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sabato 20 luglio 2013

GLI F-35 E LA LORO INUTILITA' IN UN'ANALISI (SPERABILMENTE) OGGETTIVA di Riccardo Achilli





GLI F-35 E LA LORO INUTILITA' IN UN'ANALISI (SPERABILMENTE) OGGETTIVA
di Riccardo Achilli


Sul dibattito che impazza da giorni relativamente all’acquisto degli F-35, sul quale oramai non sembra esserci più niente da fare, essendo passata al Parlamento la mozione che impegna l’Italia all’acquisto definitivo, ed essendo entrati in linea di montaggio i primi F 35 assemblati nel nostro Paese, si può cercare di fare un punto, per così dire, “storico”, di cosa potrebbe essere realmente successo.

Un primo dato: l’acquisto del caccia multiruolo progettato dalla Lockheed Martin statunitense è l’ultima tappa di un percorso che è iniziato nel 1998, con la stipula, da parte dell’allora Governo-D’Alema, del Memorandum of Agreement per la fase concettuale e di ricerca di base, con un investimento iniziale di 10 milioni di dollari, stipula susseguente un lungo dibattito iniziato nel Governo-Prodi del 1996. Nel 2001, il Governo-Berlusconi ha ribadito l’intenzione di partecipare al programma, che ha dato via allo sviluppo del caccia multiruolo, con un grande entusiasmo, anche finanziario: con il 4% come quota partecipativa, Roma è il terzo contribuente, dietro solo a Washington e Londra, e pressoché a pari merito con Amsterdam. Nel 2002, le Commissioni Difesa di Camera e Senato hanno confermato lo schema di programma sottoposto dal Governo Berlusconi. Nel 2009, il nuovo Governo Berlusconi ha trasmesso a dette Commissioni la proposta di acquisto di 131 velivoli, al costo stratosferico di 12,9 miliardi di euro, ricevendone l’approvazione, fra gli incomprensibili mugugni dei parlamentari del PD, volutamente “smemorati”. Infine, nel 2012, sotto le pressioni dell’opinione pubblica, il Governo Monti, riconfermando la strategicità della partecipazione italiana al programma, ha ridotto a 90, dai 131 iniziali, i velivoli da acquistare, per un risparmio di circa 5 miliardi di euro su un programma che nel frattempo era lievitato nel costo complessivo, fino a 380 miliardi nel 2011 (dei quali 15,2 a carico del nostro Paese).

Le forze di maggioranza dell’attuale Parlamento, quindi,  si sono schermate dietro una decisione presa ufficialmente 15 anni fa, continuamente ribadita, e che ha di fatto ricevuto pareri favorevoli di tipo bi-partisan, coinvolgendo, a più riprese, tutte le istituzioni e le coalizioni politiche del nostro Paese, anche perché l’Italia, ad oggi, ha già speso 1,5 miliardi di euro per l’ordinazione dei primi 3 velivoli, e per la partecipazione alle spese di sviluppo del programma. Senza contare i 600 operai italiani addetti all’assemblaggio del velivolo, che sarebbero rimasti senza lavoro. Anche perché tutti i partner del programma hanno sostenuto spese, nell’aspettativa che ci fosse un ritorno economico dato dal mercato di acquisto finale, cui i vari Paesi aderenti si erano impegnati. Il che non deve però suonare come una assoluzione: i burattini parlamentari di oggi sono manovrati dagli stessi burattinai che, ieri, hanno coinvolto l’Italia nel progetto fallimentare in questione. E, pur essendo oggettivamente impossibile pensare ad una completa cancellazione del programma (che metterebbe la Lockheed Martin ai piedi di una crisi aziendale, visti i costi di R&S sostenuti sinora) sarebbe doveroso pensare ad un suo forte ridimensionamento, in termini economici.

