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sabato 24 marzo 2012

Neofeudalesimo



di Gioacchino De Candia

Alla caduta dell’Impero romano d’occidente (intorno al 476 d.C.) seguì un periodo che gli storici hanno chiamato Medioevo, che durò quasi un millennio, fino all’avvento di un altro periodo, che gli stessi storici hanno identificato col nome di Umanesimo e Rinascimento.

Il Medioevo è stato caratterizzato dal feudalesimo (o età feduale) nel quale, in assenza di un potere centrale abbastanza forte da governare le varie forze centrifughe territoriali, il Re (o l’Imperatore, a seconda dei casi) per meglio reggere determinati territori li dava in gestione a questo o quel dignitario, che di volta in volta godeva della sua fiducia.

Questi territori, appunto chiamati feudi, venivano governati, inizialmente e secondo la loro importanza, da un Vassallo (direttamente investito dal Re) da un Valvassore o da un Valvassino (per i territori più piccoli).

Tra i primi monarchi a suddividere il proprio territorio tra i vassalli più fedeli e meritevoli, fu Carlo Magno, che all’indomani della conquista di buona parte dell’Italia centro-settentrionale e dopo aver cinto anche la corona ferrea, decise appunto per tale suddivisione, dato l’enorme territorio che aveva conquistato con le sue campagne.

Compito dei vari vassalli era quello di far rispettare le leggi del Re, di governare di conseguenza il territorio e di riscuotere i relativi tributi. In più, questa società era fortemente rigida, basata su di una ferrea strutturazione in classi, ordinata per sangue e nascita.

Successivamente, questi feudi ed i loro rispettivi occupanti e dignitari presero nomi diversi, tra cui Marca (da cui Marchese) Ducato (da cui Duca) Baronia (da cui Barone) e Contea (da cui Conte) nomi e titoli nobiliari che, quantomeno in Italia, sono rimasti inalterati nel loro contenuto e nel loro potere, fino alla fine della II Guerra Mondiale quando, con l’avvento della Repubblica, tali titoli sono divenuti puramente simbolici e decorativi.

Finora…

Nell’ultimo decennio il continuo verificarsi di crisi finanziarie, che hanno finito per minare l’economia fin nelle sue fondamenta, stanno portando a galla antichi e mai del tutto sopiti movimenti aristocratici.

Se un tempo il potere di questo o quel dignitario, a cui veniva concesso un feudo, derivava direttamente dal Sovrano, oggi queste investiture avvengono all’interno delle lobbies finanziarie, che suddividono tra loro il territorio in base a logiche monetarie e, in generale, finanziarie.

I nuovi Duchi, Conti e Baroni si chiamano Amministratori delegati, Presidenti e Direttori generali, che hanno quasi lo stesso potere di vita e di morte sui loro sottoposti che avevano gli antichi dignitari sui territori che amministravano.

In effetti, le società ed i relativi Governi stanno evolvendo in una struttura politico-amministrativa, che ricorda molto da vicino l’antico feudalesimo, con le attuali accezioni relative alla globalizzazione e, quindi, alla maggiore e più pervicace capacità di governo del sistema, che risulta sempre di più diviso in rigide classi e sempre di più basato sul sangue e sulla nascita.

Nel Medioevo, una popolazione che si vedeva vessata dal feudatario di turno poteva ricorrere all’arma della rivolta per liberarsi dall’opprimente vassallo, tant’è che spesso un feudo, dopo la periodica e perentoria ribellione, rimaneva senza un “signore” per diverso tempo, proprio per cercare di sedare gli animi locali.

Oggi, questa capacità di ribellione è sopita innanzitutto da una società decisamente più opulenta del passato, oltre che da una serie di valvole di sfogo massmediatiche, che ne riducono le possibilità di rivolta.

Quando, in quei rari casi, le rivolte esplodono, i coordinamenti tra i vari governi del sistema sono prontissimi ad inviare la forza (anche letale) necessaria a “pacificare” la situazione, o quantomeno a circoscriverla per evitare ulteriori e più pericolosi “contagi”.

Difficile dire, ad oggi, come evolverà la situazione, anche se è certo che “indietro non si torna!”.

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