ARCHIVIO TEMATICO (in allestimento. Pronto l'indice dei redattori)

martedì 4 novembre 2014

SENTENZA CUCCHI: LIBERI DI UCCIDERE, LIBERI DI SFRUTTARE di Andrea Davolo e Roberto Sarti




SENTENZA CUCCHI: 
LIBERI DI UCCIDERE, LIBERI DI SFRUTTARE
di Andrea Davolo e Roberto Sarti

La sentenza di assoluzione di tutti gli imputati per la morte di Stefano Cucchi grida vendetta al cielo. La reazione di sdegno della famiglia e di tutti i sinceri democratici è sacrosanto, e la condividiamo pienamente.
La decisione dell Corte d'Appello tuttavia squarcia il velo dell'ipocrisia sul ruolo della giustizia e delle forze dell'ordine nel sistema capitalista.
Il caso Cucchi, come quello Aldrovandi (dove i poliziotti colpevoli sono già tornati in servizio!), per non parlare di Genova 2001, svela come le “forze dell'ordine” possono picchiare, torturare e ammazzare nella sostanziale impunità da parte del resto delle istituzioni, in primis del sistema giudiziario.
È sicuramente necessario rivendicare l'introduzione del reato di tortura che sarebbe sicuramente una palese misura di civiltà e di umanità che solo in Italia, unico paese europeo, non esiste. Sarebbe un grande passo in avanti se i numeri identificativi sui caschi e sulle divise di polizia e carabinieri fossero obbligatori. Ma il problema non è limitato ad alcune mele marce.
Non ne possiamo più di sopportare i piagnistei ipocriti del Fatto Quotidiano o dei parlamentari del Movimento Cinque Stelle che senza capire nulla della natura dello Stato gridano al pugno di ferro giustizialista contro i micro-delinquenti e i clandestini e il giorno dopo si disperano per la sentenza Cucchi. Le leggi, in un sistema diviso in classi e dove una minoranza della popolazione spadroneggia sulla maggioranza, non sono mai neutrali. Se si invoca più giustizialismo, manette facili e più leggi repressive, a pagarne le peggiori conseguenze saranno gli oppressi. Lo spiegava già Solone, ai tempi dell'antica Grecia, “La legge è una tela di ragno: trattiene gli insetti più esili e leggeri, si lascia sfondare dalle prede grosse, alle quali oppone solo una timida resistenza”.
Dopo oltre due millenni la situazione non è cambiata di molto. Alla fine del 2013 coloro che scontavano nelle carceri italiane una condanna per reati economici e fiscali, (tipo il classico reato dei ricchi, il falso in bilancio) erano solo...156!
Giustizialisti di destra e “sinistra” hanno criticato la bocciatura della legge Fini-Giovanardi, avvenuta lo scorso febbraio. Ci ricordiamo una prima pagina del Fatto quotidiano, intitolata “Spacciatori in libertà”. Se ai tempi dell'arresto di Cucchi fosse stato già in vigore la depenalizzazione della Fini-Giovanardi, oggi Stefano Cucchi sarebbe ancora vivo.
Cosa dice quel testo? Semplice. Dice che per i piccoli spacciatori non è obbligatoria la custodia cautelare, mentre a causa degli effetti perversi della legge Fini-Giovanardi, potevi essere spacciatore anche con un paio di canne in tasca. In questo “reato” era incappato Stefano Cucchi.
Lo Stato non potrà mai essere neutrale. É un apparato di uomini armati a difesa della proprietà privata. Osservando le recenti cariche della polizia ai lavoratori delle Acciaierie di Terni, questo concetto diventa sicuramente più chiaro. Le leggi a favore del padronato, come il Jobs act, sono scritte e difese con la punta dei manganelli. Liberi di sfruttare e liberi di uccidere.
Tutta la rabbia e l'indignazione per la sentenza della corte di appello su Stefano devono essere indirizzate dunque verso una critica complessiva al sistema capitalista e alle sue istituzioni.

La ripresa del conflitto a cui assistiamo in questi giorni, con due schieramenti ai lati opposti del campo, ci aiuterà a fare chiarezza su alcuni concetti, come onestà e legalità che parevano essere valori assoluti. Alle domande, “onestà per che cosa, legalità per chi?”, la lotta di classe è l'unica che può dare una risposta. Solo attraverso il rovesciamento del capitalismo e lo sradicamento delle diseguaglianze, potremmo farla finita con i soprusi e i crimini dell'autorità costituita.

3 Novembre 2014

dal sito FalceMartello


La vignetta è del Maestro Enzo Apicella




Nessun commento:

Posta un commento