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mercoledì 10 febbraio 2016

FERMIAMO LA GUERRA E L'AUSTERITA'.E' L'ORA DI MOBILITARSI di Nando Simeone






FERMIAMO LA GUERRA E L'AUSTERITA'. E' L'ORA DI MOBILITARSI
di Nando Simeone 

Si fanno sempre più insistenti le voci di un’intervento militare dell’Italia nella cosiddetta guerra al terrorismo, con l’invio di truppe di terra in Libia.
Diversi analisti sono certi che siamo alla vigilia di un’altra guerra, addirittura a “guida italiana”, le forze speciali sono già sul posto per preparare l’arrivo di un contingente di oltre 6000 militari europei, italiani compresi, e statunitensi. L’Italia, ha già inviato 4 cacciabombardieri AMX del 51° Stormo di Istrana (Tv) presso la base di Trapani Birgi in Sicilia. Sta ricevendo dagli USA missili e bombe per armare i droni Predator MQ-9 Reaper, armi che ci costano centinaia di milioni di dollari.
L’Italia quindi, non solo riceve armi, ma a sua volta ne esporta tante soprattutto all’Arabia Saudita, al Qatar, e alla Turchia che a loro volta armano i gruppi fondamentalisti islamici come l’ISIS. Diventa quindi pura ipocrisia per il governo Italiano intervenire militarmente in Libia per combattere l’Isis, quando appare chiaro che è complice di questo mostruoso meccanismo, così come le potenze capitaliste da una parte contribuiscono a creare i mostri e dall’altra poi scatenano nuove guerre per distruggerli. Un circolo vizioso che serve solo ai fabbricanti e ai commercianti di armi per arricchirsi con l’apertura di un nuovo “mercato”, quello della morte e della distruzione.

