di Lorenzo Mortara
Rsu Fiom Rete28Aprile
La notizia della tua
morte mi ha lasciato impietrito. Lo so, era nell’aria, ma io,
sempre sulle nuvole e un po’ fuori dal mondo come sono chissà
perché mi ero illuso che un gigante come te non
avrebbe mai potuto essere battuto dal cancro. Pensavo che una
malattia così comune, per quanto brutta e terribile, non avrebbe mai
potuto sconfiggere chi ha battuto e sconfitto in mille battaglie la
nera bestiaccia dell’imperialismo americano. Naturalmente non era
così e dove non c’è riuscito Bush jr, c’è riuscito questo
canchero maledetto che t’ha sfidato non in campo aperto, dove
avresti vinto senz’altro, ma nel profondo delle tue viscere,
nell’unico posto dove non hai potuto combattere al meglio delle tue
forze.
Ora,
appena deceduto, girano già voci che parlano di avvelenamento. Tutto
può essere, non mi stupirebbe neanche più di tanto, staremo a
vedere. In ogni caso, non amo molto la dietrologia e per me la tua
morte si spiega proprio così, esattamente come non si riesce ancora
a curare questa malattia. E se non ci riescono nemmeno i medici più
rivoluzionari del mondo, quelli cubani a cui ti sei affidato per
guarire, vuol dire che quelli controrivoluzionari non hanno bisogno
di alcun veleno per svolgere accuratamente il loro dovere di medici
santoni del capitalismo. La loro cura, senza alcuna ricetta né altro
intruglio malefico, ha avuto effetto lo stesso. Il virus venezuelano,
in un modo o nell’altro, è stato debellato. Il capitalismo, se non
può dirsi in salvo, può tirare almeno un sospiro di sollievo.
L’imperialismo americano anche due o tre...
La
tua Storia così importante e preziosa, possiamo a grandi linee farla
cominciare dal 1989. Quell’anno ad Est cominciava il crollo del
Socialismo Reale russo e dei suoi satelliti. Cadeva il Muro di
Berlino. Una fetta di proletariato in fase di transizione verso il
socialismo ritransitava all’indietro nel baratro del capitalismo.
Da noi si era a due passi da quella Tangentopoli che avrebbe travolto
tutto per non travolgere niente. Dalle tue parti, invece, esplodeva
il “Caracazo”, dal nome della capitale Caracas, dove oltre
tremila disperati costretti a vivere nelle baraccopoli vennero presi
a fucilate dal tuo esercito per essersi ribellati a un destino di
miseria e sfruttamento che la classe dominante considera naturale.
Quel giorno, 27 Febbraio, che segna un preciso punto di svolta nella
Storia del Venezuela, tu non c’eri tra i militari assassini, avevi
marcato visita per malattia, una rosolia provvidenziale che t’impedì
di macchiarti del sangue dei tuoi connazionali. Sembra però che,
nonostante la tua innocenza, nessuno si sia sentito più colpevole di
te. Per mesi, durante i campi militari, ti sei rivoltato nella tenda
domandoti al chiaro di luna che senso avesse mai una vita del genere,
passata a reprimere e a schiacciare chi in teoria, se solo il
liberalismo fosse una teoria e non una superstizione, avresti dovuto
difendere. Non c’è voluto molto perché trovassi una risposta: il
basco da militare con tutto il suo corredo, servono solo se sono
messi al servizio del popolo sfruttato, proprio come fece il Che. E fu così
che nel 1992, mentre noi stavamo per cacciare a pedate quel
socialista fasullo di Craxi, quelle armi che fino ad allora erano
erano state usate dalla parte sbagliata, tu provasti ad usarle per la
prima volta dalla parte giusta, contro gli sfruttatori al soldo
dell’imperialismo. Con te c’erano quel po’ di militari che
avevi convertito alla causa popolare. Lo scopo era un putsch che
levasse finalmente di torno, quel Presidente Pérez che tanti lutti
aveva addotto al popolo venezuelano per compiacere lo zio Sam di cui
era docile servitore. Qualcosa andò storto, i tempi non erano ancora
maturi, e vi toccò arrendervi. «Per
il momento» dicesti alla
TV, rimandando a un domani quel giorno che pensavi fosse giunto.
Sembravi finito, per 25 mesi ti toccò la galera, eppure in quei 25
mesi il popolo aspettò che uscisse dalla prigione quell’uomo che
per la prima volta da chissà quanto, si era battuto per loro, contro
l’imperialismo.
