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mercoledì 14 marzo 2012

SILENZIO, PARLA LANDINI! di Norberto Fragiacomo

 
 
 
 
 Brevi "impressioni di corteo"...
 
 
 
 
SILENZIO, PARLA LANDINI!
di Norberto Fragiacomo
 
 
 
 
La notte, incominciata a Trieste, termina alle porte di Roma, in un “autobar” gremito di pellegrini Fiom. Manca poco alle sette: i chilometri percorsi in bus si contano sui visi disfatti di chi – come noi – viene da più lontano, ed impetra un po’ di energia ad un caffelatte e a una brioche appena sfornata. Fuori dal locale, decine di pullman e centinaia di sigarette accese: ci scambiamo brevi frasi di incoraggiamento, gli sguardi persi nell’immensità di un cielo terso. Sarà una giornata di sole, come lo scorso 15 ottobre.
Ancora un tratto di strada, l’ultimo, poi si scende all’altezza della stazione Laurentina. Vengono distribuite le bandiere, rosse con la scritta Fiom; il sottoscritto si accontenta di un’asta: falce e martello se li è portati da casa. In metrò, informazioni, scambi di numeri e inviti a non disperdersi; smontiamo al Colosseo e, dopo un secondo caffè, ci incamminiamo verso la nostra meta, piazza della Repubblica (detta anche piazza Esedra, per la sua forma ad abside aperto). Di tempo ce n’è in abbondanza, quindi possiamo concederci una visita al Mosè michelangiolesco, “prigioniero” a S. Pietro (in Vincoli, appunto): neppure a noi parla, ma il suo cipiglio fiero ci infonde ulteriore coraggio, e determinazione. La notte insonne non ci ha fiaccati troppo.
Eccoci in piazza, nel ventre di una folla che mi appare serena, e decisa nel contempo. Meno gente che in ottobre, lo si rileva subito, ma gli stendardi rossi son tornati; attivisti di infiniti movimenti che si richiamano al comunismo distribuiscono volantini dai contenuti condivisibili, e sostanzialmente in fotocopia (ma guai a dirglielo!). Ne metto tre in tasca (PCdL, Partito Comunista Internazionale, Carc), più tardi acquisterò anche una copia de Il Bolscevico.
Pian piano, il corteo si mette in moto, ad un ritmo da passeggiata domenicale. Marchionne è, suo malgrado, protagonista: i cori a lui dedicati si sprecano. Se li merita ampiamente, comunque. Guardandomi attorno, scorgo bandiere di tutti i partiti e i movimenti della sinistra italiana: numerosissime, in particolare, quelle del Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando. Il PD è assente ingiustificato, anzi no: all’altezza di S. Maria Maggiore, notiamo un anziano con il vessillo in pugno. Sembra più che altro un atto di protesta individuale: non a caso, le telecamere immediatamente lo attorniano, e scatta l’intervista… forse la prima di una vita. Cosa starà dicendo? Chissà… ci piacerebbe, invece, rivolgere qualche domanda al compagno Fassina, il “piddino di sinistra” che, all’ultimo momento, ha dato forfait con scuse degne di un liceale svogliato. “Eh, ci sono i NO TAV…” Certo che ci sono, caro Fassina, e lo si sapeva sin dall’inizio. In realtà, la scelta dei dirigenti democratici è stata coerente: difficile aspettarsi, da un gruppo dirigente che regge sulle spalle un governo di destra estrema, appoggi ad una manifestazione popolare, di lavoratori, pensionati e studenti.
Per fermare la deriva autoritaria e cambiare questo Paese ci vuole una Sinistra unita, pugnace e relativamente omogenea: oggi, tra via Cavour e piazza S. Giovanni, ne intravediamo tanti spezzoni -  che ci provano, a camminare fianco a fianco. Certo, il settarismo non è sconfitto, tutt’altro; ma si è fatta strada la consapevolezza che l’unico obiettivo del governo della finanza è l’azzeramento dello Stato sociale (non sorprende, dunque, che su RAI e corruzione i presunti tecnici alzino bandiera bianca: a loro interessa togliere di mezzo l’articolo 18, altro che liberalizzazioni e crescita!), e che reazioni in ordine sparso non servono proprio a nulla, se non a gratificare l’amor proprio dei singoli.
