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venerdì 10 febbraio 2012

Quale "Cattolicesimo", prof. Monti?

Si è più volte sottolineata la non appartenenza di Monti ad uno schieramento politico specifico, anche se le simpatie che molti centristi nutrono per lui, ci fanno pensare che tale area gli sia più congeniale. Ci basta rilevare che, nonostante lo si continui a definire un “tecnico”, pur sapendo che governi tecnici, in assoluto, non esistono, egli è di fede cattolica e ci risulta sia anche un praticante, uno di quelli che vanno tutte le domeniche a messa.
Viene dunque spontaneo chiedersi se tra la sua professione di fede e le sue decisioni governative ci sia una certa congruenza, se effettivamente il suo credo corrisponda alla sua prassi.
Cosa dice la dottrina cattolica in merito alle questioni del lavoro ce lo spiega don Leonardo Salutati, docente di Teologia morale: 
“La dottrina sociale, nel registrare il cambiamento delle forme storiche in cui si esprime il lavoro umano, ricorda che non cambiano le sue esigenze permanenti. Esse si riassumono nel rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo che lavora, che consistono nel rispetto della dignità del lavoratore, il diritto al riposo; il diritto ad ambienti di lavoro ed a processi produttivi che non rechino pregiudizio alla sanità fisica dei lavoratori e non ledano la loro integrità morale; il diritto che venga salvaguardata la propria personalità sul luogo di lavoro, senza essere violati in alcun modo nella propria coscienza o nella propria dignità; il diritto a convenienti sovvenzioni indispensabili per la sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie; il diritto alla pensione nonché all’assicurazione per la vecchiaia, la malattia e in caso di incidenti collegati alla prestazione lavorativa; il diritto a provvedimenti sociali collegati alla maternità; il diritto di riunirsi e di associarsi; il diritto all’equa remunerazione (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa 301-304). Tale complesso di diritti esige l’ideazione di nuove forme di solidarietà in una prospettiva che consenta di orientare le attuali trasformazioni nella direzione della complementarità tra dimensione economica locale e globale; tra economia «vecchia» e «nuova»; tra innovazione tecnologica ed esigenza di salvaguardare il lavoro umano; tra crescita economica e compatibilità ambientale dello sviluppo (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa 319).
Ecco, alla luce di tali considerazioni e di tale “dottrina” crediamo che la questione “monotonia del posto fisso”, quella che Monti ha ribadito con varie esternazioni, tra cui: “L'Italia ha accumulato un enorme debito pubblico, perché i governi che si sono succeduti erano troppo vicini alla vita dei comuni cittadini, troppo desiderosi di soddisfare le richieste di tutti e così hanno agito contro gli interessi delle generazioni future”, sia del tutto fuori luogo.
Non solo perché in contrasto con quella dottrina che la Chiesa Cattolica professa e che mette al primo posto la dignità della persona umana, ma anche perché umilia profondamente il comune cittadino, e dunque soprattutto il lavoratore che svolge un compito non tanto per “divertirsi”, ma per corrispondere ad un progetto “morale” di edificazione di una comunità che abbia nella famiglia il suo cardine essenziale, con tutto ciò che ne consegue: casa, servizi e tutele specialmente per coloro che sono o troppo giovani, troppo anziani o troppo penalizzati dalla natura.
La precarietà evidentemente sconvolge tale assetto minandone le fondamenta, fino a rendere impossibile la creazione di nuclei famigliari che possano giovarsi di tutele minime indispensabili per poter sopravvivere e realizzare compiutamente dei progressi nel campo dell'emancipazione e della salvaguardia dei diritti essenziali.
