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martedì 8 novembre 2011
Hieronymus Bosch ed il Trittico del Carro: il capitalismo nord europeo ed un ammonimento per il futuro, di Riccardo Achilli
Il contesto storico
Hieronymus Bosch, in realtà Jeroen Anthonizsoon van Aken, è un importante pittore olandese, la cui vita ed cui opera si collocano a cavallo di un'epoca cruciale della storia mondiale, ovvero proprio nella fase di passaggio del potere economico e dello sviluppo delle forze sociali dal declinante sistema feudale al capitalismo, anticipato dalla fase bancaria-mercantile, avviatasi già nella seconda metà del XV secolo, con la nascita, nelle Fiandre, in Francia, nella Germania meridionale, in Inghilterra, di quegli “uomini nuovi”, titolari di una ricchezza finanziaria non derivante dalla rendita terriera feudale, ma dal loro “ingegno” commerciale e mercantile, che spostano l'asse dello sviluppo economico dall'Italia e dal Mediterraneo (quindi dalle morenti potenze marinare di Venezia e Genova) verso il Nord Europa, ed in particolare l'area anseatica che dà i natali al nostro Hieronymus. Il nostro infatti vive fra il 1453 ed il 1516, ovvero proprio a cavallo della scoperta delle Americhe e delle grandi scoperte geografiche, che darà l'avvio ad una impressionante crescita dei traffici commerciali captati dai grandi porti anseatici e dai porti della Spagna e del Portogallo. Solo che, mentre i metalli preziosi portano alla corona spagnola ed a quella portoghese una ricchezza effimera, parassitaria, fatta di mera rendita, la nascente borghesia delle Fiandre, della Francia, della Germania e dell'Inghilterra (e per altre vie la borghesia dei Comuni e delle signorie dell'Italia centro settentrionale) costruirà, con i proventi dei traffici dalle colonie, quell'accumulazione originaria di capitale monetario, che rappresenterà il motore primo del successivo sviluppo capitalistico, e, con lo strumento del credito ai singoli Stati e sovrani, spesso utilizzato esclusivamente per inutili e distruttive guerre, tale borghesia assume un ruolo primario anche sullo scenario politico europeo. Si pensi che la famiglia tedesca dei Fugger finanzia l'elezione di Carlo V ad imperatore del S.R.I., e, insieme ad altri banchieri di Anversa, ne finanzia le lunghissime guerre contro la Francia di Francesco I. Giacomo Coeur, una specie di Rothschield nella Francia del XV secolo, ottiene da Carlo VII la concessione del conio delle monete, incamerando enormi profitti.
In questo quadro, la nobiltà feudale mantiene i suoi privilegi ed i suoi orpelli, ma perde definitivamente la sua influenza politica, di fronte a sovrani sempre più indebitati, e quindi sempre più asserviti all'emergente borghesia. Lo sviluppo della manifattura, originariamente nelle aree rurali, porta alla progressiva rovina le corporazioni urbane dei maestri artigiani, trasformandoli progressivamente in proletari senza tutele. Nelle campagne, i contadini forniscono la manodopera sfruttata (spesso con il sistema del lavoro a cottimo) delle prime manifatture tessili e dell'arazzeria e dell'industria mineraria, ma d'altro canto, sfruttando la crisi dei prezzi indotta dall'esuberante afflusso di minerali preziosi dalle colonie, in molti casi riescono a spezzare il latifondo, specie nell'Europa nord occidentale, riscattandosi dallo stato servile, divenendo piccoli proprietari. Lo straordinario sviluppo della produttività agricola che ne consegue spingerà masse di forza-lavoro agricola, oramai sovrabbondante, nelle braccia della nascente manifattura, ampliando le schiere del proletariato capitalista.
