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sabato 10 marzo 2012

Le nostre Termopili


di Carlo Felici

Diciamo subito una cosa con estrema chiarezza, da testimoni possiamo ribadire con forza che venerdì 9 Marzo 2012 in piazza con la FIOM non si è consumato il funerale della sinistra e dell'opposizione al governo Monti, ma invece abbiamo visto e toccato con mano la sua parusia: la sua presenza e la sua resurrezione.
La manifestazione nasceva in condizioni molto difficili, dopo un lungo periodo di stop seguito ai disordini del 15 ottobre scorso, in un clima di tensione sociale crescente, era svolta in un giorno infrasettimanale, con il rischio di non coinvolgere la popolazione non inclusa nelle categorie in sciopero, tra tensioni e scollamenti nel mondo sindacale e persino dentro la CGIL, in cui la FIOM appare come una componente assai agguerrita sì, ma tuttora minoritaria.
Essa tuttavia, da sola, è riuscita quasi a compiere un miracolo di cui forse le persone che stanno solo attente ai numeri e alle bandiere non si sono rese pienamente conto.
In un Paese in cui da mesi non esiste più una vera e coesa opposizione democratica e politica, oltre che parlamentare, in un contesto civile e sociale seminarcotizzato in cui la prima preoccupazione dei media tutti i giorni è sottolineare il consenso alle misure emergenziali prese da questo governo, con sondaggi che non hanno nulla di consistente né di reale, e con il solo scopo di gettare bidoni d'acqua quotidiana sul rischio che la tensione sociale cresca, a causa di misure impopolari ed inique come quelle sulle pensioni, prese solo per tacitare temporaneamente i mercati, in una situazione mai registrata nella storia della nostra Repubblica, di forte riduzione dei diritti democratici nel settore del lavoro e della rappresentanza politica (ricordiamo sempre la lex electoralis ad porcum), ebbene, in questo panorama desolante, le bandiere della FIOM appaiono come le lunghe lance degli spartani al passo delle Termopili.
Una vera opposizione ferma, chiara, compatta, civile, determinata che lancia la sua sfida ad un esercito soverchiante di partiti consociativi, ad un mondo imprenditoriale che sta riscoprendo metodologie punitive da sgherri, impedendo persino che i giornali possano circolare liberamente nelle fabbriche, ricattando operai e delegati sindacali, ad un governo che minaccia tutti i giorni di andare avanti con lo schiacciasassi dei “numeri” della fiducia parlamentare, e anche ai mercati che orwellianamente ci sorvegliano e puniscono a seconda dei casi.
Ieri finalmente nessuno si è più rifugiato nella “giaculatoria” del minor male possibile, quella che apre le porte della civiltà ai barbari in marcia.
Ieri ci siamo fermati e abbiamo levato un grido forse disperato ma sicuramente impavido e sereno: “Noi siamo qui, non arretreremo!”
In questo Paese c'è ancora una vera opposizione alla barbarie di un neoliberismo senza più regole né remore che ricatta quotidianamente interi popoli azzerando i diritti democratici e le rappresentanze sindacali, nel nome tirannico del fondamentalismo del profitto.
Qualcuno si è forse sorpreso perché il Partito Democratico invece non c'era?
Noi piuttosto ci siamo sorpresi che alcuni suoi rappresentanti finalmente la smettessero con l'ambiguità di poter rappresentare la velleità di essere al contempo impegnati nella lotta e nel governo, e che per questo abbiano deciso di dissentire e di stare con la vera opposizione che esiste ancora, anche se per adesso minoritaria.
Se crescerà nei consensi elettorali lo vedremo presto, e non sarà nemmeno facile, perché la tentazione di un popolo umiliato nella distruzione dei diritti acquisiti e con una legge elettorale che nemmeno una porcilaia accetterebbe volentieri, dovrà fare notevolmente forza su se stesso per recarsi ancora alle urne.
