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domenica 29 maggio 2011

Note critiche alla ideologia della equivalenza fra opposti totalitarismi di Stefano Zecchinelli

1.In una recentissima polemica,con un aspirante accademico,studioso di filosofie del linguaggio in terra statunitense,ho dovuto affrontare,alcuni temi,a me cari,come ad esempio,il carattere manipolato delle democrazie occidentali,e l’ideologia borghese della fine della storia.
Per prima cosa,facendo ricorso ad opportune fonti storiche,mi sono premurato di dimostrare che i termini della questione devono essere invertiti,e quindi mettendo con le spalle al muro l’equivalenza fra gli opposti totalitarismi,ho stabilito delle analogie le fra democrazie liberali e fascismo.
Questa equivalenza,può essere argomentata in vari modi;per l’occorrenza ho menzionato un testo di Jacques R. Pauwels,sul rapporto fra le multinazionali americane ed Hitler.
Entriamo nel merito,e citiamo un punto saliente del saggio.

2.Il nostro storico è bravo ad indicare la gravosità della questione dicendo:

‘’ Improvvisamente, le filiali Tedesche delle corporations Americane cominciarono a mietere profitti. Perché? Dopo la presa del potere da parte di Hitler, i leaders affaristici con attività in Germania trovarono a loro immensa soddisfazione che la cosiddetta rivoluzione Nazista conservava lo “status quo socio-economico”. La stigmate del fascismo Teutonico del Führer, come di ogni altra varietà di fascismo, era reazionaria di natura ed estremamente vantaggiosa per gli scopi dei capitalisti. Portato al potere dagli uomini di affari e dai banchieri Tedeschi, Hitler serviva agli interessi di questi “deleganti”. La sua principale iniziativa era stata di sciogliere i sindacati dei lavoratori e di schiacciare i Comunisti e i tanti attivisti Socialisti, sbattendoli in prigione e nei primi campi di concentramento, che erano stati appositamente impiantati per accogliere la sovrabbondanza di prigionieri politici di sinistra’’. 1

Direi che è una citazione interessante,che rovescia le argomentazioni fatte da molti anticomunisti.
Chi procede utilizzando il ‘’Grande Metodo’’ (Brecht),non si sofferma sulla forma politica dei regimi,ma prende in esame,in primis,le loro basi sociali.Che cosa non accetta la comunità liberale di tutto ciò?Semplice,la critica dei liberali,mette sullo stesso piano fascismo e stalinismo (per carità non il socialismo),ritenendo che entrambi sottomettono individuo e società civile alla volontà statale.
Questo approccio è assolutamente sballato,ma prima di smontarlo come si conviene,ritorniamo alla questione di partenza.
Chi ‘’balla con Popper’’ si guarda bene,dal soffermarsi sulla uguale struttura economica della democrazia liberale e del fascismo,ed essendo il regime capitalistico privo di etica,o almeno fedele ad una etica che dice ‘’niente di ciò che è disumano mi è estraneo’’,le multinazionali americane,hanno ricercato forza lavoro a basso costo nell’Europa Centrale negli anni ’30 e ’40.
E’ molto interessante come nelle università,si discuta della limitazione dei diritti civili e politici durante il ventennio nero,ma si occulti il carattere imperialistico di questo;quindi Mussolini era criminale (insieme ad Hitler e Stalin) perché impediva agli intellettuali di discutere i testi di Benedetto Croce ma non una parola,sul colonialismo nei Balcani,in Libia,ed in Etiopia.
Il mio interlocutore,dà a ciò una risposta curiosa,alludendo ad un inedito capitalismo etico,vediamo cosa dice (mi appoggio ad una sua breve lettera,giusto per argomentare con più facilità,alcune questioni importanti):

‘’ Fermo restando quindi che la liberta d’impresa privata non deve essere abolita, il compito dello Stato in una democrazia liberale deve essere quello di evitare che vi siano degli eccessi da parte del mercato, che non vi siano concentrazioni anomale o dominanti (antitrust) ma soprattutto che le corporations rispettino le regole, non commettano abusi verso i cittadini e non arrivino a comprare e “possedere” i diritti universali degli individui. Soprattutto il diritto alla sanita o all’istruzione pubblica, e su questo negli Usa c’e ancora molto su cui lavorare. Insomma il libero mercato non puo essere rimosso o eliminato, altrimenti comunque toglieremmo un diritto fondamentale dell’individuo, ma deve essere costantemente corretto e regolato dalla collettivita, attraverso gli enti pubblici, e dalla legge, attraverso la magistratura’’.