Parallelamente all'imporsi progressivo di un nuovo sistema economico e di un nuovo assetto dei rapporti sociali di produzione, cambia profondamente anche la sovrastruttura culturale, per servire gli interessi della nascente borghesia. Contro l'assetto culturale tardo medievale, con una Chiesa ancora pienamente schierata con la vecchia nobiltà, e ferocemente avversa allo sviluppo scientifico ed intellettuale (che è invece necessario per la nuova borghesia, che dello sviluppo scientifico e quindi tecnologico, e delle sue applicazioni produttive, ha una fame enorme) e predicante l'asservimento dell'uomo e del suo intelletto alle potenze divine e soprannaturali, nasce l'umanesimo, ovvero la ricollocazione dell'uomo, e delle sue potenzialità intellettive e spirituali, al centro dello sviluppo, collocando quindi il divino, e i suoi rappresentanti terreni, in una posizione secondaria. L'incapacità della Chiesa di quel tempo di comprendere appieno i grandi cambiamenti negli assetti economici e sociali ne provocherà quel progressivo screditamento, agli occhi delle classi sociali emergenti, che getterà le basi per la riforma luterana, non a caso nata proprio nel cuore dell'Europa centro settentrionale, dove più rapide sono le evoluzioni verso l'abbandono del feudalesimo in favore del capitalismo. Già molto prima della predicazione di Lutero, infatti, riformatori religiosi quali Jan Hus in Boemia, movimenti ereticali a Orléans, Arras, Monforte, la Pataria di Milano e movimenti spirituali quali i Catari, i Valdesi e i Begardi avevano manifestato un modo di professare il cristianesimo diverso da quello praticato dalla Chiesa ufficiale, e che manifestava il crescente disagio nei confronti dell'immobilismo teologico e liturgico (si pensi al ruolo classista che aveva la celebrazione in latino della messa, che di fatto escludeva dalla comprensione delle scritture, e dall'esercizio teologico, gran parte della popolazione, lasciando tali privilegi ad una ristretta cerchia di dotti, generalmente istruiti e quindi controllati dalla stessa Chiesa), nonché dell'opportunismo economico e plitico, che manifestava la Chiesa, legata ad un mondo che progressivamente entrava in crisi (vale ricordare che la Chiesa era proprietaria di enormi latifondi, dai quali riscuoteva le decime, ed era quindi pienamente integrata nel modo di produzione feudale).
In questo contesto di enormi cambiamenti storici si sviluppa la vita di Bosch. Della sua biografia sappiamo poco, ma quegli scarsi elementi di certezza sono molto utili per comprenderne la visione sociale e politica. Nasce nel cuore pulsante dell'economia mercantile pre-capitalistica dei Paesi Bassi nella città di Hertogenbosch, dominio dei duchi di Borgogna, da una famiglia di artigiani-pittori relativamente agiata. Si tratta cioè di una categoria di artigiani che, sfruttando un mercato di nicchia costituito essenzialmente dalla Chiesa locale, che gli commissiona dipinti ed affreschi per le proprie chiese, riesce a mantenere un livello di agiatezza economica anche in quei tempi di grandi rivolgimenti sociali. E che, per poter mantenere buoni rapporti con la sua committenza, è ovviamente molto cattolica.
Presumibilmente nel 1480 si sposò con un buon partito, tale Aleid van de Meervenne, nata nel 1453 da Postellina e Goyart van der Meervenne, figlio del nobile e benestrante Goyard. La moglie portò in dote alcuni terreni e grazie a ciò l'artista, proveniente da una famiglia d'artigiani, dovette raggiungere una condizione piuttosto agiata, come dimostrano i registri delle tasse in cui è elencato tra i maggiori contribuenti della sua città. Coerentemente con ciò, il nostro può classificarsi come un agiato artigiano piccolo-borghese, che vive dei frutti economici della sua arte e delle sue terre, ed è ben inserito nella “società che conta”. Dal 1486-1487 il nome di Hieronymus è tra i confratelli di Nostra Diletta Signora. L'associazione, maschile e femminile, per laici ed ecclesiastici, si dedicava al culto della Vergine e a opere di carità, inoltre si impegnava anche in rappresentazioni sacre. Dal 1488, grazie alla nuova posizione sociale ed economica, è registrato tra i "notabili" della confraternita, un vero e proprio club esclusivo di circa cento persone per lo più legate all'alta borghesia cittadina.
