UN ACCORDO DIGNITOSO
di Riccardo Achilli
Qualsiasi
considerazione circa gli esiti dell’accordo di Governo fra la Merkel ed i
socialdemocratici, stipulato all’alba di stamattina, deve partire dal
presupposto che, ovviamente, le elezioni le ha vinte la prima, e che quindi la
lady di ferro tedesca è nella posizione di minacciare di socialdemocratici con
opzioni alternative a sua disposizione, da un possibile accordo con i Verdi (il
cui contenuto sarebbe molto meno progressista dell’accordo raggiunto stanotte,
atteso che i Gruenen non hanno la stessa sensibilità della Spd sui temi
economici e sociali) ad un altrettanto possibile governo di minoranza, che la
Costituzione tedesca consente, a differenza della nostra, poiché è possibile,
per il Presidente federale, nominare un cancelliere che raccolga il maggior
numero di voti al Bundestag, qualora quest’ultimo non abbia aggregato una
maggioranza parlamentare vera e propria (e c’è da scommettere che, messa alle
strette, la destra interna dell’Spd potrebbe decidere di far votare per la Merkel
i propri parlamentari, temendo, irrazionalmente, una maggioranza che includa la
Linke, oppure temendo di tornare alle urne).
Ovviamente la maggioranza Spd/Gruene/Linke è solo teorica, in quanto le distanze politiche (ed anche personali fra i leader) fra i socialdemocratici e la Linke sono ancora troppo ampie da ritenere che la Spd possa giocare la carta di non accordarsi con la Merkel, sperare che i Verdi facciano lo stesso (il che è rischioso, atteso che fra i Verdi è forte l’ala pro-governista), ed al contempo sperare di aggregare un sufficiente accordo politico per costruire una maggioranza di tutta la sinistra su un nominativo alternativo. Troppe incognite su un simile percorso, che rischiano di lasciare i socialdemocratici all’opposizione, oppure di rispedirli ad elezioni anticipate il cui esito sarebbe quasi sicuramente negativo (perdendo il voto di parte del proprio elettorato filo-governista), e rispetto al quale non hanno un candidato disponibile a sfidare una seconda volta la Merkel.
Ovviamente la maggioranza Spd/Gruene/Linke è solo teorica, in quanto le distanze politiche (ed anche personali fra i leader) fra i socialdemocratici e la Linke sono ancora troppo ampie da ritenere che la Spd possa giocare la carta di non accordarsi con la Merkel, sperare che i Verdi facciano lo stesso (il che è rischioso, atteso che fra i Verdi è forte l’ala pro-governista), ed al contempo sperare di aggregare un sufficiente accordo politico per costruire una maggioranza di tutta la sinistra su un nominativo alternativo. Troppe incognite su un simile percorso, che rischiano di lasciare i socialdemocratici all’opposizione, oppure di rispedirli ad elezioni anticipate il cui esito sarebbe quasi sicuramente negativo (perdendo il voto di parte del proprio elettorato filo-governista), e rispetto al quale non hanno un candidato disponibile a sfidare una seconda volta la Merkel.
In queste
condizioni di oggettiva debolezza politica, la Spd massimizza, nell’accordo di
governo appena stipulato, i risultati che poteva ottenere ragionevolmente,
soprattutto in materia di politiche economiche e sociali interne:
- Viene introdotto, per la prima volta nella
legislazione tedesca, un salario minimo legale di 8,5 euro all’ora, a beneficio
di circa 5,6 milioni di lavoratori dipendenti tedeschi che si collocano al di
sotto di tale soglia. Certo, l’effetto sulla domanda si verificherà,
parzialmente, solo nel 2015, e ci sarà tempo, per le associazioni datoriali, di
far valere eccezioni settoriali fino al 2017, ma tale risultato, sia pur
diluito nel tempo e sicuramente non universalistico in ragione delle suddette
eccezioni settoriali, costituirà un primo passo in direzione di una inversione
del trend che vede i salari reali tedeschi diminuire, dal 2005 ad oggi. Si
mette quindi un bullone nell’ingranaggio di un modello di crescita basato sulla
deflazione interna e sull’aumento della povertà e delle diseguaglianze che dura
sin da Agenda 2010, cioè sin dal 2005;
-
Si introducono i primi, sia pur timidi,
meccanismi di freno alla precarietà selvaggia: si stabilisce infatti il
principio per il quale a parità di lavoro ci debba essere parità di
retribuzione, per il precario e per il lavoratore stabile; si introducono anche
limitazioni all’operatività delle Agenzie di lavoro temporaneo, nel senso che
il lavoratore non dovrebbe esservi sottoposto per più di 18 mesi, mentre si
