di Giuseppe Angiuli
Con la scomparsa di Hugo Chávez il mondo intero ha perso oggi, senza alcun dubbio, il primo
grande rivoluzionario di questo secolo.
Non è possibile
descrivere in poche righe la grandezza di quest’uomo ma è sicuro
che di lui si continuerà a parlare ancora molto a lungo perché
troppo grande è l’esempio che Chávez ha lasciato agli uomini e
alle donne di tutto il pianeta, in particolare a quegli uomini e a
quelle donne convinti che questo mondo in cui ci è toccato vivere
non sia in fondo il migliore dei mondi possibile.
Alla fine del secolo
scorso, la conclusione (ingloriosa) dell’esperienza storica del
comunismo novecentesco – un fallimento tutto europeo - aveva fatto
credere a molta parte dell’umanità che non ci sarebbe stata alcuna
alternativa concretamente percorribile al dominio del Dio-mercato: la
cosiddetta fine delle ideologie aveva dunque indotto milioni di
esseri umani a rinunciare al motore etico dell’utopia.
Il Muro di Berlino,
crollando con le sue macerie di cemento armato sbriciolato, aveva
portato con sé un misto di fatalismo, rassegnazione e staticità
delle grandi masse.
Da quelle macerie e da
tutto ciò che di negativo esse avevano rappresentato, la sinistra
dei Paesi occidentali ed europei non si è tuttora ripresa, smarrendo
la bussola e credo che ci vorrà ancora del tempo perché possa
riprendersi.
Nello stesso periodo,
mentre milioni di giovani europei si rassegnavano a vivere una vita
priva di speranze e di utopie, nel continente indio-latino-americano
prendeva corpo un radicale processo di trasformazione dell’umanità:
il socialismo del XXI secolo.
In quel continente che
porta ancora oggi delle profonde ferite inferte alle sue “vene
aperte” – per dirla con lo scrittore uruguayano Edoardo Galeano –
si affermava una spinta senza precedenti verso la liberazione degli
esseri umani da ogni forma di sfruttamento.
Un processo ampio,
popolare e di massa.
Un processo
consapevole e lineare.
Un processo chiaro,
limpido e travolgente nei suoi intenti.
La grandezza di Hugo Chávez risiede nell’essere stato il principale interprete, il vero
e indiscusso condottiero di questo immenso processo di liberazione
dell’America latina e del mondo intero.
Molto probabilmente, alla
base di questo ruolo-guida che perfino il vecchio lìder
maximo Fidel Castro non aveva esitato a riconoscergli, vi
erano delle doti carismatiche innate e che pochi uomini nella storia
riescono ad esprimere.
A sentire lui, questa
sorprendente carica umana gli era stata impressa fin da bambino da
sua nonna paterna Rosa Inés, una umile indigena con la quale il
piccolo Hugo aveva convissuto negli anni dell’infanzia nel
villaggio venezuelano di Sabaneta, in una tipica casetta indio fatta
di paglia e fango secco.
E’ probabile che
all’origine della diffusione e del relativo successo incontrato dal
socialismo del XXI secolo nel continente latino-americano vi siano
delle ragioni antropologiche profonde, che noi europei facciamo
fatica a comprendere: la naturale propensione dei popoli indigeni
amerindi verso una vita semplice e comunitaria, non dominata
dall’assillo dell’arricchimento e della competizione, la atavica
distanza di questi popoli nativi dal concetto di “proprietà” per
come la intendiamo noialtri del mondo ricco, possono indubbiamente
avere giocato un ruolo importante in questo processo.
E la conferma di questa
possibile spiegazione del successo del socialismo chavista deriva dal
fatto che, guarda caso, all’interno della società venezuelana e,
più in generale latino-americana, i settori maggiormente riottosi ad
accogliere questo grande processo politico non potevano che essere le
componenti etniche di estrazione indo-europea, quasi sempre
coincidenti con le vecchie elites di quelle società.
Ma non poteva che essere
così: queste oligarchie sfruttatrici non erano mai state umiliate e
ferite nell’orgoglio come questa volta, da un Presidente che in
Venezuela ha avuto l’ardire di trasformare la storica data del 12
ottobre nella giornata dell’orgoglio indigeno, non prima di
avere fatto abbattere la statua di Cristoforo Colombo a Caracas.
E’ davvero difficile
per noi occidentali comprendere le ragioni profonde del processo di
liberazione dell’America latina: probabilmente non avrei potuto
comprenderle nemmeno io se non avessi visto con i miei occhi, nel
corso dei miei due viaggi nel Venezuela chavista, gli occhi gioiosi e
privi di malizia di quegli stessi indigeni, uno dei quali, da me
interrogato sulle sue personali opinioni politiche, con spontaneità
e quasi meravigliato per la mia domanda, mi disse: “Amigo, todos
los Indios somos con Chávez”!
Il testamento politico
che Hugo Chávez lascia ai socialisti di tutto il mondo è di
importanza storica: la sua esperienza ci dimostra che è possibile
costruire un socialismo non autoritario e realmente vicino ai bisogni
ed alle aspirazioni dell’uomo.
Un socialismo che
distribuisce i proventi del petrolio al popolo.
Un socialismo che non
opprime l’uomo e che non annulla la sua dimensione individuale ma
la lascia esprimere fintantoché essa, con la accumulazione di
capitale, non inizia a rendersi nociva per gli interessi della
collettività.
Un’idea di socialismo
che, in evidente sintonia con la visione lungimirante di Rosa
Luxemburg, concepisce la sua missione come processo sempre legato
all’adesione ed al consenso delle masse.
Un socialismo che si
realizza con progressive riforme sociali ed economiche che non devono
mai smarrire né lo spirito di radicale trasformazione della società né la loro finalità rivoluzionaria.
Un socialismo che, pur
agendo in una dimensione nazionale, si è fatto da subito portatore
di un’autentica visione internazionalistica: e Dio solo sa
quanto Chávez ci tenesse alla fondazione di una Quinta Internazionale
di cui tutti avremmo avuto bisogno!
Un socialismo che, in
fin dei conti, può apparire liberticida soltanto a coloro i quali
pensano che la prima libertà dell’uomo sia quella di arricchirsi.
I giovani europei forse
hanno difficoltà a comprendere oggi la grandezza dell’esempio di
Hugo Chávez ma probabilmente un giorno la comprenderanno anch’essi.
Addio Comandante Chávez.
Ti piangono i sinceri
socialisti del mondo intero.
Da oggi sei entrato
nell’empireo degli uomini giusti, accanto a Ernesto Che Guevara e a
Salvador Allende.
Giuseppe Angiuli
Giuseppe Angiuli
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