Le sue idee quindi tendevano a riflettere quelle della borghesia emergente, ivi compreso l'ambito religioso. Egli fu ovviamente un cattolico convinto per tutta la sua vita, ma, in ossequio alla crescente inquietudine che in epoca umanistica pervadeva il mondo cattolico, fu molto critico nei confronti della Chiesa ufficiale. Sappiamo che apparteneva ad una confraternita, quella della “Devotio Moderna”, molto critica con la Chiesa ufficiale, che, in un'ottica fortemente riformista, auspicava una religiosità intima e soggettiva contrapposta alla pietà collettiva di stampo medievale. Il movimento più che all'aspetto esteriore della religione, mirava all'individualità, al raccoglimento, alla meditazione. Professava la lettura personale della Bibbia come strumento di rinnovamento spirituale e l'imitazione di Cristo come modello di vita. Fu caratterizzata da un forte apostolato laico, molto attento al problema educativo e alla riforma della vita religiosa, e non scevra da critiche anche aspre alle gerarchie religiose dell'epoca.
Inoltre, l'enorme e ricchissimo simbolismo di cui l'intera opera pittorica di Bosch è intrisa rende inevitabile pensare ad un forte collegamento con l'alchimia che, in epoca umanistica, aveva progressivamente adottato un approccio filosofico mirato a realizzare, tramite il simbolismo della ricerca della pietra filosofale, il pieno sviluppo delle potenzialità spirituali ed intellettuali dell'Uomo, tramite un percorso di ricerca interiore che doveva anche spazzare via i residui di superstizione religiosa medievale. Non a caso il processo alchimistico di trasformazione della materia vile in oro è una delle basi del processo della psicoanalisi del profondo di Jung, perché la finalità è la stessa: mettere in moto un processo di identificazione che riconetta l'uomo alla sua natura profonda, e quindi all'interno universo, nella logica filosofica dell'Unus Mundus (elaborata proprio da un alchimista).
In sostanza, Bosch fu pienamente un uomo dei suoi tempi: un piccolo borghese che sfruttò a suo vantaggio il progressivo sviluppo della borghesia, un cattolico inquieto e critico nei confronti della Chiesa dell'epoca, un umanista che approcciò la filosofia alchimistica. Tutto ciò lo ritroviamo nella sua opera pittorica, a mio avviso nella forma più completa ed esauriente nel Trittico del Carro. Il Trittico del Carro è un'opera che, secondo l'analisi dendrocronologica, risale al 1516, cioè all'ultimo anno di vita del pittore e, nella sua grandiosità e complessità di significati e simboli, rappresenta forse il suo testamento spirituale più completo. Per questo la analizzerò.
Trittico Aperto: una premonizione di apocalisse per il genere umano?
L'intera opera, specie nel Trittico aperto, rappresenta l'opinione dell'artista circa il percorso complessivo dell'umanità, una opinione caratterizzata da un invincibile pessimismo. Si va infatti dal pannello di sinistra, ovvero dalla cacciata degli angeli ribelli dal paradiso ed alla cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden, per arrivare, nel pannello centrale, al percorso dell'umanità nel mondo terreno, percorso che, secondo l'autore, è contraddistinto da peccati, degenerazioni morali, egoismi, e che conduce inevitabilmente (pannello di destra) vero l'inferno. Colmo del pessimismo, l'inferno è l'unico luogo dell'intero trittico dove si costruisce qualcosa, perché i diavoli sono intenti ad erigere una enorme torre (forse la torre di Babele). Come a dire che, secondo Bosch, l'unica capacità costruttiva dell'uomo è connotata dal peccato e dalla malvagità, ovvero che l'uomo è incapace di costruire qualcosa di stabile a partire dalle virtù e dalla bontà.
Nel pannello di sinistra sono rappresentate varie scene, in una sorta di cronologia della nascita del mondo. La prima scena è quella della cacciata dal paradiso degli angeli ribelli. Precipitando dalla volta celeste, costoro si trasformano progressivamente in rospi, ragni ed insetti, volanti o meno. Tutti simboli importanti: gli insetti rappresentano simbolicamente la demenza, la confusione mentale, la psicosi. Con la nascita del Male, l'universo incorpora un principio di irrazionalità e di follia, inesistente nell'armonia e nella perfezione primigenia del paradiso. I rospi rappresentano il veleno corrosivo del peccato, il mondo ctonio del male.