ribadisce la centralità dei contratti collettivi di lavoro;
-
Si introduce un programma di investimenti
pubblici nel settore sociale ed infrastrutturale pari a circa 23 miliardi di
euro, che è composto da una molteplicità di misure: nel settore previdenziale,
si consente a chi ha maturato 45 anni di contributi di andare in pensione a 63
anziché 67 anni, si erogano pensioni alle madri che hanno avuto figli prima del
1992 [1], e si
aumentano le pensioni minime fino ad 850 euro al mese; nel settore sanitario,
si prevede un piano di 4 miliardi di investimenti, e si bloccano i contributi
sanitari aggiuntivi in busta paga, introducendo un meccanismo proporzionale in
base al reddito; nell’edilizia popolare, si prevede un investimento di 518
M euro per nuovi alloggi, e limitazioni all’aumento dei canoni di affitto; nel
settore sociale, si prevede di intervenire in un nuovo assegno parentale, che
consente al neo genitore di percepire tale assegno anche con un lavoro part
time, si erogano 5 miliardi per l’assistenza ai disabili, oltre a forme di
compensazione salariale per pause lavorative dovute alla cura di parenti
disabili fino a 10 giorni; si erogano 600 milioni per politiche socio
assistenziali in ambito urbano, ed altri 6 miliardi per asili, centri diurni,
scuole e collegi pubblici; infine, si prevede di utilizzare il gettito del
pedaggio autostradale che sarà pagato dagli stranieri per un programma di 5
miliardi di investimenti in infrastrutture;
-
si prevede di incrementare fino al 3% del PIL la
spesa in R&S;
-
Si ottiene, a beneficio della folta comunità di
immigrati turchi, la cancellazione dell’obbligo, per i nati in Germania da
genitori extracomunitari, di scelta della nazionalità, e si introducono
parametri di facilitazione dell’accesso degli stranieri al lavoro pubblico.
Le politiche europee, dal canto loro, non vengono sostanzialmente modificate rispetto all’indirizzo liberista già impresso dalla Merkel nella scorsa legislatura, ed ogni accenno a possibili forme di mutualizzazione dei debiti sovrani o del relativo servizio, pur se accarezzato dai socialdemocratici in campagna elettorale, viene completamente cancellato. D’altra parte, il voto dei tedeschi, che è stato premiante per la Merkel in materia di politiche europee, e che è stato invece chiaramente orientato a politiche interne meno liberiste, buttando fuori dal Parlamento i liberali e consentendo alla Spd di avere una piccola crescita della sua percentuale elettorale, è stato chiarissimo. Ed in democrazia il voto dei cittadini si deve rispettare.
Tuttavia, lo
stesso programma di investimenti sociali ed infrastrutturali sopra descritto
otterrà il risultato di accrescere di 0,9 punti circa il livello della domanda
interna tedesca, garantendo quindi, da mie stime, un riequilibrio di circa 1,06
punti dell’immane avanzo commerciale tedesco [2]. Come è
noto, tale surplus è uno dei principali, e più gravi, problemi per la stabilità
dell’area-euro, perché comprime ogni possibilità di crescita dei Paesi
euromediterranei oberati dai programmi di stabilizzazione dei propri squilibri
nelle finanze pubbliche o in quelle del proprio settore bancario, con effetti
recessivi che passano sia tramite la compressione dell’export verso la Germania
(che ad esempio è il principale mercato di sbocco estero dell’Italia) sia
tramite l’aumento della posizione debitoria sull’estero registrata dal saldo
dei movimenti di capitale della bilancia dei pagamenti, che controbilancia
contabilmente il saldo delle partite correnti (e che genera tensioni sui tassi
di interesse del debito pubblico e di quello privato).
Con l’entrata in vigore, nel 2015, del salario minimo garantito per gran parte (anche se non per la totalità) dei dipendenti sottopagati, l’effetto sulla domanda interna, e quindi sul riequilibrio dell’insostenibile surplus della bilancia delle partite correnti tedesca, sarà anche maggiore degli 1,06 punti stimati sulla base dei 23 miliardi di investimenti pubblici, in una misura stimabile (supponendo una propensione marginale al consumo pari a 0,8) di 1,2 euro di maggiori consumi per ogni euro in più guadagnato dai sottopagati. In alcuni casi più estremi, tali lavoratori potrebbero vedere il proprio reddito lordo crescere di circa 300 euro al mese. Si può tranquillamente anticipare una ulteriore riduzione del surplus commerciale tedesco dovuta soltanto a tale misura pari a 1-1,2 punti, portando la riduzione del saldo commerciale tedesco a più di 2 punti, ceteris paribus.
