LA KILLING REVIEW, NEMESI DEL NOSTRO MEZZOGIORNO
di Riccardo Achilli
La metodologia con cui il Governo ha ribaltato su Regioni ed autonomie locali la quota di spending review a loro assegnata (che dovrà ammontare a 7,1 miliardi, di cui 700 milioni a carico delle Regioni) dimostra la mediocrità anche professionale, l'assenza di un'idea di sviluppo, di una visione di un possibile futuro dopo l'austerità, da parte di questi tecnici. Anche in forma lesiva dell'autonomia di Regioni ed enti locali, poiché a norma dell'art. 117 della Costituzione sulla quale lorsignori hanno giurato, l'armonizzazione dei bilanci pubblici ed il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario è materia di legislazione concorrente, nella quale lo Stato può soltanto determinare i principi fondamentali, si stabilisce da Roma la quota di risparmi da realizzare a carico delle autonomie locali e si suggerisce anche la voce di bilancio su cui agire prioritariamente, ovvero i consumi intermedi (essenzialmente le spese delle PPAA per acquisti di beni e servizi) determinando, in un documento denso di veri e propri strafalcioni di aritmetica elementare che circola in Parlamento, il metodo con cui determinare il risparmio a carico di ogni amministrazione: il differenziale di spesa fra l'amministrazione interessata ed un amministrazione che si colloca in posizione mediana in termini di rapporto fra spesa per consumi intermedi per abitante, oppure per dipendente. In altri termini, se entro il brevissimo termine del 30 settembre le Regioni non si metteranno d'accordo sul metodo per ripartire fra loro il taglio predeterminato a monte dal Governo nel decreto sulla spending review, interverrà il governo stesso, con poteri sostitutivi, ed un metodo di determinazione del risparmio da applicare ad ogni singola Amministrazione già pronto per essere utilizzato, senza alcuna concertazione.
Al di là degli aspetti irrispettosi dell'autonomia costituzionalmente garantita agli enti regionali, l'unico commento ragionevole che viene da fare a questo metodo ragionieristico da taglio lineare è "Capodicazzo"! C'era bisogno di affidarsi a Bondi per mettere in piedi tre conticini assolutamente decontestualizzati rispetto alle realtà socioeconomica dei territori sui quali tali tagli vengono spalmati con una regolina meramente aritmetica? Ma bastava un ragionier Fracchia qualsiasi! Per usare una metafora, il metodo-Bondi è come una famiglia che non arriva a fine mese e per risparmiare butta un figlio in mezzo alla strada. Certo che in questo modo risparmierà, ma abbandonando il figlio comprometterà il futuro. Al di là, ovviamente, dell'indegnità etica di un simile comportamento. E non ci vuole un genio per fare una cosa simile. Tutt'al piu' basta un criminale.
La realtà delle regioni meridionali che concorreranno a tali tagli si condensa in una statistica densa di significato: mentre a livello nazionale aggregato il rapporto fra investimenti pubblici ed investimenti fissi lordi totali è del 18% circa, nelle regioni meridionali tale percentuale oscilla fra il 35 ed il 45%. Ciò significa banalmente che le fragili economie delle regioni del Sud dipendono in modo fondamentale da un circuito di spesa pubblica. Sono economie assistite, in cui i sistemi produttivi, in buon misura, ed ovviamente al netto di eccezioni virtuose, sopravvivono all'interno di mercati piu' o meno protetti, basati sulla domanda pubblica. Certamente questi circuiti di spesa non sono scevri da assistenzialismo, spreco e clientelismo parassitario, ma signori miei, questa condizione è caratteristica del ritardo di sviluppo, un ritardo di sviluppo che 150 anni di unità del Paese non hanno sanato, ma anzi aggravato, nel Mezzogiorno, usato come serbatoio di manodopera per lo sviluppo industriale del Nord, e come bidone di voti cui hanno largamente attinto le classi politiche nazionali.