Poco più sotto, quella che sembra essere la nascita di Eva da una costola di Adamo, che però è rappresentata in modo inusuale, con quella che sembra essere una figura di sacerdote che officia a tale nascita (a differenza della Nascita di Eva di Michelangelo, infatti, la figura non sembra essere Dio; indossa una tiara ed un abito da sacerdote, mentre Dio rimane nell'alto dei cieli in cima al pannello; tra l'altro, i due personaggi diferiscono anche per i lineamenti del volto). Potrebbe essere una allegoria della Chiesa: fin dall'inizio, allora, la Chiesa, nella visione di Bosch, si collega, aiutandola a nascere, con la figura più facilmente inducibile al peccato più grave (quello originale), ovvero Eva. Una Chiesa facilmente inducibile in tentazione, quindi, secondo Bosch!
Segue la tentazione di Eva, con il serpente che, significativamente, ha testa umana (come a dire che l'umanità ha in sé, intrinsecamente, il seme del peccato originale) e la cacciata dal paradiso terrestre. In queste scene vi sono però alcuni dettagli che sono stati scarsamente considerati nell'interpretazione classica. Intanto ai piedi di Adamo ed Eva, mentre accettano la mela del peccato, si aggirano piccoli animaletti, piccoli mammiferi che potrebbero simboleggiare una sorta di “rinascita”.
Fig. 1 – Nascita di Eva e la tentazione del serpente
Poi, nella scena della cacciata dal paradiso terrestre, vi è un piccolo dettaglio: sulle teste di Adamo ed Eva scacciati dalle porte dell'Eden, campeggia un uccello che mangia un frutto. Generalmente tale dettaglio viene considerato come una allegoria del male. Personalmente non sono d'accordo. Se si accetta la tesi che Bosch fu in contatto con l'alchimia e con i suoi simboli, ebbene, nel simbolismo alchimistico l'uccello ha un ruolo fondamentale, e tutt'altro che negativo. Rappresenta infatti l'unione fra cielo e terra, fra spirito e materia, quindi l'unificazione nella perfezione. Ogni passaggio di fase del processo alchemico (passaggio dalla nigredo all'albedo, alla rubedo, alla citricinas, ecc.) è infatti rappresentata da un uccello, fino alla Fenice, che ne rappresenta l'esito finale. L'uccello quindi rappresenta una fase del ciclo che conduce all'identificazione ed alla perfezione interiore. In particolare, l'uccello raprpesentato da Bosch sembra un corvo: e nel processo alchemico, il corvo è l'animale che simboleggia la prima fase, ovvero il passaggio dalla nigredo originaria, ovvero dall'ignoranza più crassa, all'albedo, ovvero alla prima purificazione della materia, cioè ad un primo stadio di conoscenza elementare.
Riassumiamo: piccoli animali che rappresentano la rinascita, corvi che rappresentano i primi stadi della conoscenza. Ecco che troviamo in pieno lo spirito umanistico: l'uomo si eleva, nella sua conoscenza di sé stesso e del mondo, e nella saggezza, nel momento in cui abbandona uno stadio primigenio di totale fusione con la divinità. Il divorzio dall'Eden è il meccanismo fondamentale attraverso cui l'uomo può elevarsi spiritualmente ed intellettualmente. Perché diviene responsabile di sé stesso, e non più legato ad una sorta di paternalismo divino che lo mantiene nella beata ignoranza. Lo stesso serpente con testa umana significa che l'uomo acquisisce la sua umanità anche con la consapevolezza del suo lato “malvagio” o demoniaco, con la consapevolezza dell'oscurità ctonia del suo inconscio. E' esattamente il processo dell'Umanesimo. Riportare l'uomo al centro, nel suo bene e nel suo male.