Perché occorrerebbe rivedere in modo sostanziale gli accordi per le forniture future del caccia? Perché il punto fondamentale da sviluppare è il seguente: gli F 35 servono gli interessi della Difesa nazionale, o quantomeno hanno un senso all’interno degli schemi della NATO? La risposta è no. Nessuno vuole mettere in dubbio il fatto che la nostra Aeronautica abbia bisogno di rinnovarsi, a meno che (ma questa è una decisione politica sulla quale non si è mai aperta una discussione) non si decida di non voler più avere una difesa del nostro spazio aereo nazionale, e di non voler più partecipare alla NATO. In questo momento, come caccia multiruolo per la difesa aerea, l’Italia ha 75 Tornado, entrati in servizio nel 1982, quindi impostati progettualmente negli anni Settanta, che oltre ad essere già oggi ampiamente obsoleti, inizieranno a dover essere “pensionati” a partire dal 2015 (fino al 2025 per gli esemplari recentemente ammodernati). Il ruolo specialistico di cacciabombardiere tattico a supporto delle truppe al suolo è svolto dai 52 AMX, entrati in esercizio nel 1989 e pensionabili nel 2018. Inoltre, le due portaerei leggere della nostra Marina contano su 32 Harrier II, aerei anch’essi del tutto obsoleti, essendo stati impostati progettualmente alla fine degli anni Settanta.

Appurato quindi che vi è una esigenza effettiva di rinnovamento di equipaggiamento obsoleto e non di rado prossimo al pensionamento, quello che ci si deve chiedere è se l’F 35 sia il miglior sostituto. La risposta è no. Intanto per le caratteristiche stesse dell’aereo. Si tratta di un aereo multiruolo, adatto anche per missioni di attacco di tipo strategico: ha capacità Stealth (cioè la capacità di apparire invisibile ai radar nemici) può portare bombe a caduta libera come la micidiale Mk84, adatta per bombardamenti pesanti di città, snodi infrastrutturali o complessi industriali, ed “arricchita” da sistemi di guida come il JDAM con gittata fino a 28 km, missili strategici aria/superficie come lo SCALP, in grado di colpire obiettivi fino a 250 km., persino bombe nucleari tattiche come la B61. Poiché l’Italia non ha nemici da bombardare, e tutt’al più partecipa a missioni contro Paesi con sistemi di difesa aerea obsoleti, in cui il ruolo normalmente assegnatoci dalle alleanze che operano sotto l’ombrello della NATO è quello di scorta aerea e di bombardamento tattico al suolo, le funzioni strategiche dell’F 35 appaiono del tutto inutili. Quando esiste un’alleanza militare complessa, il minimo che si possa fare è quello di assegnare a ciascun partecipante un ruolo specifico, ben delimitato, evitando che tutti siano messi in condizione di fare tutto. E’ il concetto di Smart Defence, che mi era noto fin da quando, nell’oramai lontano 1995, entrai in Accademia Navale, e mi fu spiegato che la Marina italiana, in ambito NATO, non doveva fare tutto, ma aveva ruoli molto specifici (scorta ai convogli mercantili, antisom, dragamine, ecc.).

Non solo la funzione di bombardamento strategico dell’F 35 è per noi del tutto inutile, ma anche quella di superiorità aerea per la difesa dello spazio aereo è molto discutibile. L’F 35 è un velivolo pieno di difetti. Gli manca la manovrabilità negli scontri aerei ravvicinati. Secondo la Rand Corporation, l’F 35 non sarebbe in grado di competere, in un dogfight, con il russo Su 35, che ha una velocità massima di 2,25 Ma, contro gli 1,6 Ma dell’F 35, ma non sarebbe nemmeno in grado di competere con l’EurofighterTyphoon, soprattutto per problemi di manovrabilità. La dottrina secondo cui i difetti di manovrabilità sono superati, perché l’elettronica consente di colpire l’avversario a grande distanza, senza bisogno di ingaggiare un combattimento a breve distanza di tipo tradizionale, è smentita dai fatti: in molte delle guerre moderne in cui due Aeronautiche si sono trovate a confrontarsi, si è verificato almeno uno scontro ravvicinato. Ed anche sulla superiorità elettronica dell’F 35, le critiche sono numerose: un gruppo di piloti statunitensi, che hanno provato in volo il mezzo, l'hanno definito "per niente stellare". Il loro rapporto ufficiale redatto il 15 febbraio 2013 offre un ritratto desolante del mezzo: il rapporto ha individuate ben otto aree di grave rischio (la visibilità, l'interfaccia tra gli apparati di bordo e il pilota, il sistema radar, l'apparato di proiezione dei dati nel casco del pilota...). In particolare, si ritiene che la consapevolezza situazione del pilota durante un’emergenza sia critica, il display montato sul casco, che sostituisce il tradizionale HUD, in termini di disallineamento dell’orizzonte virtuale e di quello reale, problemi di focalizzazione visuale degli oggetti sul display, la visibilità esterna sia inferiore a quella di altri caccia, le interfacce di comunicazione e navigazione siano di difficile utilizzo, ecc. ecc. inoltre, il missile aria-aria a lunga gittata che dovrebbe assicurare superiorità aerea all’F 35 senza bisogno di scontri aerei ravvicinati, il Meteor, è ancora in fase di produzione, ed equipaggerà il velivolo solo nel prossimo futuro.

