BERLINGUER (NON) TI VOGLIO TANTO BENE
di Mario Michele Pascale
Verrò linciato, lo so. Ma l’onestà
intellettuale ha un prezzo che pago volentieri. Tutto nasce da un
dialogo on line con il compagno Pierluigi D’Emilio, il quale imputava a
Craxi l’avvio della crisi della sinistra. Io risposi che era una
questione di punti di vista: secondo me la stessa crisi si avvia con
Berlinguer.
Berlinguer è un mito. Capace di procreare
miti di secondo livello (l’immagine di Benigni che prende in braccio il
segretario del Pci, ad esempio). Ma perché l’ex segretario è stato
capace di penetrare così in profondità nel nostro ricordo? Anzitutto è
morto combattendo. Ferito gravemente, in maniera metaforica, durante un
comizio. Compie, romanticamente, con la morte, ma ancor di più con il
suo resistere sul palco, caparbiamente, nonostante un ictus in corso, la
sua esistenza dedicata all’ideale. Risuonano potenti le sue parole
mentre incespicano in una morsa di dolore: “Compagni, lavorate tutti,
casa per casa, strada per strada, azienda per azienda”. E lo fa davanti
al suo popolo, con la Tv che lo riprende e lo proietta nelle case degli
italiani. Berlinguer e la sua immagine sofferente sapientemente
riprodotta a ridosso delle elezioni europee del 1984, hanno avuto un che
di sacrale. Il sangue del segretario, esattamente come il sangue dei re
dei popoli antichi, precristiani e pre romani, feconda il mondo. E di
fronte a questa sacralità, nulla si può opporre. Sandro Pertini, allora
presidente della Repubblica, volle trasportare il corpo con l’aereo
presidenziale, dicendo: “Lo porto via come un amico fraterno, come un
figlio, come un compagno di lotta”.
Ma il carisma di Enrico Berlinguer
derivava soprattutto dall’immenso valore di un Partito con la P
maiuscola. Berlinguer rappresentava ed era espressione del Pci. Senza se
e senza ma. Se oggi il rapporto tra segretario e militanti nei partiti è
di tipo feudale, basato sulla concessione di feudi, prebende, e
regalie, il rapporto tra Berlinguer e i comunisti era di tipo sacrale e
rifuggiva le bassezze della materia.
Ma la storia seppellisce anche gli dei.
Il grande scontro tra Craxi e Berlinguer avvenne quando il Psi si rese
autonomo dalla subalternità al Pci. Nell’agosto del 1978 venne lanciata,
dagli intellettuali di Mondoperaio e da tutto il Psi, la “svolta
culturale”. Si diceva addio, contestandola apertamente, la linea
ortodossa, staliniana e togliattiana, del marxismo leninismo. Una
novità? No. Già Pietro Nenni, rispedendo in Unione Sovietica il premio
Stalin per la pace dopo i fatti di Ungheria, aveva creato una frattura
ideologica difficilmente saldabile. Dialetticamente l’addio
all’ortodossia era inevitabile. Berlinguer reagì furiosamente, a tratti
in maniera scomposta, alla svolta culturale dei socialisti ribadendo in
più di una occasione la fedeltà del Pci alle vestigia del marxismo
leninismo, indicando negli iscritti al Psi gli agenti della reazione
filo capitalista. Con questi giudizi Berlinguer diede prova di una
capacità analitica e di previsione politica abbastanza misera. E di una
dimensione etica non meno bigotta, dato che fu proprio quel Pci che
tuonava a favore dell’ortodossia staliniana e togliattiana, a favorire
l’ingresso della famiglia Agnelli in Russia e la presenza della Fiat a
Togliattigrad. Il Pci, in questo caso, agì davvero come agente del
capitale di quello che sulla carta era peggior nemico che aveva allora
in Italia. La famiglia Agnelli proprietaria della Fiat e del gruppo
editoriale “La Stampa”. In cambio fu proprio “La Stampa” a favorire
l’egemonia culturale del Pci degli anni 70. E fior di intellettuali
comunisti si arricchirono all’ombra delle grandi aziende editoriali di
Confindustria.
Berlinguer era ferocemente
antisocialista. L’Urss si sgretolava, accusando un forte ritardo
culturale, industriale e tecnologico nei confronti dell’Occidente, ed
era chiarissimo che non avrebbe potuto mantenere a lungo un ruolo guida
internazionale. La via d’uscita era chiara: la conversione al
socialismo. Enrico Berlinguer, pur di non profferire quella parola che
portava alla dannazione, si inventò il cosiddetto “eurocomunismo”. La
via intermedia tra ortodossia marxiana, copertura degli interessi
internazionali sovietici e aperture al liberismo. Un feto mostruoso che
venne abortito rapidamente. Berlinguer era esperto in feti mostruosi. Il
compromesso storico, ovvero l’alleanza tra i due grandi partiti di
massa italiani, quello comunista e quello cattolico, per la gestione
dello stato con la benedizione dell’apparato ecclesiastico, cui molti
intellettuali del Pci erano devoti più che al partito, era un’idea
liberticida e suicida: avrebbe schiacciato tutte le altre culture
politiche, distrutto il marxismo e marginalizzato l’idea socialista.
Insomma Berlinguer fu un grande uomo, un
combattente, un esempio per ogni militante del Pci, ma come politico
lasciò molto a desiderare. Su di una cosa però devo rendergli onore.
Egli condannava l’occupazione da parte dei partiti delle posizioni
pubbliche, anche se non poteva materialmente opporsi al fatto che anche i
comunisti partecipassero alla festa. Ma ebbe la fermezza ed il coraggio
di addestrare una classe dirigente che, pur occupando militarmente le
proprie poltrone, difendendole con le unghie e con i denti, dalle
cattedre universitarie ai consigli di amministrazione delle grandi
aziende statali, alla Rai, alla sanità, ha sempre agito anzitutto
nell’interesse del paese e solo in via secondaria per il proprio
tornaconto. In questo Craxi gli fu secondo: troppi interessi provenienti
dai territori infettarono il Psi, troppe istanze maligne della
cosiddetta società civile influenzarono le scelte politiche. Troppi
personaggi oscuri si aggiravano per via del Corso. Il socialismo
italiano morì perché non aveva sufficienti anticorpi: crescendo faceva
riprodurre anche i virus che l’avrebbero ucciso. Se noi oggi abbiamo il
PD, che in parte ha ereditato le idee, il modus operandi e le
contraddizioni del vecchio Pci, per quanto malconcio contraddittorio e
neo liberista, lo dobbiamo proprio all’azione pedagogica di Enrico
Berlinguer. Che oggi, purtroppo, si è persa come parole nel vento …
21 Luglio 2017
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