Molto interessante!Cestinando le cartacce di strani stregoni a stelle e strisce,vediamo con metodo scientifico (e quindi marxista),come si arriva (ovviamente procedo in estrema sintesi),alla espansione delle strutture economiche.
Paul Mattick,economista appartenente al Comunismo dei Consigli,prende in esame il New Deal approvato per far fronte alla crisi del ’29;lasciamogli un attimo la parola,per poi ritornare sul possibile capitalismo etico.

‘’ In tutte le nazioni capitalistiche la insufficienza di capitale rispetto alle esigenze capitalistico–sociali di accumulazione appare come un surplus nelle mani degli imprenditori monopolistici e di quelli ancora operanti sul piano della concorrenza. Un’analoga scarsità di capitale relativamente alle esigenze di espansione dell’economia mondiale appare, in tutte le nazioni capitalistiche e in ogni blocco monopolistico, come un surplus incapace di trovare un investimento proficuo all’interno delle ristrette strutture date. E’ da qui che traggono la loro origine i vari tentativi di allargare queste strutture, di conquistare più ampi Lebensraume (spazio vitale, ndr) e di dare ulteriore impulso al processi di concentrazione della ricchezza e della povertà mondiali. Il New Deal diventa la nuova guerra mondiale; la centralizzazione attraverso la concorrenza legale si trasforma nella centralizzazione mediante la forza bruta. Così, la produzione senza profitto e la “costruzione delle piramidi” si trasforma nella distruzione di capitale con mezzi militari’’.2

Non stupiamoci dato che,come dimostra Lenin nel suo studio sull’imperialismo,il capitale finanziario,è il superamento del capitalismo industriale,dai liberali ‘’buoni’’ sventolato erroneamente.
La priorità di ogni borghesia,quando i cicli economici si spezzano,è quella di conservare il sistema,nel modo meno doloroso possibile,tenendo conto del processo su accennato (con la citazione di Mattick).
Lo statalismo,da non confondere con il socialismo,nei suoi sforzi di economia dirigista,non accresce le forze produttive,ma le frena;come ebbe a dire Trotsky ‘’lo statalismo frena lo sviluppo della tecnica sostenendo imprese non vitali e mantenendo strati sociali parassitari:in una parola è profondamente reazionario’’.3
Insomma,penso che nonostante la mia formazione non sia sulle scienze economiche,ho reso l’idea di come si passi dal keynesismo sociale a quello militare.
Arriviamo alle note dolenti,per tutti i ballerini popperiani nella terra del Condor.

3.E' giusto notare,per onestà intellettuale,che fino a quando l’economia liberale non si era ridotta a ‘’sociologia del pensiero’’ (Hofmann),molti studiosi,come ad esempio Schumpeter (si cerchi la ''Sociologia degli imperialismi'' scritta nel 1918),presero seriamente il problema dell’imperialismo.
La teoria della guerra (solo per citare l’approccio che per me è il più intelligente) come ciclo di investimento,viene,in modo sobrio sostenuta,anche da non marxisti;Milward disse che al conflitto bellico si deve la creazione di capitale fisso,che fu la parte più utile del capitale rimpiazzato dal 1939.
Partendo da questa teoria,il periodo della guerra (imperialistica),può essere visto (e analizzato),come il periodo in cui lo stock di capitale,subì in molti paesi,un rapido cambiamento.
Le statistiche fatte dagli studiosi di economia politica,marxisti e non (ricordo solo come marxista Bordiga),conferma che l’espansione del successivo ventennio,ha la sua origine nell’investimento di capitale fisso,effettuato durante le ostilità.
Tutto ciò ha impedito il protezionismo degli anni ’30,e costretto le potenze al libero mercato mondiale. 4

