Oggi Samantha Comizzoli rientrerà con volo in partenza da Tel Aviv alle 17:55 ore locali, arrivo previsto a Roma intorno alle 21:30 ore italiane.
Costretta sotto pesanti pressioni a sospendere lo sciopero della fame iniziato dal momento dell’arresto per richiedere la liberazione dei bambini detenuti e torturati nelle carceri israeliane, Samantha rifiuta il provvedimento, non ha accettato il legale e ribadisce la sua ferma volontà di restare accanto al popolo palestinese per supportare la resistenza.
Continuerà quindi ad opporsi con quella forza e quella determinazione che le hanno permesso di resistere e raccontare ogni giorno gli abusi perpetrati dall’occupazione sionista in Cisgiordania sulla popolazione palestinese. La sua telecamera, sequestrata durante l’arresto, non le verrà restituita, nonostante priva di SDcard, ennesimo atto arrogante di quel mostro che Samantha ci ha insegnato a conoscere bene, giorno dopo giorno.
Un mostro che può operare sfruttando quella detenzione amministrativa, retaggio di una norma utilizzata durante la precedente occupazione britannica, che consente la detenzione senza regolare processo per un periodo di sei mesi, rinnovabile all’infinito.
Oggi a Nablus un presidio in solidarietà con i detenuti ha ribadito il sostegno a Samantha, chiedendone la liberazione, evidenziando in particolare le gravissime condizioni di Khader Adnan, prigioniero in sciopero della fame da 44 giorni, attivista perseguitato sin dal 1999, anno che segna per lui l’inizio di una lunga serie di detenzioni per un totale di oltre 6 anni nelle carceri israeliane, senza un solo processo ma rinnovando, alla scadenza, la detenzione amministrativa.
(info su: https:// electronicintifada.net/…/khader-adnan-starvin…/ 14584)
Qui il rapporto di AMNESTY (2012) sull’ingiustizia e l’abuso perpetrati attraverso la DETENZIONE AMMINISTRATIVA:
https://www.amnesty.org/…/ israel-injustice-and-secrec y-sur…/
L’abituale silenzio dei media italiani sulla vicenda di Samantha è tanto più inquietante se, come ha più volte richiesto Sam, si considera l’evidente volontà di oscurare i gravi crimini commessi dalle forze d’occupazione contro la popolazione civile, donne e bambini inclusi, con la complicità di tutti i governi, palesemente più “sudditi” che amici. Samantha invita tutti i media ad essere presenti al suo arrivo all’aeroporto di Roma, oggi, per rompere questo silenzio e diffondere la sua testimonianza.
Qui il blog di Samantha: http:// www.samanthacomizzoli.blogs pot.it/
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L'ARRESTO, LA DETENZIONE
Samantha Comizzoli, attivista italiana per i diritti umani, in Palestina dal febbraio 2014, ha subito un arresto amministrativo per il visto scaduto, il 12 giugno mentre si stava recando ad una manifestazione a Kufr Qaddum in un’operazione che assume i contorni di un’azione mirata.
Trasferita dall'isolamento nella prigione dell'aereoporto Ben Gurion di Tel Aviv al carcere di Givon (per non chiari “motivi di sicurezza”) è stata costretta, sotto pesanti torture psicologiche, ad interrompere il digiuno intrapreso come ultima forma di lotta per la liberazione di tutti i bambini detenuti nelle carceri israeliane.
Samantha ha rifiutato l'assistenza di un legale in quanto consapevole che la procedura d'espulsione è già stata avviata e perché, come ha fatto sapere tramite il suo avvocato in Italia, Luca Bauccio, “non accetta la giurisdizione israeliana e considera il suo arresto illegittimo alla stregua dell’occupazione della Palestina e del sequestro del popolo palestinese”.
Accetterebbe il sostegno di un legale se la battaglia fosse focalizzata sulla liberazione dei bambini detenuti da israele, attualmente oltre 300. Su questo tema Samantha ha pubblicato numerosi articoli sul suo blog e due docu-film, “Shoot” e “Israele, il cancro”.
La visita del console italiano nel carcere di Givon, il 15 giugno, non ha portato ulteriori chiarimenti, in un primo momento le informazioni avute dal consolato sembravano far presagire un’espulsione rapidissima, mentre la notizia di oggi, 16 giugno, è che si attende l’udienza di convalida dell’espulsione, normalmente entro 72 ore dalla prima.
La sensazione è che Israele sia intenzionata ad attivare il processo d'espulsione forzata ma non c’è nessuna certezza sui tempi. Potrebbe essere questione di ore, giorni, settimane, o mesi.
Il 14 giugno il legale italiano di Samantha, Luca Bauccio, ha emesso un primo comunicato per intervenire su articoli e comunicazioni non veritiere pubblicate su media italiani che riportavano informazioni relative all’arresto che lo stesso console ha confermato di non avere mai avuto dalle autorità israeliane e, di conseguenza, di non avere mai diffuso.
