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sabato 3 dicembre 2011

Una Costituzione ed un governo in mano ai transformers



di Carlo Felici


Quando si vuole impiccare qualcuno, si prepara prima la forca, poi il cappio e infine si stringe quest'ultimo, lasciando il povero sventurato penzolare nel vuoto.
Farlo con un popolo non è diverso, per allestire la forca, basta cambiare la sua Costituzione, e poi, conseguentemente, stringere il cappio dell'indebitamento fino a strozzare ogni forma e possibilità di sviluppo e di finanziamento dei servizi essenziali, dei salari e delle pensioni.

La norma che di recente è stata votata con una maggioranza schiacciante alla Camera e che prevede l'introduzione di un articolo nella Costituzione che impone il pareggio di bilancio, va in questo senso, e cioè verso la costruzione della forca per tutti gli italiani..a parte ovviamente quella cerchia ristrettissima di ricchissimi e privilegiati da sempre che possono contare su rendite imponenti e permanenti. Quelli che vivono del loro lavoro sono invece destinati, in tal modo, a salire sul patibolo.
Perché il lavoro presuppone una attività che deve essere finanziata, e il finanziamento, da sempre, richiede un debito iniziale che, poi, grazie allo sviluppo progressivo dell'attività stessa, è destinato ad essere ripagato. E' così nel settore privato in cui si chiedono prestiti alle banche, le quali a loro volta li ottengono da quelle centrali, ed è così per quello pubblico in cui lo Stato si indebita con i cittadini e con gli investitori, pagando loro interessi crescenti in maniera direttamente proporzionale alla sua incapacità di essere adeguatamente efficiente. Il che vuol dire essenzialmente due cose: avere un adeguato ed efficace sistema tributario e non sprecare i soldi in corruzione e carenze amministrative clientelari. Se uno stato è virtuoso, attira investimenti e non è costretto a pagare interessi alti sul suo debito. Se una attività imprenditoriale funziona, l'imprenditore onorerà i suoi debiti e contemporaneamente incrementerà i suoi profitti.
Vada come vada, è impossibile non indebitarsi, anzi, potremmo dire che la nostra stessa nascita e crescita, come esseri umani, corrisponde ad un indebitamento, infatti abbiamo bisogno di tutto e dipendiamo da altri, fino all'età adulta, quando, dopo avere ricevuto una adeguata formazione culturale e civile, dovremmo ripagare, con affetto, devozione, impegno e responsabilità la nostra famiglia di origine e la nostra Patria di adozione per quello che abbiamo ricevuto da loro nei lunghi anni della nostra crescita. Civilmente, questo vuol dire soprattutto una cosa: pagando scrupolosamente i tributi che ci spettano.
L'Italia ha insieme alla Grecia, sarà il caso di ricordarlo, il livello di evasione fiscale più alto d'Europa, e nessun governo né di centro destra e tanto meno di centro sinistra o “trasversale” si è mai dimostrato capace di saper affrontare e risolvere tale problema che è alla radice stessa di tutti i nostri mali.
Gli USA seppero uscire dalla peggiore crisi del secolo scorso con un sostanziale incremento del loro debito che venne poi ripagato da grandi investimenti in infrastrutture e dall'incremento conseguente dei posti di lavoro. Sbagliano coloro che credono che gli Usa poterono uscire dalla crisi solo grazie alla seconda guerra mondiale, perché senza l'immane sforzo di riconversione della loro economia, dovuto appunto a tali investimenti, e senza la capacità di utilizzare i loro capitali per incrementare attività produttive anche in altri paesi (purtroppo anche nella Germania nazista), si sarebbero trovati del tutto incapaci di affrontare uno sforzo bellico su larga scala e la guerra l'avrebbero sicuramente persa.
L'Italia, quando all'indomani della sua unità territoriale rincorse spasmodicamente il pareggio di bilancio, fu capace di compiere le peggiori nefandezze della sua storia, come saccheggiare il Meridione, condurre una spietata guerra civile contro le popolazioni meridionali, e costringere quelle più povere, gravate da tasse infami come quella sul macinato, da nord a sud, ad una emigrazione di massa che investì, fino alla prima guerra mondiale, ben 14 milioni di nostri compatrioti, tuttora sparsi per il mondo. Una vera e propria ferocia di massa che ha prodotto soltanto rabbia e miseria e che è tuttora la ragione dello squilibrio tra nord e sud e all'origine di fenomeni di criminalità organizzata che, sotto certi aspetti, non sono altro che la lunga coda strisciante di una secolare perdurante e criptica guerra civile.
Abbiamo avuto in questi anni governi di centrodestra che hanno sperperato i piccoli e solo parzialmente adeguati tentativi operati da governi di centrosinistra di rimettere a posto i conti, per mantenerci con una certa dignità in Europa. Vogliamo oggi tornare alla “destra storica” del “cattivo tempo che fu” e che, non dimentichiamolo, spalancò le porte ad una successiva repressione di massa persino peggiore di quella che sarà messa poi in atto col fascismo, mediante le cannonate ai manifestanti? E con l'aggravante di un consenso “trasversale” imposto dall'alto, per meri motivi emergenziali?
Quale emergenza può mai giustificare lo scippo della democrazia e, in particolare, della possibilità che ad una Costituzione corrisponda un pieno consenso popolare sui suoi principi?
