ARCHIVIO TEMATICO (in allestimento. Pronto l'indice dei redattori)

giovedì 30 aprile 2015

PRIMO MAGGIO: INTERNAZIONALISTA E ANTICAPITALISTA





PRIMO MAGGIO: 
INTERNAZIONALISTA E ANTICAPITALISTA

Nella confusione generale delle coscienze politiche forse è il caso di ricordare che il primo maggio è la giornata in­ternazionale di lotta delle lavoratrici e dei lavoratori, sim­bolo ed espressione della battaglia delle classi lavoratrici contro un sistema economico e sociale di oppressione, ingiustizia, violenza e guerra: il capitalismo.
Forse è il caso di ricordare che il primo maggio è l’unità dei lavoratori contro le divisioni che il sistema costruisce per impedire le loro lotte e che l’internazionalismo vuole porre fine ad ogni sorta di frontiere per costruire la soli­darietà e la fratellanza dei popoli.
Solidarietà e sostegno si devono esprimere oggi in particolare al popolo greco, sottoposto al durissimo attacco dei governanti europei che vogliono soffocare sul nascere l’esperienza del governo di sinistra
Questo primo maggio in Italia avviene, come in tanti altri luoghi del mondo, sotto il segno delle politiche di austerità, repressive, razziste e delle operazioni speculative e finanziarie dei potenti, di cui l’Expo in­sieme al Tav e alle grandi opere è l’espressione.

sabato 25 aprile 2015

RIPRENDIAMOCI IL 25 APRILE, OGNI GIORNO di Antonio Moscato




RIPRENDIAMOCI IL 25 APRILE, OGNI GIORNO
di Antonio Moscato

Per molti anni il 25 aprile era diventata una scadenza rituale, poco attraente soprattutto per i giovani.
Il trasformismo che ha a lungo caratterizzato la politica italiana aveva reso difficile distinguere non solo tra la vera destra e una “sinistra” che la imitava e rinunciava al suo patrimonio ideale, ma anche tra i fascisti e certi “antifascisti” come Luciano Violante, prontissimi a cancellare le differenze originarie pur di ottenere i voti necessari per accedere a qualche alta carica dello Stato. Le molte forze di Polizia e i corpi militari speciali come i paracadutisti della Folgore o la San Marco venivano intanto impunemente educati nel culto nostalgico delle guerre coloniali e fasciste, e si vedevano riconosciuto il diritto all’impunità ogni volta che veniva documentato qualche loro “eccesso”, dalle mattanze del 2001 a Genova alla tortura in Somalia, dalle imprese dei marò sparatori agli assassini casuali di innocenti come Stefano Cucchi o Federico Aldovrandi.
Era un processo cominciato da tempo, che aveva logorato o ridotto a pura retorica la celebrazione della Resistenza cancellandone le caratteristiche rivoluzionarie e internazionaliste, e presentandola in chiave interclassista e bipartisan. C’era stato però un sussulto il 25 aprile del 1994, dopo lo shock della vittoria elettorale di un Berlusconi che sdoganava i capi fascisti e la schiuma del razzismo padano: come reazione quel giorno si vide di nuovo una straordinaria affollata e combattiva manifestazione sotto la pioggia a Milano in cui si ritrovarono insieme vecchi partigiani e giovanissimi militanti.

