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lunedì 9 novembre 2015

NOTE CRITICHE SULLA PIATTAFORMA FIOM di Lorenzo Mortara




NOTE CRITICHE SULLA PIATTAFORMA FIOM 
di Lorenzo Mortara 



Punto per punto, alcune riflessioni su quel che non va della Piattaforma FIOM 2016, tralasciando per lo più quel che altri hanno già detto


Nuovismo – La prima cosa che colpisce della PIATTAFORMA FIOM per il RINNOVO del CONTRATTO DEI METALMECCANICI 2016, è la voglia di novità e di sperimentazione contrattuale. Tutto il preambolo è un unico peana in onore del rinnovamento. Peccato che anche Federmeccanica, non parli d’altro che di rinnovare l’assetto contrattuale. Questo vizio di ammiccare alla controparte con le stesse parole, ben sapendo che le lingue sono diverse, ha già prodotto disastri nel recente passato. Chi non ricorda che Landini fu il primo ad aprire a Renzi? Il metodo era lo stesso: il Berluschino del PD voleva cambiare l’Italia, e anch’io, disse il nostro Leader, lo voglio, perché nessuno più dei lavoratori vuole cambiare questo Paese. Sperava così di diventarne un interlocutore privilegiato. Divenne solo un giocattolo nelle sue mani. Possibile che dobbiamo fare un’altra volta la figura dei fessi? Così come Renzi vuole cambiare in peggio il Paese, e Landini in meglio, almeno per i lavoratori, alla stessa maniera l’innovazione contrattuale di Federmeccanica è lo smantellamento del Contratto Nazionale, l’innovazione della Fiom è invece il suo rafforzamento. Sono due cose opposte e inconciliabili, perché quando due discorsi vaghi e generici sul rinnovamento contrattuale si incontrano, tra i due prevale sempre quello più forte. Esattamente come l’apertura a Renzi sul cambiamento del Paese, non ha sortito altro che l’uso strumentale di Landini come copertura delle sue politiche antioperaie. La colpa non è di Renzi, ma di Landini che l’ha continuamente promosso, portandolo in palma di mano per un paio di mesi, anziché smascherarlo subito senza pietà. La Piattaforma ripete lo stesso errore col profondo rinnovamento contrattuale…


Testo Unico – Non colpisce invece più di tanto l’accettazione del Testo Unico sulla rappresentanza del 10 Gennaio. La Fiom su questo già aveva manifestato ampiamente tutta la sua ambiguità. Fa rabbia però che l’accettazione sia del tutto formale, rinunciando a far leva sulle uniche implicazioni che avrebbero potuto darci forza contrattuale. La Fiom si sa, sul 10 Gennaio, si è sempre arrampicata sui vetri, spiegando che accettava l’accordo, non tanto per deroghe e limitazioni del diritto di sciopero, ma per la certificazione democratica di iscritti e rappresentanza. La Fiom ha fatto benissimo, nonostante le sue critiche al Testo Unico, a fare campagna a tappeto per il voto delle RSU e perché i lavoratori si iscrivessero al sindacato. Ora però che potrebbe raccogliere i frutti di tale campagna, o almeno provarci, si limita a ripetete quel che prevede il 10 Gennaio, come se i padroni non lo sapessero. La certificazione di iscritti e rappresentanza, tarda a partire proprio perché i dati sono inequivocabili, e se i padroni la rispettassero, sarebbero costretti a trattare con la FIOM, perché ha più del 60% dei consensi. Invece di farli valere, la FIOM si limita a ricordarlo. Quello che avrebbe dovuto fare invece è sfidare i padroni sul loro stesso terreno, scrivendo nella PIATTAFORMA che siamo disponibili a una trattativa unitaria, ma che qualora non si riesca a trovare un’intesa con FIM e UILM, la piattaforma unica di trattativa è la nostra, perché questo prevede il Testo Unico sulla rappresentanza, la dittatura della maggioranza. Solo che è inutile costruirsi voto per voto, delegato per delegato, il diritto a trattare sulla propria piattaforma di maggioranza, se poi ci si presenta al tavolo con delle richieste minime che si confondono con quelle della minoranza…

