di Massimo Buccheri
Quanto accaduto
mercoledì 3 luglio al presidente dello Stato Plurinazionale di
Bolivia, Evo Morales, è di una gravità assoluta. L’aereo
dell’aeronautica militare boliviana con il quale Morales stava
rientrando in patria dopo una visita a Mosca è stato costretto ad
atterrare a Vienna, a causa del divieto di sorvolo da parte di
Francia, Spagna, Portogallo e ITALIA, che avevano ricevuto istruzioni
precise da “qualcuno” convinto che la talpa del Datagate, Edward
Snowden, si trovasse a bordo del velivolo.
Questo sequestro
rappresenta la mancanza di rispetto nei confronti di un intero popolo
e un atto di razzismo vero e proprio, dato che dimostra
inequivocabilmente che, trattandosi di boliviani, è possibile
tranquillamente violare una norma internazionale con totale impunità.
Immaginatevi infatti cosa sarebbe successo se fosse avvenuta la stessa
cosa ad Obama, in terra Sud Americana o in qualsiasi altro Paese del
mondo. Come avrebbero reagito gli Stati Uniti, prima potenza militare
mondiale, di fronte al sequestro del proprio presidente? Quanto tempo
sarebbe passato prima di radere al suolo un’intera nazione per
rappresaglia?
Naturalmente la stampa italiana non ha parlato del
fatto, o ne ha parlato solo di sfuggita e in modo fazioso, con la
solita menzogna di cui ormai siamo abituati e abbondantemente
nauseati.
Violare le norme internazionali sequestrando l’aereo
presidenziale di un Paese, calpestare la dignità di un presidente
che rappresenta un popolo intero, con tale prepotenza ed arroganza
lascia davvero sgomenti. Soprattutto per il significato simbolico che
questo atto rappresenta: una sorta di avvertimento degno di una banda
di gangsters, una maniera neanche tanto velata per dire: “hey
amico, stai attento che ti becchiamo quando vogliamo!”
Ed è questo che il blocco capitalista (USA)Europeo
ha voluto esprimere, perchè se da una lato è impegnato nel massacro
sociale e nella totale restaurazione del potere capitalista com’era
prima delle conquiste sociali del secolo scorso (per quanto scarne e
non risolutive), dall’altro punta al ridimensionamento di quei
popoli che stanno osando alzare la testa e liberarsi dal giogo del
colonialismo, di quei paesi che rivendicano valori sociali
ancestrali, forme di socialismo genuino assolutamente incompatibili
con il mostruoso modello (USA)europeo, che ha saputo solo devastare
il pianeta, violentare la natura e calpestare la vita, compresa
quella umana. Un socialismo ancestrale che esisteva migliaia di anni
prima della stampa del Capitale. L’espressione di un modello di
vita che toglie l’uomo dal centro dell’universo e lo pone
giustamente come parte di esso, inserito in un sistema complesso di
relazioni con il resto della natura. Un modello che mira alla vera
sostenibilità ambientale, non come le squallide menzogne
spiattellate dai teorici della green economy e dell’ecocapitalismo,
che solo dipingono di verde ecologico il saccheggio ambientale di
sempre. Sostenibilità, ecologia, tutela dell’ambiente: parole
svuotate di significato, nel nostro mondo stupido, sovraccarico di
informazioni (e dunque privo di informazione), rimescolate come carte
da gioco, completamente snaturate e spesso ridicolizzate, infine
scaraventate in faccia ad un pubblico stordito ed inconsapevole. Così
come è successo per certi vocaboli che storicamente hanno recato
principi e ideali fondamentali per l’uomo, come “libertà” e
“giustizia”, ideali che sono propri della sinistra e per cui
hanno combattuto e sono morti donne e uomini di varie generazioni;
ed ora sono diventati slogan del capitalismo che li ha fatti suoi,
benchè ne rappresenti la negazione in termini, e li usa a proprio
uso e consumo, in maniera così odiosa da rievocare la macabra
“Arbeit macht frei”.
I valori e la visione della vita dei popoli dell’America Latina,
spesso sintetizzati nell’espressione “buen vivir”,
rappresentano per il capitalismo una spina nel fianco, un’anomalia
nel contesto (USA)Europeo dove predomina il pensiero unico,
l’incapacità non solo di realizzare un cambiamento di modello, ma
anche solo di concepirlo. E questo vale anche per molte donne e
uomini che si dichiarano “di sinistra” che, magari in buona fede,
reagiscono alle ingiustizie del sistema ricercando soluzioni
all’interno del sistema stesso e non riescono a vedere che è il
sistema il problema e che le soluzioni vanno ricercate al di fuori di
esso. Il blocco imperialista USA-EU sta reagendo a queste anomalie.
La morte di Chàvez e il declino di Cuba, lentamente traghettata verso
il capitalismo, offrono l’opportunità di spazzare via le ultime
fiaccole di socialismo nel mondo. Si agirà nel solito modo,
riesumando tecniche dal piano Condor, previo solita propaganda per
convincere l’opinione pubblica che le bombe e i fucili USA-EU sono
sempre dalla parte del bene e, d’altra parte, l’aver messo un
“papa buono” sud americano rientra nello schema, ricordandoci un
po’ l’avvento di Wojtyla prima dello sfacelo dell’Unione
Sovietica, anche se naturalmente la vecchia URSS e l’America Latina
di oggi sono due realtà completamente imparagonabili!
E mentre assistiamo impotenti ad un delitto
annunciato, il dibattito, quando c’è, è ancora improntato su
rivendicazioni parziali, sempre bloccate in retroguardia, a difendere
quel posto di lavoro o quel misero diritto sindacale, ancora a
ricercare i colpevoli: un giorno Berlusconi, quello seguente
Monti...e non si riesce a vedere al di là del sistema di riferimento
che ci hanno convinto a chiamare mondo. Non si riesce a comprendere
che se esiste una soluzione, una via d’uscita alla crisi globale
(ambientale, energetica, alimentare, economica, sociale), questa può
aver luogo solo dall’incontro di esperienze socialiste europee con
il millenario socialismo dei popoli nativi dell’America Latina, che
in questo periodo storico, sono i soli a lottare davvero contro lo
strapotere del capitalismo mondiale.
Auspico che i compagni si rendano conto che per
costruire (da zero) il socialismo a casa nostra è fondamentale il
ruolo giocato dall’America Latina, che in questo momento
rappresenta, pur coi suoi limiti e contraddizioni, il modello di
riferimento valoriale da cui partire. Ecco perchè l’aggressione
subita dalla Bolivia ci riguarda davvero da vicino.
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