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martedì 26 febbraio 2013

Non nominare mai il nome della Rivoluzione invano



di Carlo Felici

Difficile fare un'analisi a caldo dei risultati elettorali senza lasciarsi trascinare dalle invettive catastrofiste oppure dal pessimismo autocommiserante, specialmente per certa sinistra residuale, ma ci proveremo, individuando innanzitutto un vincitore che nessuno pare focalizzare bene in queste ore, troppo indaffarati come siamo a parlare di tsunami, di terremoto o di macerie della seconda repubblica.
Molti dicono Grillo, ed è del tutto evidente che lo si era sottovalutato (anche il sottoscritto lo aveva fatto ed è primo a scusarsene), altri dicono Berlusconi, che si è giocato il tutto per tutto e che però, avrà solo la soddisfazione di dire ai suoi che, senza di lui, e ovviamente i suoi soldi, la sconfitta del centrodestra sarebbe stata una catastrofe.
Ma io dico Vendola, perché, in effetti, nonostante il suo risicato 3% che ormai perdura da anni e non scende né sale in misura cospicua, egli potrà senz'altro reclamare il merito di non aver fatto sprofondare il PD nella fossa più buia della sua storia, una fossa che senza la vittoria molto risicata alla Camera e, almeno nei numeri, anche al Senato, dove però non esiste premio di maggioranza e il meccanismo della lex ad porcum penalizza addirittura anche chi prende più voti, ebbene, senza tutto ciò, lo avrebbe sepolto definitivamente.
Vendola ora potrà dire a testa alta, non solo al PD e al centrosinistra tutto: “Senza di me sarebbe stato il diluvio”, ma anche alla sinistra dei suoi ex compagni rifondaroli: “Vedete? La sinistra sono “io”, perché io solo l'ho portata in Parlamento”
Sarà forse quella di un “solicello” pallido ed invernale la sua, non certo quella sfolgorante di un sole dell'avvenire estivo, però..però...a chi gli dice “forchettone rosso” potrà sempre replicare...”intanto vediamo i maccheroni”..
L'Italia odierna è ingovernabile solo per le prefiche inossidabili, quelle vecchie cariatidi del servilismo politico in salsa autoreferenziale e burocratese. L'Italia oggi, invece, ha una straordinaria opportunità di cambiamento, anche perché Grillo non si lascerà certo sfuggire la possibilità di dare sonori “schiaffoni educativi”...quelli che tanto disprezziamo a scuola, in famiglia e nella giustizia ordinaria, ma poi, caso strano, reclamiamo a gran voce in politica.
In fondo lo ha già dimostrato a Parma e in Sicilia, anche se non sempre i suoi risultati sono stati corrispondenti alle aspettative, anzi, le delusioni in ambito locale, per lui stanno già arrivando, ragione per cui dovrà stare molto attento, sia a non strillare a vuoto, sia a non compromettersi troppo in abbracci mortali.
E' un uomo intelligente, questo è fuori di ogni dubbio, e il suo grande merito, in fondo, resta quello di avere saputo revisionare un modello di politica antichissimo, risalente non solo al XIX secolo, ma addirittura a duemila anni fa: quello dei tribuni della plebe, dell'agorà, il metodo del comizio, ma un comizio debitamente “aggiornato” e reso compatibile con la società dei media e dello spettacolo.
Miscela vincente per un popolo abituato da millenni alle suggestioni spettacolari, più che ai ragionamenti, alle ideologie, oppure alla cultura politica.
Può essere un fenomeno effimero, oppure il preludio di un cambiamento epocale, e non solo in Italia ma persino in Europa. Non sarebbe la prima volta per un paese assai straordinario, pur nelle sue “stranezze”, come l'Italia. Per questo aspettiamoci subito una grossa “cintura sanitaria” intorno a lui da parte dei soliti e stranoti poteri molto forti, non solo in casa nostra, ma anche altrove.
Io però, uno che vorrebbe “abolire i sindacati” non lo vedo, sotto sotto, tanto inviso ai mercati. E non è nemmeno escluso che essi, quando lo vedranno remare a ritmo “sincopato” schizzino in alto quanto mai hanno fatto fino ad ora.. Quanto al fatto che i sindacati saranno davvero aboliti, bisognerà più che altro soprattutto vedere quanto sforzo faranno da soli per portare a compimento, di fatto, questo compito, ingiallendo oltre misura.
La questione è che in questa Italia, da secoli “serva e di dolore ostello, non donna di province ma bordello”, ci meriteremo di più che un'attesa da giochi di prestigio della politica, ci meriteremmo un po' di sicurezza, di speranza e di futuro, non solo per i condannati all'esodo biblico nel mar rosso delle lacrime e sangue, per i suicidati da emarginazione, da fallimento, e da precarietà endemica, per i pensionati su cui si è scaricato prima il costo dell'ammortizzazione sociale permanente e adesso addirittura quello della crisi a pagamento unico, ma, in particolare, per quei giovani a cui la casta fallimentare ha scippato il futuro e la speranza. Sono loro, in particolare, gli artefici di questo tsunami, in fondo per ora piuttosto incruento, le cui vittime illustri sono in primis i vari Di Pietro, Casini, Monti, Diliberto, Orlando, Fini, ecc...insomma tutte quelle vecchie cariatidi sempre pronte a fare il “loro prezzo” per una merce abbondantemente avariata. E voi dite che almeno un pochino il “bordello” non si è allontanato?
E voi dite che non è questa una “rivoluzione” assai più “civile” che portare tale museo degli “orrori” di nuovo in Parlamento?
Ecco, forse dovremmo abituarci a proposito della cosiddetta “rivoluzione” ad applicare nei suoi confronti il metodo del comandamento mosaico: “mai nominare il suo nome invano”
E chissà che non ce la ritroveremo sotto gli occhi senza quasi nemmeno accorgercene.

C.F.

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