Da
lì la Storia è più o meno nota, il movimento bolivariano
rivoluzionario che avevi formato con alcuni militari si trasforma in
movimento politico e vince le sue prime elezioni con te al comando
nel 1998. Dopo saranno successi su successi, con poche estemporanee
sconfitte. Ad ogni vittoria il bolivarismo si radicalizzava
diventando sempre più rivoluzionario. Il suo leader, sorretto da una
mobilitazione di massa, diventava agli occhi dell’imperialismo
americano e della borghesia subimperiale venezuelana il diavolo in
persona. Bugie e vere proprie calunnie divennero la norma per
screditarti. Il regime più democratico del mondo, con una ventina di
votazioni tra referendum ed elezioni legittime, diventava il regno
del caudillo
di turno. Le masse che appoggiavano senza riserve chi nazionalizzava
le loro imprese togliendole dalla rapina a mano armata delle
multinazionali, diventavano per la stampa padronale sempre più
insofferenti al chavismo. Anche l’aver tolto il monopolio
dell’informazione al capitale che se l’appropriava al 98%, fu
dichiarato illegittimo in quanto liberava dalla censura della loro
libertà di stampa. Non parliamo poi dei salari e della
ridistribuzione del reddito, che tra programmi sociali e servizi
gratuiti generarono immediatamente lo sciopero bianco del Capitale.
Ce ne era più che abbastanza perché l’imperialismo corresse ai
ripari della sua democrazia usurpata. Fu così che la Storia tentò
di ripetere in Venezuela quel che aveva combinato in Cile nel 1973.
Ma la Storia, si sa, non si ripete mai uguale. E se per Allende il
popolo era rimasto quasi tramortito e paralizzato, quando gli
americani han fatto con te quel che han fatto a Salvador, stavolta
non si è lasciato sorprendere e ha presidiato il Palazzo Miraflores
costringendo l’imperialismo a rilasciarti. Con più coraggio di
prima hai ripreso a traghettare il Venezuela verso il Socialismo
del XXI Secolo.
Purtroppo la morte ha interrotto la traversata. Ma – bisogna pur
dirlo – da troppi anni eri per mare senza essere ancora arrivato in
porto. Ti sei spinto molto più a sinistra di quello che avevi
previsto in partenza. Ma le Colonne D’Ercole del capitalismo,
queste no, non le avevi ancora varcate. Cocciuto come un mulo
continuavi a far appello a un’improbabile borghesia progressista
del Venezuela che avrebbe contribuito alla tua causa al pari degli
operai. In questo modo ti preparavi a scavarti un’altra volta la
fossa. Se non ti avesse preso il cancro, avresti continuato a correre
il rischio che ti riprendesse, e questa volta per sempre,
l’imperialismo americano.
La
tua ultima vittoria segna anche lo stallo della rivoluzione
bolivariana. Da un po’ di tempo il movimento dà segnali di
stanchezza. Non sei riuscito a farlo progredire più di tanto e
ulteriormente. E come sempre capita in questi casi hai cominciato a
colpire chi non ha mai smesso di pungolarti a sinistra. Questi
piccoli grandi difetti, che vanno comunque rimarcati, non intaccano
però gli enormi meriti storici che nessuno ti potrà più togliere.
Aver ripreso a parlare di Socialismo nel momento storico più basso
per la nostra fede, è il simbolo più evidente del tuo coraggio.
Quell’espressione così millenaristica eppure così sintetica che
hai inventato per il movimento bolivariano, Socialismo
del XXI Secolo, ha il
merito di indicare la strada nel modo più semplice e chiaro a chi
l’ha appena smarrita. Non c’è bisogno di revisionismo, di nuove
vie, si tratta di rimboccarsi le maniche e ripartire per lo stesso
traguardo per cui tanti, prima e di te e forse anche dopo di noi,
sono già partiti e partiranno ancora. Si cambieranno forme,
linguaggi e altro ancora, ma l’obbiettivo di fondo rimarrà sempre
quello e solo quello, perché un altro in effetti non c’è.
Tutto
il Sudamerica è cambiato per meriti soprattutto tuoi. Il vento
progressista che in alcune parti più e in altre meno sta soffiando
laggiù si deve alle speranze che hai saputo suscitare un po’
dappertutto. Noi avremmo voluto molto di più da te, ma forse abbiamo
torto perché di più non potevi dare. T’è mancato il marxismo ma
non è tutta colpa tua, il marxismo manca da tanto, troppo tempo
dalle pagine della Storia che conta e forse è irrimediabilmente
compromesso. Io non lo voglio credere e so che rinascerà più forte
di prima epperò oggi è ancora sepolto in attesa di rigermoliare.
Chi poteva farlo fiorire nella tua testa non l’aveva mai coltivato
neppure nella sua. Fidel Castro, un altro militare a cui la Storia
deve più meriti che demeriti, capiva il marxismo ancora meno di te.
È per il forte legame che ti legava al rivoluzionario cubano e al
suo marxismo disastroso di impianto sovietico che hai rinunciato alla
V Internazionale, l’idea più bella e nobile tra le tante originali
che ti sono venute in mente. È sempre per un approccio sovietico,
diplomatico che hai appoggiato Gheddafi quando la stessa rivoluzione
che avevi avviato in Venezuela, bussava alle porte della Libia. Non
l’hai vista perché l’hai guardata dall’alto degli accordi di
Stato e non dal basso della lotta delle classi sociali. Per questo il
tuo internazionalismo non è andato più in là dell’Alba di un
nuovo capitalismo dal volto sudamericano, che non avrebbe mai avuto
però un volto più umano dell’altro e tanto meno socialista.
