipesa.
Cossiga lo ha ripetuto anche di recente:

"l'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita".

Ora i dimostranti non hanno portato armi da fuoco mai, prima di questa manifestazione in cui si sono infiltrati «teppisti» armati con bombe carta che però sono effettivamente armi da fuoco.
Però qualcosa di significativo è cambiato rispetto ad allora, e persino rispetto a dieci anni fa. Che l'opinione pubblica non sta più a guardare, che i nuovi mezzi di comunicazione e mediatici sono in grado di presentarci la realtà così come è, di smentire le menzogne in tempo reale, che non è più tanto facile mascherarsi, lanciare il sasso o la pallottola e poi nascondere la mano, che la gente si mobilita contro coloro che sono artefici dello sfascio e cerca di solidarizzare con la polizia, non più vista come antagonista ad oltranza, e nonostante gli errori a cui spesso i poliziotti sono stati indotti da ordini assurdi e talvolta completamente sbagliati, o meglio «miratamente sbagliati».
Per tacitare ed impedire questo rinnovamento, per impaurire una massa crescente di persone indignate e schifate in primo luogo dalla incapacità di prevenire i fenomeni di violenza e di proteggere coloro che hanno tutti i diritti di manifestare il loro pensiero, non si sa fare di meglio che invocare il varo di leggi speciali, non si cerca un accordo con le forze che organizzano i cortei, per garantirne nella maniera ottimale tutti insieme, manifestanti e polizia, la sicurezza, ma si tenta di innalzare il livello dello scontro, minacciando misure fortemente repressive, che potrebbero addirittura preludere ad uno scontro armato.
Oggi, 17 Ottobre, è apparsa un'intervista su Repubblica ad uno dei cosiddetti black block che abbiamo trovato francamente ridicola, il sedicente «guerrigliero mascherato» avrebbe illustrato nei dettagli i piani con cui è stata pianificata e messa in atto la guerriglia urbana di sabato scorso, affermando che tutto era in realtà stato preparato in Grecia. Come se uno che appartiene ad una organizzazione sediziosa andasse tranquillamente a svelare i suoi piani al primo giornale da cui gli capita di essere intervistato, come se tutto ciò non fosse una abile opera di depistaggio per non far capire che tutto quello che è avvenuto, in realtà è stato progettato e messo in atto qui in Italia, con l'aiuto di malavitosi locali. Basta solo una domanda per smascherarlo: le bombe carta si importano forse dalla Grecia? Si fanno artigianalmente in casa? O non vengono forse prodotte in serie dai laboratori clandestini controllati dalla malavita organizzata?
L'opinione pubblica non è così idiota come vorrebbero farci credere, però bisogna impedire che protesti ancora, che si organizzi, magari per crescere ed esigere un cambio radicale degli indirizzi politici, magari di comune accordo con le forze di sicurezza che sono bersagliate dai tagli e dal blocco del turn over, dove padri di famiglia sulla cinquantina sono costretti a rincorrere giovinastri diciottenni, probabilmente assoldati per qualche decina di euro, fino a farsi venire l'infarto.
Ebbene, la soluzione lo sappiamo, non è dare loro una pistola con il colpo in canna, ma restituire loro piuttosto quella dignità che viene loro negata, restituire loro l'affetto e la solidarietà di una opinione pubblica che si specchia nel loro stesso disagio e che è indignata esattamente come loro.
Ma questo è ciò che invece il potere autoreferenziale, che corrompe, è corrotto e lucra sulle divisioni e tende a prostituire tutto e tutti al suo nefasto verbo del profitto, teme più di ogni altra cosa. Ecco dunque che serve irrigidirsi prepararsi ad uno scontro ancora più duro.
Ebbene, da uno come Di Pietro forse potevamo aspettarcelo, soprattutto dopo che ha smesso di inveire contro Berlusconi e ha cominciato ad ammiccare verso i moderati anche del suo schieramento.
Ma da Vendola ci aspettiamo ben altro, ci aspettiamo che levi forte e chiara la sua voce contro chi invoca leggi speciali, che difenda l'operato di chi, rischiando la vita, tra i militanti del suo partito non ha esitato ad intervenire in prima persona per fare ciò che la stessa polizia non ha potuto o voluto fare, impedire a mani nude l'esplosione di bombe carta in mezzo alla folla, e rimettendoci anche le dita.
Le leggi speciali significherebbero tagliare a lui e a tutti quelli come lui, anche le mani e soprattutto la speranza di una società migliore, di un diritto che prevale su una repressione fine a se stessa.
Lo sappiamo, non c'è alternativa alla collaborazione della società civile con le forze di sicurezza per restituire giustizia, ordine democratico e dignità ad una società che sprofonda nella melma della ipocrisia, della immoralità e della corruzione. Ma proprio questo è ciò che si teme di più: una «rivoluzione democratica» che nasca e cresca dal basso, spazzando via definitivamente i rottami e i fantasmi di un passato che questo Paese sembra debba sempre sentire incombere su di sé come una condanna permanente ad un destino di marginalità e di sudditanza.
Diciamo basta tutti insieme, cittadini, lavoratori di ogni settore, operai, insegnanti, medici, giornalisti, studenti, disabili, anziani, poliziotti, carabinieri, magistrati, noi siamo il 99% e loro soltanto un misero 1 che resta nessuno e non diventerà mai "centomila".

17 ottobre 2011
C.F.

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