CANCELLAZIONE DELLE PROVINCE O DELLA DEMOCRAZIA LOCALE?
di Giuliana Nerla e Norberto Fragiacomo
Di seguito pubblichiamo un interessantissimo articolo divulgativo sul
tema, alquanto scabroso, dell’annunciata soppressione delle Province. L’autrice
è Giuliana Nerla, fondatrice (assieme
al segretario locale del PRC) della lista Montegiorgio in Movimento e
consigliera nell’omonimo Comune: con acume, e col senso pratico che le deriva
dall’esperienza amministrativa (è stata assessore e vicesindaco), la compagna
Nerla analizza le conseguenze di una riforma che non c’è, evidenziando – fra
l’altro – il probabile aumento dei costi e le ferite inferte alla democrazia. A
corredo della trattazione c’è un appunto del sottoscritto sul processo di
riforma in Friuli Venezia Giulia, Regione a Statuto speciale con competenza
primaria in materia di ordinamento degli enti locali.
Preciso di non essere un fan incondizionato di quella che potremmo
definire “democrazia storica occidentale novecentesca”, per certi versi una
caricatura dell’idea democratica. La democrazia, quella vera, implica, infatti,
la partecipazione consapevole del
Popolo alla vita comunitaria, cioè un livello medio elevato (e tendenzialmente
uniforme) di istruzione, acculturamento e interesse per la cosa pubblica –
obiettivo raggiungibile solo in una società egualitaria. Oggidì l’elettore vota
spesso a caso, se non in stato d’ipnosi, complici i media di regime che,
anziché informare, convincono, terrorizzano, dissuadono – in una parola, plagiano.
A livello locale, tuttavia, l’operazione plagio risulta più difficoltosa,
perché le questioni da affrontare – al pari di candidati e programmi – sono ben
conosciute dalla cittadinanza: questo permette, talvolta, inattese affermazioni
di liste “eretiche” come Montegiorgio in Movimento, capace di raccogliere il
20% dei voti contrastando, inequivocabilmente
da sinistra, il disegno neocentrista del PD allora bersaniano, oggi
renziano.
Non tollerando più queste interferenze, “il partito unico delle due
coalizioni (PD,
Forza Italia e formazioni satellite)” prova a mandare al macero la democrazia
locale, l’unica rimastaci, cancellando le elezioni provinciali e – perlomeno in
Friuli Venezia Giulia – svuotando quelle comunali di significato politico.
Penso
che, come Sinistra, dovremmo concentrare le forze nella difesa dei (minimi)
spazi di democrazia ancora esistenti: per certi versi un Consiglio comunale (o
provinciale) è più rappresentativo della volontà popolare di un Parlamento di
nominati colonizzato dalle forze partitiche gradite al sistema neoliberista.
Gruppo Consiliare Montegiorgio in Movimento
sulla “riforma” delle Provincie
di
Giuliana
Nerla (consigliera comunale)
Il
nostro gruppo consiliare si è sempre adoperato per un’azione politica fuori dalle logiche dei grandi partiti, che hanno
sfornato la tanto decantata “riforma” delle Provincie (L. Renzi/Delrio n.
56/14). I militanti del partito unico dalle due coalizioni (PD, Forza Italia e
formazioni satellite) si sbracciano per dimostrarne la portata rivoluzionaria,
ma riteniamo sia nostro dovere informare i cittadini sui reali contenuti.
In pratica cosa cambia dopo questa “riforma”?
Quando
monta la rabbia popolare, la classe dirigente, che controlla tutti i mezzi di
informazione, dirotta tale rabbia verso piste marginali o addirittura che le
portano ancora più potere! E’ quanto è capitato per le elezioni delle Province:
togliamo gli elettori, i manifesti, le liste dei candidati affisse
pubblicamente… cosa resta?
I partiti! Presidente
e consiglieri provinciali non saranno più votati dal popolo ma da sindaci e
consiglieri comunali, e oltre a loro possono essere eletti gli amministratori
provinciali uscenti. In questo modo le segreterie
del partito unico dalle due coalizioni riescono a far occupare tutte le
poltrone a chi è a loro gradito, sulla base di accordi fra partiti o fra
correnti dello stesso partito il cui contenuto sfugge ai cittadini! Se non
riuscivano infatti a controllare interamente il voto del popolo, riescono a controllare
con facilità il voto dei sindaci e consiglieri eletti nelle loro file, che per
colpa della retorica del voto utile sono la quasi totalità! Figuriamoci ad
esempio se un consigliere comunale del PD non voti secondo le indicazioni della
segreteria PD!
