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domenica 1 aprile 2012

La Repubblica degli Ottoni di L. Mortara



di Lorenzo Mortara


«I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo». I giornalisti neanche quello, se lo fanno direttamente interpretare dai loro registi prediletti, i padroni, e seguono il copione appagandosi del loro ruolo di eterne comparse tra le scimmie ammaestrate.
Tra Le Nanà dell’informazione c’è anche La Repubblica degli Ottoni.
La Repubblica degli Ottoni ce l’ha col freno della Fiom. La Fiom frena i profitti, di conseguenza sono a rischio anche le briciole che cadono dalla tavola per i cagnolini dei profittatori. Ne segue che bisogna assolutamente mettere un freno al freno della Fiom!
La Fiom, questo sindacato retrogrado, pretende per il lavoratore «un posto equamente retribuito [...] una paga che gli consenta di mantenere se stesso e la sua famiglia, [...] una pensione quando non dovrà più lavorare». E lo pretende perché è tanto sfacciata da non accettare il “mondo così com’è”: schifoso. La Repubblica degli Ottoni, al contrario, non solo lo accetta così com’è, lo accetterebbe anche se fosse peggio, perché il mondo così com’è è il migliore dei mondi possibili per tutte le repubbliche degli schifosi.
Landini non s’accontenta come gli altri sindacalisti pieni di vuoto realismo, i quali accettano il mondo così com’è, «di strappare nel suo ambito il massimo di benefìci, per se stessi e per i loro seguaci». E non si accontenta perché solo la Repubblica degli Ottoni è così credulona da illudersi che si possa strappare un qualunque beneficio accettando lo status quo. Accettando il mondo così com’è, strappano benefici – e che benefici! – soltanto i padroni. Ai lavoratori non restano che i malefici dei padroni e gli incantesimi degli stregoni al soldo della Repubblica degli Ottoni. Infatti, statistiche alla mano, i sindacalisti che accettano il sistema non lo fanno per strappare il massimo nelle condizioni date – pura scempiaggine liberale – lo accettano per la semplice ragione che non sono per l’appunto sindacalisti, ma mercenari venduti alla Repubblica degli Ottoni che difatti difende ed elogia i suoi dipendenti.
Landini che vuole cambiare il mondo, per fortuna, si mette nella schiera degli uomini migliori, non molti, che hanno provato a passare alla Storia con un po’ di gloria e di onore. La Repubblica degli Ottoni – sanza ’nfamia e sanza lodo – è felice come una pasqua di restare nella sua pattumiera, nella raccolta indifferenziata dei rifiuti umani.
Tanta felicità per niente è ovviamente interessata, anche se si presenta piena di buon senso, lungimiranza e di pomposi discorsi apparentemente moderni. In realtà, se la Fiom è un sindacato dell’Ottocento, la Repubblica degli Ottoni non va più in là delle sue superstizioni illuminate. Ci sono tutte, dalle immutabili sfide della globalizzazione alle leggi di mercato della domanda e dell’offerta, viste immancabilmente come «leggi naturali», proprio come sul finire del Settecento, quando uscita dal medioevo, l’umanità si ritrovò con le stesse superstizioni dei preti e dei feudatari, messe però sul mercato insieme con le categorie kantiane a immagine imperitura della secolare stupidità borghese. Proprio per questo, la Fiom, è il più moderno dei sindacati, perché dall’Ottocento ad oggi il linguaggio della Repubblica degli Ottoni è rimasto sempre uguale, come uguali sono i suoi volgarissimi giornali. Non c’è bisogno dunque di cambiare il linguaggio di oggi, se i padroni parleranno anche domani la loro lingua di sempre. È moderno quel sindacato che non ha bisogno di cambiare il linguaggio di una traduzione già fatta e perfetta alla lettera così com’è, fin dal suo primo contatto con la lingua viscida e biforcuta della controparte.
