Si ripercorre l'esperienza di Unidad Popular in Cile evidenziando il fallimento di una transizione al socialismo per vie pacifiche e democratiche, in un contesto di forte contrasto da parte della borghesia e dell'imperialismo USA, non potendo avere successo nemmeno come esperimento riformista, stante la forte coscienza rivoluzionaria che il proletariato cileno aveva maturato. Dimostra come quando vi sia una coscienza rivoluzionaria matura nelle masse, ogni tentativo di imbrigliarla dentro un assetto democratico e borghese è destinato al fallimento. Evidenzia altresì come lo spontaneismo delle masse, non guidato da una direzione politica rivoluzionaria determinata e preparata, è fallimentare.
Gli antefatti
Nel 1964, il democristiano Eduardo Frei viene eletto con un programma riformista. Punto saliente è la nazionalizzazione delle risorse minerarie, con congrui indennizzi per le società straniere espropriate. Con la riforma agraria, si fissa alle proprietà un tetto di superficie possedibile. Il resto deve essere redistribuito. La riforma agraria provoca a Frei problemi crescenti. L’annuncio ha suscitato aspettative fra i piccoli contadini, che si tramutano però rapidamente in scontento per la lentezza con cui la riforma procede. Nel contempo essa è contrastata, anche con il terrorismo, dall’oligarchia latifondista. Più che soddisfare i bisogni, le riforme di Frei legittimano le aspettative dei settori sfruttati, stimolando lo sviluppo dei movimenti, mostrando così che i bisogni delle masse vanno oltre il riformismo borghese. Dal 1965 si succedono lotte proletarie soffocate dalla repressione, mentre si deteriora il quadro economico.
L'ascesa al potere: i primi compromessi con la borghesia
La strategia democratica di Unidad Popular combina propositi antimperialisti e antioligarchici con un progetto avanzato di riforme, avendo come referenti la classe operaia, i contadini, ma anche i settori borghesi interessati alla modernizzazione del paese, al controllo delle risorse nazionali, allo sviluppo del mercato interno. Le proposte sul terreno economico (riforma agraria, redistribuzione del reddito, nazionalizzazioni) sono in continuità con la politica di Frei. UP cerca di rassicurare la borghesia con dichiarazioni di lealtà democratica. Nel contempo prospetta un allargamento della democrazia attraverso nuovi organismi di poder popular, a lato delle istituzioni esitenti, così da trasformarle in un estado popular che avvii la transizione pacifica al socialismo. Viene annunciata una nuova Costituzione, che “incorpori il popolo al potere”, da approvare con referendum.
Allende però non ottiene la maggioranza assoluta, e per diventare Presidente necessita di un accordo politico con la DC. Dopo un fallito golpe organizzato da CIA ed estrema destra, il Congresso ne ratifica l’elezione, non prima di aver approvato le riforme costituzionali proposte dalla DC, con cui Allende si vincola: ad applicare la riforma agraria di Frei; a non ostacolare le scuole private cattoliche; a non modificare i testi scolastici; a non espropriare i mass media; a non ammettere “organismi che operino in nome del poder popular”; e a riconoscere l’autonomia delle Forze Armate e la loro funzione di “garanti della convivenza democratica” (un “diritto di ingerenza” nella vita politica). Viene così precostituito, con la firma dello stesso Allende, l’appiglio per il golpe del settembre 1973. L’accettazione delle condizioni pretese dalla DC per conto della classe dominante contraddice qualsiasi dichiarazione sulla “transizione al socialismo” di Unidad Popular, svelandone la vera natura di collaborazione di classe fra i gruppi dirigenti del movimento operaio e la classe dominante nel contesto di una acuta crisi politica e sociale (“fronte popolare”). La borghesia accetta di cedere momentaneamente la massima carica dello Stato in cambio della garanzia di conservare sotto il proprio diretto controllo gli strumenti fondamentali del proprio dominio. I dirigenti di UP minimizzarono il valore di questo accordo il cui testo fu nascosto alla base.
