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domenica 22 giugno 2014

DE PROFUNDIS PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE di Norberto Fragiacomo




DE PROFUNDIS PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
di Norberto Fragiacomo


La giovanissima Marianna, evanescente Mater Dolorosa apparsa per miracolo a Palazzo Chigi, boccia senza appello la “non responsabile opposizione” dei sindacati alla riforma della Pubblica Amministrazione, da lei definita “l’inizio di una rivoluzione contro i tre nemici (dello Stato, ci informa Repubblica): opacità, lentezza e complicazione”. Opposizione irresponsabile perché, come ci vien ripetuto anche mentre dormiamo, il Governo Renzi è per l’Italia “l’ultima spiaggia” (e pazienza se abbondantemente minata).
Ammirati dalla tempra della ministra e dalle sue capacità comunicative – memoria ottima, tra l’altro: non ha saltato uno slogan! -, saremmo tentati di crederle sulla parola, ma non possiamo: dopo tanti anni nel mondo delle fiabe, la fatina potrebbe avrebbe aver preso gusto a raccontarcele.
Di testi (del disegno di legge delega e del decreto abbinato, tanto per semplificare le cose) ne sono circolati in rete più d’uno: eseguirò pertanto una sorta di preventivo controllo a campione, rimandando l’analisi articolo per articolo ad un prossimo futuro. Il decreto legge consta di quattro Capi, ripartiti in una quarantina di articoli, il DDL, buffamente intitolato “Repubblica semplice”, di tre (12 articoli).

A proposito del decreto, molte critiche si erano appuntate sull’(attuale) articolo 4, riguardante la mobilità obbligatoria e volontaria. Che in rubrica l’aggettivo “obbligatoria” preceda “volontaria” è, a parer mio, più un omaggio ad una precisa impostazione ideologica che all’alfabeto, ma è la polpa ad essere succosa: nella prima versione “pirata” (7 giugno) si prevedeva che per “esigenze tecniche, organizzative e produttive (…) possono essere disposti trasferimenti del dipendente (…) presso unità produttive (…) collocate oltre i 50 ed al di sotto dei 100 chilometri di distanza”, ovviamente senza nessuna compensazione economica, visto che “dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, e che accordi e clausole contrattuali difformi sono nulle. Quando la notizia è uscita, la bella Madia si è indignata: i cento chilometri sono un falso, l’esecutivo lavora “insieme ai dipendenti pubblici e non contro di loro”. In effetti, il viaggio della disperazione, affrontato dai neopendolari a proprie spese, sarà più breve: “costituiscono medesima unità produttiva le sedi collocate a una distanza non superiore ai cinquanta chilometri dalla sede in cui il dipendente è adibito”, e sindacati e maestranze non possono farci nulla. Vista la retribuzione media del dipendente pubblico la decisione equivarrà, per alcuni, a un licenziamento mascherato, per la maggioranza ad una penalizzazione economica ed esistenziale, considerato anche lo stato dei trasporti locali in Italia (per Trenitalia esistono solo le Frecce). Niente paura, però: l’articolo 5 del DDL promuove “la conciliazione dei tempi di vita e lavoro nelle amministrazioni pubbliche”, al solito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Tocca ammetterlo: il legislatore bicefalo ha un senso dell’umorismo (nero) non indifferente.

Articolo 5 del decreto legge: assegnazione di nuove mansioni. La norma riguarda, per vero, il personale collocato in disponibilità, cioè in esubero: per evitare di essere licenziati si potrà optare per il declassamento “in una qualifica inferiore o in posizione economica inferiore della stessa o di inferiore area”. Sembra di ascoltare il megadirettore di Fantozzi: cari inferiori, lo faccio per il vostro bene, sappiatelo, “al fine – così sta scritto – di ampliare le occasioni di ricollocazione”. Insomma, gli esuberi frettolosamente individuati forse non c’erano, ma l’esigenza di tagliare i costi, quella c’è sempre… e allora bentornati dipendenti, una seconda chance val bene una decurtazione di paga, no? Anche il divieto di reformatio in pejus, conquista del giuslavorismo novecentesco, finisce allegramente calpestato.
Dal momento che le rappresentanze dei lavoratori non hanno più voce in capitolo, tanto vale (art. 8) dimezzare il monte ore per distacchi, aspettative e permessi sindacali: nelBrave new world renziano contrattazione, concertazione ecc. saranno sostituite da consultazioni telematiche. In fondo, le mail di critica si cestinano con un clic, senza bisogno di estenuanti discussioni.