3.Addentriamoci nelle miserie dell’anticomunismo.
Popper nel suo studio sui nemici della ‘’società aperta’’ rinviene in Platone,Hegel,e Marx,i padri dello stato totalitario;un vero insieme di sciocchezze.
Platone aveva interessi prevalentemente pedagogici,Hegel (come dimostrato da Costanzo Preve) è stato un filosofo comunitario,in cui famiglia,società civile e Stato,sono indipendenti l’uno dall’altro,mentre un totalitarismo deve sottometterli a sé,e per ciò che riguarda Marx,dubito che Popper l’abbia mai studiato seriamente.
Karl Popper rappresenta uno strano caso di psicopatologia politica;apologeta del capitalismo,a ridosso proprio della prima Guerra del Golfo (disgrazie che capitano!),sostenitore della ‘’fine della storia’’ come pensiero antidogmatico,e,dulcis in fundo,tutte le apologia necessitano di una critica,e quindi contesta i mass media.
Poveri liberali non avete capito niente,perché non c’è nulla di più dogmatico e antiscientifico dei proclami sulla fine della storia;cari lettori,(purtroppo) però non è tutto così risibile,e il discorso nasconde dietro un triste giochetto:tappiamoci il naso,stringiamoci lo stomaco,ed entriamoci dentro.
Brecht diceva ‘’l’ingiustizia ora cammina con passo sicuro.Gli oppressori si fondono su diecimila anni.La violenza garantisce:Com’è così resterà’’ (Lode della dialettica);perfetto,esorcizzare il futuro,sputare sul Novecento come sul secolo degli opposti totalitarismi,è il modo migliore per allontanare la minaccia del futuro,proprio nel momento in cui,questo regime di sfruttamento,ha raggiunto livelli,che ‘’provocano’’ l’umano sentire.
Lukacs nel 1937 scriveva,senza poterlo subito pubblicare,a Mosca il saggio su ‘’Il giovane Hegel’’,spiegando come per il grande filosofo tedesco,non ci sia nulla di sacro ed immutabile;la storia è un divenire,una continua razionalizzazione del reale.
Insomma che dire?Brecht e Lukacs,mentre i liberali (altrimenti dimostratemi il contrario!) da almeno mezzo secolo,sono soltanto la spazzatura della cultura.

4.Mi soffermo su alcune inesattezze storiche:’’il nostro’’ (riferito al mio interlocutore) dice (e cito la sua breve lettera,sempre come punto di appoggio,per l’ultima volta):

‘’ Ti ricordo inoltre che anche il regime bolscevico successivo alla rivoluzione d’Ottobre aveva pesanti tratti in comune con il regime nazista: il fatto che la volontà e le necessita della maggioranza della popolazione fossero "interpretate" da un ristretto numero di persone; il divieto di sciopero; l’abolizione dei sindacati e la militarizzazione del lavoro; l’introduzione dei principi fordisti e tayloristi nei sistemi di produzione; la dittatura prima di un partito ed infine di un uomo solo; l’eliminazione fisica degli oppositori del partito dominante (fosse esso quello bolscevico in Russia, o quello nazionalsocialista in Germania)’’.