Il primo periodo di governo: l'ascesa
Fra le misure realizzate nel primo anno: la refezione per gli alunni della scuola di base; la concessione gratuita di latte a ogni bambino e alle madri in attesa; l’istituzione di asili nido e l’apertura di nuove scuole; la distribuzione gratuita dei libri di testo nella scuola dell’obbligo; l’aumento delle borse di studio; l’apertura di consultori ed ospedali; un programma di edilizia popolare e l’imposizione di un tetto per il pagamento dei debiti ipotecari; una campagna di alfabetizzazione degli adulti; l’estensione della pensione di vecchiaia e l’innalzamento dei minimi salariali e pensionistici e degli assegni familiari; l'adeguamento automatico dei salari all’inflazione; incentivi per le attività culturali e la ricerca.
Sul terreno democratico il Governo di UP estende il diritto di voto ai diciottenni e agli analfabeti; riconosce i diritti terrieri negati ai popoli indigeni; introduce meccanismi di democrazia partecipativa. Sono inoltre allargati i diritti sindacali.
Viene attuata una politica economica fortemente espansiva che consente al Paese di uscire dalla recessione degli ultimi anni del Governo Frei. L’utilizzo degli impianti risale dal 75 al 95%, la disoccupazione scende in due anni dal 9 al 4%, la crescita raggiunge nel 1971 il 7,7%.
Nelle elezioni amministrative del 1971, Unidad Popular ottiene un successo storico. E’ questo il momento favorevole, se Allende e Unidad Popular lo volessero, per convocare il referendum per una nuova costituzione, “per incorporare il popolo nel potere dello Stato”. Ma evidentemente l’accordo con la DC nell’ottobre precedente impone di accantonare simili propositi.
L’11 luglio 1971 il Parlamento approva all’unanimità la nazionalizzazione delle miniere del rame. Si completa in tal modo un progetto di Frei; alle compagnie straniere espropriate è concesso un adeguato compenso. Analogamente si nazionalizzano le miniere di salnitro, carbone e ferro. Entro gennaio’71 il Governo nazionalizza banche ed assicurazioni, allargando così i prestiti ai piccoli produttori e alle cooperative ed abbassando i tassi di interesse.
Le nazionalizzazioni dell'industria endogena procedono invece con conflitti aspri con i proprietari. In molti casi i lavoratori autonomamente occupano la propria fabbrica e poi rivendicano la sua inclusione nell’Area de Propiedad Social, in cui confluiscono le imprese che passano sotto il controllo dello Stato, sottoponendosi a una guida nazionale centralizzata. Nei fatti, le nazionalizzazioni di Unidad Popular non sono diverse da quelle di un qualsiasi governo borghese. Non solo prevedono l’indennizzo dei capitalisti espropriati, ma non si inseriscono in un progetto di rovesciamento del capitalismo. La gestione delle singole imprese è affidata a comitati paritetici di rappresentanti dei lavoratori e di funzionari governativi. Ma mentre i primi decadono ogni anno, i secondi sono irrevocabili e spesso agiscono con l'arroganza dei vecchi padroni. Questo conflitto diventa aperto nel corso del 1972, a fronte della restituzione di alcune aziende occupate dai lavoratori.
Sul terreno della riforma agraria il governo di Unidad Popular si limita ad accelerare la riforma-Frei, mettendo fine al latifondo incolto. Un risultato significativo, anche se tutto interno al quadro democratico-borghese. Le possibilità rivoluzionarie di questo intervento sono indebolite dal modo in cui è attuato. Le terre espropriate sono assegnate secondo tre modalità principali: gli asentamientos, le assegnazioni individuali; i centros de reforma agraria, ossia grandi aziende collettive; e i centros de producción, grandi imprese statali. La maggior parte delle terre sono assegnate direttamente alle famiglie contadine. Il governo cerca di incentivare i contadini a unirsi in cooperative, ma queste non incontrano massicce adesioni. La riforma viene attuata per via burocratico-amministrativa, non attraverso la mobilitazione diretta dei contadini, che tende a scontrarsi con i funzionari del governo. Ciò provoca malcontenti, offrendo il destro ad attacchi demagogici dell’opposizione.
Una iniziativa complementare alla riforma agraria è la creazione di imprese statali nel settore della commercializzazione, per rompere il quasi monopolio detenuto da grandi compagnie spesso straniere. Parallelamente vengono istituite le juntas de abastecimientos y precios, elette a livello comunale, con il compito di incentivare forme di autogestione nella distribuzione dei beni di base. Questi strumenti, coordinati a livello locale dai comandos comunales, diventeranno un canale importante della mobilitazione popolare per contrastare il paro padronale dell’ottobre ’72.