Se votasse
il popolo potrebbe essere eletto un candidato che non gode particolarmente
dell’appoggio del suo partito, ma che controllerebbe la gestione della cosa
pubblica divulgando ai cittadini ogni informazione, anche la più scomoda per la
classe dirigente! Oppure un esponente di un partito piccolo non appartenente ad
una delle due coalizioni, che racconterebbe ai cittadini una versione dei fatti
diversa dalla loro!
Ma adesso
le segreterie di partito non corrono più rischi e il loro potere cresce!
Tutto è
stato fatto con l’approvazione della gente, la cui rabbia è stata dirottata
contro i politici eletti dal popolo, che ha quindi accettato supinamente,
quando il 25 maggio è stata chiamata a votare per le europee, di non votare
anche per le Provincie. Complice anche la presa in giro dell’abolizione! Con
quanta insistenza i mezzi di comunicazione hanno detto e ridetto: “province
abolite”, con tanto di stime di risparmi alle casse statali! Ma se le Provincie
fossero state davvero abolite (o almeno svuotate di funzioni) perché mai tra il
28 Settembre e il 12 Ottobre, si vota per i Presidenti, da rinnovare ogni 4
anni, e per i Consiglieri, da rinnovare ogni 2 anni, delle 64 Province
italiane? E perché mai i tre organi delle Provincie, che sono, oltre al Presidente
e al Consiglio, anche l’Assemblea dei Sindaci (in Provincia di Fermo il
consiglio sarà di dieci membri e l’assemblea dei sindaci di quaranta)
usufruiranno del pagamento di tutti gli oneri connessi al loro status di
amministratori compresi ricchi rimborsi?
I cittadini che ancora credono all’abolizione
potrebbero farsi una passeggiata intorno agli stabili che ospitano gli uffici
provinciali, o visitare i relativi siti internet, per rendersi conto che
l’unica cosa abolita è il loro voto.
Possibile che le Provincie non sono state
svuotate delle loro funzioni? Ma non è che le funzioni sono invece aumentate?
Le
“riforma” prevede esercitino “funzioni di area vasta” (pianificazione di
trasporti, ambiente, rete e edilizia scolastica), “funzioni diverse” attribuite
da Stato e Regioni, ed eventualmente “funzioni di stazione appaltante”!
Inizialmente tutti i mezzi di
comunicazione, con tanto di stime di risparmi, sostenevano che sarebbero
restate solo le “funzioni di area vasta”! Ma le “funzioni diverse”, dopo una
miriade di incontri e documenti, ad oggi sono le stesse in passato già
esercitate, quindi tutto resta così com’è! Nei prossimi mesi potrebbero vedersi
dei cambiamenti? Forse! Ad esempio è presumibile che la competenza del Centro
per l’impiego torni alle Regioni visto che a queste hanno fatto capo fino a
circa quindici anni fa! Ma poco di più! In ogni caso vi faremo sapere, ma
intanto sappiate che l’enorme possibilità per la Provincie di esercitare
“funzioni di stazione appaltante” è stata di recente incentivata da modifiche
al Codice dei contratti. E’ così che nella Provincia di Fermo (come in molti
altri casi in Italia) i Comuni, eccetto il capoluogo, non espletano
autonomamente nessuna gara, né per appaltare una grande opera né per comperare
una sedia, ma tutto è demandato alla Provincia! Le funzioni, al momento, sono quindi aumentate e non diminuite!
Ci fa
gridare allo scandalo il fatto che la gestione delle gare sia stata spostata da
un ente controllato direttamente dai cittadini a un ente non che non lo è!
Anche se l’unica funzione delle Provincie dovesse essere quella di gestire le
gare dell’intero territorio rivendichiamo il diritto dei cittadini, e non delle
sole segreterie di partito, di scegliere gli amministratori che controllino
nella loro interezza i procedimenti di gara.
La “riforma” della pubblica
amministrazione (D.L.
Renzi/Madia n. 90/14) riguarda anche le Provincie?
Si, perché
offre loro diverse possibilità, fra cui quella di assumere il 30% dei Dirigenti
fuori dal ruolo, su incarico politico; e quella di costituire uffici di staff
con retribuzioni sganciate dal titolo di studio (quindi un non laureato
potrebbe essere pagato da dirigente), lo stesso su incarico politico! Queste
nuove possibilità, che non ci troverebbero d’accordo neanche se fossero a costo
zero, comporteranno spese di cui nessuno ha informato i cittadini, che non
potranno più neanche controllare questi nuovi incarichi! Sono venute meno
infatti quelle regole di trasparenza e di dialettica maggioranza/opposizione
che garantivano il passaggio di informazioni da dentro a fuori il palazzo!
