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venerdì 30 novembre 2012

LA RIFORMA ELETTORALE TAILOR MADE di Riccardo Achilli





LA RIFORMA ELETTORALE TAILOR MADE
di
Riccardo Achilli


Quando, poco prima del natale del 2005 fu approvato, alla vigilia delle elezioni politiche, il Porcellum, grida ed alti lai si alzarono dal centrosinistra, che non a torto vedeva nelle tortuose dinamiche di tale legge il modo per bloccare una vittoria già sicura. Oggi, lo stesso autore del Pocellum, ovvero Calderoli, evidentemente riconosciuto in modo bipartisan come il miglior sarto di legge elettorali “ad hoc” per le esigenze del committente, disegna un “lodo” che è fatto evidentemente su misura per far ottenere al centrosinistra, alle elezioni di aprile, una magrissima maggioranza di pochissimi seggi, quindi altamente instabile e necessariamente aperta ad un crollo, nel caso in cui anche solo pochissimi parlamentari dovessero uscire dalla maggioranza.

Si prevede infatti un complicatissimo scaglionamento del premio di maggioranza, che per la coalizione scatta a partire dal 35% dei voti, e che consente di arrivare alla maggioranza risicata dei seggi (50,5%) al raggiungimento del 38% dei voti. Guarda caso grosso modo ciò che i sondaggi attribuiscono oggi al centrosinistra.  Si ottiene così il risultato perfetto, dal punto di vista dell'interesse a mantenere il percorso avviato con Monti: una maggioranza di centrosinistra altamente instabile, facilmente ricattabile da un pugno di parlamentari ben “istruiti”, che dovrà rigare dritta e possibilmente dovrà imbarcare i centristi per essere più solida. Alla faccia di chi, come Bersani, invocava una legge elettorale che garantisse di sapere subito quale fosse la coalizione che avrebbe governato il Paese nei prossimi cinque anni.

Non a caso tutti sembrano essere d'accordo con questo lodo, tranne ovviamente alcuni aggiustamenti tecnici sull'entità delle “aliquote di premio” per far avere qualche seggio in più a questo o a quel partito. Infatti, non c'è nessun interesse differenziale da far valere, fra centrosinistra e centrodestra assolutamente allineati sulla prosecuzione del montismo con altri mezzi, e peraltro la fragilità intrinseca delle maggioranze che emergono da una simile legge è la migliore garanzia affinché si ricostruiscano “grosse koalitione” nel giro di pochi mesi di legislatura, e quindi tutti rientrino in gioco, anche un PDL che è alla soglia del coma farmacologico, e che sarà salvato per l'ennesima volta dal centrosinistra, come regolarmente avvenuto negli ultimi 20 anni (dalle concessioni sul conflitto di interessi ai regolari sfaldamenti del centrosinistra che aprivano la porta al ritorno di Berlusconi e co.). Peraltro il combinato disposto di “scaglioni di premio” (che incentiva l'allargamento delle coalizioni per accedere allo scaglione più alto, che fa scattare un premio superiore), soglie di sbarramento al 5% o forse più, utilizzo del metodo D'Hondt per l'attribuzione dei seggi proporzionali (metodo che favorisce i grandi partiti) non può che generare un effetto centripeto su quei partiti che (come Rc) pensano di rimanere fuori dal centrosinistra. Una legge elettorale di questo genere sembra fatta apposta per attrarli dentro la coalizione. Infine, tale legge ha il “merito”, ovviamente dal punto di vista dei partiti che dovranno portare avanti il montismo, di bloccare Grillo: il premio è in primis di coalizione, diventa di lista solo se nessuna coalizione raggiunge il 35% (e ciò è impossibile) e comunque, anche in quel malaugurato caso, il premio per la singola lista scatta solo al raggiungimento del 25%, ed i sondaggi danno il M5S lontano da tale soglia.

C'è più di un motivo “bipartisan”, invece, per essere fortemente contrari a questo ennesimo papocchio sulla legge elettorale: in primis, perché è semplicemente ignobile che si continui a determinare le leggi elettorali sulla base delle esigenze contingenti, con lo sguardo concentrato soltanto sulla prossima scadenza elettorale, creando quindi leggi costantemente precarie, destinate ad essere cambiate ogni 5 anni. E poi perché una legge elettorale dovrebbe guardare all'esigenza della società di avere una rappresentanza parlamentare il più possibile aderente ai suoi orientamenti, non alle esigenze contingenti dei partiti e dei piccoli gruppi di interesse che li manovrano. Inoltre, una legge elettorale ben fatta dovrebbe essere semplice, comprensibile, ed evitare il più possibile meccanismi farraginosi che rendono difficile all'elettore comprendere come il suo voto possa convertirsi in una data composizione del Parlamento. Non è una questione di lana caprina: una democrazia funzionante si basa sulla massima trasparenza dei suoi meccanismi fondativi. Certo la tabellina allegata alla proposta di Calderoli, che evidenzia gli scaglioni di premio e le relative percentuali, non sembra fatta apposta per raggiungere un simile risultato.

Tutte le sciocchezze che vengono contrabbandate per far passare questo ennesimo papocchio, ad esempio che occorre garantire “stabilità” e governabilità, sono sciocchezze. Intanto perché, come detto, tale legge, proprio perché prevede premi “cuciti” su misura dei risultati dei sondaggi aggiornati a novembre 2012, genererà, ad Aprile, una maggioranza volutamente instabile. E poi perché ci sono esempi chiari (ad esempio la legge elettorale per il Parlamento dell'Uruguay) di leggi elettorali perfettamente proporzionali, senza soglie di sbarramento e senza premi di maggioranza, che garantiscono maggioranze stabili per tutti i 5 anni di legislatura (per esempio grazie al doppio voto simultaneo).

Se si continua a prendere in giro l'elettorato, la terza Repubblica nascerà sotto pessimi auspici. Non democratici. 


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