 La pace sia con noi! – La Piattaforma è piena di punti ridondanti su formazione, enti bilaterali, tavoli permanenti, clausole di raffreddamento non troppo gelide eccetera. Tutte cose che riempiono la pancia delle burocrazie, perché sono richieste innocue, ma che lasciano indifferenti i lavoratori. Messe tutte assieme queste richieste, non sono altro che il quadro di una piattaforma pacifica che la FIOM ha presentato nella speranza che Federmeccanica smetta di farle la guerra. Ma l’unico modo che abbiamo per impedire a Federmeccanica di farci la guerra è vincerla, non rinunciare in partenza a combattere. Se si eliminano tutte queste parti ridondanti, difficilmente accettabili dalla controparte perché sempre proposte dalla Fiom col freno a mano per non compromettersi troppo, la Piattaforma si riduce alla richiesta di 50 euro di aumento e a contrattare più o meno tutto in azienda. Una tale piattaforma poteva essere licenziata benissimo in due pagine anziché in 6.

 2008 o 2013? – L’indefinito è il tratto sovrano della Piattaforma, quasi che la Fiom volesse giocare a nascondino coi padroni, come se i padroni fossero scemi e non sapessero bene quello che vogliono. Nessuna rivendicazione è scritta in maniera netta e precisa. Si va dal 3% annuo di aumento che per sapere quant’è devi usare la calcolatrice, a un incremento dell’indennità di trasferta e reperibilità, senza che sia dato sapere quanto. Eppure fin dal primo incontro Federmeccanica è stata chiarissima su cosa vuole lei: 75 euro indietro per mettere al passo i lavoratori d’Italia con quelli di FCA. Quando sarà ora di trattare sul serio, saranno ancora più chiari e diretti, e la Fiom non potrà più permettersi di restare sul vago. Dovrà scegliere. Dovrà dire se per «integrazione del trattamento economico in caso di malattia» intende ampliare le garanzie già buone del contratto 2008 da lei firmato, o aumentare a 4 o 5 gli attuali 3 eventi morbosi brevi pagati dall’ultimo contratto Fim e Uilm. Il fatto che nella piattaforma non sia precisato, lascia intendere che dopo 6 anni di battaglia contro le “innovazioni” a senso unico dei due contratti precedenti separati, ora basti migliorarli. In breve, la Fiom, non vuole rinnovare il suo contratto scaduto, ma quello in scadenza di Fim e Uilm.

15 euro o 50? – La Fiom sembra chiedere 50 euro di aumento, ma subito dopo accorcia la richiesta mutuandone una parte (circa 35 euro) dall’assorbimento dell’elemento perequativo, riservato a chi non ha contratto aziendale, attualmente corrispondente a 485 euro. Non una parola sui 600 euro a cui chiedevamo di portare 3 anni fa tale elemento. Neanche mezza sui 60 euro di aumento mensile che chiedevamo fabbrica per fabbrica con la carta rivendicativa per coprire quel che mancava dal non riconoscimento del “valore punto”. Se fossimo conseguenti, poiché 3 anni fa chiedevamo 200 euro in tre anni, e i padroni ne dettero 130 a Fim e Uilm, oggi come minimo dovremmo chiederne 100-110, cioè 50+60. Forse, solo così si potrebbe ingoiare il rospo dell’assorbimento dell’elemento perequativo. Nulla di tutto questo, nella piattaforma si ammette candidamente che l’80% delle aziende non ha contratto di secondo livello. Ne segue che per l’80% delle aziende l’aumento in busta richiesto non supera i 15 euro lordi. E siccome non si ottiene mai tutto quello che si chiede, si corre il rischio in caso di accordo, di andare nelle fabbriche a coprirci di ridicolo, spiegando ai lavoratori le meraviglie del nuovo contratto, firmato finalmente anche dalla Fiom, che porta nelle tasche dei lavoratori 5-10 euro lordi...

