Premessa
Vi è, nel dibattito economico
attuale, alla luce della possibile uscita dell’Italia dall’euro, un gran
ragionare sulle relazioni fra taso di cambio ed inflazione. Tale relazione
deriva dall’ovvia legge economica secondo cui il tasso di cambio agisce in
senso inverso sul tasso di inflazione, nel senso che una svalutazione tende ad
alimentare inflazione importata, aumentando i prezzi dei beni importati (che
devono essere pagati in valuta estera) ed una rivalutazione tende a moderare
l’incremento dei prezzi.
Per sostenere la fallacia di
questa ovvia legge economica, si porta in genere l’esempio del 1992: nel 1992,
la lira si svalutò del 20-25%, a seguito della grave crisi determinata dalla
speculazione sul tasso di cambio ed all’esaurimento del testardo (ed ingenuo)
tentativo di Ciampi di difendere il cambio prosciugando per secoli le riserve
valutarie della Banca d’Italia. E l’inflazione, anziché aumentare, si ridusse
di un punto rispetto al 1991, e continuò a decrescere, di ulteriori 0,7 punti,
anche nel 1993.
Tutto vero: peccato però che i
dati vadano interpretati alla luce della realtà storica di ciò che avvenne in
quegli anni. Altrimenti anziché fare gli economisti facciamo i ragionieri, ed i
ragionieri muoiono di fantozzismo. Per dimostrare sulla base dei dati reali
l’esistenza, e la significatività, di una relazione inversa fra tasso di cambio
e tasso di inflazione mi sono preso la briga di stimare, con il metodo dei
minimi quadrati ordinari, una equazione rappresentativa dei fattori
determinanti il tasso di inflazione. E l’ho stimata proprio con i dati statistici
del periodo 1970-1999, che include dunque il caso del 1992.