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giovedì 4 settembre 2014

LA SCUOLA DI TOPOLINO di Carlo Felici






LA SCUOLA DI TOPOLINO
di Carlo Felici 
                                                 


 Quando le montagne partoriscono i topolini, l'unico problema è cercarli finché non li si trova concretamente, perché, evidentemente, in questi casi, non fanno a tempo a nascere che già si perdono in spazi infiniti. 
E' così per il tanto strombazzato “patto sulla scuola” del neo governo affetto da uno spasmodico riformismo giovanilista. 

I punti che vanno emergendo partono da un assunto sacrosanto che però appare, appunto, come quando una montagna in preda alle doglie si agita, solleva un gran polverone..da cui esce timidamente un topolino che, tra tanto clamore e tante nuvole di terriccio, non si sa più dove sta e né dove va. L'assunto è che la scuola deve essere il cardine di una società, e aggiungiamo, però anche la ricerca, l'innovazione, la capacità di competere. Se non si comincia infatti a praticare queste qualità da quando si è piccoli, difficilmente le si potrà mettere in campo da grandi, specialmente se poi non ti danno né mezzi né risorse per farlo, costringendoti così a trovarle all'estero. 
Stabilizzare gli insegnanti è dunque la prima cosa, ma cominciamo da quelli già in ruolo, che le precedenti riforme, con ritmo asfitticamente sincopato, hanno costretto oggi a ballare da un corso all'altro e a fare spesso e volentieri i tappabuchi senza più uno straccio di continuità didattica. Lo conferma il sottoscritto che, insegnando Lettere, prima che il furore riformista venisse messo in campo aveva due corsi con continuità didattica assicurata, mentre oggi, invece, ne ha cinque ballerini e svolge anche una sola ora a settimana in una classe, facendo concorrenza alla collega di religione. 
Immettere in ruolo i precari è sacrosanto, ma non per costringerli a fare i supplenti a vita, bensì per coprire cattedre scoperte che vanno integrate con una adeguata e piena continuità didattica. E in ogni caso, non si vede perché la figura del supplente debba sparire, specialmente se si prevede che chi si candiderà per insegnare dovrà fare dell'opportuno tirocinio, prima di avere una cattedra tutta sua..se mai l'avrà. 
Un piano di assunzione pluriennale poi, esattamente come l'elargizione degli 80 euro a pioggia (e senza meriti famigliari di vario genere), corrisponde all'ennesima democristiana politica clientelare, per cui, “se duro” forse avrai il posto e se “cado” invece no...per cui votami...
  
La questione del merito è poi annosa, se ne parla e straparla infatti da un sacco di tempo, ma oggi finalmente sappiamo dove vuole andare a parare: all'abolizione degli scatti di anzianità, al cottimismo di cattedra, per cui se ti sottometti devotamente alle direttive dirigenziali e sei disposto a fare più ore da tappabuchi, in attesa che la supplentite passi, allora avrai qualche spicciolo in più, altrimenti ciccia... resterai un docente “paria” europeo con uno degli stipendi più scalcagnati che esistano nel continente. 
Chiariamo subito un fatto: il merito individuale nella scuola può esistere per le qualità di un docente o di un altro, ma nei risultati, quello che conta è sempre un merito di gruppo, collettivo: a partire dai Consigli di Classe, e continuando per quelli di Interclasse e, non ultimi, per i Collegi dei Docenti in grado di assicurare concreti indirizzi innovativi ed efficaci strategie per risolvere i problemi delle singole classi e dei singoli studenti. Solo una sinergia di intenti assicura nella scuola risultati validi, lo sgomitare gli uni contro gli altri per mettersi in evidenza, non solo è un pessimo esempio per gli alunni, ma porta a situazioni incresciose, anacronistiche e invivibili. 
Singolare poi è il fatto che anziché rafforzare la possibilità che gli utenti valutino il servizio a loro erogato, si pensi piuttosto a dare facoltà di valutazione ai dirigenti scolastici, senza per altro capire chi e come dovrebbe, a sua volta, valutare il loro operato. 
Una valutazione quindi che borbonicamente cala sempre dall'alto e non viene mai, come accade nel mondo un po' più progredito del nostro, dal basso. 
Ci auguriamo infine che non ci venga riproposto l'ennesimo salto della quaglia del gradone che avvenne alcuni anni fa: solo in base alla frequenza di corsi obbligatori, tenuti da società e associazioni private di vario genere, che ovviamente si facevano pagare, su tutto e di più... persino sul bridge. Abbiamo ancora il paradosso che per passare di ruolo il punteggio dell'abilitazione non conta un accidente..e parliamo di merito. 
Una proposta sensata c'è stata: quella di scaricare dalle tasse l'acquisto di libri indispensabili per il lavoro di un docente... ma in questo caso il topolino è stato abortito prima che nascesse. 
Infine la questione degli orari, degli scatti e degli oneri di lavoro, se lo metta bene in testa questo come ogni altro governo, deve essere regolata in sede di contrattazione collettiva nazionale, non puo' certo essere affidata ad un sondaggio o ad un non ben definito patto clientelare con gli elettori. 
E il contratto dei docenti ormai latita da più di cinque anni. 
A rendere ancora più grottesca tale questione vi è la questione annosa della quota 96, e cioè il fatto che molti insegnanti debbano, indipendentemente dai loro meriti, essere costretti a lavorare quando meriterebbero abbondantemente di andare in pensione, per i diritti che hanno acquisito nel tempo, già da quando i nostri e le nostre solerti e avvenenti governanti attuali vestivano il grembiulino. 
Ma evidentemente lo spasmodico riformismo giovanilista è affetto da una certa dose di schizofrenia: da una parte vuol rottamare il “vecchio”, dall'altra se lo tiene ben stretto con tutte le grinfie, sono i paradossi del gelato alla liquirizia e al limone. Possiamo dunque serenamente concludere che senza il riconoscimento di due meriti essenziali connaturati alla sola professione docente: uno stipendio nella media europea, e il diritto di andare in pensione senza costrizioni, ogni altra questione sul merito è ridicola e insensata. 

