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mercoledì 6 marzo 2013

ADDIO COMPAGNO COLONNELLO



di Lorenzo Mortara
Rsu Fiom Rete28Aprile


La notizia della tua morte mi ha lasciato impietrito. Lo so, era nell’aria, ma io, sempre sulle nuvole e un po’ fuori dal mondo come sono chissà perché mi ero illuso che un gigante come te non avrebbe mai potuto essere battuto dal cancro. Pensavo che una malattia così comune, per quanto brutta e terribile, non avrebbe mai potuto sconfiggere chi ha battuto e sconfitto in mille battaglie la nera bestiaccia dell’imperialismo americano. Naturalmente non era così e dove non c’è riuscito Bush jr, c’è riuscito questo canchero maledetto che t’ha sfidato non in campo aperto, dove avresti vinto senz’altro, ma nel profondo delle tue viscere, nell’unico posto dove non hai potuto combattere al meglio delle tue forze. 
Ora, appena deceduto, girano già voci che parlano di avvelenamento. Tutto può essere, non mi stupirebbe neanche più di tanto, staremo a vedere. In ogni caso, non amo molto la dietrologia e per me la tua morte si spiega proprio così, esattamente come non si riesce ancora a curare questa malattia. E se non ci riescono nemmeno i medici più rivoluzionari del mondo, quelli cubani a cui ti sei affidato per guarire, vuol dire che quelli controrivoluzionari non hanno bisogno di alcun veleno per svolgere accuratamente il loro dovere di medici santoni del capitalismo. La loro cura, senza alcuna ricetta né altro intruglio malefico, ha avuto effetto lo stesso. Il virus venezuelano, in un modo o nell’altro, è stato debellato. Il capitalismo, se non può dirsi in salvo, può tirare almeno un sospiro di sollievo. L’imperialismo americano anche due o tre...
La tua Storia così importante e preziosa, possiamo a grandi linee farla cominciare dal 1989. Quell’anno ad Est cominciava il crollo del Socialismo Reale russo e dei suoi satelliti. Cadeva il Muro di Berlino. Una fetta di proletariato in fase di transizione verso il socialismo ritransitava all’indietro nel baratro del capitalismo. Da noi si era a due passi da quella Tangentopoli che avrebbe travolto tutto per non travolgere niente. Dalle tue parti, invece, esplodeva il “Caracazo”, dal nome della capitale Caracas, dove oltre tremila disperati costretti a vivere nelle baraccopoli vennero presi a fucilate dal tuo esercito per essersi ribellati a un destino di miseria e sfruttamento che la classe dominante considera naturale. Quel giorno, 27 Febbraio, che segna un preciso punto di svolta nella Storia del Venezuela, tu non c’eri tra i militari assassini, avevi marcato visita per malattia, una rosolia provvidenziale che t’impedì di macchiarti del sangue dei tuoi connazionali. Sembra però che, nonostante la tua innocenza, nessuno si sia sentito più colpevole di te. Per mesi, durante i campi militari, ti sei rivoltato nella tenda domandoti al chiaro di luna che senso avesse mai una vita del genere, passata a reprimere e a schiacciare chi in teoria, se solo il liberalismo fosse una teoria e non una superstizione, avresti dovuto difendere. Non c’è voluto molto perché trovassi una risposta: il basco da militare con tutto il suo corredo, servono solo se sono messi al servizio del popolo sfruttato, proprio come fece il Che. E fu così che nel 1992, mentre noi stavamo per cacciare a pedate quel socialista fasullo di Craxi, quelle armi che fino ad allora erano erano state usate dalla parte sbagliata, tu provasti ad usarle per la prima volta dalla parte giusta, contro gli sfruttatori al soldo dell’imperialismo. Con te c’erano quel po’ di militari che avevi convertito alla causa popolare. Lo scopo era un putsch che levasse finalmente di torno, quel Presidente Pérez che tanti lutti aveva addotto al popolo venezuelano per compiacere lo zio Sam di cui era docile servitore. Qualcosa andò storto, i tempi non erano ancora maturi, e vi toccò arrendervi. «Per il momento» dicesti alla TV, rimandando a un domani quel giorno che pensavi fosse giunto. Sembravi finito, per 25 mesi ti toccò la galera, eppure in quei 25 mesi il popolo aspettò che uscisse dalla prigione quell’uomo che per la prima volta da chissà quanto, si era battuto per loro, contro l’imperialismo.