La seconda fase: l'inizio del declino
A livello internazionale, Allende continuerà a pagare il servizio sul debito estero; solo alla fine del 1972 chiederà una moratoria. Nonostante ciò, Allende è ritenuto una minaccia dall’imperialismo nordamericano, allarmato per le possibilità di contagio di un governo “marxista” che “va al potere” con legittimità “democratica”. Washington progetta una controrivoluzione: provocare il caos economico, suscitare un clima di insicurezza e di violenza atto a giustificare un golpe per ristabilire l’ordine. A fine del 1971 la situazione economica peggiora, per il pagamento degli indennizzi, il blocco degli USA contro le esportazioni cilene, il taglio dei crediti imposto anche alle istituzioni internazionali sotto il controllo USA, la caduta degli introiti del rame, provocata dalla vendita della riserva strategica statunitense. Per evitare una recessione, il governo continua nella politica monetaria e creditizia espansiva, inducendo un’accelerazione dell’inflazione. Cominciano a scarseggiare i beni di prima necessità nei negozi, fanno la loro comparsa le code e il mercato nero. Il 1 dicembre 1971 ha luogo un cacerolazo: soprattutto le donne dei ceti medi protestano per la mancanza dei beni.
Di fronte alle difficoltà crescenti, UP si divide. A Lo Curro, nel giugno 1972, si scontrano due posizioni. La prima è sostenuta dal PC e dalla maggioranza allendista del PS: bisogna cercare un nuovo accordo con la DC ed evitare l’aggravarsi di una crisi. La seconda posizione spinge invece per completare il programma appoggiandosi sulla mobilitazione delle masse. Alla fine si realizza un accordo con la DC per le nomine nelle banche nazionalizzate e per escludere dall’area sociale imprese di dirigenti della DC. L’UP nel suo insieme non comprende la nuova situazione. La borghesia è sempre più preoccupata del fatto che le masse “rompono le dighe” ed è perciò sempre meno disposta a concedere altro tempo alle direzioni riformiste. Per un verso, dunque, è destinata a fallire la politica di accordo di Allende. Per un altro, è inadeguata la posizione di chi vuole procedere con le riforme senza rendersi conto che la dinamica rivoluzionaria non può risolversi che con mezzi rivoluzionari.
Le masse vanno a sinistra, il governo va a destra e dalla metà del ’72 si moltiplicano le lotte proletarie contro il “governo popolare”. Nasce così nel giugno 1972 il primo organismo di tipo “sovietico” della rivoluzione cilena, il cordon industrial (coordinamento di settore industriale, costituito da delegati eletti dai lavoratori), il quale si dichiarerà “a favore del controllo operaio della produzione” e per una “assemblea dei lavoratori al posto del Congresso”. I cordones non coordinano soltanto gli sforzi economici fra le diverse fabbriche. Sono in nuce una nuova organizzazione del potere politico, fondata sull’azione diretta delle masse. Nello stesso senso va l’asamblea popular nata a luglio a Concepción, con rappresentanti di fabbrica, dei partiti di sinistra e delle organizzazioni sociali. Il PC accusa l’assemblea di essere una “manovra della reazione che utilizza come schermo l’ultrasinistra”. Anche Allende la attacca perché “nessun rivoluzionario può ignorare il sistema istituzionale, di cui fa parte il governo di UP”.
Su questo sfondo, il 9 ottobre comincia lo sciopero dei camionisti con lo scopo di far cadere Allende. Il loro leader è dirigente del gruppo fascista Patria y Libertad. Il blocco armato dei camionisti dell’unica arteria che collega il nord e il sud del paese provoca rapidamente la penuria di molti generi. Ai camionisti si uniscono altri settori piccolo borghesi e gli imprenditori, sostenuti dalla Cia. Ma di fronte al sabotaggio economico della borghesia i lavoratori occupano e riaprono le fabbriche chiuse, riorganizzano la produzione e i rifornimenti. Si dispiega una guerra civile strisciante che però non ha, dal lato delle masse, una direzione cosciente. Infatti, invece di mettersi alla testa delle mase, il governo proclama la legge marziale, che l'Esercito ovviamente utilizza piuttosto per reprimere le masse che per far rispettare la “legalità”. Dopo 26 giorni, lo sciopero dei padroni può dirsi sconfitto. Ciononostante, Allende chiama il 3 novembre i militari a far parte del governo. La volontà è di imporre una tregua al movimento delle masse vittoriose.
