RIFLESSIONI DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
di Lucio Garofalo
Da sempre sono convinto che le droghe e le discoteche
forniscano una sorta di arma subdola e solo apparentemente incruenta,
che è abilmente impiegata per alienare, rincitrullire e controllare le
giovani generazioni, vale a dire per sedare il dissenso e soffocare la
rabbia giovanile, senza far ricorso alle forze dell'ordine, alla
repressione carceraria, all'azione coercitiva di quelle istituzioni che
per natura e vocazione sono deputate proprio a funzioni di ordine
pubblico: cito in primis la polizia.
Sia ben chiaro, a scanso di
equivoci, che non è una mia intenzione colpevolizzare le discoteche, e
tantomeno chi le frequenta. Non mi ritengo affatto un moralista.
Personamente, mi professo un comunista libertario e mi dichiaro a favore
della libertà e della possibilità di divertirsi e di svagarsi in un
modo, se possibile, sano, corretto ed intelligente. Ma sarei persino
incline a concedere "sballi" e trasgressioni entro quei limiti dettati
dal buon senso, ma soprattutto da misure o interventi socio-educativi e
preventivi sotto il profilo sanitario. Sono propenso a depenalizzare il
consumo delle sostanze stupefacenti (non solo quelle leggere, ma anche
pesanti) per favorire provvedimenti volti a regolamentare e
razionalizzare le vendite, anzitutto per contrastare ed abolire il
cosiddetto "mercato nero" e sottrarre in tal modo una notevole fonte
(illecita) di reddito e di potere alle narcomafie. E via discorrendo.
Giusto per offrire un assaggio delle mie convinzioni e delle mie
proposte in materia.
Il proibizionismo, a mio avviso, si è rivelato
addirittura più deleterio e controproducente delle abitudini e dei
comportamenti considerati "devianti" e che sono oggetto di divieto. Per
la serie: la "cura è peggiore della malattia". Sempre che sia corretto
parlare in termini di "malattia". Nel contempo, sono convinto che a
partire dalla fine degli anni '60, esattamente dal grande e memorabile
raduno di musica e cultura giovanile "pop" svoltosi nell'estate del 1969
a Woodstock, qualcuno (nelle alte sfere) decise di sperimentare e di
verificare gli effetti alienanti di alcune sostanze stupefacenti in un
contesto di massa. Non è un caso che il crack e l'eroina, assai più
della polizia e del carcere, abbiano mietuto numerose vittime tra i
giovani attivisti afro-americani delle Black Panthers, del Black Power o
altri movimenti politici statunitensi, così come tra i militanti di
formazioni radicali ed extraparlamentari di sinistra, sia in Italia che
altrove in Europa, ponendo tragicamente fine ad esperienze giovanili
antagoniste e progressiste.
Insomma, si è trattato di un uso palesemente
politicizzato, in chiave repressiva, di alcuni stupefacenti. Mi
permetto di insistere sulla valutazione dell'utilizzo
politico-strumentale di alcune sostanze letali quali l'eroina ed il
crack, semplicemente stando ai risultati concreti, tragici e devastanti,
sotto gli occhi di tutti. Effetti letali che hanno contribuito a
spezzare le singole vite di milioni di giovani in tutto il mondo,
stroncando alcune esperienze politiche di militanza attiva, di
contestazione e rottura nei confronti del sistema capitalistico
dominante. Mi riferisco, ad esempio negli USA, a movimenti
afro-americani come le Pantere Nere ed il Black Power (Potere Nero), i
cui attivisti furono in gran parte sgominati dall'eroina e dal crack nel
corso degli anni Settanta, assai più che dall'azione armata e
repressiva degli agenti della polizia. Lo stesso dicasi per i giovani
militanti di altre formazioni politiche della sinistra estrema e
radicale, in Italia, in Germania o altrove.
