di Lorenzo Mortara
«I
filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo».
I giornalisti neanche quello, se lo fanno direttamente interpretare
dai loro registi prediletti, i padroni, e seguono il copione
appagandosi del loro ruolo di eterne comparse tra le scimmie
ammaestrate.
Tra
Le
Nanà dell’informazione c’è anche La
Repubblica degli Ottoni.
La
Repubblica degli Ottoni ce l’ha col freno
della Fiom. La Fiom frena i profitti, di
conseguenza sono a rischio anche le briciole che cadono dalla tavola
per i cagnolini dei profittatori. Ne segue che bisogna assolutamente
mettere un freno al freno della Fiom!
La
Fiom, questo sindacato retrogrado, pretende per il lavoratore «un
posto equamente retribuito [...] una paga che gli consenta di
mantenere se stesso e la sua famiglia, [...] una pensione quando non
dovrà più lavorare». E
lo pretende perché è tanto sfacciata da non accettare il “mondo
così com’è”: schifoso.
La Repubblica degli Ottoni, al contrario, non solo lo accetta così
com’è, lo accetterebbe anche se fosse peggio, perché il mondo
così com’è è il migliore dei mondi possibili per tutte le
repubbliche
degli schifosi.
Landini
non s’accontenta come gli altri sindacalisti pieni di vuoto
realismo, i quali accettano il mondo così com’è, «di
strappare nel suo ambito il massimo di benefìci, per se stessi e per
i loro seguaci».
E non si accontenta perché solo la Repubblica degli Ottoni è così
credulona da illudersi che si possa strappare un qualunque beneficio
accettando lo status
quo.
Accettando il mondo così com’è, strappano benefici – e che
benefici! – soltanto i padroni. Ai lavoratori non restano che i
malefici dei padroni e gli incantesimi degli stregoni al soldo della
Repubblica degli Ottoni. Infatti, statistiche alla mano, i
sindacalisti che accettano il sistema non lo fanno per strappare il
massimo nelle condizioni date – pura scempiaggine liberale – lo
accettano per la semplice ragione che non sono per l’appunto
sindacalisti, ma mercenari venduti alla Repubblica degli Ottoni che
difatti difende ed elogia i suoi dipendenti.
Landini
che vuole cambiare il mondo, per fortuna, si mette nella schiera
degli uomini migliori, non molti, che hanno provato a passare alla
Storia con un po’ di gloria e di onore. La Repubblica degli Ottoni
– sanza
’nfamia e sanza lodo
– è felice come una pasqua di restare nella sua pattumiera, nella
raccolta indifferenziata dei rifiuti umani.
Tanta
felicità per niente è ovviamente interessata, anche se si presenta
piena di buon senso, lungimiranza e di pomposi discorsi
apparentemente moderni. In realtà, se la Fiom è un sindacato
dell’Ottocento, la Repubblica degli Ottoni non va più in là delle
sue superstizioni illuminate. Ci sono tutte, dalle immutabili sfide
della globalizzazione alle leggi di mercato della domanda e
dell’offerta, viste immancabilmente come «leggi
naturali»,
proprio come sul finire del Settecento, quando uscita dal medioevo,
l’umanità si ritrovò con le stesse superstizioni dei preti e dei
feudatari, messe però sul mercato insieme con le categorie kantiane
a immagine imperitura della secolare stupidità borghese. Proprio per
questo, la Fiom, è il più moderno dei sindacati, perché
dall’Ottocento ad oggi il linguaggio della Repubblica degli Ottoni
è rimasto sempre uguale, come uguali sono i suoi volgarissimi
giornali. Non c’è bisogno dunque di cambiare il linguaggio di
oggi, se i padroni parleranno anche domani la loro lingua di sempre.
È moderno quel sindacato che non ha bisogno di cambiare il
linguaggio di una traduzione già fatta e perfetta alla lettera così
com’è, fin dal suo primo contatto con la lingua viscida e biforcuta della controparte.
