LE SORTI DEL POPOLO ELLENICO
di Lucio Garofalo
Credo, non a torto, che in queste ore cruciali si stia decidendo il corso della storia, che a noi risulta una mera cronaca quotidiana. In Grecia non sono in gioco solo le sorti del popolo ellenico, o del governo Tsipras.
In gioco è anche il destino degli altri popoli europei, che potrebbero guardare all'esperimento greco come ad un esempio contagioso e virtuoso. Ma l'elemento cruciale della questione è il tentativo di mettere in discussione (mai accaduto finora, almeno da parte di un governo che faccia parte dell'Unione Europea) di un modello socio-economico e politico, ossia l'assetto global e neoliberista su cui si regge l'unione monetaria europea e da cui scaturisce la nuova tirannide finanziaria imperniata sul regime nazi-teutonico della Merkel, che incarna una sorta di "Quarto Reicht". La cui forza non consiste nell'esercito, ovvero la Wermacht e i panzer, bensì in armi finanziarie devastanti quali lo "spread".
L'orgoglio, la dignità, la libertà, la sete di riscatto del popolo ellenico si levano contro l'ottusa arroganza di un potere economico sovranazionale, antidemocratico e criminale. Per "espiare" i "peccati" e le "colpe" di cui sono responsabili altri, non certo Tsipras e compagni, né tantomeno i proletari o le classi lavoratrici elleniche, i Greci dovrebbero continuare a soccombere al ricatto mostruoso imposto dai tiranni dell'Unione Europea e pagare debiti usurai contratti dai governi precedenti. Tsipras, a differenza di Renzi, ha preso i voti dalla stragrande maggioranza del popolo greco con un mandato preciso: contrastare le politiche neoliberiste dell'austerity e riscattare la dignità e la sovranità nazionale.
I problemi interni alla Grecia devono risolverli senza troppe ingerenze esterne. Invece, i "puri" ed "integerrimi" che comandano in Europa (tedeschi in primis) vogliono sempre interferire direttamente negli affari altrui (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, ecc.), ma a casa loro fanno come gli pare, senza ascoltare nessuno. Inoltre, non dimentichiamo che il "prestito" per "salvare" le finanze greche è stato imposto dagli stessi rappresentanti della Troika che hanno dissanguato l'economia greca, come stanno cercando di fare con gli altri Paesi europei. In pratica, la faccenda si potrebbe così esemplificare: tu sei in debito con me, io ti concedo un prestito usuraio, così il tuo debito con me cresce a dismisura, divenendo infine inestinguibile. Insomma, un vero "cappio al collo". Altro che "salvezza". Al punto in cui è la situazione, la Grecia dovrebbe impiccarsi ed immolarsi sull'altare dell'UE e della Troika? Affinché il "bene" dell'Europa trionfi (vale a dire i profitti e gli interessi del capitalismo dell'alta finanza internazionale). All'epoca della prima guerra mondiale la Russia zarista era indebitata con le potenze occidentali. Nell'ottobre del 1917 scoppiò la rivoluzione bolscevica guidata da Lenin, che instaurò i Soviet, azzerarando in un colpo solo il colossale debito estero russo. Lungi da me l'intenzione di accostare Tsipras a Lenin, o la situazione greca odierna alla vicenda rivoluzionaria nella Russia del 1917. Tuttavia, oggi ci troviamo ad un punto di svolta critica. Questi sono giorni che possono contare come un ventennio. Il popolo greco ed il governo Tsipras avvertono consapevolmente il valore e la rilevanza del momento storico. Altri, invece, non se ne rendono ancora conto. Tale sensibilità dei Greci deriva probabilmente dalla loro esperienza recente, dalle sofferenze sociali ed economiche patite in questi anni. La presa di coscienza rappresenta sempre un traguardo. È l'esito finale di un'esperienza viva, intensa e profonda, sovente dolorosa. Il problema, oggi, consiste nel tradurre le buone intenzioni in atti concreti e coerenti.
La storia ci insegna che le menti delle persone si risvegliano nel momento dell’azione materiale, nel corpo delle lotte vive e delle vertenze concrete, di cui sono protagonisti collettivi gli esseri umani in carne ed ossa. Ed è proprio su questo “scoglio” che si sono arenate, più volte nel corso della storia umana, le "buone intenzioni". In altri termini, la presa di coscienza politica non è tanto il punto di partenza, quanto il punto di approdo di un processo di sviluppo.
"La storia ci insegna che le menti delle persone si risvegliano nel momento dell’azione materiale, nel corpo delle lotte vive e delle vertenze concrete, di cui sono protagonisti collettivi gli esseri umani in carne ed ossa. Ed è proprio su questo “scoglio” che si sono arenate, più volte nel corso della storia umana, le "buone intenzioni". In altri termini, la presa di coscienza politica non è tanto il punto di partenza, quanto il punto di approdo di un processo di sviluppo."
RispondiEliminaSì, ma quale personaggio oggi o forza politica è in gradi di raccogliere quello che tu stesso hai ben descritto e spiegato? Il punto è sempre o rimane sempre quello!
Ciao, Domenico Colitta