Sul piano militare, nonostante la politica della guerra permanente inaugurata 25 anni fa con la prima guerra del golfo abbia solo resuscitato un terrorismo fanatico e sia completamente fallita nella sua pretesa di “esportare la democrazia”, il padronato e le classi dominati si accaniscono sempre più nella azione bellica, perchè con un capitalismo in crisi, la guerra diventa fonte di profitto, basta vedere le spese militari in particolare quelle del nostro paese.
La spesa militare mondiale nel 2014 è stimata intorno ai $1776 miliardi, presentando una caduta marginale dello 0,4% in termini reali se comparata al 2013. Essa rappresenta il 2,3% del prodotto interno lordo (PIL) mondiale. Attualmente gli Stati Uniti rappresentano ancora lo Stato che registra la maggiore quota, con il 34%, della spesa militare mondiale.
Questi dati vergognosi fanno il paio con quella che è la concentrazione della ricchezza nelle mani di una piccolissima minoranza. Negli ultimi 12 mesi la ricchezza in capo ai 62 miliardari in vetta alle classifiche dei ricchi è cresciuta di oltre 500 miliardi di dollari, pari cioè alla ricchezza prodotta in un anno da un paese come la Svezia.
La loro ricchezza complessiva è arrivata a 1760 miliardi di dollari, come la ricchezza dell’India. Un processo quindi di spoliazione e concentrazione incredibile (qualcuno si ricorda di Marx?). Di spoliazione perché si continua a falcidiare salari, diritti, stato sociale per la gran parte dell’umanità.
Di concentrazione perché il capitalismo nella fase della crisi è perennemente in guerra per la supremazia e il profitto, ed è una guerra economica e militare che cancella e conquista il capitale che non riesce a tenere il passo.
Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla fame e dalla povertà per centinaia di milioni di persone, ben 795 milioni persone, nel mondo, oggi, soffrono la fame. A livello mondiale, il rischio maggiore per la salute degli individui è rappresentato dalla fame e dalla malnutrizione, più che dall’azione combinata di AIDS, malaria e turbercolosi. Il mondo produce cibo a sufficienza per sfamare l’intera popolazione mondiale – 7 miliardi di persone. Tuttavia, una persona su nove nel mondo va a dormire affamata ogni notte. Un terzo di tutto il cibo prodotto (1,3 miliardi di tonnellate) non viene consumato.
In Italia la legge di stabilità del 2015 prevede per quest’anno quasi 18 miliardi di spese militari, di cui oltre 5 miliardi per l’acquisto di nuovi armamenti: le stesse cifre del 2014, limate solo di poche centinaia di milioni, mentre per le missioni militari all’estero si spende circa un miliardo di euro.
Se guardiamo anche nel nostro paese le ingenti risorse orientate verso le spese militari e la concentrazione di ricchezza, registriamo degli “squilibri inaccettabili”.
L’1% della popolazione possiede circa il 24% della ricchezza generale; quasi un quarto della ricchezza complessiva è in mano a pochissimi super ricchi, mentre il 10% possiede circa la metà della ricchezza nazionale, per la precisione il 48%.
L’Istat ci dice che nel 2014, 1 milione e 470 mila famiglie (5,7% di quelle residenti) è in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni 102 mila persone (6,8% della popolazione residente), se poi aggiungiamo, la disoccupazione, la precarietà del lavoro e i salari tra i più bassi d’Europa, abbiamo una fotografia drammatica della realtà sociale.
L’nterrogativo è se è moralmente ed eticamente accettabile che il governo Renzi tagli fondi allo stato sociale alla sanità, alla scuola, agli enti locali, con la conseguenza poi di ulteriori tagli ai servizi pubblici locali senza, nello stesso tempo, toccare i super-ricchi e tagliare le spese militari.
L’intreccio tra guerra e austerità non genera “solo” morte, distruzione e sperpero di risorse pubbliche; la guerra introduce nella società tutti quegli elementi regressivi che spingono verso le limitazioni delle libertà democratiche quali manifestare e scioperare, creando nella sociatà una sorta di convivenza forzata con la paura, la diffidenza verso gli arabi e in generale verso tutti gli immigrati, incentivando il razzismo ed esacerbando le divisioni tra lavoratori autoctoni e lavoratori immigrati. Non vogliamo fare del catastrofismo e nemmeno enfatizzare le analisi “più pessimiste” nella speranza di vedere le masse elettrizzate scendere in piazza. Quello che succede è il contrario. Il panico è cattivo consigliere: riduce le capacità cognitive e non è provocandolo che si potrà radicalizzare la lotta.
I vari governi che si sono succeduti al governo Berlusconi: Monti, Letta e Renzi, hanno applicato diligentemente le politiche indicate dal governatore uscente della BCE Trichet e quello in pectore Draghi in una lettera segreta inviata al governo italiano, all’epoca presieduto da Berlusconi, indicando una serie di misure da attuare al più presto, successivamente pubblicata dal Corriere della Sera nell’agosto 2011. La quasi totalità delgli obiettivi indicati sono stati poi applicati. Ricordiamo: le privatizzazioni, la riforma del sistema di contrattazione salariale collettiva, con la centralità del secondo livello, l’abolizione dell’art. 18, la controriforma del sistema pensionistico (ricordiamo tutti la legge Fornero), il pagamento del debito, i tagli alle regioni e agli enti locali, la riforma della pubblica amministrazione, la cancellazione delle provincie e la riforma costituzionale.
