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mercoledì 18 maggio 2011

John Reed e la situazione dei negri d'America

REED:
   In America vivono dieci milioni di neri, concentrati soprattutto negli stati del sud. Negli ultimi anni, però, molte migliaia di essi si sono trasferiti al nord. Mentre i neri al nord sono occupati nell’industria, nel sud sono in maggioranza braccianti agricoli e piccoli contadini. La situazione dei neri, specie negli stati del sud, è tremenda. Il paragrafo 16 della Costituzione degli Stati Uniti garantisce ai neri pieni diritti civili, nondimeno la maggior parte degli stati del sud nega loro questi diritti. In altri stati, nei quali i neri hanno per legge il diritto di voto, essi vengono uccisi non appena osano esercitarlo.
   Ai neri non è permesso viaggiare in treno nelle stesse carrozze dei bianchi, né frequentare le stesse locande, le stesse trattorie e neppure abitare nello stesso quartiere dei bianchi. Per i neri ci sono delle scuole speciali, peggiori delle altre, così come ci sono chiese a parte. Questa segregazione dei neri si chiama “sistema Jim Crow”, e il clero delle chiese del sud predica il paradiso secondo il “sistema Jim Crow”. Nell’industria i neri vengono impiegati come manodopera non qualificata. Fino a poco tempo fa essi venivano esclusi dalla maggior parte dei sindacati facenti capo alla Federazione americana del lavoro. Naturalmente l’I.W.W. ha organizzato i neri, mentre il vecchio Partito socialista non ha mai fatto dei tentativi seri per organizzarli. In alcuni stati i neri non venivano neppure accettati nel partito, in altri erano relegati in sezioni a parte, e in generale gli statuti del partito vietavano l’uso di risorse del partito stesso per la propaganda fra i neri.
   Nel sud il nero non ha assolutamente alcun diritto e non gode neppure della protezione della legge. Perlopiù i neri si possono ammazzare impunemente. Il linciaggio di neri è una spaventosa istituzione dei bianchi, che si svolge cospargendo di petrolio il nero per poi impiccarlo ad un palo del telegrafo. La cittadinanza al completo, uomini, donne e bambini, accorre per vedere questo spettacolo e si porta a casa “come souvenir” un pezzetto dei vestiti e della pelle del nero torturato a morte.
   Non ho abbastanza tempo per esporre le premesse storiche della questione dei neri negli Stati Uniti. Ai discendenti della popolazione di schiavi, liberati per un’esigenza puramente militare durante la guerra civile – quando essi erano ancora del tutto arretrati sul piano politico ed economico – vennero successivamente garantiti pieni diritti politici allo scopo di scatenare un’aspra lotta di classe nel sud, in modo da arrestare lo sviluppo del capitalismo del sud finché i capitalisti del nord fossero entrati in possesso di tutte le risorse.
   Fino a poco tempo fa i neri non avevano mostrato alcun tipo di coscienza di classe combattiva. Il loro primo risveglio avvenne dopo la guerra ispano-americana, durante la quale le truppe di neri avevano combattuto con straordinario coraggio e dalla quale essi tornarono sentendosi, come esseri umani, allo stesso livello dei soldati bianchi. Fino ad allora l’unico movimento esistente fra i neri consisteva in un’associazione educativa semifilantropica, guidata da Booker T. Washington e finanziata dai capitalisti bianchi. Questo movimento si esplicava nell’organizzazione di scuole in cui si educavano i neri ad essere buoni servitori dell’industria. Quanto al nutrimento spirituale, si consigliava loro di rassegnarsi al destino di popolo oppresso. Nel corso della guerra ispanica fra i neri nacque un movimento riformista combattivo che rivendicava la parità sociale e politica coi bianchi. All’inizio della prima guerra mondiale mezzo milione di neri, che erano entrati nell’esercito americano, vennero trasportati in Francia, dove, acquartierati in reparti francesi, scoprirono di colpo che era possibile essere trattati da pari a pari, sia sul piano sociale che sotto ogni altro aspetto. Lo stato maggiore americano pregò il comando supremo francese di interdire ai neri il soggiorno in luoghi frequentati dai bianchi, ed anche di trattarli da inferiori. Alla fine della guerra i neri, molti dei quali avevano ottenuto medaglie al valore dai governi francese e inglese, tornarono nei loro villaggi del sud e là vennero sottoposti a linciaggio perché osavano indossare per strada la loro divisa e le loro decorazioni.
   Nello stesso periodo nacque un movimento forte tra i neri che non erano partiti. Si trasferirono a migliaia al nord, iniziarono a lavorare nelle industrie belliche, entrando così in contatto con la corrente impetuosa del movimento operaio. Per quanto alti, i salari restavano indietro rispetto all’ascesa impressionante dei prezzi dei generi di prima necessità. Inoltre, vedendo che veniva spremuta tutta la loro forza sino all’ultima stilla, e a fronte della tensione continua e dell’enorme impegno sul lavoro, i neri provavano molto più risentimento dei lavoratori bianchi, ormai abituati al terribile sfruttamento da tanti anni.