Da lì la Storia è più o meno nota, il movimento bolivariano rivoluzionario che avevi formato con alcuni militari si trasforma in movimento politico e vince le sue prime elezioni con te al comando nel 1998. Dopo saranno successi su successi, con poche estemporanee sconfitte. Ad ogni vittoria il bolivarismo si radicalizzava diventando sempre più rivoluzionario. Il suo leader, sorretto da una mobilitazione di massa, diventava agli occhi dell’imperialismo americano e della borghesia subimperiale venezuelana il diavolo in persona. Bugie e vere proprie calunnie divennero la norma per screditarti. Il regime più democratico del mondo, con una ventina di votazioni tra referendum ed elezioni legittime, diventava il regno del caudillo di turno. Le masse che appoggiavano senza riserve chi nazionalizzava le loro imprese togliendole dalla rapina a mano armata delle multinazionali, diventavano per la stampa padronale sempre più insofferenti al chavismo. Anche l’aver tolto il monopolio dell’informazione al capitale che se l’appropriava al 98%, fu dichiarato illegittimo in quanto liberava dalla censura della loro libertà di stampa. Non parliamo poi dei salari e della ridistribuzione del reddito, che tra programmi sociali e servizi gratuiti generarono immediatamente lo sciopero bianco del Capitale. Ce ne era più che abbastanza perché l’imperialismo corresse ai ripari della sua democrazia usurpata. Fu così che la Storia tentò di ripetere in Venezuela quel che aveva combinato in Cile nel 1973. Ma la Storia, si sa, non si ripete mai uguale. E se per Allende il popolo era rimasto quasi tramortito e paralizzato, quando gli americani han fatto con te quel che han fatto a Salvador, stavolta non si è lasciato sorprendere e ha presidiato il Palazzo Miraflores costringendo l’imperialismo a rilasciarti. Con più coraggio di prima hai ripreso a traghettare il Venezuela verso il Socialismo del XXI Secolo. Purtroppo la morte ha interrotto la traversata. Ma – bisogna pur dirlo – da troppi anni eri per mare senza essere ancora arrivato in porto. Ti sei spinto molto più a sinistra di quello che avevi previsto in partenza. Ma le Colonne D’Ercole del capitalismo, queste no, non le avevi ancora varcate. Cocciuto come un mulo continuavi a far appello a un’improbabile borghesia progressista del Venezuela che avrebbe contribuito alla tua causa al pari degli operai. In questo modo ti preparavi a scavarti un’altra volta la fossa. Se non ti avesse preso il cancro, avresti continuato a correre il rischio che ti riprendesse, e questa volta per sempre, l’imperialismo americano.
La tua ultima vittoria segna anche lo stallo della rivoluzione bolivariana. Da un po’ di tempo il movimento dà segnali di stanchezza. Non sei riuscito a farlo progredire più di tanto e ulteriormente. E come sempre capita in questi casi hai cominciato a colpire chi non ha mai smesso di pungolarti a sinistra. Questi piccoli grandi difetti, che vanno comunque rimarcati, non intaccano però gli enormi meriti storici che nessuno ti potrà più togliere. Aver ripreso a parlare di Socialismo nel momento storico più basso per la nostra fede, è il simbolo più evidente del tuo coraggio. Quell’espressione così millenaristica eppure così sintetica che hai inventato per il movimento bolivariano, Socialismo del XXI Secolo, ha il merito di indicare la strada nel modo più semplice e chiaro a chi l’ha appena smarrita. Non c’è bisogno di revisionismo, di nuove vie, si tratta di rimboccarsi le maniche e ripartire per lo stesso traguardo per cui tanti, prima e di te e forse anche dopo di noi, sono già partiti e partiranno ancora. Si cambieranno forme, linguaggi e altro ancora, ma l’obbiettivo di fondo rimarrà sempre quello e solo quello, perché un altro in effetti non c’è.
Tutto il Sudamerica è cambiato per meriti soprattutto tuoi. Il vento progressista che in alcune parti più e in altre meno sta soffiando laggiù si deve alle speranze che hai saputo suscitare un po’ dappertutto. Noi avremmo voluto molto di più da te, ma forse abbiamo torto perché di più non potevi dare. T’è mancato il marxismo ma non è tutta colpa tua, il marxismo manca da tanto, troppo tempo dalle pagine della Storia che conta e forse è irrimediabilmente compromesso. Io non lo voglio credere e so che rinascerà più forte di prima epperò oggi è ancora sepolto in attesa di rigermoliare. Chi poteva farlo fiorire nella tua testa non l’aveva mai coltivato neppure nella sua. Fidel Castro, un altro militare a cui la Storia deve più meriti che demeriti, capiva il marxismo ancora meno di te. È per il forte legame che ti legava al rivoluzionario cubano e al suo marxismo disastroso di impianto sovietico che hai rinunciato alla V Internazionale, l’idea più bella e nobile tra le tante originali che ti sono venute in mente. È