Integrativi e integrazioni – Per evitare di chiedere l’eliminazione delle 120 ore di comandati, tra straordinari pagati e non pagati (flessibili), previste dal Contratto separato di Fim e Uilm, la Fiom chiede di spostare la contrattazione degli orari a livello aziendale. Il problema del gruppo dirigente nazionale, come una patata bollente, viene sbolognato alle RSU. Due errori in un colpo solo. In primo luogo così si rischia di tutelare i lavoratori solo dove siam forti. Ma ammesso e non concesso che i padroni accettino una roba del genere, dove siamo in minoranza, come faremo a tutelare i lavoratori costretti alle 120 ore e più dal regime di Fim e Uilm? Da sindacato che tutela anzitutto gli ultimi, la Fiom diventerebbe il sindacato che tutela solo chi non ne ha bisogno, perché gli ultimi non verranno nemmeno più dopo, ma saranno abbandonati a sé stessi e basta. E questo nella migliore delle ipotesi. Perché, nella realtà, nemmeno dove siamo forti riusciremmo a tutelare i lavoratori. Infatti, l’idea di spostare parte della contrattazione a livello aziendale, depotenzia e svuota il Contratto Nazionale. E a differenza di quello che cianciano i padroni, secondo le cui fesserie bisogna rafforzare la contrattazione di secondo livello eliminando pian piano il livello nazionale, la Storia parla chiaro: il rafforzamento del Contratto Nazionale, rafforza la contrattazione di secondo livello. Viceversa si smantellano tutte e due. In questi anni di indebolimento del contratto nazionale, infatti, la percentuale di aziende con contratto di secondo livello è scesa da quasi il 40% che era negli anni d’oro, al 20% miserabile di oggi. Stessa cosa dicasi per previdenze e sanità cosiddette integrative. Prevedere costi a carico delle imprese dopo che il rinnovo dei chimici ha regalato un giorno di ferie per simili integrazioni, significa ignorare la realtà degli ultimi vent’anni. L’integrazione a qualsiasi servizio che dovrebbe spettar loro di diritto, la pagano i lavoratori decurtando ancora di più il salario già magro. Fondi Cometa e Meta Salute non sono integrazioni a pensioni e sanità, ma integrazioni e incentivi allo smantellamento del loro servizio pubblico nazionale. Chi le propone, accelera la distruzione dei nostri diritti. Bisognerebbe averlo capito, la Piattaforma Fiom, invece, ancora lo ignora.

Vere e false riduzioni d’orario – L’aumento di una squadra a fronte di un aumento dell’utilizzo degli impianti, è una falsa riduzione di orario. Passare a 4 squadre laddove si fanno 18 turni, significa semplicemente eliminare uno straordinario strutturale, trasformandolo in un 6x6. Non aumenta l’occupazione, si rimodula solo l’ipersfruttamento del lavoratore, che passa da intensivo a estensivo. Se si introduce però anche la 5ª squadra e i turni superano i 18, cioè dal lunedì alla domenica, non si passa né all’uno né all’altro, ma si cade dalla padella alla brace facendoli tutti e due assieme. È infatti probabile che ai lavoratori non vada neanche bene. Poiché 3 squadre per 18 turni significa paga più alta per via degli straordinari dal 16° al 18° turno. 4 squadre per 24 turni significa, invece, paga più bassa e assenza di pause mensa mangiate dal 6x6. A occhio e croce metà dei lavoratori ci prenderanno a pesci in faccia, perché lavoreranno lo stesso sei giorni ma con la paga ridotta, gli altri saranno più o meno indifferenti. Nessuno farà salti di gioia. La riduzione d’orario aumenta l’occupazione quando è vera, cioè quando viene pretesa a parità di utilizzo degli impianti: 4 squadre per 20 turni, 30 ore la settimana a parità di salario. Non c’è bisogno neanche di venire al sabato o la domenica su 24 o 28 turni, perché quando si ha la forza di strappare una riduzione vera di orario, si ottiene anche un aumento di salario che spinge il lavoratore a risparmiarsi il sabato. Si dirà che non abbiamo la forza per ridurre davvero l’orario. Sarà, ma se non si ha la forza per una riduzione vera d’orario, non per questo bisogna avere la debolezza di chiederne una falsa.

