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sabato 15 settembre 2012

In difesa dell'Islam: una possibile chiave politica dei tumulti di questi giorni

di Riccardo Achilli


Inizio questa brevissima nota con le mie più profonde condoglianze per le vittime di questi giorni nei tumulti avvenuti in molti Paesi musulmani: sia l'ambasciatore Stevens che gli altri funzionari diplomatici, sia gli otto morti fra la folla che protestava a Tunisi, al Cairo ed in Sudan, sono le più dirette vittime, cui va il mio pensiero. Non ne posso più di sangue in nome della religione.
Il punto politico cui ruota questa vicenda va ben al di là di un fatto concreto, ovvero la pubblicazione del trailer di un film blasfemo (tra l'altro di volgarità razziste sull'Islam e sul Profeta la cinematografia da cassetta occidentale, ed anche la sua stampa e la sua produzione libraria, traboccano, senza che ciò scateni reazioni come quella di questi giorni). Il punto, purtroppo, potrebbe ruotare attorno alla volontà di ricostruire uno scontro di civiltà, che, se dovesse degradare in modo incontrollato, potrebbe finire per rappresentare la base per giustificare, in futuro, l'attività preferita del capitalismo quando si ritrova in situazioni di crisi di sovrapproduzione: una bella guerra che dia occupazione al capitale ozioso, magari propiziata dal ritorno alla Casa Bianca della destra cristiana più fondamentalista e teo-con, rappresentata da quel Romney, che rappresenta la migliore sintesi degli aspetti peggiori del capitalismo attuale: per metà predicatore radiofonico, per metà speculatore finanziario (un vero mosto mitologico).
Sono troppi i segnali univoci di un utilizzo strumentale di ciò che accade: l'intero establishment politico occidentale, a partire dalla Clinton, che, ipocritamente, finge di chiedersi “cosa gli abbiamo fatti di male ai musulmani?” subito ripreso dalla stampa servile, che, per rimanere soltanto in Italia, oscilla fra il brutale attacco diretto di Belpietro, direttore di LiberoGli islamici ci ringraziano così, dopo tutto quello che abbiamo fatto per loro” ai voli pindarici intellettualistici, ma non meno insidiosi, di Zucconi, sulle pagine di Repubblica, che ci avverte che i tumulti sono manovrati dal salafismo per far perdere le elezioni ad Obama, e spianare la strada al neo-crociato Romney (sarà forse anche vero in parte, ma sarebbe anche bene ricordare a Zucconi il ruolo avuto da Obama nel pilotare le rivoluzioni arabe, fino ad intervenire militarmente in uno Stato sovrano come la Libia, ed armare e supportare politicamente movimenti, come il CNT libico ed il CNS siriano, largamente infiltrati da tagliagole qaedisti e salafiti. Se poi succede che chi di islamismo ferisca di islamismo politicamente perisca, beh...c'è poco da scandalizzarsi. Se poi la stessa Amministrazione Obama, sempre molto pronta a scatenare campagne militari nei confronti di Governi musulmani, o a minacciarle, non trova la stessa fermezza per condannare la continua espansione degli insediamenti di coloni ebraici autorizzati da Israele, e le violenze e discriminazioni che il Governo di Israele pratica sulle popolazioni civili palestinesi, c'è poco da stupirsi se si scopre che il mondo musulmano non lo ama particolarmente). La stessa risoluzione unanime del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che condanna le violenze ma non dice una parola sui motivi che sono alla base di tale violenza, è indicativa di una volontà di creare un clima di rottura radicale con il mondo musulmano, da scontro di civiltà.
Prima di chiederci, come degli ebeti o forse anche come dei mascalzoni, “cosa gli abbiamo fatto di male?”, oppure “con tutto il bene che gli abbiamo fatto, ci trattano così?”, o fermarci semplicemente a condannare la violenza, senza analizzarla, sulla base del nostro criterio occidentale, illuministico, di tolleranza, forse dovremmo chiederci effettivamente cosa abbiamo fatto di male al mondo musulmano, perché non siamo amati come vorremmo essere.
Prima, con la Chiesa ed a seguito di sanguinose guerre di presunta “reconquista” dal dominio arabo di aree che peraltro, spesso, sotto quel dominio vivevano in condizioni materialmente più agiate e culturalmente più tolleranti rispetto al resto dell'Europa medievale cristiana, si pensi al periodo omayyade in Andalusia), abbiamo negato e sepolto le influenze arabe che hanno modellato la nostra stessa civiltà occidentale.