Sono dispiaciuto per le sue scarse conoscenze storiche (in termini marxisti ‘’falsa coscienza’’ borghese).
Dall’ 8 al 16 marzo 1921 si tenne il decimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica.
Venne approvata la NEP (Nuova politica economica),introdotti,quindi,elementi di economia di mercato,si dà pericolosamente respiro a forze sociali (come ad esempio i contadini ricchi) che erano controrivoluzionarie,e si cercò di limitare il frazionismo dentro un Partito,che comunque,manteneva un struttura collegiale.
Ci fu anche un dibattito sui sindacati,dove si scontrarono la linea di Trotsky e Bucharin,con quella di Lenin,all'epoca appoggiato da Stalin;i primi volevano che i sindacati diventassero parte dello Stato Operaio,mentre Lenin che uscì vincitore dallo scontro,disse che i sindacati dovevano restare liberi.
Insomma,cari accademici nelle Università degli avvoltoi a stelle e strisce,sporchi di sangue e gonfi di soldi,come fate a dire che fu abolito,in epoca leniniana,il diritto allo sciopero (che poi è quello che,ormai,si insegna nelle Facoltà di Scienze Politiche in Occidente)?
‘’I nostri’’ (ormai me la prendo con tutta la cosca mafiosa universitaria!) mancano di qualsiasi senso della storia;la Rivoluzione Russa,ha dovuto fare ricorso,a ‘’espedienti’’ (tattici) propri delle rivoluzioni borghesi,per fronteggiare da una parte l’isolamento in cui si trovò l’Urss,e dall’altra l’arretratezza economica,essendo stata la Russia,per dirla con Ilic,’’l’anello debole della catena’’.
L’Urss fu invaso,dopo la rivoluzione,da ben ventuno eserciti stranieri (e il rispetto delle sovranità nazionali?),e come se non bastasse,le potenze imperialistiche utilizzavano,già da allora,provocatori,per destabilizzare gli Stati sovrani.
Ma risaliamo all’origine del problema;dunque,ci fu una verticalizzazione dei poteri,è vero (ed è giusto!),ma come non rapportare tutto ciò al contesto storico,e al massacro che (e ora utilizzo un termine provocatore) le democrazie liberali,causarono (Prima guerra mondiale)?Niente moralismi,non perdiamo di vista il ‘’grande metodo’’.
Lenin fece uno studio dell'imperialismo molto geniale,che conserva ancora tutta la sua attualità:

‘’ L'imperialismo è il più alto grado di sviluppo del capitalismo, ed è stato raggiunto soltanto nel XX secolo. Per il capitalismo, sono divenuti angusti i vecchi Stati nazionali, senza la cui formazione esso non avrebbe potuto abbattere il feudalesimo. Il capitalismo ha sviluppato a tal punto la concentrazione, che interi rami dell'industria sono nelle mani di sindacati, di trust, di associazioni di capitalisti miliardari, e quasi tutto il globo è diviso tra questi "signori del capitale", o in forma di colonie o mediante la rete dello sfruttamento finanziario che lega con mille fili i paesi stranieri. Il libero commercio e la concorrenza sono stati sostituiti dalla tendenza al monopolio, dall'usurpazione di terre per impiegarvi dei capitali, per esportare materie prime, ecc. Da liberatore delle nazioni quale era nella lotta contro il feudalesimo, il capitalismo, nella fase imperialista, è divenuto il maggiore oppressore delle nazioni. Da progressivo, il capitalismo è divenuto reazionario; ha sviluppato a tal punto le forze produttive, che l'umanità deve o passare al socialismo o sopportare per anni, e magari per decenni, la lotta armata tra le "grandi" potenze per la conservazione artificiosa del capitalismo mediante le colonie, i monopoli, i privilegi e le oppressioni nazionali di ogni specie’’. 5

E ancora:

‘’ Dal 1876 al 1914, sei "grandi" potenze depredarono 25 milioni di chilometri quadrati, cioè una superficie due volte e mezzo l'intera Europa! Sei potenze tengono soggetti più di mezzo miliardo (523 milioni) di uomini nelle colonie. Per ogni 4 abitanti delle "grandi" potenze si contano cinque abitanti delle "loro" colonie. E' noto a tutti che le colonie sono conquistate col ferro e col fuoco, che nelle colonie la popolazione è trattata bestialmente, sfruttata in mille modi (per mezzo dell'esportazione del capitale, delle concessioni, ecc., con la frode nella vendita delle merci, con la sottomissione ai poteri della nazione "dominante" e così via). La borghesia anglo-francese inganna il popolo, affermando di condurre la guerra per la libertà dei popoli e del Belgio: in realtà, essa conduce la guerra per conservare le colonie che sfrutta senza misura. Gli imperialisti tedeschi avrebbero subito liberato il Belgio ecc., se gli inglesi e i francesi avessero "cristianamente" diviso con loro le proprie colonie. L'originalità della situazione sta nel fatto che, in questa guerra, i destini delle colonie vengono decisi dalla lotta armata sul continente. Dal punto di vista della giustizia borghese e della libertà nazionale (o del diritto delle nazioni all'esistenza) la Germania avrebbe indubbiamente ragione contro l'Inghilterra e la Francia, poiché essa è "sprovvista" di colonie, mentre i suoi nemici opprimono nazioni in numero incomparabilmente maggiore; sotto la sua alleata, l'Austria, gli slavi oppressi godono indubbiamente una libertà maggiore che non in quella vera "prigione di popoli" che è la Russia zarista. Ma la stessa Germania si batte non per liberare ma per opprimere le nazioni. Non è compito dei socialisti aiutare il brigante più giovane e più forte (la Germania) a depredare i briganti più vecchi e più nutriti. I socialisti devono servirsi della lotta tra i briganti per abbatterli tutti. A tal fine, i socialisti devono dire al popolo la verità, e precisamente che questa guerra è una guerra di schiavisti per il rafforzamento della schiavitù, per tre motivi; questa guerra tende: in primo luogo a rafforzare la schiavitù delle colonie con una più "giusta" ripartizione e con un ulteriore e più "concorde" sfruttamento di esse; in secondo luogo, a consolidare l'oppressione sulle nazionalità allogene nelle "grandi" potenze stesse, perché sia l'Austria, sia la Russia (la Russia molto più e molto peggio dell'Austria) si reggono soltanto con tale oppressione e la rafforzano con la guerra; in terzo luogo, a consolidare e prolungare la schiavitù salariata, poiché il proletariato è diviso e schiacciato ed i capitalisti ne approfittano, arricchendosi con la guerra, inculcando i pregiudizi nazionali e rafforzando la reazione, la quale ha alzato la testa in tutti i paesi, perfino in quelli più liberi e repubblicani’’. 6

Mi scuso per la lunghezza delle due citazioni,ma ne valeva la pena;prima di dare aria alla bocca,bisogna conosce i processi sociali,e i liberali,da oltre mezzo secolo non riescono a produrre nessuna analisi seria.
Le accuse di anacronismo?Un pensatore è vivo quando si può chiedere ancora qualcosa ai suoi testi,e quindi rimettere in discussione (questa è la dialettica) il suo operato.
Faccio degli esempio:Dante Alighieri certamente è vivo,come negare la persistenza dei problemi (prevalentemente di etica sociale) sollevati nella ‘’Divina Commedia’’,mentre,invece,Mazzini mi sembra morto e sepolto.
In questo momento,e mi appello al buon senso di chi legge,come si fa a dire che Lenin non sia vivo,dato che,proprio sotto i nostri occhi,l’Imperialismo americano,si è messo a capo di una ennesima strage di innocenti?E no,la conclusione,cari ‘’mandarini’’ yankee,è inversa:Lenin vive,e Keynes ormai è un cadavere in fase di decomposizione.

5.Sono giunto ad un punto cruciale;non posso non parlare del non senso filosofico,della contrapposizione fra gli opposti estremismi.
Parlerò solo del nocciolo duro della questione,perché non voglio fare in modo scolastico ciò che Orwell,Marcuse,Adorno,Fromm,Lukacs,ed Andrè Gorz,hanno fatto,senza lasciare possibilità di replica,ai mandarini salariati.
Trattiamo i problemi di base.La rigidità dei sistemi socialisti è dovuta,prima di tutto (e l’Operazione Chaos non è una invenzione!),dal dover arginare la strategia del contenimento USA.
Inoltre,con l’introduzione del pluralismo ideologico,e mi sembra elementare,non si organizzerebbero solo gli USA,ma anche i gruppi sociali scontenti della pianificazione economica.Santa libertà di parola,quali conseguenze?A Cuba,le mafie di Miami,sarebbero felici di esportare casinò,droga,ed escort con i ‘’di dietro’’ molto tondi.
Un paese con una struttura economica di mercato,necessità anche di un mercato politico e di un mercato ideologico,quindi gli oppositori si troverebbero schiacciati dai monopoli informativi (in Italia da Giuliano Ferrara,e dall’esangue anticomunista Marco Travaglio),e dall’industrializzazione della cultura.
Non c’è solo questo:la riproduzione nella sovrastruttura delle leggi del mercato,genera,cosa capita molto bene da Marcuse,dei dispositivi totalizzanti,che vanno di gran lunga oltre le manganellate fasciste.
Lukacs,discutendo con l’allievo Hofmann,approfondisce il problema,tracciando un filo nero fra capitalismo americano e nazismo:

‘’Ho qualche perplessità soltanto quando il dominio assoluto del capitalismo lo si definisce con l’espressione fascismo.Il periodo di Hitler aveva caratteri specifici,per cui usare il suo nome in una costellazione nuova può provocare solo confusione e si converte assai facilmente in demagogia.(Ritengo per esempio demagogica l’idea,nel movimento studentesco,di riuscire a smascherare un <<fascismo di sinistra>>).Quel che oggi importa è combattere il capitalismo specifico di oggi.E qui a me sembra che una definizione come <<Contro la democrazia manipolata>> definisca molto più che non il fascismo.Occorre per l’appunto dimostrare che la democrazia odierna - negli USA così come nella Repubblica federale - non è democrazia,neanche nel senso borghese;il fascismo è stato possibile combatterlo,con una certa ragione,in nome della democrazia in generale’’. 7

Il filosofo ungherese era conscio,che nel neocapitalismo,le distinzioni fra fascismo e democrazia liberale,si sarebbero dilatate;l’esercizio formale delle libertà precede,come ha ben pianificato nel 1975 la Commissione Trilaterale 8,la militarizzazione di tutte le sfere del quotidiano,privando di contenuto la vecchia democrazia partecipativa.
La disumanizzazione degli individui nella società dei consumi,è uno degli aspetti più deleteri;dall’essere si passa all’avere (Fromm),e dall’avere,tristemente all’apparire (Debord).
Niente da dire nemmeno sui sistemi socio-culturali:gli accademici sputano sul testo di Lukacs ‘’La distruzione della ragione’’,senza spiegare come mai,l’allegra brigata degli irrazionalisti tedeschi,è tanto alla base del pensiero di Alfred Rosenberg,come del pensiero,dei neoconservatori yankee,alla Leo Strauss.
I filosofi rispondono a pressioni sociali,e sfido io a dire il contrario;quindi,a braccetto con l’offensiva delle destre (che segue il processo di decolonizzazione nel Terzo Mondo),nelle ‘’casematte del potere’’ (Gramsci) ci doveva essere lo smantellamento del paradigma teorico hegelo-marxista.Insomma bravo Blum (pseudonimo di Lukacs durante la rivoluzione) che ha capito come Nietzsche non solo anticipava la filosofia dell’hitlerismo,ma anche il nucleo metafisico del mondo unipolare,dominato dal Condor.