Capitalismo Mon Amour! – Se l’asticella delle richieste è stata molto ribassata rispetto alla piattaforma di 3 anni fa, lo spirito che la anima è sempre lo stesso: l’idea, dura a morire, che si debba tutelare lavoratori e impresa, salario e competitività, in breve Capitale e Lavoro. Nonostante l’ultimo ignobile fallimento greco, che dovrebbe dimostrare una volta di più l’impossibilità del progetto, la Fiom mette in campo l’ennesima Piattaforma riformista. Fin dal preambolo e poi, dopo, un po’ dappertutto, la richiesta di fondo della Fiom è insegnare ai padroni come fare impresa. Devono investire in innovazione per aumentare la produttività come se già non lo facessero, e come se, quando non lo fanno, è perché non gli conviene. Quel che conta, però, è se conviene agli operai. La Fiom lo dà per scontato, ma i padroni vogliono aumentare la produttività per tenersela tutta sotto forma di profitto. Ne segue che a noi, la produttività, non interessa minimamente se non aumenta il salario. Ma il salario non aumenta perché aumenta la produttività, aumenta perché il lavoratore ne pretende una parte più grossa sia che aumenti sia che non aumenti. Se il sindacato facesse il suo, occupandosi della parte che prende il salariato, i lavoratori starebbero cento volte meglio e non perderebbero il tempo dietro sindacalisti che vogliono spiegare al capitalismo come fare ad aumentare sé stesso. Il capitalismo, lo ribadiamo, non ha bisogno dei consigli sballati della Fiom per funzionare. Non potrà mai usare la previdenza integrativa per finanziare «infrastrutture sociali». E non perché sia arretrato, ma perché arretrato o avanzato che sia, sa che, ammesso si possa in questo modo creare occupazione della quale non gliene frega nulla, non si creerà certamente profitto, che è l’unica cosa che gli interessa. Perciò una volta aperto all’investimento dei fondi pensione, il Capitale se li intascherà lasciando i lavoratori in mezzo alla strada, senza lavoro e senza pensione.

Rivendicazioni o scappatoie? – La piattaforma Fiom, è piena di questi mezzucci scialbi e poco onorevoli per tamponare le falle del capitalismo. Il capitalismo con la Legge Fornero ha tolto le pensioni ai lavoratori e innalzato l’età lavorativa? La piattaforma offre un rimedio tampone in attesa di tempi migliori: sgobbare tutti i sabati gratis e accorciare di un paio d’anni l’uscita per la pensione col conto ore dell’autosfruttamento selvaggio. Il capitalismo non investe perché il mercato è intasato? Finanziamolo noi coi fondi pensione! Se la riconquista del Contratto Nazionale deve passare da queste cose, è meglio restare senza rinnovo e dire la verità. Se il capitalismo non è in grado di fare gli investimenti necessari per mantenere l’operaio, non può essere l’operaio a sostituirsi al capitalista, perché come capitalista l’operaio sarà ancora più spietato con sé stesso. La piattaforma avrebbe dovuto semplicemente dire che i soldi che mancano per andare in pensione ce li deve mettere il padrone. Se non è in grado di farlo che crepi lui e tutto il suo sistema. Per abbattere il sistema, i fondi pensione possono essere utilizzati al massimo come cassa di resistenza per la mobilitazione permanente dei lavoratori. Produrrà più investimenti e posti di lavoro uno sciopero ben fatto e sostenuto al meglio, che milioni di sottoscrizioni di Fondi Cometa trasformati in Fondi Impresa!

La Piattaforma e noi: falsi problemi – Licenziata la piattaforma col solo nostro voto contrario, nei direttivi è cominciata la solita discussione sterile sui problemi della democrazia. Essendo in Fiom, noi del Sindacato è un’altra cosa, pur criticando la piattaforma dovremmo invitare i lavoratori a votarla, perché la piattaforma è stata approvata a Cervia a maggioranza. Se è così perché fare un referendum tra i lavoratori? Se è di democrazia che stiamo parlando, allora la piattaforma avrebbe dovuto cominciare nelle fabbriche, per poi passare ai piani alti e ritornare nelle fabbriche. Ma non è di democrazia che stiamo parlando, ma di burocrazia, e la Fiom nonostante i suoi tanti pregi rispetto ad altri, è pur sempre un sindacato molto burocratizzato che cala d’alto le sue piattaforme. È giusto quindi che una piattaforma burocratica, sia stemperata con un po’ di democrazia nelle assemblee. Per fare una buona cosa bisognerebbe che in ogni assemblea ci fosse un sostenitore del Sì e uno del No, almeno dove siamo in grado di arrivare. Solo così il referendum avrebbe senso. In caso contrario farlo o non farlo è lo stesso. Farlo, però, pensando che il problema sia la minoranza interna, significa concentrarsi come al solito sul bersaglio sbagliato. Spaventata dalla sua ala sinistra, la maggioranza, si è chiesta minimamente come accoglieranno i lavoratori la nuova piattaforma? 3 anni fa, pur con qualche mal di pancia, era facile spiegare ai lavoratori la differenza tra noi e Fim e Uilm. Ma oggi? Siamo sicuri che i lavoratori ci distingueranno ancora? Fino ad oggi i lavoratori hanno guardato a noi con un certo entusiasmo e rispetto. Ma oggi persino Fim e Uilm avranno gioco facile a spararci addosso. La maggioranza si preoccupa tanto di un referendum su una piattaforma che passerà anche senza plebiscito. Si preoccupa più dei falsi problemi della democrazia che di una piattaforma che rischia di passare, con o senza il nostro appoggio, nella indifferenza e nella rassegnazione dei lavoratori.