martedì 21 aprile 2015

CANALE DI SICILIA, I RESPONSABILI... di Gippò Mukendi Ngandu




CANALE DI SICILIA, I RESPONSABILI...
di Gippò Mukendi Ngandu


L’ennesima tragedia si è consumata sul Mediterraneo, nel canale di Sicilia, oramai tristemente noto per essere diventato la fossa comune dei “profughi ignoti”. Spesso i corpi che ci vengono restituiti dopo essere inghiottiti dal mare non hanno un nome, ma costituiscono un semplice numero che si aggiunge di giorno in giorno alla schiera dei disperati senza storia, di cui si avrà memoria giusto il tempo delle false dichiarazioni indignate di coloro che sono in realtà i principali responsabili della strage continua che avviene a largo delle nostre coste.
Ora il governo Renzi piange i morti del Canale di Sicilia. Invoca un piano europeo volto a fermare il traffico di migranti. L’Europa, che ha lasciato l’Italia da sola nel contrastare “i nuovi schiavisti del Ventunesimo secolo” dovrebbe assumersi le sue responsabilità. Le sue sono lacrime di coccodrillo.
La tragedia annunciata di ieri che ha provocato più di 900 morti non sarà purtroppo l’ultima. Sono già 1.600 i migranti morti negli ultimi quattro mesi. Gli scafisti additati come i principali colpevoli dal governo Renzi sono senza dubbio sempre più efferati, ma se ai tempi dello schiavismo, i criminali non erano solo i negrieri, ma coloro che traevano beneficio dal sistema schiavistico, oggi i principali criminali sono coloro che cercano di trarre beneficio da un sistema che considera i migranti o semplice manodopera di riserva ricattabile o come capro espiatorio da dare in pasto all’opinione pubblica e che per questo ha creato un sistema di regole che mal tollera l’accoglienza di chi sfugge dalla guerra e dalla miseria.

domenica 19 aprile 2015

IL DECLINO DEGLI USA E IL GINEPRAIO MEDIOORIENTALE di Roberto Sarti




IL DECLINO DEGLI USA E IL GINEPRAIO MEDIOORIENTALE
di Roberto Sarti


La crisi mediorientale ha aggiunto un nuovo tassello. Dal 30 marzo l'Arabia saudita, a capo di una coalizione di stati arabi, ha lanciato un attacco aereo contro i ribelli Houthi, di religione sciita. La missione che ha come obiettivo formale la protezione della popolazione yemenita, vede coinvolti oltre 100 jet da combattimento sauditi e 100mila uomini che si sono schierati a ridosso del confine settentrionale yemenita.
Le altre monarchie del Golfo, eccetto l'Oman, forniscono aerei mentre l'Egitto, pur dichiarando la sua adesione, non ha ancora partecipato attivamente agli attacchi.
“É una guerra per proteggere la popolazione dello Yemen e il suo governo legittimo contro un gruppo sostenuto dall'Iran e da Hezbollah” ha dichiarato l'ambasciatore saudita negli Usa. Dunque, un intervento per tutelare gli interessi di Riyadh nei confronti del suo rivale storico, l'Iran. Interessi a rischio dopo che sull'impatto delle rivoluzioni tunisina ed egiziana, nel 2011 le masse avevano rovesciato Saleh, dittatore fedele alleato della monarchia wahabita. 
I ribelli Houthi, con la loro propaganda antiimperialista e contro la povertà endemica nel paese si sono fatti largo in maniera piuttosto facile in mezzo alla corruzione dilagante portata avanti anche dal nuovo presidente, Hadi. La conquista della capitale Sana'a e la minaccia della presa di Aden, porto strategico per l'accesso al canale di Suez, era decisamente troppo. Tuttavia pensare che solo attraverso i bombardamenti aerei si potranno fermare i ribelli è una pia illusione. La necessità di un intervento di terra si imporrà, provocando ulteriori escalation del conflitto.
Quello che vediamo nella regione è un cambiamento epocale dei rapporti di forza e addirittura dei confini dei paesi stessi. La ragione fondamentale è il declino della forza dell'imperialismo Usa, che paga con gli interessi la sconfitta della sua politica interventista.

mercoledì 15 aprile 2015

DAL PRIVATO AL PRIVATO di Norberto Fragiacomo




DAL PRIVATO AL PRIVATO, OVVERO: 
una breve storia dei servizi pubblici locali in Italia
di
Norberto Fragiacomo