In sostanza, non vi è alcuna ragione razionale di acquisire l’F 35. Per meri compiti di difesa aerea e supporto tattico a terra, che sono poi i ruoli che dovrebbero interessare specificamente la nostra Aeronautica,l’EurofighterTyphoon, di cui l’Italia possiede già 86 esemplari, per un totale previsto di 96, appare già oggi superiore all’F 35. Una versione navale dovrebbe essere sviluppata a breve, per via dell’interesse specifico dei britannici in tal senso, consentendo all’Eurofighter di essere un’alternativa all’F 35 anche per l’imbarco sulle nostre portaerei. Le ricadute occupazionali sarebbero superiori a quelle dell’F 35, perché, oltre all’assemblaggio, si tratterebbe di fabbricare anche componenti specifiche del velivolo (si parla, a parità di numero di esemplari da consegnare, di 1.000 posti di lavoro, in luogo dei 600 garantiti dall’F 35) così come sarebbero superiori le ricadute tecnologiche, a beneficio di tutto l’apparato industriale: «il fulcro della tecnologia aerospaziale e di difesa europea (che) garantirà alle industrie coinvolte un primato tecnologico e competitivo in numerosi programmi futuri militari e civili» (Finmeccanica, 2010). Uno dei motivi per cui appariva consigliabile partecipare alla realizzazione degli F-35 era la prospettiva del trasferimento di tecnologie militari avanzate dagli USA all’Europa. Tuttavia, nel novembre 2009 il Pentagono ha proibito all’industria americana di condividere il know-how più critico persino con il maggiore alleato nel campo dell’intelligence (ma non solo): il Regno Unito[1]. In un’ottica europea, non si può, infine, non notare l’importanza strategica di poter sviluppare un caccia europeo, senza dipendere dalle tecnologie degli USA. Infine, ogni esemplare di Typhoon costa 63 Meuro, contro i 120 Meuro di costo unitario dell’F 35. Se si fosse convertita l’intera partita di F 35 in Eurofighter, il risparmio per le pubbliche finanze sarebbe stato pari a 5,1 miliardi di euro.

E allora perché ci si è incaponiti su un programma fallimentare, anziché acquistare l’Eurofighter? Non per motivi di efficienza militare, né per motivi economici, occupazionali o tecnologici, e nemmeno per motivi di effettiva urgenza: il fatto che il precedente Ministro della Difesa, l’ammiraglio Di Paola, abbia frettolosamente ridotto l’ordinazione da 131 a 90 esemplari, sotto la pressione dell’opinione pubblica, dimostra che non c’è tutta questa urgenza di sostituire integralmente le componenti in obsolescenza della flotta aerea. La spiegazione è una ed una sola: si tratta di onorare una cambiale politica. La partecipazione italiana al programma F 35 nasce da una classe politica che deve benedire gli USA, perché ha potuto emergere solo tramite Tangentopoli (rispetto alla quale numerosi dati, ivi compreso l’attivismo dell’allora Ambasciatore statunitense con i componenti del pool investigativo di Milano, segnalano un ruolo attivo degli USA nel distruggere la classe politica precedente, e fare spazio ai nuovi). E nasce nel contesto di un Paese incapace, dopo Craxi (che può anche non piacere, ma da Sigonella in poi ha saputo dare un profilo autonomo e prestigioso alla nostra politica estera) di darsi forme di autonomia dagli USA. E nasce nell’incapacità dell’Europa di trasformarsi in un blocco geopolitico vero e proprio. E nasce dall’esigenza degli USA, la cui bilancia delle partite correnti è in grave deficit, di esportare diverse centinaia di pezzi di ferro con le ali.

Un Paese serio discuterebbe di queste cose, e poiché una mozione parlamentare può essere anche modificata, discuterebbe dell’opportunità, ad esempio, di chiedere un forte sconto sul prezzo dei futuri F 35 da acquisire, stante l’inaffidabilità del progetto e la sua incapacità di coprire le specifiche tecniche richieste. Oppure di ridurre ulteriormente il numero di F 35 da acquisire, ad esempio cancellando i 30 destinati ad uso navale, per sostituirli con l’Eurofighter. Ma non ci sono speranze che ciò accadrà.


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