sempre per un approccio sovietico, diplomatico che hai appoggiato Gheddafi quando la stessa rivoluzione che avevi avviato in Venezuela, bussava alle porte della Libia. Non l’hai vista perché l’hai guardata dall’alto degli accordi di Stato e non dal basso della lotta delle classi sociali. Per questo il tuo internazionalismo non è andato più in là dell’Alba di un nuovo capitalismo dal volto sudamericano, che non avrebbe mai avuto però un volto più umano dell’altro e tanto meno socialista. Epperò, pur con tutti questi limiti, eri pur sempre un internazionalista. L’abbiamo capito quando venisti in Italia a parlare con noi. C’erano Dario Fo e Franca Rame ad aspettarti, ci chiedesti se capivamo lo spagnolo e noi ti dicemmo che non c’era bisogno di traduzione, così parlasti in spagnolo di Gramsci e di Marx e noi capivamo e non ci sentivamo stranieri perché parlavi proprio come noi la lingua mondiale degli sfruttati.
T’è mancato il marxismo s'è detto, ma ci stavi arrivando, non eri digiuno del tutto ed anzi eri già molto più avanti di tanti altri capi di Stato. Il tuo successo in relazione al fallimento di altri si spiega anche così. Avevi letto La rivoluzione permanente di Trotsky concludendone che era proprio quello che ci voleva per il Venezuela. Non sei stato troppo conseguente con questo proposito, ma hai il merito storico di aver pronunciato per primo, dopo il disastro di Stalin, il nome dell’innominabile del socialismo. Ed è per questo che sono così sicuro che il marxismo rinascerà. Prima di Stalin, la diffusione del Manifesto, misurava il diffondersi della coscienza proletaria, dopo di Stalin che l’ha affossata, il nome di Trotsky segna la sua rinascita. Quanto più alto volerà il suo nome, tanto più potremo dire di essere fuori dal tunnel. Chi verrà dopo di te lo pronuncerà ancora più forte, ma dovrà indicare in te, quello che ha il merito di averlo nominato per primo, spianando la strada ai successori.
Il marxismo mancava in te come manca nella maggior parte dei tuoi sostenitori che quindi non hanno potuto aiutarti granché. Qua da noi per commentare il tuo commiato, i tuoi migliori agiografi si affrettano a spiegare ai loro lettori borghesi che nessuno in buona fede può negare che hai rispettato la democrazia, come se fosse chissà quale merito. Noi non possiamo unirci a simili manifestazioni di servilismo e di richieste di accettazione rivolte sempre alla classe sbagliata. A noi non interessa essere accettati dai borghesi, non dobbiamo dimostrare loro alcunché se non che siamo capaci di mandarli al tappeto e sconfiggerli. Noi vogliamo che il popolo che hai alfabetizzato quasi dal giorno alla notte non abbia imparato a leggere e scrivere solo per rimanere in soggezione del loro cretinismo parlamentare. Aver rispettato la loro democrazia parlamentare senza instaurare la nostra, quella consiliare, soviettista, radendo al suolo e nel sangue quel 2% di oligarchi che la detiene, è appunto il più grave degli errori che hai fatto. E potrebbe costare caro, ma non a te che ormai non ci sei più, ma al tuo popolo che ora potrebbe essere spazzato via e ricacciato indietro di decenni per aver voluto dimostrare alla borghesia di essere affidabile. Cosa diranno i tuoi agiografi se questo succederà? Diranno le solite stupidaggini, si complimenteranno con un altro Allende che ha lasciato intatta “la democrazia” per far massacrare il popolo dalla dittatura che le ha preso il posto subito dopo. Infine, si berranno un goccetto inneggiando al Colonnello: «lui sì che ha salvato la democrazia!», come se la posta in gioco fosse la forma di potere e non chi lo detiene. Poi, con quel nulla in mano, cercheranno un altro santo per cui scrivere, senza mai imparare nulla, nuove inutili agiografie identiche alle precedenti.
Non è scontato che questo avvenga. Mai come oggi la rivoluzione bolivariana è in pericolo. L’impulso che le hai dato è enorme e senza di te probabilmente non ci sarebbe stata. Ma senza di te può continuare perché la forza motrice è nel popolo lavoratore. Sta a loro, agli operai non smarrirsi e continuarla fino alla vittoria che tu non hai saputo darle. Un altro grande capo, se la lotta continua, dovrebbe spuntare. Certo non rispunterà la tua irresistibile simpatia, quella con cui bucavi lo schermo domenicale quando ti rivolgevi alla nazione provocando i tuoi nemici. Quella ci mancherà per sempre perché non rispunterà più.
Come on here Mr Danger! Gridavi a Bush jr con la tua camicia rossa un po’ bolivariana, un po’ comunista e un po’ garibaldina.
Come on here Mr Chávez diremo noi quando avremo voglia di rivederti, e subito ci tornerai in mente.
Come on here, compagno Colonnello, come on here!


Stazione dei Celti
Mercoledì 6 Marzo 2013 

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