Con l’entrata in vigore, nel 2015, del salario minimo garantito per gran parte (anche se non per la totalità) dei dipendenti sottopagati, l’effetto sulla domanda interna, e quindi sul riequilibrio dell’insostenibile surplus della bilancia delle partite correnti tedesca, sarà anche maggiore degli 1,06 punti stimati sulla base dei 23 miliardi di investimenti pubblici, in una misura stimabile (supponendo una propensione marginale al consumo pari a 0,8) di 1,2 euro di maggiori consumi per ogni euro in più guadagnato dai sottopagati. In alcuni casi più estremi, tali lavoratori potrebbero vedere il proprio reddito lordo crescere di circa 300 euro al mese. Si può tranquillamente anticipare una ulteriore riduzione del surplus commerciale tedesco dovuta soltanto a tale misura pari a 1-1,2 punti, portando la riduzione del saldo commerciale tedesco a più di 2 punti, ceteris paribus.
Inoltre, in aggiunta ad un (sia pur lento) processo di parziale riaggiustamento del surplus commerciale tedesco, l’accordo sull’Europa, sia pur al ribasso, prevede alcuni aspetti di grande rilevanza:
-
Si ribadisce che gli investimenti pubblici
nazionali che abbiano comprovati effetti su crescita ed occupazione debbano
crescere, di fatto riprendendo gli esiti del Consiglio europeo di luglio 2012,
in cui si era aperta la strada alla considerazione di determinate categorie di
investimento pubblico al di fuori dei vincoli del rapporto deficit/PIL del 3%;
-
Si apre la strada ad un primo abbozzo, sia pur
ancora molto generico, di legislazione europea di contrasto alla speculazione
finanziaria, impegnandosi, da un lato, all’imposizione in sede europea di una
Tobin Tax sugli investimenti speculativi, dall’altro lato ad una nuova
separazione contabile ed operativa fra banche di affari e banche commerciali,
riprendendo il principio del Glass/Steagall Act, il cui abbandono da parte
dell’Amministrazione Clinton è, a giudizio unanime, uno dei fattori
fondamentali dell’esplosione della bolla finanziaria del 2007, che ha dato
luogo alla presente crisi, e al contrasto dei trasferimenti degli utili
all’estero da parte delle imprese. Chiude il tutto un impegno ad una rinnovata
lotta contro i paradisi fiscali.
Sul versante
delle concessioni alla Merkel, si riprende invece il principio già presente in
materia di liquidazioni di banche in crisi nella proposta di direttiva europea,
che prevede di addebitare agli azionisti, ai creditori non privilegiati ed agli
stessi risparmiatori l’onere dei costi di liquidazione di una banca,
rafforzando il principio secondo il quale le risorse dell’ESM potranno essere
utilizzate solo in via del tutto eccezionale, quando le risorse nazionali non
siano sufficienti, ed il fallimento coinvolga una banca in grado di indurre
effetti sistemici (quindi il fallimento di una medio/grande banca). Tuttavia,
tali principi, come detto, non sono una novità, sono già contenuti nella bozza
di direttiva europea in merito, ed anche su tale tema andrebbe fatta un po’ di
chiarezza e di tranquillizzazione, atteso che già si levano voci, del tutto
ingiustificate, di allarmismo poco responsabile circa presunti imminenti
sequestri di massa di depositi di poveretti e pensionati in Paesi come
l’Italia. Appelli allarmistici che vorrebbero parificare l’Italia a Cipro, che
oggettivamente ha un sistema bancario ed economico piuttosto diverso, e molto
più fragile, di quello italiano, e che comunque ha visto prelievi forzosi solo
sui depositi più ingenti, non certo su quelli piccoli di pensionati o
lavoratori dipendenti[3].