Articolo 13: qui viene il bello (si fa per dire). Il vecchio articolo 110 del Testo Unico EE.LL. (D. Lgs. 267/2000) stabiliva che, negli enti locali, la “copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione” potesse “avvenire mediante contratto a tempo determinato   di   diritto   pubblico   o,  eccezionalmente   e  con deliberazione   motivata,   di  diritto  privato,  fermi  restando  i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire”, e che comunque dette assunzioni dall’esterno non potessero eccedere il 5 per cento del totale delle posizioni dirigenziali e direttive in organico. L’intento era quello di valorizzare le professionalità interne, ma Renzi e Madia imboccano la strada opposta: d’ora in avanti gli Statuti potranno riservare agli esterni una quota pari al 30 per cento – superiore quindi di ben sei volte alla precedente! – della dotazione organica della qualifica dirigenziale; per i posti di capoufficio e per le “alte specializzazioni” (formula opportunamente vaga) non sembra esserci alcun limite. “Fermi restando i requisiti” ecc., al conferimento dell’incarico si perverrà a seguito di una selezione pubblica dagli incerti contorni, visto e considerato che i contratti saranno a termine. L’unico dato positivo sembra essere il venir meno della misteriosissima distinzione tra contratti a tempo determinato di diritto pubblico e di diritto privato, ma nel suo complesso la riscrittura normativa appare coerente con la scelta (art. 3, co. 1, lett. i) del DDL) di collocare in disponibilità, “con successivo licenziamento dopo un periodo definito” (al momento, però, indefinito) i dirigenti privi di incarico: l’invasione di esterni non mancherà, infatti, di provocare una raffica di esuberi nelle amministrazioni locali, con conseguente precarizzazione generalizzata della categoria. Questa misura migliorerà le cose? Dipende dal punto di vista: per i politici sì, dal momento che la riforma consentirà loro di disporre agevolmente di personale sotto ricatto quotidiano. I cittadini amministrati hanno minori motivi di soddisfazione: è arduo prevedere che un manager del settore privato abbandoni la sua lucrosa posizione lavorativa per tentare l’avventura nel pubblico, dove sarà pagato meno e vedrà ridursi sensibilmente la sfera di autonomia cui è abituato. Non tutti aspirano a fare il pupazzo: la “selezione pubblica” compiuta dall’immancabilmente prestigiosissima “commissione di esperti di provata competenza” attirerà, di conseguenza, frotte di portaborse, reggicoda e politici di rincalzo, usi ad obbedir tacendo e dispostissimi ad ingoiare rospi per uno stipendio (mal che vada) da capoufficio.

Eccola la traduzione in italiano di Spoils system: becero clientelismo, alla faccia delle sentenze della Consulta, di “equità e giustizia” (che paroloni, signora ministra!) e delle “3 E” con cui, in mancanza di meglio, la politica si riempie la bocca.
Sulla torta a due strati della riforma renziana ci sarebbe anche una ciliegina, rigorosamente col verme: una normetta darebbe facoltà al sindaco/presidente di attribuire, a gente assunta fiduciariamente per far parte del suo staff, la qualifica che desidera. Ergo, può bastare la scuola dell'obbligo per un posto di categoria D (ex impiegati direttivi), mentre il giovane laureato sarà magari retrocesso in B (ex impiegati d'ordine). Parto demenziale di un legislatore in stato di ebbrezza? Pare proprio di no: si tratterebbe di un salvacondotto per Matteo Renzi, condannato in primo grado dalla Corte dei Conti a risarcire il danno erariale derivante da quattro assunzioni fuorilegge disposte nel periodo in cui il nostro si faceva politicamente le ossa come presidente della provincia di Firenze.
Insomma una norma ad personam, di quelle che una volta la stampa aveva il buon gusto di rimproverare a Silvio. Va precisato che nell'ultimo testo semiufficiale la disposizione non si trova: ripensamento od occultamento? Stiamo all'erta: il vermetto, talora, rispunta all'improvviso, magari tra le pieghe di una leggina senza pretese.
Ma la riforma mica è tutta qui!, mi obbietterete. Ve ne do atto, renziani della prima, della seconda e dell’ultima ora: sono certo che il testo, una volta assunta forma definitiva, ci riserverà altre spiacevolissime sorprese. Per il momento, ho dato solamente un’occhiata, e ciò che ho intravisto mi induce a preoccuparmi. 

Pseudoriforme come quelle della Pubblica Amministrazione e del lavoro ci riportano indietro, molto indietro – sono il passato che torna a riprendersi i diritti, che occupa sbraitando i balconi televisivi e 2.0, che cancella il sindacato e tacita i pochi oppositori nel palazzo. Il linguaggio sarà pure nuovo, ma il format è vecchio quanto il mondo e lo spettacolo, appena iniziato, promette male.




dal sito Owenisti giuliani


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