Oggi la realtà è che, tagliando indiscriminatamente tale circuito di spesa, senza predisporre un percorso di utilizzo alternativo delle risorse risparmiate, si finisce di uccidere ogni speranza di tenuta sociale dell'area piu' fragile del Paese, distruggendo i circuiti locali di spesa, che ne erano l'ultima difesa, seppur una difesa patologica.
Occorrerebbe spiegare a tali economisti da operetta tragicomica che il termine "spending review" non è sinonimo di "tagli di spesa", ma di "messa in efficienza e riqualificazione della spesa". Nei Paesi angolosassoni che hanno introdotto da anni la spending review, questa procedura serve per riorientare i risparmi ottenuti da spesa improduttiva verso utilizzi produttivi, e gli esercizi di spending review sono sempre accompagnati e diretti da una attenta valutazione di impatto di utilizzi alternativi della spesa pubblica. Non sono meri risparmi di risorse da bruciare sull'altare della troika, cioè da portare a riduzione del debito pubblico consolidato, come pensa di fare Monti con i risparmi ottenuti sulle Regioni e sugli enti locali, che serviranno soltanto per coprire ulteriori tagli ai residui, magrissimi trasferimenti statali di parte corrente alle autonomie locali (di fatto questa è l'unica parte del federalismo fiscale che è stata attuata: l'azzeramento rapido dei trasferimenti statali alle autonomie. L'altra parte, ovvero il potenziamento della fiscalità locale necessario per coprire i trasferimenti statali scomparsi, non è stata, e non sarà mai, attuata). Per restare nella metafora familiare, una spending review seria, da economisti e non da contabili, riviene a rinunciare all'opzione di abbandonare un figlio sul ciglio della strada, e piuttosto ad insegnargli una etica del risparmio: vestirlo con vestiti comrpati alal bancarella, anziché con costosi abiti firmati; insegnargli che per divertirsi non serve avere l'ultimo robot-transformer alla moda, ma che anche con un giocattolo meno costoso ci si può divertire lo stesso. Ed usare i risparmi così ottenuti per mandarlo all'università, quando sarà cresciuto.
Fuori di metafora, una vera spending review per le amministrazioni meridionali dovrebbe consistere esattamente in questo: utilizzare i risparmi da spesa corrente o comunque improduttiva per finanziare circuiti di spesa pubblica locale virtuosi, basati sulla concentrazione degli investimenti in poche e selezionate aree produttive dotate dei fattori di sviluppo ottimali per catalizzare l'investimento imprenditoriale, al fine di difondere lo sviluppo anche al di fuori di tali aree ed in modo diffusivo, con i meccanismi di "breakthrough" degli equilibri statici del sottosviluppo illustrati dalla teoria della causazione circolare cumulativa di Gunnar Myrdal. Cioè distruggere circuiti di spesa locali che non fanno sviluppo per sostituirli con circuiti di spesa in grado di attivare poli di crescita alla Perroux e industrie motrici.
Invece, si distruggerà il pregresso senza creare niente di migliore o di alternativo. Il debito pubblico scenderà temporaneamente di qualche millesimo di punto, immediatamente recuperato dagli effetti della recessione sui conti dello Stato, e l'opera di distruzione del Mezzogiorno sarà completata. E sindaci ed i Presidenti di Regioni e Province del Mezzogiorno, anziché organizzare rivolte popolari, si limitano a sfilare per le strade di Roma con la fascia tricolore, facendo facce incazzate ma in realtà mendicando qualche centinaia di miagliaia di euro di "sconto" rispetto alla cifra dei risparmi imposti dal Governo. E guai se rompono troppo le scatole al manovratore, come ha dovuto fare Errani, nel suo ruolo di Presidente della conferenza Stato Regioni. Ecco che, proprio in coincidenza con le sue vibrate critiche al Governo dei professori, spunta fuori, provvidenziale, una inchiesta della magistratura a suo carico. Chi ha orecchie per capire, le abbassi e si adegui. Questa è la realtà storica, umiliante, che stiamo vivendo. E' un Paese che si affida ai suoi carnefici. "Triste, Solitario y Final", direbbe il grande Osvaldo Soriano.
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