Il pannello centrale
Tuttavia, secondo Bosch, l'uso che l'umanità fa della sua libertà e del suo libero arbitrio è molto negativo. Lo vediamo nel pannello centrale, dominato da una scena in cui un grande carro di fieno viene attaccato da una folla famelica, che cerca di salirvi a bordo per rubare quanto più fieno possibile. In questa allegoria dell'avidità e della violenza miope dell'umanità, Bosch è stato probabilmente influenzato dai Trionfi del Mantegna, e rappresenta il proverbio, dedicato all'avidità, che dice: «Il mondo è come un carro di fieno, ciascuno ne arraffa quel che può».
Una indegna gazzarra di uomini e donne di tutte le estrazioni sociali e le religioni (vengono rappresentati anche musulmani) cerca infatti di spintonarsi e combattere per salire sul carro, a volte finendo schiacciati sotto le sue stesse ruote, non disdegnando di picchiarsi ed anche di uccidersi, con una evidente manifestazione di impotenza da parte della Chiesa, rappresentata dal frate che cerca invano, ed anche con notevole pigrizia, di impedire ad una donna di colpire la sua avversaria. In questa sarabanda, si notano falsi profeti e ciarlatani, che cercano di seguire il carro adoperando le loro arti ingannatorie. Ma è significativo che il corteo dell'umanità disperata e rissosa sia dominato dal Papa, dal Re di Francia e dall'Imperatore, che da dietro il carro sembrano spingere l'umanità verso questa miseranda accozzaglia rissosa. Il riferimento è chiarissimo: il Potere, nelle sue varie forme (spirituale o temporale) è il principale ispiratore dei comportamenti più squallidi, quantomeno non li ferma, non preoccupandosi minimamente di frenare la rissa che si svolge sotto i suoi occhi. L'avidità e la lotta fra poveri per accaparrarsi qualche miserrimo brandello di fieno, che non risolve niente (nessuno dei personaggi riesce infatti a salire sul carro o a portare via un po' di fieno, quindi la guerra fra poveri non porta agli stessi alcun vantaggio) è ispirata e guidata dal Potere. I Tre Grandi discutono flemmaticamente fra loro in perfetta sintonia ed amicizia, spingendo la plebe ad ammazzarsi per seguire il carro. I conflitti fra il Potere sono solo apparenti, mentre quelli fra poveri, indotti e sospinti proprio dai potenti, fanno sgorgare il sangue, il sangue vero. Se il popolo che si sgozza per un pugno di fieno volgesse lo sguardo all'indietro, non verso il carro ma verso i tre Potenti che, tranquillamente sui loro cavalli procedono nonostante la tragedia che si svolge sotto i loro occhi, allora capirebbe come la sua rabbia non dovrebbe rivolgersi ai suoi simili, ma ai Potenti, artefici o perlomeno soggetti passivi di questa situazione tragica.
Attorno a tale scena, si aggirano altri personaggi squallidi. Una madre che, per vanità, trascura i figlioletti affamati, un cattivo maestro che induce un bambino verso una strada di violenza, un ciarlatano-dentista che cerca di spacciare per scienza soltanto la sua ciarlataneria, un frate grasso e ignavo che, comodamente seduto su una sorta di trono, si fa consegnare da umili contadini sottomessi sacchi di fieno, simbolo evidente del degrado di una Chiesa interessata esclusivamente al potere economico e temporale.
