SENZA GUERRA E SENZA PACE
di Checchino Antonini
La tavola rotonda del primo giorno del congresso di Sinistra Anticapitalista
Il dibattito sulla ricomposizione a sinistra sembra avere espunto dalla propria agenda il tema della guerra e della mobilitazione per fermarla. Eppure le prime pagine della stampa mainstream confermano l’escalation in corso in Medio Oriente proprio mentre a condurre i lavori per il famoso soggetto unico della sinistra sono anche gli eredi – meglio, ciò che resta in Italia – di quello che fu definito la “seconda potenza mondiale” dal New York Times, il grande movimento contro la guerra del 2002-2003. Ora, probabilmente, è vero che quella definizione del Nyt «fu una bufala», spiega Franco Turigliatto, come un’esca alla quale abboccarono in molti per considerare conclusa la lotta per l’egemonia nella società. «Ma quali ostacoli ne bloccano il rilancio?», si chiede Nando Simeone, dirigente di Sinistra Anticapitalista proprio come l’ex senatore che ruppe nel 2007 con il governo Prodi, e fu espulso da Rifondazione con la sua corrente, proprio sul nodo delle missioni militari.
Simeone: «La guerra non figura nell’agenda di Sinistra Italiana»
Simeone e Turigliatto sono stati i protagonisti di una tavola rotonda sulla guerra organizzata nel corso del primo congresso nazionale della loro organizzazione. Con il centinaio di delegati, sono arrivati a Chianciano, infatti, anche i dirigenti di quasi tutto quello che si muove a sinistra al di fuori del controverso progetto della Grande Sel. C’erano Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione che, per non sciogliersi nel “nuovo” Pds, subirà una ennesima mini scissione; Giorgio Cremaschi, lungo passato nella Fiom e un presente in Ross@; Luca Scacchi del Partito Comunista dei Lavoratori. Dibattito vero, a tratti crudo, ma comunque in un clima di buona cordialità tra tutte le organizzazioni coinvolte.
Nella sua introduzione, Simeone ha rievocato l'”oceano pacifico” e le città impavesate con l’arcobaleno e, tredici anni dopo, un paesaggio irriconoscibile segnato dalla sconfitta di quel movimento (Ferrero, al contrario, è convinto che abbia sedimentato) dentro la successione di sconfitte del movimento dei lavoratori. Proprio allora la sinistra radicale perse la faccia sul tema della guerra che, ora, la guerra piomba in casa sotto le spoglie di effetti collaterali, con gli attentati di Parigi o le colonne dei profughi, ma la paura fa trovare un clima accogliente per la militarizzazione delle metropoli, in Italia, così come per lo stato d’eccezione in Francia, sancito dall’union sacrée da Le Pen fino al Pcf e in via di costituzionalizzazione da parte del governo “socialista” Hollande/Valls. «Roma è militarizzata e nessuno sembra aver qualcosa da dire – avverte Simeone – la guerra non figura nelle agende di Sinistra Italiana ma nemmeno in quelle della coalizione sociale (che pare già avaporata, ndr) o dei centri sociali».
In realtà, nel venticinquennale della prima guerra del Golfo, una manifestazione è stata chiamata, a Milano e Roma, da un cartello guidato da Ross@, ma non ha visto marciare insieme i soggetti di questa tavola rotonda. Se per il Partito Comunista dei Lavoratori e Rifondazione è stata meglio di niente, per Sinistra anticapitalista, contenuti e modalità di costruzione erano irricevibili. Il nodo è quello di un neocampismo che affiora sempre più spesso nelle analisi del contesto internazionale e che vizia le mobilitazioni fornendo il miraggio di presunti campi “antimperialisti”, mistificando la natura e il ruolo di personaggi come Putin o Assad.
La proposta di Sinistra Anticapitalista, e dei suoi compagni di strada della rete anticapitalista, è quella di caratterizzare contro la guerra globale – e contro l’Isisi e ogni imperialismo – la giornata del 25 aprile ma quello che potrebbe accadere sulle sponde meridionali del Mediterraneo potrebbe stravolgere l’agenda di tutti.