Poi abbiamo ampiamente sottoposto a controllo coloniale gran parte del mondo musulmano. Dopo lo abbiamo sottoposto ad un controllo neocoloniale, prima promuovendo monarchi filo occidentali, poi imbrigliando e riconducendo sotto controllo occidentale i movimenti panarabisti, laici e nazionalisti che inizialmente cercavano di liberare l'Islam dal giogo imperialistico esterno. Infine, e questa è stata l'ultima trovata, “esportando democrazia”, in Paesi musulmani la cui società è spesso frastagliata per linee etniche, tribali, religiose, e rispetto alla quale la sovrastruttura democratica occidentale, concepita per governare società omogenee etnicamente e culturalmente, e differenziate sotto l'aspetto del posizionamento nella catena economico-produttiva, è inadatta. Ma adattissima a produrre posizioni di potere a favore delle borghesie compradore nazionali, non di rado particolarmente corrotte, nepotistiche e culturalmente inadatte a promuovere lo sviluppo (anche laddove sono benedette dalla presenza di risorse petrolifere), quasi sempre pronte a servire gli interessi economici occidentali.
Qual'è l'ultimo regalo che abbiamo fatto ai musulmani? Le primavere arabe supportate dagli USA e dall'Occidente tutto, pagate con il sangue dei popoli, per sostituire regimi oramai marci, anche per le crudeli politiche neoliberiste messe in atto, dietro i consigli del FMI e Banca Mondiale (ivi compreso il regime di Assad, tanto amato da parte della nostra sinistra) al solo fine di aiutare l'ascesa dell'islamismo dialogante targato Fratellanza Musulmana, fedele garante della difesa degli interessi economici imperialistici.
Mentre nessuno, ad Occidente, si interroga sul perché, nel tanto vituperato Iran-canaglia, Ahmadinejad, rappresentante del vertice teocratico sciita, faccia il pieno di voti fra le classi popolari e proletarie, mentre i democratici “Verdi”, tanto amati da Obama e dalla Ue, si scoprono avere un radicamento sociale esclusivamente nelle classi impiegatizie terziarizzate delle grandi città, e nei ceti intellettuali, ovvero soltanto negli strati sociali che vengono penetrati dai valori culturali occidentali. Nessuno si chiede, perché non è negli interessi dell'imperialismo, se le specificità del mondo musulmano non richiedano forme di governo diverse da quelle illuministico-liberali che hanno prevalso nell'Occidente. Forme di governo che magari a noi sembreranno retrograde, con una buona dose di arroganza intellettuale occidentale, ma che convengono a milioni di cittadini musulmani direttamente interessati.
Ecco cosa abbiamo fatto ai musulmani. Ecco perché un film stupido e volgare può dilagare in una sanguinosa e generalizzata rivolta (certamente in questo, caro Zucconi, lei ha ragione, anche grazie ad abili manovre da parte di quei settori salafiti interessati ad uno scontro di civiltà tanto quanto lo sono i fabbricanti di armi occidentali ed i loro rappresentanti politici teo-con).
Certo chi scrive non è così ingenuo da pensare che scoppierà una guerra globale fra Occidente e Mondo Arabo a seguito di tale episodio. Le sciocche ed inutili esibizioni muscolari degli USA, che inviano navi da guerra a sprecare nafta in giro per il Mediterraneo, o plotoni di Marines nelle sedi consolari, sono solo funzionali alla campagna elettorale di Obama. Però tale episodio rappresenta un fattore di influenza delle opinioni pubbliche, può (ed è effettivamente, come detto sopra) essere usato per creare un clima di odio e paura nei confronti dell'Islam, dipinto caricaturalmente come una massa indistinta di bestie feroci animate da fanatismo religioso. E crea la base culturale per giustificare una futura guerra, magari contro la Siria, o contro l'Iran, oppure una campagna prolungata di guerra sporca e sotterranea contro il terrorismo islamico (alla stessa maniera dell'Amministrazione Bush, che utilizzò l'impatto emotivo dell'11 Settembre per lanciare la sua “guerra santa”, peraltro seguita entusiasticamente da tutta la sinistra riformista europea, da Blair a Prodi/D'Alema). Per usare una frase di Carl Schmitt, visto che anche Zucconi cita questo ideologo filonazista, “il nemico è chiunque è, in un modo particolarmente intenso, qualcosa di diverso ed alieno esistenzialmente, cosicché in casi estremi il conflitto contro di lui è possibile”.
Ecco la chiave: se dipingi l'arabo come un alieno, esistenzialmente diverso, allora puoi giustificare una guerra contro di lui. Il tutto a beneficio di un'industria bellica che langue, a causa della crisi globale, e che, se riattivata, può determinare effetti di filiera positivi sul tasso di profitto di una infinità di settori produttivi “civili” associati all'industria militare da legami di fornitura, oppure da ricadute tecnologiche indirette.
Oppure tutto ciò può servire per imbavagliare il diritto di espressione, con la scusa di un suo utilizzo “responsabile”, il tutto a favore degli interessi dell'oligarchia politico/tecnica che sta conducendo le operazioni di ristrutturazione in senso liberista delle nostra società.


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