In altri termini, sono stati
più gli attivisti politici ed i giovani contestatori sterminati da
queste droghe pesanti, in tutto l'Occidente, che non quelli arrestati o
ammazzati dalla polizia. Per cui affermerei che la cultura o l'ideologia
a favore delle droghe sia stata istigata e divulgata ad arte
nell'universo giovanile "alternativo", esattamente a partire dalla fine
degli anni '60, proprio per frenare l'ascesa o il salto di qualità, in
termini di consapevolezza politica e di strategia organizzativa, dei
movimenti che potenzialmente si rivelarono più eversivi ed insidiosi per
il cosiddetto "potere costituito". Tali ragionamenti potrebbero
sembrare soltanto supposizioni per chi non conosce alcuni "retroscena". E
non lo scrive uno che si appassiona tanto facilmente a fantasie
dietrologiche. Ad esempio, durante la guerra in Vietnam, i servizi di
"intelligence" si resero conto degli effetti alienanti dell'oppio, di
cui il "triangolo d'oro" (formato da tre paesi del Sud-Est asiatico:
Laos, Vietnam e Cambogia) rappresenta tuttora la principale area di
produzione del papavero oppiaceo a livello mondiale.
Non a caso, proprio
negli anni della guerra in Vietnam, gli stessi americani importarono
negli USA (e in tutto l'Occidente) ingenti quantità di sostanze
derivanti dall'oppio, invadendo i mercati interni ed iniziando a
diffondere ed alimentare la "cultura delle droghe". Come ho già
spiegato, fu posto in essere un vero "esperimento" politico che la CIA
realizzò nel contesto del festival pop di Woodstock, per monitorare gli
effetti alienanti prodotti sulle masse giovanili da alcuni tipi di
droghe. Si resero così conto (nelle "alte sfere") che conveniva sfornare
masse di giovani drogati anziché di giovani militanti, attivisti
politici coscienti ed organizzati. Attivisti pronti persino alla
guerriglia urbana. Non per ripetermi, ma preciso che le droghe più
letali usate come vere e proprie armi per sgominare le lotte e le
proteste politico-sociali sostenute dai movimenti giovanili nel corso
degli anni '70, furono l'eroina ed il crack, specialmente negli USA.
Invece, a partire dagli anni '80, con il riflusso nel privato e
nell'individualismo borghese, con l'avvento di uno stile o di un modus
vivendi frivolo, disimpegnato e ludico, battezzato come "edonismo
reaganiano", i giovani dismisero l'eskimo, rinunciarono a lottare,
disertarono la militanza politica e l'impegno sociale, per dedicarsi
esclusivamente al proprio ego, a divertimenti di massa standardizzati ed
indotti dalla moda e dalla pubblicità commerciale. Esplosero fenomeni
sociali insulsi come i "paninari" e gli "yuppies". Giusto per intendere
ed inquadrare il contesto storico.
Ma già l'origine concettuale della
voce "divertimento" (dall'etimo latino "di-vertere", che significa
deviare, variare, diversificare) ci aiuta a capire che non è affatto
divertente compiere con frequenza gli stessi gesti, le stesse
operazioni, ripetere costantemente le stesse attività, sia pure ludiche,
per cui anche frequentare una discoteca, a lungo andare rischierebbe di
annoiare ed alienare. Voglio dire che i giovani "edonisti" degli anni
'80 non è che sapessero divertirsi. Erano per lo più annoiati e persino
depressi. Non a caso, in molti casi facevano uso di alcool e di
stupefacenti. Proprio in quegli anni, in discoteca iniziarono a
circolare nuove droghe sintetiche quali l'ecstasy, utili a restare
svegli per tutta la notte.
Insomma, lo scopo e la funzione strumentale
delle droghe restano tuttora quelli di "alienare" i giovani,
allontanarli dal loro ruolo più naturale e congeniale, che è quello di
essere artefici del progresso e del mutamento della società,
protagonisti coscienti ed attivi della propria vita e del proprio
"destino", non invece gregari o fruitori passivi di mode, tendenze,
divertimenti calati dall'alto ed imposti da altri.
La vignetta è del Maestro Mauro Biani
Se è per questo anche gli adulti fanno uso di stupefacenti non solo i ragazzi
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