Epperò, pur con tutti questi limiti, eri pur sempre
un internazionalista. L’abbiamo capito quando venisti in Italia a
parlare con noi. C’erano Dario Fo e Franca Rame ad aspettarti, ci
chiedesti se capivamo lo spagnolo e noi ti dicemmo che non c’era
bisogno di traduzione, così parlasti in spagnolo di Gramsci e di
Marx e noi capivamo e non ci sentivamo stranieri perché parlavi
proprio come noi la lingua mondiale degli sfruttati.
T’è
mancato il marxismo s'è detto, ma ci stavi arrivando, non eri digiuno
del tutto ed anzi eri già molto più avanti di tanti altri capi di
Stato. Il tuo successo in relazione al fallimento di altri si spiega
anche così. Avevi letto La
rivoluzione permanente
di Trotsky concludendone che era proprio quello che ci voleva per il
Venezuela. Non sei stato troppo conseguente con questo proposito, ma
hai il merito storico di aver pronunciato per primo, dopo il disastro
di Stalin, il nome dell’innominabile del socialismo. Ed è per
questo che sono così sicuro che il marxismo rinascerà. Prima di
Stalin, la diffusione del Manifesto, misurava il diffondersi della
coscienza proletaria, dopo di Stalin che l’ha affossata, il nome di
Trotsky segna la sua rinascita. Quanto più alto volerà il suo nome,
tanto più potremo dire di essere fuori dal tunnel. Chi verrà dopo
di te lo pronuncerà ancora più forte, ma dovrà indicare in te,
quello che ha il merito di averlo nominato per primo, spianando la
strada ai successori.
Il
marxismo mancava in te come manca nella maggior parte dei tuoi
sostenitori che quindi non hanno potuto aiutarti granché. Qua da noi
per commentare il tuo commiato, i tuoi migliori agiografi si
affrettano a spiegare ai loro lettori borghesi che nessuno in buona
fede può negare che hai rispettato la democrazia, come se fosse
chissà quale merito. Noi non possiamo unirci a simili manifestazioni
di servilismo e di richieste di accettazione rivolte sempre alla
classe sbagliata. A noi non interessa essere accettati dai borghesi,
non dobbiamo dimostrare loro alcunché se non che siamo capaci di
mandarli al tappeto e sconfiggerli. Noi vogliamo che il popolo che
hai alfabetizzato quasi dal giorno alla notte non abbia imparato a leggere e scrivere solo per rimanere in soggezione del loro cretinismo parlamentare. Aver rispettato la loro democrazia parlamentare
senza instaurare la nostra, quella consiliare, soviettista, radendo
al suolo e nel sangue quel 2% di oligarchi che la detiene, è appunto
il più grave degli errori che hai fatto. E potrebbe costare caro, ma
non a te che ormai non ci sei più, ma al tuo popolo che ora potrebbe
essere spazzato via e ricacciato indietro di decenni per aver voluto
dimostrare alla borghesia di essere affidabile. Cosa diranno i tuoi
agiografi se questo succederà? Diranno le solite stupidaggini, si
complimenteranno con un altro Allende che ha lasciato intatta “la
democrazia” per far massacrare il popolo dalla dittatura che le ha
preso il posto subito dopo. Infine, si berranno un goccetto
inneggiando al Colonnello: «lui
sì che ha salvato la democrazia!»,
come se la posta in gioco fosse la forma di potere e non chi lo
detiene. Poi, con quel nulla in mano, cercheranno un altro santo per
cui scrivere, senza mai imparare nulla, nuove inutili agiografie
identiche alle precedenti.
Non
è scontato che questo avvenga. Mai come oggi la rivoluzione
bolivariana è in pericolo. L’impulso che le hai dato è enorme e
senza di te probabilmente non ci sarebbe stata. Ma senza di te può
continuare perché la forza motrice è nel popolo lavoratore. Sta a
loro, agli operai non smarrirsi e continuarla fino alla vittoria che
tu non hai saputo darle. Un altro grande capo, se la lotta continua,
dovrebbe spuntare. Certo non rispunterà la tua irresistibile
simpatia, quella con cui bucavi lo schermo domenicale quando ti
rivolgevi alla nazione provocando i tuoi nemici. Quella ci mancherà
per sempre perché non rispunterà più.
Come
on here Mr Danger!
Gridavi a Bush jr con la tua camicia rossa un po’ bolivariana, un
po’ comunista e un po’ garibaldina.
Come
on here Mr Chávez diremo
noi quando avremo voglia di rivederti, e subito ci tornerai in mente.
Come
on here,
compagno
Colonnello, come on here!
Stazione
dei Celti
Mercoledì
6 Marzo 2013
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