Cosa tiene insieme, in questo mattino precocemente primaverile, Sinistra Euromediterranea e PMLI, Sinistra Critica e Lega dei Socialisti, SeL e Rifondazione? Loro: i metalmeccanici della Fiom, vera spina dorsale (non a caso, marciano al centro della strada, reggendo striscioni artigianali) di questa massa umana che attraversa festosa e senza incidenti il cuore antico dell’Urbe. Se la Sinistra italiana ha rialzato la testa, smarcandosi dal PD collaborazionista, il merito è di Maurizio Landini e compagni che, incalzati da un nemico assai meglio equipaggiato (basta paragonare il reddito di un Marchionne, o di un Passera, con quello dei funzionari della Fiom per rendersene conto), non rinunciano ad una battaglia da combattere fino in fondo – una battaglia per la libertà, la democrazia e l’uguaglianza dei diritti.  Pomigliano, Mirafiori, Melfi, Omsa: tanti nomi per le nostre Termopili. Civiltà socialista o barbarie capitalista: l’alternativa è secca.
Alla fine, il comizio del segretario, preceduto da tanti interventi significativi: una precaria triestina dell’Alcatel racconta, con voce ferma, il suo calvario quotidiano, e quello di milioni di giovani che l’esecutivo, supportato dai media di regime, cerca subdolamente di contrapporre ai “vecchi”; un sindacalista greco grida la rabbia disperata di una popolazione ridotta in schiavitù per arricchire (o non impoverire troppo) banchieri ladri. Approvo i due interventi, plaudo a chi li ha messi in scaletta: mai come oggi è indispensabile la solidarietà tra categorie di lavoratori e popoli diversi. Prende la parola Moni Ovadia, trascinante come un antico profeta; poi tocca a Landini, il leader vero, e la piazza si fa silenziosa, sale in punta di piedi, tende l’orecchio.
Tanti i temi: l’articolo 18 che va esteso a tutti, la contrattazione collettiva da garantire, anche abrogando l’articolo 8 voluto dal duo Berlusconi-Sacconi, il superamento del precariato, autentica piaga sociale… lavoro, lavoro, lavoro, ma anche Politica con la maiuscola. Il segretario spazia dal reddito di cittadinanza alla Val di Susa, e propone una via d’uscita dalla crisi che chiama in causa lo Stato, la sua capacità di intervento a sostegno dell’economia: stop alle grandi opere - costosissime e inutili, quando non dannose – e via libera ad altre, più piccole, meno “appariscenti” ma indispensabili, anche per rilanciare l’occupazione, quella buona. Regala “questa piazza alla CGIL”, Maurizio Landini e, per un istante, si sostituisce alla Camusso, preannunciando lo sciopero generale; ma parla anche da guida in pectore della Sinistra italiana, da uomo capace di far sognare le masse lavoratrici – e non con la poesia delle parole: con l’aspra, densa prosa dei fatti.
Gli applausi si susseguono, spontanei, commossi – e poco c’importa di non essere milioni, siamo qui a schiena dritta, e tanto basta.
Ci sparpagliamo con un tantino di speranza e qualche certezza in più: che il PD si è definitivamente chiamato fuori, e va bene così; che l’attendismo della CGIL – aggrappata ad un’unità sindacale al ribasso e ad un tavolo dove si può scegliere solo il menù fisso – nuoce alla causa dei lavoratori, ed alla credibilità della confederazione stessa. Susanna Camusso, non aderendo allo sciopero Fiom, ha commesso un errore gravissimo: se la macchina organizzativa del maggior sindacato italiano avesse portato a Roma centinaia di migliaia di persone, il segnale per lorsignori sarebbe stato più forte e più chiaro.
Non crediamo alla malafede; denunciamo però l’inadeguatezza e la mancanza di coraggio dei vertici CGIL, difficilmente perdonabili in una situazione (quasi) disperata come l’attuale.
Forse ci sarà tempo per rimediare – intanto, abbiamo la FIOM , cui il sottoscritto (che di mestiere non fa l’operaio metalmeccanico) ha liberamente deciso di aderire, per convinzione, gratitudine e spirito di solidarietà.
Fatelo anche voi, compagni lettori: il sindacato, questo sindacato, ha bisogno del nostro sostegno – e se l’è guadagnato.
 
 
Trieste, 12 marzo 2012
 
 
 
 

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