   I neri scioperarono insieme ai lavoratori bianchi e ben presto si unirono al proletariato industriale. Si dimostrarono molto ricettivi alla propaganda rivoluzionaria. Allora venne fondato il giornale “Messenger”, pubblicato da un giovane nero, il socialista Randolf, a scopo di propaganda rivoluzionaria. Questo giornale unì la propaganda socialista ad un appello alla coscienza razziale dei neri e all’invito ad organizzare l’autodifesa contro gli attacchi brutali dei bianchi. Al contempo il giornale insisteva sullo stretto collegamento con i lavoratori bianchi, malgrado questi ultimi spesso prendessero parte alla caccia al nero, e sottolineava come l’ostilità fra razza bianca e nera fosse sostenuta dai capitalisti nel loro proprio interesse.
   Il ritorno dell’esercito dal fronte gettò di colpo sul mercato del lavoro parecchi milioni di lavoratori bianchi. Questo portò alla disoccupazione, e l’irrequietezza dei soldati smobilitati assunse proporzioni tanto minacciose che gli imprenditori, volendo incanalare lo scontento, furono costretti a dire ai soldati che i loro posti di lavoro erano stati presi da neri, incitando così i lavoratori bianchi al massacro dei neri. Il primo scontro avvenne a Washington, dove gli impiegati delle istituzioni governative tornati dalla guerra trovarono i loro posti occupati da neri. La maggior parte di questi impiegati veniva dal sud. Essi organizzarono un attacco notturno al distretto dei neri, per indurli col terrore a lasciare i loro posti di lavoro. Tra lo stupore generale, i neri uscirono in strada armati di tutto punto. Seguì un combattimento e i neri si batterono così bene che per ogni nero morto vi furono tre bianchi morti. Qualche mese dopo a Chicago scoppiò un’altra rivolta, che si protrasse più giorni e causò molte morti da entrambe le parti. Più avanti ci fu una carneficina a Omaho. In tutti questi scontri i neri, per la prima volta nella storia, mostrarono di essere armati e splendidamente organizzati e di non aver più alcuna paura dei bianchi. I risultati della resistenza dei neri furono innanzitutto un ritardato intervento del governo, in secondo luogo l’ammissione dei neri nei sindacati della Federazione americana del lavoro.
   La coscienza razziale crebbe tra i neri stessi. Attualmente fra loro c’è una sezione che predica la sollevazione armata contro i bianchi. I neri tornati dalla guerra hanno fondato ovunque delle associazioni, sia per autodifesa, che per combattere i bianchi sostenitori dei linciaggi. La diffusione del “Messenger” è in continuo aumento: al momento esce in 180.000 copie mensili. Intanto le idee socialiste hanno messo radici e si diffondono rapidamente tra i neri occupati nell’industria.
   In qualità di popolo schiavizzato e oppresso, i neri ci pongono due compiti: da un lato un forte movimento razziale, dall’altro un forte movimento proletario di lavoratori la cui coscienza di classe matura rapidamente. I neri non pongono una      rivendicazione di indipendenza nazionale. Un movimento che persegua un’esistenza nazionale separata, come ad es. il movimento “Ritorno all’Africa”, che abbiamo potuto osservare qualche anno fa, non ha successo fra i neri. Essi si considerano soprattutto americani, e negli Stati Uniti si sentono a casa propria. Ciò semplifica notevolmente i compiti dei comunisti.
   L’unica politica corretta dei comunisti americani nei confronti dei neri è quella di considerarli prima di tutto come lavoratori. I braccianti agricoli e i piccoli contadini del sud, nonostante l’arretratezza dei neri, ci pongono gli stessi compiti che dobbiamo affrontare con il proletariato rurale bianco. Fra i neri occupati al nord come operai dell’industria la propaganda comunista è fattibile. In entrambe le parti del paese dobbiamo sforzarci di organizzare i neri negli stessi sindacati dei bianchi. E’ questo il mezzo migliore e più rapido per estirpare il pregiudizio razziale e per destare la solidarietà di classe.
   I comunisti non devono tenersi a distanza dal movimento dei neri, che rivendica la loro parità sociale e politica e che, attualmente, in una fase di rapida crescita della coscienza razziale, si sta diffondendo velocemente tra le masse nere. I comunisti devono utilizzare questo movimento per smascherare la menzogna dell’uguaglianza borghese, ed enfatizzare la necessità della rivoluzione sociale, che non solo affrancherà dalla schiavitù tutti i lavoratori, ma che è anche l’unica via per liberare il popolo asservito dei neri.

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