Naturalmente è difficile cambiare il mondo quando si è in pochi, attorniati da una massa enorme di vigliacchi che lo accetta così com’è per naturale convenienza, non certo per realismo che i liberali, idealisti e naturalmente tonti come sono, non sanno neanche cos’è. Di qui il fascino dell’impresa, che resiste ai suoi stessi tentativi infruttuosi. Infatti, un tentativo non riuscito non sarà mai così fallimentare come quello di chi non l’ha nemmeno fatto.
Il liberale, nel suo cretinismo congenito, si autoconvince che siano le prove scadenti dei tentativi di cambiare il mondo a farglielo accettare così com’è. In realtà è solo l’obesità del suo portafogli. Anche se fossero riuscite, infatti, lui non le avrebbe ugualmente accettate perché ci avrebbe comunque perso qualcosa, ovvero la sua schifosa proprietà privata dello sfruttamento.
Nei buchi logici dei suoi discorsi – la logica gli è da sempre estranea per il suo pressappochismo d’accatto – si possono trovare innumerevoli prove del gretto materialismo antistorico del liberale.
La Repubblica degli Ottoni, ad esempio, si cimenta con la Rivoluzione Russa, troppo più grande di lei, per dimostrare quanto sia vano provare a cambiare le cose. «Lo Stato costruito secondo i princìpi rivoluzionari (sic!) non funzionò […] Poi vennero la dittatura, la tirannide, la miseria universale». Si direbbe che è per il suo buon cuore se la Repubblica degli Ottoni si oppone ad ogni cambiamento miserabile. La miseria sovietica intenerisce i liberali, che piangono e provano pena come una Frignero qualunque per le disgrazie dei russi. Poveri liberali, così sensibili alla vergogna della miseria in un solo Paese, da sostituirla con la miseria permanente, purché naturale, in tutti i Paesi!
Come tutti coloro che non ne hanno, i liberali attribuiscono a un’idea il crollo dell’Urss, non capiscono, per amore del profitto, che la sconfitta dell’impero sovietico, è solo il risultato della lotta di classe su scala mondiale. Sconfitta ad est ed ovest, la Russia proletaria ha resistito fino al 1989-91 prima di capitolare al capitalismo. La vittoria del capitalismo sul finire del secolo è solo l’ultima grande battaglia di una guerra che continua. Il vincitore non è scontato, ma noi siamo sicuri che non sarà la Repubblichina degli Ottoni a vincere, ma quella mondiale dei Soviet. Lo sappiamo non tanto da quello che dice la Repubblica degli Ottoni, che non lo sa neanche, perché ignora pure da che parte sia girata, ma da quello che sente il suo purissimo istinto borghese. Questo non sbaglia quando fiuta in Marx il pericolo. In effetti, altro grande pericolo all’infuori del marxismo, per la Repubblica degli Ottoni, non c’è. E quando descrive Landini un po’ come riformista un po’ come rivoluzionario, non sapendo bene la distinzione tra i due tipi e a quale appartenga il capo della Fiom – indubbiamente al primo – la Repubblica degli Ottoni esprime solo la sua istintiva paura per la sempre possibile metamorfosi, specie nei momenti di crisi, che il primo può fare, trasformandosi nel secondo. I guai della Fiom e i problemi di Landini sono in fondo tutti qua. Finché resterà un riformista, Landini potrà fare solo da freno alla Repubblica degli Ottoni, ma difficilmente riuscirà a fermarla. Anche se in questo caso avrà comunque fatto qualcosa di importante, noi faremo di tutto perché lui o chi per lui si trasformi presto in un sindacalista rivoluzionario, perché allora non farà più solo da freno, ma, con la prima grande vittoria da tanto tempo in mano, fermata la folle corsa della megamacchina capitalista, accelererà anche la sua definitiva rottamazione.


Lorenzo Mortara
Delegato Fiom-Cgil
Stazione dei Celti
Domenica 1 Aprile 2012

1 commento:

  1. Caro Lorenzo Mortara,
    Che altro dire?
    Fatti noi (lavoratori) fummo per viver come bruti, non per seguir virtute e canoscenza (quella degli Ottoni).

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