1. Il concetto di servizio pubblico

In principio era il privato.
Nell’Europa dell’800 quelli che sarebbero diventati “servizi pubblici” erano gestiti da imprenditori e società private secondo la logica del profitto, e venivano forniti, di conseguenza, solo ai membri delle classi abbienti.
La lenta trasformazione dello Stato liberale “di diritto” in Stato sociale determina, verso la fine del secolo, una modifica dell’impostazione generale: l’ascesa delle forze socialiste e la presa di coscienza, da parte delle masse, dell’esistenza di diritti basilari costringono la politica ad un mutamento di rotta – dal privato al pubblico – che si traduce in leggi di riforma. In Italia, il primo intervento normativo è datato 1903: si tratta della c.d. Legge Giolitti (n. 103).
Prima di esaminarne per sommi capi il contenuto è però opportuno introdurre il concetto di servizio pubblico. Per espressa ammissione di generazioni di giuristi che si sono cimentati col tema non si tratta di impresa facile; lo stesso legislatore è sempre apparso restio ad introdurre definizioni generali, preferendo individuare singoli settori di intervento.

domenica 12 aprile 2015

SONO QUI di Giandiego Marigo





SONO QUI
di Giandiego Marigo




Sono qui, dopo giorni e giorni, non so se ci resterò, la mia pausa di riflessione non è ancora finita. Mi rendo conto e d'altra parte l'assoluta mancanza d'interesse per la mia assenza me lo ha dimostrato ulteriormente di come non conti affatto, se non in termini presenzialistici il pensiero che si “articola” on line, esso non incide realmente è solo “occupazione di spazio virtuale”, a meno che a svolgerlo non sia qualcuno già di suo famoso per essere passato ed essere frequentatore dei salotti televisivi.
L'idea, la parola, il concetto in sé vengono rarissimamente letti e quasi mai assorbiti, restano purissima testimonianza, auto-gratificazione.
Scelgo di postare questa riflessione, forse l'ultima, non lo so ancora ed ancora una volta, come spesso ho fatto, parto da me, ma il concetto che vorrei esprimere è ampio e mi travalica.

martedì 7 aprile 2015

KARL MARX AI GRANDI MAGAZZINI di Norberto Fragiacomo




KARL MARX AI GRANDI MAGAZZINI


Nel romanzo “Al Paradiso delle Signore”, del 1883, Emile Zola mescola Marx e gli utopisti, affermando la necessità storica del Socialismo

di
Norberto Fragiacomo



Émile Zola, francese di padre veneziano, va annoverato fra i romanzieri più socialmente impegnati della seconda metà dell’Ottocento.

Scrittore di straordinaria prolificità, mostra interesse per le condizioni di vita dei ceti umili che - impersonati da figure maschili e femminili (quasi sempre) psicologicamente riuscite - penano, lavorano e soffrono nell’universo/affresco dedicato ai Rougon-Macquart, un’immaginaria famiglia francese. Zola crede (finge di credere?) che l’essere umano sia determinato nei suoi comportamenti dal contesto sociale e – diremmo oggi – dalla genetica: la buona ed attiva Gervaise de L’Assommoir sarà tratta alla rovina dall’ambiente sfavorevole e, inevitabilmente, dalla tendenza all’alcoolismo ereditata dagli avi. L’osservatore imbevuto di positivismo non riesce, in verità, a celare la propria benevola simpatia nei confronti di creature più o meno sventurate: il progetto studiato a tavolino, fattosi pagina, si contamina con la vita reale, con le aspirazioni e la passione civile dell’autore.

Un’opera, in particolare, sembra contraddire gli intenti programmatici, stravolgere gli schemi: alludo a Au Bonheur des Dames (Al Paradiso delle Signore, del 1883), che precede di due anni il più celebre Germinal. Si tratta qui di grandi magazzini, anzi dell’inarrestabile espansione di uno di essi che, guidato da un imprenditore geniale, ambiziosissimo e cinico (ma neanche troppo, a paragone di certi campioni della categoria!) riduce sul lastrico tutti i dettaglianti del quartiere. Parlavo di schemi stravolti, di eccezione ad una regola peraltro non sempre seguita: qui abbiamo un lieto fine ed una protagonista – la bionda, angelica Denise – che, benché arrivata a Parigi senza un soldo e con due fratelli da accudire, si farà strada nella vita senza mai tradire i suoi saldi principi ed una serena, commovente onestà. Sarà premiata, e farà del bene a chi le sta intorno – nella buona e nella cattiva sorte.