La perdita di contatto di UP con le masse
La radicalizzazione della classe operaia si manifesta anche in un salto nella coscienza politica dei lavoratori. Si legge nel Pliego del Pueblo: “L’esperienza di queste giornate ha dimostrato che i lavoratori non hanno bisogno dei padroni per far funzionare l’economia” Rispetto all’Unidad Popular: “Nessun funzionario può dimenticare che la sua prima responsabilità è verso il popolo e che, pertanto, è obbligato a sottostare al suo controllo”. Sul piano politico, “non si può risolvere la crisi con alleanze con i militari”.
La divaricazione fra le masse e le direzioni si accentua. Per convincere i lavoratori e lasciare le imprese occupate, il governo non esita a far intervenire i Carabineros con arresti. Nel gennaio 1973 il ministro dell’economia elabora un piano di restituzione ai padroni di un centinaio di imprese nazionalizzate o occupate dai lavoratori, suscitando immediatamente la risposta dei cordones industriales. In poco più di un anno la coscienza dei lavoratori ha fatto un enorme balzo in avanti. Si pone ora l’esigenza di coordinare a livello nazionale i cordones per costruire un’alternativa di potere, ma la “spontaneità” delle masse, da sola, non può assolvere questo compito. Il governo stesso si pone il compito di controllare questa dinamica che rischia di travolgere la ricerca del dialogo con la borghesia. In un discorso del maggio 1973 Allende osserva: “Si deve creare il poder popular, ma non indipendente dal governo.”
Mentre Allende e il governo lanciano la parola d’ordine “No alla guerra civile”, la borghesia e l’imperialismo si preparano al golpe, i cordones colgono la situazione: “Noi lavoratori sappiamo che si avvicina l’insurrezione finale dei padroni e ci prepariamo per stroncarla, poiché non ci può essere pace sociale fra sfruttati e sfruttatori.”. Il 19 aprile comincia lo sciopero per ragioni salariali dei minatori di rame di El Teniente, miniera nazionalizzata da Allende, dando una dimensione dirompente alle contraddizioni fra Unidad Popular e la sua base sociale. Lo sciopero, sconfessato da tutta UP, va avanti per due mesi perché il governo, temendo gli effetti destabilizzanti di una possibile rincorsa salariale, si rifiuta di negoziare. Con il loro appoggio strumentale agli operai, DC e Patria y Libertad riescono a trasformare un conflitto sindacale in uno scontro politico fra operai e UP.
La fine
A primavera del 1973 la crisi si avvita. Il conflitto che oppone la borghesia a Unidad Popular è subordinato all’evoluzione dello scontro principale fra la borghesia e il proletariato. E' il fallimento di Unidad Popular nel compito di controllare le masse, e non il suo “estremismo”, che fa decidere la borghesia per la “sovversione”. Questa decisione matura a seguito del fallito sciopero dei camionisti e dello scacco del fronte borghese alle elezioni di marzo 1973. Avendo esaurito i mezzi “ordinari” per ristabilire la situazione, la borghesia supera le residue remore circa il golpe. I lavoratori tentano di contrastare le tendenze del “proprio” governo alla resa e di rafforzare la propria organizzazione in vista dello scontro. Ma mentre la controrivoluzione si dà una strategia e un’organizzazione centralizzata, questi fattori fanno difetto al proletariato cileno.
Anche nella DC prevale l’opzione pro-golpista con l’elezione a segretario di Aylwin, esponente della destra intransigente. Le posizioni dei militari lealisti sono sempre più precarie e la macchina del golpe è avviata. A giugno alcuni marinai incontrano dei senatori di UP, fornendo informazioni sui piani di golpe. Ma l’incontro viene spiato e vengono incarcerati dalla Marina 400 sottufficiali. Benché Allende sia informato della cosa, non interviene.
