Un noto imprenditore triestino, proprietario di supermarket, rivendica pubblicamente la scelta di aver tenuto aperto l’esercizio il giorno di Natale, asserendo addirittura – con la tipica sfrontatezza del paròn – di aver “fatto un regalo ai suoi dipendenti”, cui sarebbe finito in tasca qualche spicciolo in più… da spendere possibilmente in azienda, negli intervalli tra un turno e l’altro.
Una manciata di euro in cambio della libertà: non è granché come affare, ma chi sta sotto, oggi, deve far buon viso a giochi sempre peggiori. Ammalarsi è vietato, prendersi le ferie è vietato; vivere la propria vita è vietato, in una Repubblica dove il lavoro manca o fa rima con asservimento, mentre la Costituzione “più bella del mondo” (copyright Pierluigi Bersani, che evidentemente ha studiato a fondo tutte le altre) viene attuata, in tivù, da declamatori milionari.
Può darsi, nel caso citato, che i lavoratori, avendo il coltello dalla parte della lama, non si siano azzardati a protestare, ed abbiano anzi ringraziato per l’extra: in fondo, il nostro affermato impresario si è vantato di ciò che molti suoi colleghi fanno, più o meno di nascosto; l’andazzo è generale, e rispecchia lo spirito dei tempi.
Sono state le liberalizzazioni montiane e un’Europa edificata su misura dell’avidità delle lobby a spargere l’humus che alimenta la mala pianta dello sfruttamento, e lo giustifica “filosoficamente” agli occhi del cittadino comune e, talvolta, della stessa vittima. Capita, infatti, che persone normali, intervistate dai media, ripetano pappagallescamente che, in un’epoca di poco lavoro, è giusto faticare nei giorni di festa: opinioni del genere dimostrano non soltanto che, in un Paese abbrutito e sommamente ignorante, la logica aristotelica è patrimonio di un’esigua minoranza, ma anche e soprattutto che il suddito-consumatore, dopo anni di lavaggio del cervello, antepone ormai le esigenze della produzione a quelle proprie. E’ evidente che lo scopo perseguito dalle istituzioni europee attraverso le c.d. liberalizzazioni è ben più ambizioso di quello del singolo commerciante, che mira al profitto e, in qualche caso, all’autocelebrazione: si tratta, da un lato, di “educare” gli esseri umani alla servitù, togliendo loro, poco alla volta, tutele e diritti; dall’altro, di favorire la concentrazione imprenditoriale, mettendo fuori gioco i pesci piccoli, e dunque proletarizzandoli. Della famosa “crescita”, in questo momento storico, ci si occupa soltanto a parole: il potere appare molto più interessato a rimodellare i rapporti economico-sociali tra le classi.
Come Comitato No Debito, abbiamo contestato l’apertura di esercizi commerciali il Primo Maggio (http://www.pandoratv.it/?p=articolo&ref=categoria&a=1520). Per Natale vale lo stesso principio: non possiamo né dobbiamo permettere che i ritagli di tempo da dedicare alla famiglia o, semplicemente, a se stessi siano sottratti all’essere umano. La religione non c’entra, o c’entra solo come fatto personale, come diritto del singolo ad autodeterminarsi (e dunque a partecipare a una messa mattutina o ad una manifestazione, nei giorni a ciò deputati, o, se preferisce, a concedersi una passeggiata in Carso). Una festa, religiosa o laica che sia, va rispettata, e il fatto che quest’appropriazione indebita di vita e di dignità sia legittimata da istituzioni come l’Unione Europea e la Consulta (la quale, nell’incredibile sentenza n. 299 dell’11 dicembre 2012, ha calpestato mezza Carta Costituzionale in nome di una “accezione dinamica della tutela della concorrenza” che, più che a Boccioni, fa pensare ai giudici di Franz Kafka) prova soltanto che il cancro capitalista infesta ormai gran parte dell’organismo occidentale.
Il Capitalismo è una malattia con cui non si può convivere: va estirpata prima che uccida l’ospite. In attesa di abbattere il mostro, iniziamo col boicottare tutte le imprese commerciali che hanno fatto della sopraffazione e del disconoscimento dei diritti dei lavoratori la loro regola “aurea”. Sembrerà a molti un tentativo velleitario, senza speranza, ma anche qualche granello di sabbia nel motore di questa Europa può contribuire a rallentarne la folle corsa, specie se si riuscirà a creare una sinergia con quelle forze (CGIL, Confcommercio, Confesercenti) che si oppongono alla liberalizzazione selvaggia, e con gli enti territoriali, dai quali è lecito pretendere una resistenza che vada al di là di pur doverose impugnazioni di leggi. Nella penisola iberica i sindaci intralciano, spesso con azioni clamorose, i piani del Capitale al governo; se i loro colleghi italiani valutassero, ad esempio, l’ipotesi di adottare, in maniera coordinata, ordinanze per mettere un freno al Far West degli orari, qualcosa i lavoratori potrebbero ottenere, anche a medio-lungo termine. Nel frattempo, bisognerà spiegare a moltitudini allevate per il consumo che si può fare a meno di acquistare pane e latte la domenica: non da ieri esistono frigoriferi e congelatori.
A proposito di Spagna: da Madrid arriva una proposta stimolante. Medici e infermieri, a partire dal 27 dicembre, scenderanno in piazza nell’intero Paese a difesa della sanità pubblica, che Mariano Rajoy intende privatizzare (http://www.intersindicalsalud.com/), e – tramite Facebook - chiedono a noi triestini di fare altrettanto. Può servire a molto: lo sciopero prolungato di medici coraggiosi ha impedito di recente, in Slovacchia, l’attuazione di un medesimo progetto delinquenziale.
Rispondiamo all’appello, diffondiamolo in Italia e all’estero: lo sciopero del 14 novembre ci ha indicato un’Europa degna di questo nome, composta di uomini e donne che nulla hanno a che spartire con i marci governanti dell’Unione schiavista.
Sopravvalutare le barriere linguistiche significa non aver capito niente, e porta a buttare nell’immondizia l’unico effetto positivo di questi sessant’anni di relativa pace: il fatto che gli europei si sentano, se non fratelli, almeno cugini. Perché il continente divenga la nostra casa non basta, tuttavia, restaurare l’edificio fatiscente: tocca abbatterlo, e poi ricostruirlo dalle fondamenta.
La fine di questo mondo sarà la premessa di un futuro migliore: svegliamoci!
Nessun commento:
Posta un commento