Mi ricordo come fosse ieri la grande manifestazione della CGIL al Circo Massimo, a Roma, il 23 Marzo 2002, con circa tre milioni di lavoratori. Ci andai con una tuta blu, un tricolore con al centro il numero 18 e un caschetto da operaio con su scritto: Valori in corso.
Sono
passati dieci anni e credo che dovrò ripetermi, assieme ad una folla
altrettanto numerosa se, come appare ormai inevitabile, questo governo,
che ormai prende le decisioni più efferate senza tenere in alcun conto
né la volontà popolare e tanto meno quella di una assemblea parlamentare
che non esprime più nulla se non una inerziale volontà di sopravvivenza
a tutti i costi, deciderà di procedere alla cancellazione o al completo
snaturamento dell'art.18
Quella di Monti non può apparire una dittatura solo agli inavveduti, a
coloro cioè che non sono capaci di accorgersi pienamente come la
tecnocrazia abbia sostituito completamente la democrazia e la
rappresentanza parlamentare. Persino la peggiore e la più distruttiva
delle decisioni che un ministro potesse prendere, quella di voler
mettere in atto dei bombardamenti, è stata presa ignorando del tutto sia
la volontà popolare che l'assemblea parlamentare.
Si
è arrivati a questo punto perché qualcuno si è illuso che fosse in
arrivo il “salvatore della Patria” e non piuttosto il suo “Terminator”,
abbiamo lasciato anche troppo spazio e troppo tempo alla sua azione
distruttiva e lesiva del tessuto democratico e dei diritti dei
lavoratori, oltre che alla sua devastante e recessiva politica fiscale.
Ogni
giorno che passa è un giorno in più in cui la carica del conflitto
sociale non può che crescere esponenzialmente, con esiti che nessuno può
prevedere, specialmente se il mondo politico e quello sindacale
perderanno ogni residua credibilità nella tutela dei pochi diritti
acquisiti e rimasti ai lavoratori in Italia.
Questo
governo è stato tanto incensato perché si è autoattribuito il merito di
avere fatto o di voler fare riforme strutturali, invece ha solo messo
una pezza di dimensioni colossali su un vestito assai logoro che, nel
suo complesso, è stato lasciato intatto con tutte le sue storture di
sempre.
Quali sono ce lo illustra bene la CGIA (l'associazione artigiani piccole imprese)
“Pmi e aziende tutte sono troppo gravate da imposte, tasse e tributi:
allineando invece la pressione tributaria italiana (29,1,% del PIL) con
la media europea (24,6% del Pil), si potrebbe ottenere un risparmio di
68,3 miliardi di euro l’anno.
Il gettito fiscale sulle imprese
pesa per il 17,4%, il 14,3% in più della Spagna, il 13,5% in più della
Gran Bretagna, il 13% in più della Germania e il 9,9% in più della
Francia. L’aliquota implicita media a carico delle
società rappresenta il 31,5%, la terza più elevata in Europa, fanno
peggio solo Cipro (37,3%) e Spagna (34,0%).
Il sistema imprenditoriale italiano, inoltre, subisce l’inefficienza della Logistica, con perdite quantificabili sui 40 miliardi di euro. I ritardi sono un altro elemento di criticità per la produttività: la giustizia civile, ad esempio, fa perdere alle imprese italiane 2,7 miliardi di euro. Per non parlare dei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni, che impiegano in media 86 giorni in media contro gli 11 della Germania, i 19 del Regno Unito e i 22 della Francia.
Altra nota dolente è il costo dell’energia,
con un gap nelle tariffe applicate nel nostro Paese rispetto a quelle
del resto d’Europa che pesa 7 miliardi di euro l’anno. Tutto questo
incide troppo: l’Italia si colloca al 46esimo posto al mondo in base
all’Indice di competitività globale, mentre la Germania
è al sesto posto, la Francia al 16esimo, la Gran Bretagna al 18esimo e
persino la Spagna (in piena crisi) è al 38esimo. Infine, ci collochiamo
ancora peggio per la qualità delle istituzioni: 92esimo posto."
Il
problema non è dunque il costo del lavoro o l'insieme dei diritti dei
lavoratori ma l'inefficienza e la completa disorganizzazione di tutto il
settore imprenditoriale.
Evidentemente
Monti e il suo governo non hanno voluto né vogliono affrontare alcuno
di questi veri nodi strutturali, perché il vero obiettivo non è quello
di “salvare” il sistema Italia, ma quello di affondarlo definitivamente,
per prospettare una vera e propria spaccatura del nostro Stato, con un
Nord appendice della nuova “Cacania” europea (o Quarto Reich che dir si
voglia) e un Sud portaerei mediterranea degli USA, del tutto dipendente
dai loro interessi geostrategici e sempre pronto per l'armiamoci e
partite.
Se
qualcuno non l'ha ancora capito, la partita che si gioca oggi in Italia
non riguarda solo il mondo del lavoro, le future generazioni, la
competitività del nostro sistema economico e commerciale, ma LA NOSTRA
STESSA IDENTITA' DI ITALIANI.
Per
cui, mai come oggi, la tutela fino alla morte di determinati diritti
appare come una vera e propria battaglia di sopravvivenza, come una
guerra di civiltà, di Liberazione e di Resistenza all'oppressione di una
nuova e ancor più feroce dittatura: quella del profitto e della
mercificazione dell'essere umano.
Siamo
solo agli albori di questa guerra, ma proprio per questo è necessario
attrezzarsi quanto prima, anche perché i processi scissionistici e
plutocratici avanzano con progressione geometrica, specialmente
considerando come le priorità dei “venduti” alla tecnocrazia della
guerra oggi al potere, siano asserite in maniera sempre più ferocemente
aggressiva nei confronti del nostro tessuto civile democratico e
sociale.