Il 29 giugno si verifica una sollevazione militare. Fallisce ma, come scriverà Pinochet, sarà utile per saggiare le capacità difensive del governo e il suo sostegno popolare. La reazione popolare è imponente ma UP opera per ricondurla nella “legalità”, spargendo illusioni sulla “lealtà democratica” delle forze armate, facendosi carico delle esigenze repressive della borghesi. Paradigmatica la Ley de control de armas, che consente all’esercito perquisizioni senza mandato alla ricerca di armi. La legge, non avendo ricevuto il veto del presidente, diventa esecutiva. Il giornale del Partito socialista attribuisce il fatto all’“omissione di un funzionario”, ma costui spiega che “tanto il presidente Allende che la maggioranza di Unidad Popular consideravano positivo il progetto di legge”. Di fatto l’esercito utilizzerà questa legge per scatenare perquisizioni ed arresti volti a prevenire la resistenza operaia. Pochi giorni prima del golpe, durante delle perquisizioni nelle fabbriche dell’Area social, l’esercito fucila un operaio. Allende non prende provvedimenti. Il 27 luglio comincia un nuovo sciopero dei trasporti, mentre un’assemblea di ufficiali chiede al generale Prats, ministro della difesa, un accordo fra il Governo e la DC, l’assegnazione delle imprese dell’Area social alle forze armate, la messa fuori legge dei cordones industriales. E’ un ultimatum al governo. Come risposta, il 23 agosto, Allende sostituisce Prats con il generale Pinochet, facilitando il prevalere dei settori golpisti dell'esercito, ma continua a rassicurare sulla “lealtà democratica delle forze armate”. A settembre si uniscono allo sciopero dei camionisti medici, farmacisti, avvocati, commercianti. La stampa borghese chiede al presidente di suicidarsi.
Nel terzo anniversario della vittoria di Allende si svolgono enormi manifestazioni. E’ una prova di forza, ma non troverà una direzione che la orienti all’azione. I lavoratori sfilano armati di bastoni, perché il governo si rifiuta di consegnare loro le armi che essi chiedono, consapevoli di ciò che sta maturando. Poche ore prima del golpe, il presidente annuncia di volere un referendum confermativo sul governo. Allende pensa di non poterlo vincere, trattandosi di un modo per uscire di scena con una parvenza di “legalità”. E' una dichiarazione di resa inutile. Il giorno dopo Allende è morto.
Le ragioni della sconfitta
UP finisce per consegnare disarmato il movimento operaio ai suoi carnefici. I militanti di Unidad Popular sono impreparati ad affrontare il golpe. Il Mir dispone di armi leggere e di un embrione di struttura militare. Ma la resistenza a un colpo di Stato non si può improvvisare, e sostanzialmente non sarà attuata. Nonostante le promesse sul “poder popular”, per UP i lavoratori non avevano il diritto di armarsi.
II governo Allende, fin dalle sue premesse, non si pose sul terreno della transizione al socialismo, anche graduale e pacifica. Il suo orizzonte fu la modernizzazione delle strutture economico-sociali e la democratizzazione entro il quadro borghese. Questo passaggio venne presentato come la precondizione per avviare, in un secondo momento e nel quadro della legalità, una transizione “pacifica e democratica” al socialismo. Ma anche se questo fosse stato il convincimento di Allende, rimane che Unidad Popular è stata un “fronte popolare”, una formula sperimentata con esiti negativi.
Il riformismo di UP fu radicale, ma si fermò davanti alla sacralità dello Stato borghese, che non reputò sufficienti le garanzie politiche offerte da Allende. Pinochet si mosse per schiacciare una classe operaia che aveva umiliato la borghesia durante il paro del 1972, dimostrando di voler andare oltre i limiti fissati dal governo. Si è trattato del fallimento di una strategia riformista. Ma per vincere non basta l’azione spontanea delle masse. Occorre una direzione politica che non la voglia frenare o deviare ma guidare e portare a compimento. Non ci può essere una rivoluzione vittoriosa senza un partito rivoluzionario capace di conquistare la maggioranza dei lavoratori alla prospettiva della conquista del potere. Una rivoluzione che si ferma a metà strada si scava la fossa.
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