E LANDINI L'UNICA SPERANZA DELLA SINISTRA?
di Maurizio Zaffarano
Da anni il sogno ricorrente di parte rilevante di quel tanto o poco che resta del popolo della Sinistra è l'assunzione di un impegno politico ed elettorale diretto da parte di Maurizio Landini. Ed è interessante al riguardo leggere quanto scrive, anche in forma autocritica e con molto buon senso, Livio Pepino uno dei promotori di Cambiare Si Può. Sono ovviamente consapevole che Maurizio Landini ha sempre smentito l'intenzione di lasciare la militanza sindacale a favore di quella partitica anche se poi il suo protagonismo politico finisce ogni volta inevitabilmente per accreditarlo come potenziale leader della Sinistra (e del resto dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, come scrive Livio Pepino, che “il lavoro non lo si può più inventare, creare e difendere solo o soprattutto a livello sindacale”).
A chi con commovente ingenuità coltiva questa speranza e a chi invece irride sdegnato questa deriva 'leaderistica' provo a proporre alcune mie considerazioni.
Il mio punto di partenza è che bisogna distinguere tra quella che è l'evoluzione del sentire collettivo e della domanda politica (i contenuti, il senso di marcia) delle masse popolari ed il soggetto politico che si propone di interpretarla e rappresentarla.
La prima segue dinamiche sue proprie: in parte conseguenza degli accadimenti strutturali sociali ed economici, in parte indotta e distorta da elementi - i mezzi di comunicazione di massa, le sovrastrutture ideologiche, la corruzione, le mafie, il voto di scambio – che impediscono il libero formarsi della volontà popolare e la consapevole identificazione del bene comune.
Per la seconda – il soggetto politico – mi sembra che la storia non ci consegni alcun esempio di organizzazione creatasi spontaneamente e per autogerminazione. La partecipazione dal basso è la condizione sociale e culturale indispensabile per far nascere un movimento politico ma non è poi concretamente utilizzabile nella sua progettazione concreta. E francamente non ho troppa simpatia per chi la evoca ad ogni piè sospinto per poi smentirla nei fatti: ed il pensiero non può non andare da un lato alla lista Tsipras (le cui candidature furono scelte da una ristretta cerchia di intellettuali) e dall'altro al Movimento 5 Stelle dove dietro la democrazia della rete e dell'uno vale uno si nasconde la direzione autocratica di Grillo e Casaleggio.
Ogni opera umana collettiva presuppone una direzione: la costruzione di un palazzo, la conduzione di un team sportivo, la realizzazione o la rappresentazione di un'opera cinematografica, teatrale, musicale, la gestione di un'azienda, di un ospedale, di una scuola.
La contrapposizione non può essere dunque tra organizzazioni con dirigenti o senza dirigenti ma tra dirigenti bravi e capaci e dirigenti disonesti e incapaci. Nel caso di un soggetto politico le élites sono indispensabili per definire strategie e tattiche e per creare un'organizzazione con alcuni elementi essenziali: uffici studi, padronanza delle tecniche di comunicazione di massa, criteri per minimizzare e prevenire le inevitabili deviazioni e tradimenti dei singoli.
Non si tratta di aderire all'idea del capo assoluto che conduce e manipola masse imbelli e ignoranti ma di evidenziare il carattere indispensabile di alcune specifiche capacità e competenza che solo pochi hanno. E che devono operare in un quadro di consapevolezza e partecipazione collettiva e di contendibilità, secondo regole trasparenti e inequivocabili, della leadership. Nonostante i membri dei partiti e delle istituzioni abbiano fatto di tutto, anzitutto con i propri comportamenti, per convincerci del contrario quella del dirigente politico è una professione vera e propria con una sua nobiltà e sua specificità.
E' singolare che molti che a Sinistra venerano come icone personaggi quali Berlinguer, Pertini, Gramsci, Che Guevara, Rosa Luxembourg, Chavez, Pepe Mujica e tanti altri si scandalizzino poi quando si evoca la figura del leader.
Fatte queste premesse, nell'attuale contesto culturale individualista, mediatizzato e costruito sul mito del 'personaggio' (ma più in generale di fronte a quella che è la psicologia sociale) l'assunzione di un impegno politico diretto da parte di Maurizio Landini avrebbe o no effetti positivi riguardo alla ricostruzione della Sinistra? Ricostruzione da intendersi non come restituzione di prestigio e credibilità ad una 'maglietta' ma come percorso per ridare forza alla capacità di resistenza e di cambiamento delle cose esistenti, in funzione dei propri interessi, da parte delle masse popolari.
Io direi proprio di sì. Perché in giro non vedo altri che abbiano la credibilità ed il prestigio di Maurizio Landini e la forza dirompente di vincere veti e particolarismi di capi e capetti di gran parte delle organizzazioni di cui è costellata la Sinistra.
Non si tratta, lo ribadisco ancora una volta, di annullarsi nell'attesa del Messia o del Deus ex machina ma di auspicare razionalmente l'emergere di un catalizzatore in grado di combinare chimicamente elementi che già sono largamente diffusi - l'indignazione, la sofferenza sociale, la voglia di cambiamento – per creare qualcosa di nuovo.
Avendo ben chiare però quelle che sono le condizioni indispensabili. Se guardiamo a Syriza possiamo individuare almeno tre fattori decisivi della sua ascesa elettorale: la leadership di Tsipras (in cui si incarna la strategia di comunicazione), la costituzione di una rete solidale e mutualistica con cui si realizza il radicamento tra le masse popolari, il carattere radicalmente alternativo ai governi espressione della Troika.
In assenza di una rete sociale alternativa non si può contrastare la potenza di fuoco del regime: il pensiero unico egemone su televisioni e organi di informazione, il voto di scambio, la corruzione, le mafie.
E se non c'è una esplicita e radicale affermazione della propria diversità ed estraneità dal regime (e questo dovrebbe cominciare dagli enti locali) non si va da nessuna parte.
Se l'intenzione di Landini, in politica o nel sindacato, è di giocare di sponda con bersaniani e civatiani e con SEL per ricostituire l'ala sinistra del centrosinistra con cui tentare di condizionare, dall'interno della maggioranza e del governo, le politiche liberiste andrà incontro ad una sconfitta cocente non solo per le sue (eventuali) ambizioni personali ma soprattutto per le condizioni di vita dei ceti popolari.
In questo caso, per quanto mi riguarda, non sprecherò un solo minuto del mio tempo. Come si suol dire: abbiamo già dato.
12 ottobre 2014
dal sito Verità e Democrazia
La vignetta è del Maestro Luca Peruzzi
Nessun commento:
Posta un commento