La Costituzione del 1948 fu frutto di una Assemblea Costituente pienamente rappresentativa delle forze politiche allora in campo per costruire una nuova e più efficace democrazia, ci furono personaggi che allora ebbero la capacità di scrivere norme tuttora avanzatissime, pienamente credibili per l'esempio di lotta e di impegno che erano stati capaci di dare negli anni precedenti della dittatura e della Lotta di Liberazione. Ma chi abbiamo oggi a modificare o a snaturare tali norme? Un Parlamento che non è stato scelto dai cittadini ma “arruolato” dai padroni dei partiti, ed essenzialmente con scopi autoreferenziali.
La prima iniziativa, dunque, di un governo di emergenza avrebbe dovuto essere quella di elaborare una legge elettorale maggiormente in grado di restituire la possibilità al popolo di farsi rappresentare da persone “degne e responsabili”, per poi restituire al medesimo popolo la sua legittima sovranità.
Invece abbiamo un governo che vuole “durare” e che mostra altresì di volersi comportare con incredibile “durezza” verso la maggioranza assoluta di tutto quel popolo nei confronti della cui sovranità mostra una assoluta indifferenza.
Non chiamiamolo dunque “governo di emergenza” ma “golpe bianco”
La decisione del governo di inserire nella Costituzione italiana il pareggio di bilancio è infatti un atto sostanzialmente eversivo che corrisponde ad un vero e proprio colpo di stato monetario. È eversivo perché questa scelta “everte” tutti i diritti previsti dalla Costituzione nella sua prima parte, rendendoli di fatto “nulli” se non sottoposti a leggi di bilancio.
È un colpo di stato perché vanifica l'art. 1 della Costituzione che prescrive che la nostra Repubblica Democratica sia fondata sul lavoro, in quanto subordina quest'ultimo alle esigenze di bilancio. Avremo così uno Stato fondato sul pareggio dei conti, senza stabilire come e chi debba assicurarli.
Perché evidentemente si ha un pareggio di conti anche in un assetto feudale o schiavistico, in cui pochi regolano la ricchezza usufruendone, e molti ne sono esclusi e vengono utilizzati come meglio garba a quei pochi. Solo i regimi assolutistici mettono al primo posto la finanza dello Stato e in secondo ordine i diritti e i doveri dei cittadini, che poi la finanza serva per produrre pane o brioches non conta, così come non contano i tardivi richiami ad una maggiore equità fiscale quando si è alle porte di una rivoluzione.
Quello che si sta facendo vuol dire istituzionalizzare l'assetto economico neoliberista che ci ha portato in questa crisi. Sappiamo tutti invece che, per combattere la crisi, è necessario in primo luogo stroncare la speculazione finanziaria, imponendo regole ferree al capitalismo selvaggio, non certo autocastrarsi con un assurdo pareggio di bilancio che corrisponde ad un adeguamento passivo a tali nefaste tendenze, le stesse che hanno portato l'Europa, dopo la crisi del '29, al baratro delle dittature e della guerra mondiale.
La democrazia e l'uguaglianza, e la nostra stessa civiltà cristiana, ma anche quella musulmana, si basano sulla “remissione dei debiti”
Lo fece per la prima volta Solone, fondando la nascita della democrazia ateniese, scuola dell'Ellade e della civiltà occidentale, sulla abolizione della schiavitù per debiti, lo recita il “Padre Nostro”, preghiera fondamentale del Cristianesimo e lo prevede l'Islam perché il credente non deve prestare a usura e deve condonare i debiti ai suoi debitori (o, se non può proprio farlo, almeno concedere loro dilazioni).
Chi agisce dunque imponendo norme costituzionali tanto liberticide quanto assurde, meriterebbe una vera rivoluzione, o almeno una rivolta popolare su larga scala, prima di abbindolare il popolo con i suoi “ricatti forcaioli”, prima di fargli credere che si salverà dalla forca, solo salendo su palco dove viene allestita.
Ripugna appellarsi a dei parlamentari eletti con legge, coram populi definita “porcellum”, affinché si astengano dal confermare nei prossimi passaggi parlamentari tale voto “bulgaro” sull'imposizione del pareggio di bilancio in Costituzione, ed impediscano il suo varo con una maggioranza schiacciante, restituendo così al popolo almeno la possibilità di una conferma o di un rigetto di tale norma con il referendum previsto dalla Costituzione. Ripunga perché tale principio di elementare buon senso dovrebbe innanzitutto scaturire dalla coscienza di tali parlamentari e in special modo da quella di coloro che, fino a ieri, come lo stesso Bersani ebbe a dire, erano fieri avversari di tale norma, affermando: “non si parli di questioni che non esistono in alcun posto al mondo, come il pareggio di bilancio in Costituzione. Noi non intendiamo nei secoli castrarci di ogni possibile politica economica”
Quale ipocrita barbarie ora li ha spinti invece a votare l'esatto contrario alla Camera dei Deputati?
Quella che abbiamo di fronte è infatti, come più volte ho rilevato, una barbarie “tecnologicamente avanzata”, una prospettiva di annientamento dell'Umanesimo e dello stesso tessuto culturale, civile, morale, filosofico e spirituale su cui è nata e cresciuta la civiltà europea.
Se non sapremo respingere questi nuovi “barbari” che ormai si sono insediati anche nelle nostre istituzioni, con una vera e propria “rivoluzione umanista”, sarà presto terra bruciata del nostro passato e del nostro futuro. Perché mentre gli antichi barbari avevano una sorta di timore reverenziale verso la civiltà che li aveva preceduti, tale da cercare di apparire almeno come i loro continuatori, lo scopo di questi ultimi è quello di annientarne anche il lontano ricordo. Prova ne è anche la riduzione e la scomparsa dell'insegnamento della storia antica nelle scuole.
In nome di cosa? Probabilmente solo in nome di un governo mondiale (e quindi anche italiano) in mano ai “transformers”.
C.F.

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