Ieri, gli ultimi combattenti per la democrazia rimasti in Italia hanno però dimostrato che è possibile, che una opposizione, anche al PD, si può e si deve costruire: la sinistra socialista con il suo striscione “Socialismo o barbarie”, SEL, la FED,il PCdL, l'IDV, erano presenti. Basterebbe solamente cercare tra queste forze politiche un minimo comune denominatore, non solo nel restare fermi ad opporsi ad una dilagante ed oppressiva inciviltà fondata sul ricatto, ma anche nel proporre un serio programma alternativo di governo, e sicuramente una voce autorevole tornerebbe a farsi sentire anche nelle stanze ormai blindate delle istituzioni italiane.
La creazione di un accordo politico tra le forze ieri in campo è dunque urgente e necessaria, è un vero e proprio imperativo categorico di civiltà, anche per portare il PD a decidere finalmente cosa vuole fare del suo futuro, se sprofondare nella palude centrista, oppure guidare un serio processo di cambiamento politico, civile ed istituzionale di questo Paese.
Ieri la foto di Vasto non appariva solo sbiadita ma piuttosto incenerita, chi guida oggi il PD se ne è reso conto.
Ieri è apparsa netta la distanza tra chi in quel partito rincorre sogni, ma sarebbe meglio dire per tutti noi gli incubi, di una riedizione del governo Monti, avvalorata anche da un passaggio elettorale, e chi vuole invece una seria alternativa politica a ciò che è oggi in atto, soprattutto per restituire dignità ad un'Italia tuttora offesa e prostrata da una corruzione imperante che, da sola e in modo perdurante ed invasivo, non solo fa impallidire gli anni di tangentopoli, e crediamo persino i perduranti accusatori di un Craxi troppo facilmente assunto a capostipite di tutti i nostri mali, ma che è stata anche amplificata a dismisura dagli anni del berlusconismo. Per far risorgere una società prostrata da una attività criminale ed affaristica che è già vera e propria metastasi della democrazia.
Landini lo ha detto chiaro e tondo: c'est ne qu'un debut”    Questo non è che l'inizio di una nuova fase, quella di una vera opposizione, non più “addomesticata” o “telecomandata” a seconda che vi siano o meno governi amici o nemici da contrastare, la vera opposizione civile alla barbarie imperante, quella che non lotta per mezzo di un'altra barbarie speculare e scomposta e facilmente strumentalizzabile con gli sfasci delle vetrine, i pestaggi e i lanci di pietre, bombe carta o molotov, e che però non è meno disposta ad avanzare fino ad assediare i palazzi del potere, fino allo sciopero generale.
Le parole di colui che appare, si comporta e parla oggi, anche per il perdurante vuoto della politica democratica, come un vero leader non solo sindacale ma anche politico, e forse proprio quello più indicato per compattare una opposizione trasversale che includa le forze politiche ieri in piazza, sono nette e senza equivoci:
"Se già a partire dal tavolo della prossima settimana non ci saranno risposte sull'estensione dei diritti continueremo la battaglia e la mobilitazione. Offriamo questa piazza a tutta la Cgil perché si possa continuare. Ma con chiarezza diciamo anche che i metalmeccanici sono disposti a tornarci e a starci, fino allo sciopero generale, e ad andare anche sotto i palazzi del Governo perché qui in piazza c'è il paese reale".
Sì, ieri c'era effettivamente il paese reale, non la minoranza del più grande sindacato nazionale dei lavoratori e tanto meno, come alcuni reazionari odierni vorrebbero farci credere, una “forza conservatrice”, o meno che mai i sopravvissuti di un'epoca destinata a scomparire.
Ieri c'erano gli ultimi veri combattenti rimasti in Italia, gli ultimi partigiani, i cittadini scesi in campo per la giustizia, per la libertà e per la civiltà del lavoro, gli spartani che ancora combattono e resistono e non sono disposti ad arretrare di un millimetro, per cedere il suolo della civiltà alla barbarie.
Ieri c'ero anch'io, c'eravamo anche noi..e se non vi piace beh..
Venite a prenderci!
C.F.

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