Veniamo alle altre questioni: quella del sostegno è sacrosanta, è necessario assicurare agli studenti concretamente i loro diritti, a partire da coloro che sono titolari di legge 104, cosa che non avviene, anzi, per esperienza diretta, posso dire che avviene spesso il contrario, si dà magari molto risalto a chi ha difficoltà di apprendimento, e per coloro che invece hanno disabilità certificate, non ci sono strumenti o strategie idonee da mettere in campo o insegnanti di sostegno da avere dal primo giorno in classe. E questo accade perché sovente la burocrazia dei “pezzi di carta” prevale su ciò che operativamente e tempestivamente è necessario praticare da subito, e non attendendo che le “carte” arrivino da chissà dove. 
Nella scuola non ci sono psicologi né medici scolastici, come accadeva un tempo. Anni fa periodicamente, persino gli insegnanti erano soggetti all'esame della tubercolina per prevenire forme di contagio, oggi che il pericolo della TBC è tornato prepotentemente per l'arrivo di poveri disperati e malati che a migliaia si riversano sulle nostre coste ogni giorno, contagiando anche chi li accoglie nell'immediato, questo esame non si fa più. 
Quindi direi che le scuole devono tornare ad avere strumenti e specialisti in grado di operare in loco più che strombazzare sui corsi da somministrare ai docenti per un fai da te senza né capo né coda. La lotta alla dispersione scolastica da tempo avrebbe dovuto essere affrontata con un biennio unico della scuola superiore da frequentare obbligatoriamente e con forte valenza formativa. Invece siamo ancora al busillis se tagliare un anno nella scuola media o nella scuola superiore, infischiandosene alla grande del raccordo cruciale trai due cicli. L'innovazione digitale ben venga, ma se un computer funziona ad alta velocità e poi un tetto gli crolla sopra, temo che la navigazione supersonica non serva nemmeno per scappare dal banco. 

Le scuole aperte da mattino alla sera con quali risorse economiche si tengono in funzione? Chi li paga i bidelli per un orario di 15 ore al giorno? Oppure con questa scusa si mira ad appaltarle ad associazioni che ne trarranno lucro, magari sostituendosi alle offerte formative dei docenti in servizio, come già avviene per alcuni spazi già appaltati da certe scuole? E' forse questa l'ennesima scusa per finanziare le scuole private che in Italia sono fra le peggiori al mondo, bocciate continuamente dall'OCSE? 

L'alternanza scuola-lavoro cosa vuol dire? Far entrare i privati nei Consigli di Istituto, per compensare eventuali finanziamenti con iniziative di tirocinio non pagato oppure con dovute sponsorizzazioni? Ci sono negli USA già insegnanti che periodicamente si mettono il cappellone da cuoco e fanno pubblicità ai fast food per incrementare i fondi scolastici, io sto già pensando ad un bel travestimento da pizzettaro. 

Il governo parla di rilancio dell'autonomia scolastica e quest'anno ha obbligato tutte le scuole ad adeguarsi allo stesso calendario scolastico, un'altra bella schizofrenia del cosiddetto spasmodico riformismo giovanilista. La vera autonomia si fa raccordando le istituzioni scolastiche con quelle culturali del territorio, a partire dai Municipi, facendo entrare nelle scuole coloro che organizzano mostre, convegni, cineforum, attività di formazione, cinema, teatro, letteratura, ricerca scientifica, non evidentemente andando a raccattare sponsorizzazioni da banche, istituti finanziari oppure da gestori di catene di fast food. 
Facciamola finita una volta per tutte con questo sistema di crediti e debiti che serve solo per abituare il cittadino, fin da piccolo, a entrare nel Monopoli di una società in cui è destinato ad essere valutato solo come merce da utilizzare per fini di profitto. 

Insomma il topolino è uscito e si agita parecchio, ma si stenta a trovare dove effettivamente vada a parare se non sul cacio degli ennesimi maccheronici tentativi di farsi un po' di pubblicità mentre si corre solo su un tapis roulant che non porta da nessuna parte. Renzi continua nella sua affabulazione per convincere gli italiani che a lui non ci sono alternative e che lui sfida l'impossibile ripetendoci, fino alla nausea: “Se era una cosa facile, non eravamo qui..” Vuole un patto serio sulla scuola? Ebbene, cominci con l'usare bene il congiuntivo. Non è ancora stato riformato e temo per lui che non sia riformabile.




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