Luca Bauccio scrive: “La vita e la storia di Samantha sono alla luce del Sole: lei vive e opera per la libertà dei palestinesi e perché la giustizia e il diritto vengano ripristinati in quei territori.”
Sabato 13 giugno si è svolto un presidio sotto la sede della RAI di Torino per la liberazione di Samantha e la solidarietà ai prigionieri palestinesi, circa 7.000, di cui almeno 450 senza capi d’accusa, in detenzione “amministrativa”. La richiesta dei solidali in presidio di diffondere la notizia non ha avuto seguito per “problemi di programmazione del palinsensto”.
Attualmente le informazioni vengono diffuse principalmente tramite social network.
Dal sito FB di Samantha Comizzoli
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PUBBLICHIAMO L'ULTIMO INTERVENTO DI SAMANTHA COMIZZOLI PRIMA DEL SUO ARRESTO
OGGI: UNA STORIA ORRENDA
di Samantha Comizzoli
Questa è una storia orrenda che ho vissuto oggi. Ne sono testimone e in parte partecipe. Vi prego di leggerla, farla leggere e divulgarla perchè non ci sono giornalisti che la conoscono, ma va assolutamente fatta conoscere.
Avevo appuntamento con una mia amica a casa sua, nel villaggio di Assira Al Qabilia, Nablus. Volevamo parlare di un piccolo progetto per i bambini che forse inizierò presto, il tutto bevendo un caffè. Con me è venuto un ragazzo italiano che è qui in vacanza. Siccome questo ragazzo non parla né inglese né arabo, ha colto l'occasione per farsi una passeggiata nel villaggio mentre noi parlavamo.
Ha iniziato a camminare su, verso la collina, in mezzo alle case del villaggio, e un paio di bambini che l'hanno visto hanno iniziato ad avvicinarsi per fargli compagnia. Nessun dialogo ovviamente, se non a gesti. Si è fermato quando finiva il villaggio di Assira e ha scattato 3 foto alla cima della collina (dal quale era ancora molto distante), dove c'è l'insediamento illegale di Yhitzar.
E' tornato, io avevo finito, abbiamo preso il service e siamo tornati a Nablus.
Quando siamo arrivati al checkpoint di Howwara abbiamo visto molti soldati con le jeep, pronti ad entrare in azione (e ho mandato un tweet). Scesi dal service ricevo una telefonata della mia amica, agitata, che mi dice di tornare subito indietro perchè ci sono lì i soldati israeliani e vogliono il ragazzo italiano che ha scattato le foto.
Prendiamo un taxi per far prima e torniamo indietro al villaggio di Assira Al Qabilja. Nel frattempo davanti alla casa erano arrivate molte donne del villaggio.
La mia amica ci ha fatti tornare di corsa perchè: i soldati israeliani erano piombati nel villaggio con 10 jeeps e avevano preso uno dei due bambini che aveva tentato un dialogo con il ragazzo italiano e volevano anche l'altro bambino se il ragazzo italiano non si fosse consegnato ai soldati.
Il bambino che avevano preso ha 15 anni.
Ovviamente c'è i panico e mi sembra tutto molto strano, visto che su quella strada a fare le foto ci si è stati decine di volte, anche a filmare (le immagini sono anche nel mio primo film “shoot”).
Arrivano il padre del bambino ed un altro palestinese di ritorno dall'insediamento di Yhitzar, dove i soldati tengono il bambino. Fanno le domande al ragazzo italiano e gli spieghiamo che è un turista e che ha fatto 3 foto, ma soprattutto che non parla arabo né inglese. Ritornano a parlare con i soldati e portano il numero di telefono del ragazzo a modi “se lo volete contattatelo voi”.
Inizia l'attesa....passano due ore fra sigarette e caffè. Poi, arriva la comunicazione che il bambino è stato rilasciato.
Il problema non sono quelle 3 foto del cazzo che ha fatto l'italiano. Il problema è che qui un bambino di 15 anni non è nemmeno libero di camminare su una strada perchè deve sempre temere di essere rapito dai soldati israeliani. Il ragazzo italiano è capitato, secondo logica, in mezzo a qualcosa che volevano già fare oggi (le jeeps e i soldati erano pronti ad Howwara). Così, per buttare anche un po' di merda sulla presenza degli internazionali e su chi stringe contatti con loro, hanno pensato bene di inscenare questa storia. Se non fosse così, pensateci bene, non sarebbero almeno venuti a prendersi la macchina fotografica o a chiedere di cancellare le foto?
Anche questa storia, raccontatela ai vostri figli e ditegli che i mostri esistono.
11 Giugno 2015
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