Di
fronte a ciò, il livello dello scontro non può che crescere e c'è
fortemente da rammaricarsi che, negli ultimi tempi, con l'illusione che
questo governo fosse più “presentabile” del precedente, la tensione sia
scesa pericolosamente, con le conseguenze che sono sotto i nostri occhi.
Ancora più tasse per tutti, riduzione drastica dei diritti dei
lavoratori e bombe e guerra senza che ci sia alcuna autorizzazione
parlamentare.
Evidentemente così agisce un regime dittatoriale, non una democrazia.
Sabato prossimo le prime “truppe” della Resistenza da allestire e far crescere scenderanno in campo con la FIOM.
Sarà
una prima occasione per valutare la determinazione, la volontà di
lotta, e quella di Liberazione dei lavoratori e dei cittadini italiani
da un regime oppressivo, mascherato da “salvatore”. Un regime che, a ben
guardare, agisce come gli scherani della mafia: offre “protezione” in
cambio di servitù e con un “pizzo” sempre più elevato.
Un
regime che si crede forte proprio perché è convinto che ad esso non sia
possibile alcuna alternativa politica, economica, sociale ma
soprattutto democratica.
Tanto
è che la prima cosa che avrebbe dovuto fare e che non si sogna nemmeno
di concretizzare, nonostante i ripetuti ammonimenti di un Presidente
della Repubblica che porta su di sé la grave responsabilità di averlo
fatto nascere, è una nuova legge elettorale che restituisca al popolo
sovrano ciò che gli compete in democrazia.
Ma
il popolo, dal governo Monti, è considerato piuttosto suddito, e senza
nemmeno tante remore, lo si dice chiaramente con un certo cinico
snobismo: “gli italiani hanno troppa diffidenza nei confronti dei
cambiamenti” e allora non resta che farli cambiare “per forza”, volenti o
nolenti che siano, il che è come dire che per gli italiani la
democrazia è inutile e dannosa.
Il governo Monti, come ho già scritto in precedenza, crede fermamente nella massima assolutista “L'état, c'est moi"
("Lo Stato sono io") . E di conseguenza ritiene che, a questo, non vi
siano alternative se non in una sorta di “diluvio finanziario”, un
fallimento collettivo, è l' Après moi, le déluge!
Evidentemente,
di fronte a tale palese ricatto collettivo, non resta che una risposta,
ferma, implacabile ed autenticamente rivoluzionaria:
A la guerre comme a la guerre!
Cominciamo seriamente con la FIOM!
Venceremos!
C.F.
Il mio commento potrà apparirle piuttosto estremista, ma io sono sempre stato molto diffidente nei confronti di tutte le sigle sindacali, FIOM-CGIL compresa. Essi, infatti, non sono mai stati rivoluzionari. I sindacati sono per loro natura organi di mediazione, di contrattazione delle condizioni di vendita della forza lavoro. Ma è stato solo all’inizio del secolo scorso che si sono schierati completamente con lo stato capitalista, sostenendone la sua necessità di mantenere la pace sociale e pianificare la produzione in una società sempre più dominata dai monopoli. Ogni volta che i lavoratori cominciano a muoversi in maniera autonoma ed escono dal seminato della concertazione, lo stesso fanno i sindacati (tutti, nessuno escluso, anche quelli di base), ma per assicurarsi che il movimento sia riportato all'interno del cortile capitalista.
RispondiEliminaOvviamente io non critico i tesserati o i semplici RSU. Critico le burocrazie sindacali, e le critico radicalmente perché ritengo che l'unica indicazione da dare ai lavoratori debba essere l’autorganizzazione delle lotte e la rottura delle compatibilità capitalistiche come unica strada per difendere concretamente i propri interessi di classe.
Infatti, ho scritto "cominciamo" anche perché, pur essendo persuaso che sovente dei sindacati praticano più una "prassi di contenimento", piuttosto che una concretamente rivoluzionaria, credo altresì che le loro mobilitazioni possano costituire un momento importante di coagulo e di raccolta di una massa popolare, altrimenti, destinata alla dispersione. Certamente questo dipende anche dal tipo di sindacato e dall'occasione che si presenta. Purtroppo, data la conformazione della crisi in atto e date le prospettive in corso, ritengo che le migliori risposte si debbano dare a livello continentale e globale. Purtroppo l'ultima grande occasione che abbiamo avuto in tal senso è stata quella del 15 ottobre scorso. Del tutto vanificata per carenze organizzative e disorganicità interna. Debolezze sulle quali la reazione strumentale e repressiva ha avuto buon gioco. Quindi, anche se con tutte le pecche che si possono rilevare, partire con una base di organizzazione sindacale forte (in particolare quando mancano partiti di massa in grado di guidare ed organizzare una vera lotta di classe) mi pare opportuno e necessario.
RispondiEliminaPS
Non mi piace rispondere a commenti anonimi, per cui vi prego di far seguire al vostro intervento almeno una sigla identificativa, vera o falsa che sia. Stavolta ho fatto un'eccezione ma non la ripeterò.
Grazie.
In realtà avrei voluto firmarmi ma il sistema di commenti non me lo ha permesso! Non è neanche mia abitudine firmarmi anonimo. Mi scuso.
RispondiEliminaE grazie per la risposta che in buona parta condivido!
RispondiEliminaSaluti.
In effetti il sistema ammette solo tre opzioni, e quando si sceglie la terza, in genere, poi, si dovrebbe concludere il proprio intervento con una firma o sigla finale (questo lo dico in generale e non solo come replica)
RispondiEliminaComunque grazie a te per l'intervento e per l'utile confronto.
C.F.