6.In altri miei interventi,ho parlato della politica estera americana,che,seguendo i ricorsi capitalistici,si appoggia ad un involucro politico ed ideologico,di volta in volta differente.
Negli anni ’60,gli Stati Uniti (cari ‘’Liberal’’ andatevi a studiare l’Operazione Condor!),si appoggiarono,a dittature militari,soprattutto nell’America Latina;gli Stati fantoccio da loro creati,da una parte negavano i diritti sociali e sindacali,mentre dall’altra,normative ultra-liberistiche (seguendo le ricette criminali della Scuola di Chicago),davano carta bianca alle multinazionali.
Ora le cose sono un po’ cambiate:gli USA non si appoggiano più a dittature militari,come si ‘’pianifica’’ anche nel documento della Commissione Trilaterale del 1975,ma fanno leva sul concetto astratto di democrazia.
Noi marxisti,che ‘’balliamo con Lenin’’ non dobbiamo spaventarci,e,al contrario,riapriamo la nostra cassetta degli attrezzi;la democrazia non è un valore immanente,la storia dimostra che non è nemmeno assolutizzabile,e quindi le borghesie ne fanno a meno in certi casi,anche se di mala voglia.
Allora se il conflitto di classe,e non parlatemi della fine del conflitto capitale/lavoro (per carità!),non è più gestibile con una sovrastruttura flessibile (la democrazia borghese si riduce a ciò),le classi dominanti la modificano irrigidendola.
Porgendo lo scontrino a ‘’quelli che stanno in alto’’,gli usurai di metà ottocento affermavano ‘’la legalità ci ucciderà’’,e (quindi) ripercorrendo la storia dei predicatori di democrazia,capiamo che loro sono stati,a spregio di qualsiasi diritto,i primi a calpestarla.
Meraviglia delle meraviglie,ora il gran capitale,gridando ‘’viva i diritti umani (ma abbasso l’umanità!)’’,fa le ‘’missioni umanitarie’’,in nome di democrazia e libertà;bel vestitino da mettere alle guerre imperialistiche (se solo Ilic avesse potuto vedere questo scempio!).
Siamo davanti all’ennesimo ‘’bubbone tumorale’’:i paesi imperialistici,devono intervenire,per esportare la pace (e quindi capitali),in paesi dove ci sono dittature,come l’Iran,la Corea del Nord,e la Siria;vi dico immediatamente perché considerò ciò,una cosa,che va contrastata con tutte le forze,da chi sostiene posizioni anticapitaliste.
In questo caso,prima di puntare il dito contro modelli sociali (sempre capitalistici) che io non elevo ad esempi,il rigore metodologico vorrebbe,che si affrontasse il problema del contenimento strategico (prima accennato al Paragrafo 5).
Capovolgiamo (ancora) la questione:cosa autorizza gli USA a pianificare la deindustrializzazione degli Stati canaglia (vedi sempre cosa dice la Commissione Trilaterale nel 1975),combinando fattori (destabilizzanti) interni con fattori esterni,e mettendo su Governi fantoccio.
Chi volesse approfondire può fare qualche ricerca su Gene Sharp,e le rivoluzioni colorate,tanto per capire l’ipocrisia su cui si fonda oggi l’impero americano.

7.Il capitalismo attuale ci offe uno scenario disumano;guerre combattute per i prezzi del petrolio,devastazioni ambientali,la disoccupazione aumenta rendendo le condizioni di vita delle classi più deboli insostenibili.
Cari scrittori salariati,è di questo che bisogna parlare,a dispetto delle formule magiche,che le mafiosissime corporazioni universitarie dicono,per infarcire le zucche dell’ideologia ‘’che non c’è più nulla da fare’’.
Mi sono cari questi versi di Brecht:

‘’ L'ingiustizia oggi cammina con passo sicuro.
Gli oppressori si fondano su diecimila anni.
La violenza garantisce: Com'è, così resterà.
Nessuna voce risuona tranne la voce di chi comanda
e sui mercati lo sfruttamento dice alto: solo ora io comincio.
Ma fra gli oppressi molti dicono ora:
quel che vogliamo, non verrà mai.
Chi ancora è vivo non dica: mai!
Quel che è sicuro non è sicuro.
Com'è, così non resterà.
Quando chi comanda avrà parlato,
parleranno i comandati.
Chi osa dire: mai?
A chi si deve, se dura l'oppressione? A noi.
A chi si deve, se sarà spezzata? Sempre a noi.
Chi viene abbattuto, si alzi!
Chi è perduto, combatta!
Chi ha conosciuto la sua condizione, come lo si potrà fermare?
Perché i vinti di oggi sono i vincitori di domani
e il mai diventa: oggi!’’. (‘’Lode della dialettica’’)

L’umanità ha bisogno di ciò,non della vostra miserabile rassegnazione

Note:

1)Jacques R. Pauwels ‘’ Le Corporations Americane ed Hitler’’

2) Paul Mattich sul New Deal (estratti) – Da ‘’Concorrenza e Monopolio’’ (Living Marxism n.3,primavera 1943).

3)Leon Trotsky ‘’Scritti sull’Italia’’ Ed. Massari 2001 pag. 125

4) Arrigo Cervetto ‘’La contesa mondiale'' Ed. Lotta Comunista pp. 16-17

5)Vladimir Lenin ‘’Il socialismo e la guerra’’

6)Ibidem

7)G.Lukacs-W.Hofmann ‘’Lettere sullo stalinismo’’ Ed. Società 1993 pag. 83

8)Il bollettino politico in questione è ‘’La crisi della democrazia'' del 1975

Stefano Zecchinelli

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