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venerdì 9 agosto 2013

PADRONI E "DATORI DI LAVORO"




PADRONI E "DATORI DI LAVORO"
Vita di delegato (VI)


di LORENZO MORTARA
RSU Fiom-Cgil Rete28Aprile



È dai particolari più insignificanti che a volte emergono dalle assemblee gli spunti più interessanti.
Ci sono operai che ti rimproverano di usare ancora il termine padrone, sorpassato a loro dire, e ti pregano di sostituirlo con “datori di lavoro”.
La Storia non sempre va avanti, il più grande indizio del suo arretramento è nel regresso del linguaggio. Il Movimento Operaio è stato letteralmente distrutto e rovinato dalla falsificazione orwelliana della memoria e del linguaggio. Ogni significato originale delle cose è stato stravolto e svuotato per impedire ai lavoratori di prendere più coscienza possibile della loro condizione di sfruttati. Non si può sostituire “padroni” con “datori di lavoro” perché senza precisione scientifica incrementerei il disastro epocale della classe operaia, la mia classe. Il “datore di lavoro”, o più precisamente “di forza-lavoro” è l’operaio. Il padrone è al massimo “datore di capitale”, cioè di stipendio, di soldi con cui paga la forza-lavoro dell’operaio che gli serve per produrre la merce che intende vendere, sia questa una cerniera, un’automobile o quant’altro. Quello che avviene ogni giorno al momento della timbratura è un “libero scambio” tra il “datore di capitale”, che compra a 10 euro all’ora la forza-lavoro dell’operaio, e l’operaio stesso che la vende a quel prezzo come una merce qualsiasi. Il padrone non può essere datore di lavoro per la semplice ragione che lavoro non ha, se l’avesse già in fabbrica, l’operaio sarebbe disoccupato, perché il padrone non andrebbe a comprare al mercato della forza-lavoro quel che ha già in casa. Questo aspetto si vede benissimo la domenica mattina quando passate davanti alla “vostra” fabbrica (se ce l’avete!). Cosa vedete? La fabbrica ferma. Perché? Perché il padrone “datore di capitale” ha pressoché tutto, possiede la fabbrica, le materie prime, le macchine, i bulloni, il terrificante sgrassatore chante-clair, ma gli manca la cosa più preziosa: la forza-lavoro necessaria che li metta tutti in moto per produrre la merce che venderà. È per questo che al lunedì va a (ri)comprarla al mercato della forza-lavoro. Perché senza quel continuo libero scambio tra capitale e forza-lavoro non potrebbe andare avanti, come va dall’Ottocento a questa parte e sempre uguale, quel mostro terribile e pur sempre affascinante che si chiama capitalismo.
Ed è per questo che non si può sostituire il termine “padrone” con “datore di lavoro”, perché tecnicamente è il suo esatto opposto. Il primo è una forma popolare e schietta che non intacca la terminologia scientifica, il secondo è un’espressione volgare che stravolge il suo autentico, classico significato. E un delegato o è classico o è meglio raccogliere le firme per abrogarlo prima che trascini tutti gli operai nel baratro della volgarità.


Stazione dei Celti, Agosto 2013

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