Fig. 2 – la rissa attorno al carro ed i tre Potenti che procedono dietro lo stesso
Fig. 3 – Il frate ignavo
In cima al carro vi è l'Ideale dell'uomo rinascimentale: l'amore, sia nella sua forma idealizzata (il giovane che suona una serenata alla ragazza, che a sua volta acquisisce maggiore saggezza leggendo un testo, forse sacro) che in quella carnale (i due giovani contadini che si baciano nel cespuglio). Tale ideale di Amore è tuttavia eternamente in bilico fra l'angelo, ovvero il Bene, e le tentazioni del Male (il demone celeste che suona il piffero), tentazioni ingannatrici, perché con il suo colore celeste il demone non sembra affatto tale, ma si traveste da dolce Puttino. Quindi anche l'ideale terreno, quando raggiunto, è sempre in bilico, e minacciato dal Male. E comunque tale Ideale rimane inaccessibile per la grande massa degli esseri umani, che, mal diretta dai suoi politici e dai suoi sacerdoti, ma ingannata anche da falsi saccenti che in realtà sono ciarlatani, da falsi profeti, e dalla sua stessa vanità e dalla stupida violenza, si contorce, ai piedi del carro, in una battaglia disperata ed inutile. Una umanità perdente che, mano mano che procede verso destra, ovvero verso il terzo pannello, perde sempre più i suoi tratti umani, assumendo sembianze grottesche e bestiali, ovvero demoniache.
Il Pannello di destra
Un simile cammino dell'umanità non può che condurre verso l'Inferno, rappresentato nel terzo pannello, con scene angosciose che sembrano provenire da un incubo. Anime umane vengono circuite e corrotte da demoni, trascinate verso la parte in basso a destra del quadro, dove vengono sottoposte ad immani torture; una figura umana a cavallo di un bue, che ha in mano qualcosa di simile ad una coppa liturgica, viene trafitta da un demone (simboleggiando forse la fine dell'innocenza e di ogni possibilità di purificazione/rigenerazione, o della possibilità di una redenzione dell'umanità oramai condannata ai tormenti degli Inferi; il bue e la coppa liturgica sono infatti associabili alla figura di Cristo). Altri demoni sono intenti alla costruzione di una Torre, forse quella di Babele, che rappresenta la definitiva impossibilità per l'umanità di parlare una lingua sola, la dispersione delle civiltà, e quindi la condanna degli esseri umani alla reciproca incomprensione, alla paura per chi è “diverso”, all'odio etnico e razziale, e quindi alla guerra.
Il tutto è avvolto in un tono cupo, che contrasta con la luminosità degli altri due pannelli, dove predominano il nero ed il rosso del sangue e delle fiamme infernali, in uno scenario di caos e bestialità, che forse prefigura il caos nel quale potrebbe precipitare l'umanità, nel caso di un cataclisma ambientale o nucleare, che lo sviluppo della nostra civiltà rende possibile, se non probabile. Personalmente, la città che brucia nello sfondo del pannello mi ricorda molto da vicino le scene delle città distrutte dai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale. Che Bosch abbia avuto visioni premonitrici?
Fig. 4 – L'Inferno
Il Trittico Chiuso: una speranza di salvezza?
In conclusione, possiamo dire che Bosch ci lascia, in questa sua ultima, grandiosa, opera, una visione catastrofica e terribile dell'umanità e del suo futuro? In parte sì, in parte, però, voglio ravvisare un accenno di ottimismo possibile che il grande pittore ci lascia poco prima di morire nel Trittico chiuso. Nel Trittico chiuso viene infatti rappresentato il Viandante. Si tratta di un simbolo molto potente, che appartiene anche ai Tarocchi, ed in particolare ad uno degli Arcani Maggiori, ovvero Il Matto. Bosch conosceva bene il simbolismo dei Tarocchi, che ai suoi tempi erano molto diffusi, e l'immagine del Viandante nel Trittico Chiuso sembra molto simile, nel disegno e nell'atteggiamento, a quella del Matto nei mazzi marsigliesi tradizionali dei Tarocchi.
La carta del Matto rappresenta il numero 0 dei 22 Arcani Maggiori, e simboleggia quindi l'inizio del ciclo dei tarocchi (che può, come ben dice Jodorowski, interpretarsi, dal punto di vista psicoanalitico, come il processo di individuazione) e quindi rappresenta l'inizio di una strada verso una maggiore saggezza, l'avvio di un processo, doloroso e difficile ma esaltante, di completamento interiore e maggiore armonia fra gli uomini e fra essi e il mondo.
