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mercoledì 16 luglio 2014

L’ORIZZONTE UNIVERSALE DI CATERINA di Sara Palmieri

 

L’ORIZZONTE UNIVERSALE DI CATERINA*

di Sara Palmieri


Caterina non ha più bisogno di nulla.
Sa fare a meno delle comodità dei nostri tempi.
Una virtù non da poco se si considera l’ampia gamma di mezzi e servizi di cui disponiamo e che, alla fin fine, si sono tramutati in nuove e più insidiose forme di schiavitù, da cui dipendiamo come tossicomani testardi e inconsapevoli.
Il personal computer portatile è il solo strumento che ha portato con sè nell’angolo di mondo in cui ha deciso di vivere i suoi prossimi anni.
In questa baracca piantata in riva al mare, con le onde che si infrangono lente ma mai uguali a se stesse, circondata da un fitto palmizio, c’è l’atmosfera giusta per scrivere, dare sfogo alla sua eterna passione. Il villaggio più vicino è a venti chilometri, ma lei lo raggiunge poco, solo per rifornirsi di frutta e verdura, che cuoce su un fornello e consuma lentamente sotto la veranda di canne.
Si è lasciata alle spalle il mondo e le sue contraddizioni, il suo inquietante retaggio di corrotti e di corruttori, di vizi e di inganni, di promesse non mantenute e di false apparenze. Finalmente può scrivere in pace, gustare una ad una le parole che la mente le sgrana come un rosario che però si rinnova ad ogni recita, metterle in fila fino a creare una storia, dare vita a donne e uomini nuovi, scegliere il finale più adatto o nessun finale.
Da quando si è trasferita ne ha scritte tante di storie, ognuna ha uno spunto reale, che poi è superato dalla più sciolta fantasia.
Non ama i romanzi, predilige la forma del racconto, che ritiene la più adatta all’ispirazione del momento, la meno costruita, e che, come avviene per la musica, ha una sua misura esatta.
Un racconto – secondo Caterina – segue i tempi delle partiture musicali (lei che è stata violoncellista lo sa) e, come accade in queste con le note, devono essere rimodulate le parole stonate, le sovrastrutture che impediscono al testo di scorrere fluido come acqua di ruscello.
Una volta scritto, il racconto deve, proprio come un buon vino, decantare.
Così Caterina lo lascia lì, custodito nel nome di un file per qualche giorno.
Poi lo riprende e, rileggendolo, percepisce con maggiore forza le disarmonie, che elimina o sostituisce.
Compie più volte questa operazione: fino a che il testo non ha raggiunto la giusta musicalità. A questo punto non potrà più essere modificato.
Ora che la sua vita ha preso la piega più giusta e confacente, una nuova prospettiva si è schiusa grazie alla passione per la scrittura.
Non riesce a scrivere, Caterina, di furenti passioni, di epopee ridondanti, di saghe infinite quanto surreali, di concetti complicati in cui la vicenda umana si avviluppa con l’unico obiettivo di ingannare il lettore.
Le sue storie sono semplici, parlano di persone ordinarie, di sentimenti comuni, di emozioni lievi, spesso impercettibili, di ciò che passa in uno sguardo, in un gesto, in una parola solo in apparenza casuale.
Vivere attraverso la scrittura le vite dei suoi personaggi, dopo essersi seduta per un poco ad osservarli come un ospite discreto e silenzioso, le procura un piacere straordinario e incredibile, le apre spazi nuovi e infiniti.
Il suo orizzonte si è espanso e genera senza sosta altri orizzonti che ora appartengono ai personaggi che ha creato e a coloro che - anche in un altro tempo e in un altro luogo - ne leggeranno le storie.




* Dedicato a Katherine Mansfield.





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