LA COSTITUZIONE E’ UNA VARIABILE INDIPENDENTE?
La sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale sul blocco delle pensioni: una pronuncia e tanti commenti fuori tema
di
Norberto Fragiacomo
Partiamo dall’oggettività, cioè dal dato normativo nudo e crudo.
L’articolo 134 della Costituzione recita: “la Corte Costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni”; il successivo articolo 137 incarica il legislatore di stabilire – con legge costituzionale – “le garanzie di indipendenza dei giudici della Corte” (1° comma) e sancisce che “contro le sentenze della Corte non è ammessa alcuna impugnazione” (3° comma).
Quindi, senza scendere troppo nello specifico, enucleiamo tre concetti chiave: la Corte verifica la costituzionalità delle leggi, cioè la conformità ai principi e alle norme espressi dalla Carta Fondamentale, non la loro opportunità/necessarietà/utilità; l’indipendenza dei giudici della Corte è un valore da preservare, una garanzia ordinamentale; le sentenze emesse sono definitive e incontestabili.
E’ consentito criticare le sentenze della Consulta? Assolutamente sì: ogni cittadino può avvalersi del diritto, concessogli dall’articolo 21, di esprimere liberamente il proprio pensiero – chi scrive, ad esempio, ha spesso biasimato certe rese all’esecutivo e alle pretese della dittatura economica, specie in giudizi che contrapponevano lo Stato centrale agli enti territoriali. In quelle occasioni, a parer mio e di altri commentatori, la Corte ha volontariamente rinunciato a un po’ della sua indipendenza, inchinandosi alle ragioni della Realpolitik – deviazioni non imprevedibili, vista l’eterogenea composizione del collegio e i suoi obbiettivi legami col mondo politico (v. l’art. 135).