La verità
è che in Italia è in atto un grande attacco alla democrazia e la “riforma”
delle Provincie, così com’è, è parte di questo attacco!
Le
risposte alle domande poste ci hanno portati a scegliere di appoggiare la
formazione della lista “Fermo libera”, sganciata sia dal PD che da Forza Italia
quindi svantaggiata rispetto alle altre. Almeno a giudicare dalle dichiarazioni
dei suoi principali esponenti, infatti, si propone di eleggere
consiglieri che non appoggeranno nessuno dei candidati presidenti e che quindi
eserciteranno liberamente le funzioni di controllo!
* * *
Riforma degli EE.LL.: la situazione in una Regione a Statuto speciale, il
Friuli Venezia Giulia
di
Norberto Fragiacomo
In materia di enti locali – sorprendentemente – i concreti e taciturni
friulani si stanno dimostrando assai più fantasiosi della media dei
connazionali.
Anche in Friuli Venezia, domenica 26 ottobre, si assisterà - il termine è
appropriato, visto che i cittadini non saranno minimamente coinvolti - alle
“elezioni” per il rinnovo di un consiglio provinciale, quello di Pordenone, ma
sulla vicenda è calata un’opportuna cortina di silenzio[1]:
la Giunta regionale, infatti, ha appena presentato un disegno di legge che si
basa su una fictio, quella della
soppressione delle Province. Da zelante neoconvertita, la presidentessa
Serracchiani si ispira a Renzi in ogni suo atto: ecco allora spuntare un testo
proteiforme, la cui versione “definitiva” – approvata dall’esecutivo il 10 di
ottobre – risulta irreperibile in rete.
Dicevamo che l’ente provinciale c’è ma non si vede; altre aggregazioni,
invece, vengono annunciate con grande clamore, mentre il buon vecchio Comune
rischia di continuare ad esistere solo sulla carta.
Nella bozza settembrina (quella disponibile) si prevede la rapida
approvazione, da parte della Giunta, di un Piano
di riordino territoriale che condurrà alla suddivisione del territorio in
Unioni comunali con popolazione non inferiore ai 40 mila abitanti (30 mila per
le zone montane), create d’imperio sulla base di requisiti di legge. Non tutti
i criteri appaiono chiarissimi: la «compatibilità con il territorio delle
Aziende per l’assistenza sanitaria» potrebbe intendersi come “coincidenza
territoriale” con le aziende, operative dal prossimo anno, oppure come
“coerenza”. Se fosse fondata, come opiniamo, la seconda interpretazione, non
sarebbero autorizzabili unioni fra Comuni serviti da aziende diverse; se, al
contrario, prevalesse la prima, avremmo cinque nuove province (tante quante
sono le A.A.S.) in luogo delle precedenti quattro.
Il problema vero è che le Unioni
territoriali sono una singolare invenzione, imparentata alla lontana con le
Unioni di Comuni disciplinate dall’art. 32 del Testo Unico e recentemente
rivisitate dal legislatore nazionale: in primo luogo, gli organi “politici” scendono
a due – Presidente ed Assemblea -, visto che l’«Ufficio di
presidenza con funzioni esecutive» è facoltativamente istituibile nelle sole
Unioni composte da almeno dieci Comuni; a ciò va aggiunto che l’Assemblea, cui
vengono assegnate competenze consiliari, sarà composta esclusivamente dai Sindaci
degli enti partecipanti – darà voce cioè alle sole maggioranze; da ultimo,
scarsissimo sarà il peso nelle decisioni delle piccole comunità, visto che
all’amministratore di un ente sotto i tre mila abitanti sarà attribuito un
unico voto, al Sindaco di una cittadina fino a dieci mila abitanti due ecc.,
fino a giungere ai nove spettanti
agli (ex?) capoluoghi provinciali. Sottolineiamo un particolare rilevante: gli
organi dell’Unione non saranno eletti, bensì nominati da altri amministratori;
le sole elezioni locali sopravvissute sono quelle comunali.