Nell’insieme, tale accordo di Governo appare dunque il massimo che potesse strappare la Spd in base ai rapporti di forza esistenti, e quindi andrebbe accettato dagli elettori di tale partito, anche perché l’alternativa sarebbe un accordo al ribasso con le posizioni certamente più arrendevoli dei Gruenen (arrendevoli anche perché hanno minor forza elettorale e parlamentare rispetto all’Spd), un governo di minoranza che finirebbe per essere un Governo monocolore merkelliano supportato dalla destra dell’Spd, e libero di agire senza vincoli programmatici, e senza ministri socialdemocratici presenti nel Consiglio dei Ministri in grado di dare un impulso diverso alle politiche dell’esecutivo, o di controllarle dall’interno, oppure elezioni anticipate che per l’Spd andrebbero quasi sicuramente male. Magari la Linke prenderebbe qualche decimale in più, ma gli elettori attribuirebbero la responsabilità del fallimento ai socialdemocratici che hanno rifiutato un accordo più che onorevole, non certo alla Merkel, che potrebbe quindi uscirne addirittura ulteriormente rafforzata.
Quello che invece
preoccupa maggiormente è il tema delle coperture finanziarie: l'accordo prevede
di non aumentare le tasse, e di non ricorrere al debito pubblico a partire dal
2015. A rigor di logica, quindi, occorrerebbe tagliare la spesa pubblica
corrente, ma, come emerge dai dati della Rgs, essa è fra le più basse d'Europa,
rispetto al PIL, superando di poco il 45% del PIL nel 2011, a fronte del 49,1%
medio dell'Europa a 27, ed anche la spesa di parte corrente è bassa (38,8% del
PIL, a fronte, ad esempio, del 47% italiano). C'è quindi pochissimo margine di
manovra, se, come traspare dall'accordo, si vuole incrementare la spesa
pubblica in conto capitale. Quindi, o si
confida in una crescita economica più sostenuta rispetto alle previsioni, come
potrebbe essere proprio in virtù del programma sostanzialmente espansivo sul
quale la Cdu e la Spd si sono messe d'accordo, oppure una certa quota di
aumento delle tasse sarà inevitabile, a dispetto delle previsioni merkelliane,
ed anche in questo caso la presenza della Spd nel Governo sarà indispensabile
per evitare ulteriori tagli indiscriminati ad una spesa corrente già bassa (che
inevitabilmente significherebbero, ad esempio, una riduzione del numero di
funzionari pubblici in modo brutale e repentino).
[1] Questa
è per la verità una rivendicazione della Cdu
[2] Perché, utilizzando i dati trimestrali su importazioni (variabile denominata import) e domanda interna tedesche (variabile denominata domint) con dati di fonte Eurostat, su una serie storica di 89 osservazioni, per t che va dal primo trimestre 1991 al terzo trimestre 2013, la relazione è IMPORTt = 1,180618 IMPORT (t -1) – 0,228231 IMPORT (t – 2) + 0,107755 DOMINTt + Et, con un indice di R-squared pari a 0,995, che esprime un fitting quasi perfetto fra equazione stimata ed andamenti reali delle variabili.
[2] Perché, utilizzando i dati trimestrali su importazioni (variabile denominata import) e domanda interna tedesche (variabile denominata domint) con dati di fonte Eurostat, su una serie storica di 89 osservazioni, per t che va dal primo trimestre 1991 al terzo trimestre 2013, la relazione è IMPORTt = 1,180618 IMPORT (t -1) – 0,228231 IMPORT (t – 2) + 0,107755 DOMINTt + Et, con un indice di R-squared pari a 0,995, che esprime un fitting quasi perfetto fra equazione stimata ed andamenti reali delle variabili.
[3] Va
infatti rilevato che tale meccanismo inizierà ad entrare in vigore solo nel
2015, e sarà a regime solo nel 2018; riguarderà solo banche la cui crisi non
può essere risolta dall’intervento di acquirenti privati che le rilevino o da
investitori privati che le ricapitalizzino, o da piani di risanamento
presentati dalle banche stesse, e per le quali è stato attestato, dall’apposito
Comitato, un potenziale effetto sistemico sull’intero sistema finanziario
europeo. In quel caso, e solo in quale caso, possono essere convertiti in
capitale sociale anche i depositi, oltre che capitale proprio dei soci,
obbligazioni ed altri debiti, ma i depositi che potrebbero essere convertiti
sono solo quelli che superino i 100.000 euro. E’ inoltre previsto l’intervento
dei fondi nazionali di garanzia sui depositi, per salvare i clienti
medio-piccoli. Infine, è previsto un Fondo Europeo Comune, costituito
dall’apporto delle banche, che agisca in qualità di prestatore e garante di
ultima istanza, qualora il suddetto meccanismo di bail-in non sia sufficiente.
Il contratto di coalizione stipulato fra la Merkel e la Spd non aggrava quindi
in niente le previsioni normative già in discussione, e d’altra parte tali
previsioni si verificheranno solo in casi estremi, e non certo nell’immediato.
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