La maggioranza sostiene la Piattaforma? – Il falso problema della democrazia, fa il paio con l’altro falso problema del sostegno alla Piattaforma. Votando contro noi non sosterremmo la Piattaforma. Ci piacerebbe davvero non sostenerla, ma se vincerà come è scontato che vincerà il referendum, la maggioranza ci troverà al suo fianco ogni qual volta ci chiamerà alla lotta. Perché Il Sindacato è un’altra cosa, è la parte meno burocratizzata della Cgil, quindi è la più democratica di tutte e non c’è bisogno che altri ci spieghino cos’è la democrazia. Non siamo noi ad aver fatto pastette al Congresso, ma altri. Piuttosto, bisognerebbe discutere che cosa significa appoggiare la piattaforma, perché chi vota a favore dà per scontato di esserne un sostenitore. Ma noi che non siamo astratti e abbiamo la memoria lunga, sappiamo che c’è differenza nell’appoggiarla a parole e appoggiarla nei fatti. Già perché noi no, ma i cosiddetti sostenitori hanno forse dimenticato che 3 anni fa, per loro, sostenere la piattaforma significava abbandonarla alla prima curva per sostituirla con un accordo ponte? Sarà così anche stavolta? Non sarebbe ora di capire che sostenere la Piattaforma non significa sostenere un vuoto contenitore, ma imparare una buona volta a discernere il contenuto? Chi sostiene la piattaforma sega le gambe a molto di quello che la Fiom ha sostenuto in questi anni. Crede di sostenere una piattaforma, ma in realtà fa da stampella alla Camusso e a chi tifa per la capitolazione della Fiom. Chi vota contro non è vero che non sostenga la Piattaforma, perché votare No significa sostenere la capitolazione dei padroni ai piedi della Fiom, non viceversa come fanno, consci o meno, i paladini del Sì.

La Piattaforma scaricabarile – Così come sbologna alle RSU il problema delle 120 ore comandate del contratto separato di Fim e Uilm, la piattaforma, dulcis in fundo, sembra chiedere ai lavoratori di essere approvata, in realtà scarica semplicemente su di loro la responsabilità di una mobilitazione che il gruppo dirigente non sa assumersi. Col referendum la Fiom chiede ai lavoratori se sono favorevoli alle mobilitazioni che si renderanno necessarie, oltreché se sono favorevoli a un altro referendum (a perdere) per contrastare jobs act e tutto il resto che la Camusso, complice Landini che l’ha appoggiata, non ha combattuto con la lotta. È il trionfo della democrazia per la retorica della maggioranza. È il trionfo di Tartufo diciamo noi! È inutile e fuorviante che la Fiom chieda un mandato che ha già come primo sindacato metalmeccanico. Ai lavoratori va semplicemente detto che se non alzano le chiappe, è giusto che stiano senza rinnovo contrattuale. Non illuderli che possano ottenere miglioramenti scantonando la lotta e sostituendola con un referendum buono solo per non mettersi in gioco. È il gruppo dirigente che non vuole combattere. È inutile, quindi, che chiami alla mobilitazione gli iscritti. Perché una piattaforma al ribasso non è buona per la contrattazione come non è buona per la mobilitazione. Non va bene ai padroni perché è ancora troppo alta, e non va bene ai lavoratori perché è troppo, troppo bassa perché valga la pena di mobilitarsi. Perché al contrario dello slogan con cui la Fiom chiude la campagna per il refendum di approvazione, la maggior parte dei lavoratori, fatti due conti, capirà che è molto meglio restare dove è che mobilitarsi per 15 euro che non faranno per niente la differenza.


Stazione dei Celti
Domenica 8 Novembre 2015 
Lorenzo Mortara RSU FIOM YKK Vercelli 
IL SINDACATO È UN'ALTRA COSA


dal sito IL SINDACATO E' UN'ALTRA COSA -PIEMONTE - OPPOSIZIONE CGIL



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