Quando un governo come questo minaccia la stessa sopravvivenza dei ceti più poveri e delle categorie più deboli dei cittadini, prova ne è che nella discussione sul nuovo Patto per la salute 2013 – 2015 sarà valutata persino l’abolizione della quota Finanziamento Finalizzato del FSN (AIDS, Fibrosi Cistica, etc.) con messa a disposizione delle Regioni delle risorse dedicate nel fondo indistinto, siamo palesemente di fronte non soltanto ad una negazione di diritti essenziali riconosciuti dalla Costituzione Italiana, ma anche a decisioni nettamente anticristiane e anticattoliche.
Viene quindi del tutto spontaneo chiedersi in che cosa si traduca e a che cosa corrisponda la “fede cattolica” di Monti.
Quando lo stesso Monti afferma che “è importante prendere atto dell’ispirazione etica di numerosi principi che stanno alla base della legislazione europea, anche in materia economico-finanziaria.”, è lapalissiano fare anche alcune semplici considerazioni: alla fine dello scorso anno i tassi di interesse sui mutui erogati per l'acquisto di abitazioni, comprensivi delle spese accessorie, erano al 4,26%, oltre un punto rispetto al 3,18% di dicembre 2010. Nel frattempo il costo del denaro a livello europeo è sceso e la BCE ha dato 140 miliardi di euro all'1% alle Banche italiane.
Allora, cosa c'è di morale o di etico nel comportamento di tali istituti finanziari?
Quando un governo attacca prima con estrema determinazione i diritti dei pensionati, annullando l'indicizzazione del sussidio pensionistico, quando lascia poi intendere palesemente che non farà nulla per stabilizzare il lavoro precario (anzi irride coloro che ancora ci sperano), quando passa infine all'attacco sistematico dei diritti dei lavoratori occupati, mettendo in discussione l'art. 18, cosa fa di “cristiano” o più semplicemente di “moralmente degno”?
Se alla base della dottrina sociale della Chiesa Cattolica c'è la dignità della persona umana e della famiglia, suo luogo naturale di adozione e di crescita e di edificazione di tutto il tessuto sociale e democratico, cosa c'è di morale o di cristiano in provvedimenti che minano alla base proprio i principi su cui la dignità della persona umana e la possibilità che ha la famiglia di esistere si fondano? Il primo provvedimento Monti è stato mirato a colpire la casa di abitazione, luogo indispensabile di nascita, di crescita e di convivenza della famiglia, quel luogo in cui non si può fare a meno di abitare. Un luogo di culto può anche non essere frequentato, eppure è esente da tassazione, ma un luogo di abitazione non può non essere abitato, ed è invece insopportabilmente tassato.
Giovanni Paolo II disse a chiare lettere che "l’impegno dell’occupazione di tutte le forze disponibili è un dovere centrale dell'azione degli uomini di governo, politici, dirigenti sindacali ed imprenditori" e che le "le autorità responsabili" sono preposte "perché mettano mano ai provvedimenti necessari a garantire ai lavoratori la giusta retribuzione e la stabilità".
Anche Benedetto XVI è stato molto esplicito su tale questione: "Nella difficile situazione che stiamo vivendo la crisi del lavoro e dell'economia si accompagna a una crisi della famiglia: i conflitti di coppia, quelli tra i tempi della famiglia e per il lavoro creano una complessa situazione di disagio che influenza il vivere sociale"... "Anche l'economia con le sue leggi deve sempre considerare l'interesse e la salvaguardia della famiglia”
Basterebbe dunque solo questo, per chiedersi seriamente in che cosa consista veramente il “cattolicesimo” di Monti, o almeno, nel rispetto della sua “privata” fede personale, esigere nel merito da lui e dai suoi collaboratori, se non una autentica coerenza, almeno un po' più di serietà e di rispetto per tutti, a cominciare da quelli che cattolici lo sono davvero, di nome e di fatto. Che tra i tanti "tagli", dunque, il governo Monti ci metta in primo luogo alcune delle sue inutili, quanto ciniche esternazioni.
Sicuramente tali personaggi, impostici oggi da una palese mancanza di democrazia, risulterebbero, se non più sopportabili, meno “tediosi” e meno odiosi per tutti.
C.F.

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