Mentre abbandona un mondo di demenza e crudeltà (rappresentate, simbolicamente, dall'uomo che urina contro un muro, dall'uccellino intrappolato in una gabbia – simbolo della reclusione delle idee e della spiritualità indotta da una civiltà repressiva e gretta - e dal cane che gli ringhia, minaccioso, dietro), nel Trittico chiuso il Viandante si guarda alle spalle, con un po' di rimpianto per il commiato da questo mondo che, anche se pieno di violenza e follia, è pur sempre il suo. Tra l'altro, la sua scelta di mettersi in cammino verso l'ignoto è resa dolorosa dall'abbandono dei confort tipici della civiltà (rappresentati dall'osteria dalla quale il Viandante, mettendosi in viaggio, si allontana, volgendole le spalle). L'abbandono delle comodità del mondo che questo viaggio iniziatico comporta sono rappresentate anche dai vestiti laceri e consunti del Viandante.
D'altra parte, l'espressione del volto del Viandante, seppur leggermente malinconica, è anche serena e fiduciosa, e con la mano sinistra protende in avanti il suo cappello, segno evidente della volontà di intraprendere comunque il viaggio. Sulle spalle porta un fagotto, che contiene tutto il bagaglio, anche pesante, delle esperienze di vita accumulate, che possono sempre tornargli utili in questo suo nuovo inizio, ivi comprese le esperienze negative, le esperienze del male fatto e subito (non dimentichiamoci del pannello di sinistra del Trittico aperto, che ci dice che è proprio l'esperienza del male e del peccato che aiuta l'uomo ad acquisire una magigore conoscenza, ed a uscire dall'ingenua ignoranza dell'Eden, d'altra parte il nome “Lucifero” significa “Portatore di Luce”; il Principe del Male è anche quello che, secondo i miti, porta agli Uomini la conoscenza del fuoco, indispensabile per uscire dalo stato selvaggio e costruire una civiltà).
Il cammino del Viandante si incrocerà con il bue che lo aspetta lungo la strada, un chiaro simbolo di pacificazione e mitezza, quindi di ritrovata redenzione. Ed allora Bosch sembra dirci che, se troviamo il coraggio di “rimetterci in gioco”, di ritrovare un cammino verso la saggezza, di abbandonare gli aspetti folli ed irrazionali del mondo che abbiamo costruito, e di pagare il prezzo di tale scelta, allora forse il terribile destino prefigurato dal Trittico Chiuso potrebbe esserci risparmiato. Dipende solo da noi. E questo è il migliore testamento spirituale che il Maestro Bosch potesse lasciarci.
Fig. 5 – Il Trittico chiuso (il Viandante) e il Matto nei Tarocchi marsigliesi
bellissima lettura di quest'opera, solo una precisazione, il matto dei tarocchi non rappresenta lo zero, non ha nessun numero come puoi vedere in tutte le carte dei tarocchi, perchè esso può essere messo indifferentemente sia all'inizio e sia alla fine, ossia esso è sia l'inizio del viaggio che il compimento del viaggio, in una visione circolare e non lineare.
RispondiEliminaLa lettura del trittico è precisa e puntuale, nonché pienamente condivisibile. Vorrei far notare una lieve inesattezza la quale tuttavia non altera la sostanza della conclusione: la fig. 5 non corrisponde al Trittico chiuso bensì all'opera Il figliol prodigo (1510). Trittico chiuso ovvero Cammino della vita
RispondiEliminahttp://www.frammentiarte.it/dal%20Gotico/Bosch%20opere/07%20trittico%20del%20fieno%20-%20cammino%20della%20vita.htm
La lettura del trittico è precisa e puntuale, nonché pienamente condivisibile. Vorrei far notare una lieve inesattezza la quale tuttavia non altera la sostanza della conclusione: la fig. 5 non corrisponde al Trittico chiuso bensì all'opera Il figliol prodigo (1510). Trittico chiuso ovvero Cammino della vita
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La lettura del trittico è precisa e puntuale, nonché pienamente condivisibile. Vorrei far notare un lieve inesattezza la quale tuttavia non altera la sostanza della conclusione: la fig. 5 non corrisponde al Trittico chiuso bensì all'opera Il figliol prodigo (1510). Trittico chiuso ovvero Cammino della vita
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