Naturalmente è difficile cambiare il mondo quando si è in pochi, attorniati da una
massa enorme di vigliacchi che lo accetta così com’è per naturale
convenienza, non certo per realismo che i liberali, idealisti e
naturalmente tonti come sono, non sanno neanche cos’è. Di qui il
fascino dell’impresa, che resiste ai suoi stessi tentativi
infruttuosi. Infatti, un tentativo non riuscito non sarà mai così
fallimentare come quello di chi non l’ha nemmeno fatto.
Il
liberale, nel suo cretinismo congenito, si autoconvince che siano le
prove scadenti dei tentativi di cambiare il mondo a farglielo
accettare così com’è. In realtà è solo l’obesità del suo portafogli. Anche
se fossero riuscite, infatti, lui non le avrebbe ugualmente accettate
perché ci avrebbe comunque perso qualcosa, ovvero la sua schifosa
proprietà privata dello sfruttamento.
Nei
buchi logici dei suoi discorsi – la logica gli è da sempre estranea per il suo pressappochismo d’accatto – si possono
trovare innumerevoli prove del gretto materialismo antistorico del
liberale.
La
Repubblica degli Ottoni, ad esempio, si cimenta con la Rivoluzione
Russa, troppo più grande di lei, per dimostrare quanto sia vano
provare a cambiare le cose. «Lo Stato costruito secondo i princìpi
rivoluzionari (sic!) non funzionò […] Poi vennero la dittatura, la
tirannide, la miseria universale». Si direbbe che è per il suo buon
cuore se la Repubblica degli Ottoni si oppone ad ogni cambiamento
miserabile. La miseria sovietica intenerisce i liberali, che piangono
e provano pena come una Frignero
qualunque per le disgrazie dei russi. Poveri liberali,
così sensibili alla vergogna della miseria in un solo Paese, da
sostituirla con la miseria permanente, purché naturale, in tutti i
Paesi!
Come
tutti coloro che non ne hanno, i liberali attribuiscono a un’idea
il crollo dell’Urss, non capiscono, per amore del profitto, che la
sconfitta dell’impero sovietico, è solo il risultato della lotta
di classe su scala mondiale. Sconfitta ad est ed ovest, la Russia proletaria ha
resistito fino al 1989-91 prima di capitolare al capitalismo. La
vittoria del capitalismo sul finire del secolo è solo l’ultima
grande battaglia di una guerra che continua. Il vincitore non è
scontato, ma noi siamo sicuri che non sarà la Repubblichina degli
Ottoni a vincere, ma quella mondiale dei Soviet. Lo sappiamo non
tanto da quello che dice la Repubblica degli Ottoni, che non lo sa
neanche, perché ignora pure da che parte sia girata, ma da quello
che sente il suo purissimo istinto borghese. Questo non sbaglia
quando fiuta in Marx il pericolo. In effetti, altro grande pericolo
all’infuori del marxismo, per la Repubblica degli Ottoni, non c’è.
E quando descrive Landini un po’ come riformista un po’ come
rivoluzionario, non sapendo bene la distinzione tra i due tipi e a
quale appartenga il capo della Fiom – indubbiamente al primo – la
Repubblica degli Ottoni esprime solo la sua istintiva paura per la
sempre possibile metamorfosi, specie nei momenti di crisi, che il
primo può fare, trasformandosi nel secondo. I guai della Fiom e i
problemi di Landini sono in fondo tutti qua. Finché resterà un
riformista, Landini potrà fare solo da freno alla Repubblica degli
Ottoni, ma difficilmente riuscirà a fermarla. Anche se in questo
caso avrà comunque fatto qualcosa di importante, noi faremo di tutto
perché lui o chi per lui si trasformi presto in un sindacalista
rivoluzionario, perché allora non farà più solo da freno, ma, con
la prima grande vittoria da tanto tempo in mano, fermata la folle
corsa della megamacchina capitalista, accelererà anche la sua
definitiva rottamazione.
Lorenzo
Mortara
Delegato
Fiom-Cgil
Stazione
dei Celti
Domenica
1 Aprile 2012
Caro Lorenzo Mortara,
RispondiEliminaChe altro dire?
Fatti noi (lavoratori) fummo per viver come bruti, non per seguir virtute e canoscenza (quella degli Ottoni).