Su tutte queste misure antisociali, la dirigenza del sindacato non ha voluto intraprendere una decisa scelta di opposizione, ma sostanzialmente le ha “accompagnate” senza che questo provocasse una forte reazione del movimento operaio e sindacale, simile a quello visto in Grecia ed in Spagna. Tutto ciò non ha evitato la profonda crisi che il sindacato e la CGIL in particolare sta conoscendo, sia in termini di credibilità tra i lavoratori che nella perdita di iscritti, ma soprattutto una sfiducia generalizzata che la lotta, l’azione collettiva possa produrre risultati.
La Filcams, prima categoria tra gli attivi ha seguito la parabola generale della CGIL, con la sottoscrizione nell’ultimo anno di CCNL, vedi commercio, nei quali sostanzialmente è prevalsa la logica della restituzione ai padroni di diritti e salario piuttosto che il mantenimento dello “status quo”. Dinamiche simili si sono avute anche nei contratti integrativi aziendali (CIA) di Ikea, Metro e Esselunga con l’accordo sulle domeniche e festività solo per citare alcuni dei piu importanti. Se per Metro possiamo dire che ci aspettavamo un accordo al ribasso, come si può pensare di ottenere risultati in questa fase e con questi rapporti di forza se non si prova a indire nemmeno un’ora di sciopero? Se non si modificano i rapporti di forza attraverso la lotta e gli scioperi, sperimentando anche forme radicali di protesta come lo sciopero ad oltranza, con il blocco totale delle merci o il boicottaggio dei negozi che licenziano, come si può pensare di portare a casa risultati decenti?
In Ikea la situazione è andata diversamente: i lavoratori nel mese di agosto hanno “osato”, sono stati protagonisti di un’eccezionale lotta che ha coinvolto moltissimi punti vendita ed ha visto anche forme di lotte radicali e creative. La grande genorosità dei lavoratori Ikea ha avuto come contropartita la sottoscrizione di un contratto di secondo livello che peggiora comunque le condizioni preesistenti dei lavoratori. Di fronte ad una ripresa delle lotte nei nostri settori, lotte difensive che puntano a non far peggiorare le condizioni materiali dei lavoratori, era obbligo del gruppo dirigente della Filcams non retrocedere rispetto a quanto stabilito dal vecchio accordo aziendale. Quello che vogliamo sottolineare è che si rischia seriamente di produrre demoralizzazione e scoramento, con conseguente perdita della partecipazione e della credibilità nel sindacato, perchè se dopo una dura lotta i vertici della categoria sottoscrivono un accordo che raccoglie quasi integralmente quanto richiesto dai padroni, allora il problema non è solo quello di perdere iscritti, ma l’efficacia del sindacato.
C’è, dunque un terribile intreccio tra le politiche dell’austerità e i pericoli di guerra; siamo preoccupati per lo stato d’animo delle lavoratrici e dei lavoratori di “rabbia rassegnata” che può sfociare verso posizioni reazionarie e razziste; siamo allarmati per i pericoli di guerra ed è per questi motivi che chiediamo alla Filcams Cgil di rispondere positivamente all’appello lanciato da Alex Zanotelli.
Riportiamo alcuni passaggi significativi dell’appello: 
“In questo momento così grave è triste vedere il movimento per la pace frantumato in mille rivoli. Oseremo metterci tutti insieme per esprimere con un’unica voce il nostro NO alla guerra contro la Libia, un NO a tutte le guerre che insanguinano il nostro mondo. E’ possibile un incontro a Roma di tutte le realtà di base per costruire un coordinamento o un Forum nazionale contro le guerre? E’ possibile pensare a una Manifestazione Nazionale contro tutte le guerre, contro la produzione bellica italiana, contro la vendita di armi all’Arabia Saudita e al Qatar, in barba alla legge 185? E contro le nuove bombe atomiche in arrivo all’Italia, le B61-12. E’ possibile pensare a una Perugia-Assisi 2016, retaggio storico di Capitini, sostenuta e voluta da tutto il movimento per la pace?”
Siamo convinti che una presa di posizione della Filcams Cgil che vada nella direzione indicata da Zanotelli potrà rappresentare un passaggio fondamentale per la costruzione di un movimento di massa contro la guerra.
La nostra Area Programmatica in Filcams nel prossimo periodo si impegnerà nella mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici contro le politiche di guerra, di austerità e le leggi liberticide.e ragioni della nostra Area Programmatica sono inscritte nella evidente ingiustizia che il capitalismo globalizzato produce, per questo vogliamo un sindacato di classe democratico che lotta in una prospettiva anticapitalista, per questo ci battiamo affinché in Filcams e in CGIL cresca un’area di opposizione che provi a contrastere le scelte moderate del gruppo dirigente.

9 Febbraio 2015



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