Il punctum dolens risiede nel
fatto che – come ho già notato in altra sede – “le competenze dei Comuni sono (rectius: saranno) meramente residuali,
visto che quelle più importanti passano all’Unione: i cittadini saranno insomma
chiamati ad eleggere i propri rappresentanti al simulacro di un Comune (la
previsione, ex art. 17, di una
possibile articolazione territoriale degli uffici rafforza l’idea di Comuni
retrocessi a municipi), e poi assisteranno inerti allo spettacolo inscenato
dalle segreterie dei partiti di sistema (PD e Centrodestra). In questo modo la
democrazia viene “demansionata” e ridotta a stanco rito: meglio sarebbe stato,
in ipotesi, sancire la scomparsa dei Comuni (oltre che delle Province) e fare
dell’Unione – anche formalmente –
l’ente fondamentale, fissando il principio dell’elettività delle relative
cariche. Un infortunio del legislatore? Non direi proprio: con la scusa della
crisi (una benedizione per l’elite che l’ha provocata) il modello fabbrica
viene oggi esteso alla società intera. Al Potere neoliberista la dialettica non
piace affatto.”
Veniamo dunque a queste benedetti funzioni,
ma ve lo preannuncio fin d’ora: qui la nebbia legislativa avvolge ogni cosa. Ad
essere certa è la prossima cessione di competenze comunali all’Unione: alcune
(organizzazione generale dell’amministrazione, organizzazione e gestione di
servizi pubblici e sociali, edilizia scolastica, polizia locale, attività
produttive, protezione civile e raccolta rifiuti) cambieranno semplicemente
titolare, altre (opere pubbliche, espropriazioni, riscossioni tributi, energia,
pianificazione territoriale e centrale unica di committenza) rimarranno
formalmente in capo all’ente comunale, ma andranno ex lege esercitate dai neocostituiti uffici dell’Unione. Non basta:
la nomina dei responsabili della prevenzione della corruzione, della
trasparenza e dell’organo di valutazione e di controllo di gestione è di
spettanza del Presidente dell’Unione (la scelta, lo confesso, è corretta, se
non altro perché la normativa anticorruzione è inapplicabile in un piccolo
ente). Sorvoliamo sulle “ulteriori funzioni (quali, di grazia?) volontariamente
delegabili all’Unione”, soffermandoci piuttosto su un risvolto pratico: la
macchina amministrativa comunale verrà ridotta all’osso, se non azzerata, visto
che il suo personale sarà trasferito alle Unioni, «in relazione alle funzioni
comunali da esse esercitate» (quelle elencate, cioè la quasi totalità).
Nello scenario testé delineato il Comune è destinato a perdere ogni
rilievo (sarà una testolina senza corpo) e la carica di Sindaco assumerà i
connotati di un titolo onorifico, tipo cavaliere o commendatore – eletto “dal Popolo”, però, a differenza
dell’assai più influente Presidente dell’Unione. Qualcuno potrebbe obiettare
che il legislatore ha inteso “risarcire” il Comune affidandogli, a partire da
Capodanno 2016 – così prevede l’articolo 24, comma 4, della riforma –, tutta
una serie di funzioni di competenza provinciale. Mera apparenza (inganno?),
perché la stessa norma precisa che dette «funzioni (…) sono esercitate dalle
Unioni con le modalità di cui all’articolo 20, comma 2», cioè come compiti propri. Ma come vengono
ripartite le attribuzioni provinciali? Tra Amministrazione regionale e Unioni,
par di capire, in base alla loro “importanza”… trattasi, tuttavia, di un ben
singolare meccanismo successorio, dal momento che il de cuius – la Provincia – viene trattato come una sorta di “morente
a tempo indeterminato”, che mantiene (non si sa fino a quando) la titolarità di
un terzo insieme di funzioni. E dopo, a tumulazione avvenuta? Il legislatore
regionale ama evidentemente la suspance,
perché non ci fornisce risposta.
Riassumendo: in Friuli Venezia le
Province vengono occultate, ma ci sono ancora; ogni cinque anni si andrà al
voto per eleggere consigli comunali del tutto irrilevanti, dato che le
decisioni – a colpi di maggioranza – verranno prese altrove; l’Unione succederà
alla provincia, ma dopo aver convissuto con essa (andranno d’accordo?); il
cittadino farà da spettatore pagante, se non altro in termini di servizi.
Dimenticavo, infatti, un aspetto non secondario: la finalità vera della riforma
è risparmiare… il premio per le
Unioni virtuose sarà un contenimento dei tagli. E la democrazia? Quella costa, se ne può fare a meno… in fondo,
è ormai ovunque ridotta a finzione (come la strombazzata abolizione delle
Province, su cui ci siamo intrattenuti all’inizio): le forme non fanno che
adeguarsi alla sostanza.
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