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sabato 30 marzo 2013

In memoria di Enzo Jannacci, il medico della nostra anima, di Riccardo Achilli


di Riccardo Achilli


Si è spenta, il 29 marzo 2013, dopo una lunga battaglia contro il cancro, la generosa vita di Enzo Jannacci. Ironico disvelatore della faccia feroce che il Potere nasconde dietro la benevolenza apparente con i suoi sudditi, delicatissimo cantore degli emarginati, degli ultimi, di quelli la cui vita disperata sfiora appena quotidianamente, spesso senza neanche turbarla, la nostra spessa corazza di indifferenza (il barbone ucciso solo perché innamorato di una ragazza del bel mondo in “El purtava i scarp del tennis”, oppure i contadini di “Ho visto un re”, che non soltanto sono stati depredati di tutto dal Re, dall'Imperatore e dal Cardinale, ma devono addirittura mostrare, a comando, allegria, onde non turbare l'ipocrita tranquillità con cui i potenti si difendono dall'orrore delle loro azioni di prevaricazione).

Straordinario cardiologo, che operò addirittura dentro l'équipe del luminare sudafricano Christiaan Barnard, ha scelto di allontanarsi da una vita profesisonale che lo avrebbe facilmente ricoperto d'oro e di fama, per avventurarsi nel difficile, competitivo e rischioso mondo dello spettacolo. Per non tradire il bambino che era dentro di sé, e scoprì così una vena creativa straordinaria, che dalla musica lo porterà al cabaret, al teatro, alla televisione ed al cinema, senza mai abbandonare quello spirito libertario, canzonatorio, anticonformista, dissacrante, che lo porterà ad attraversare l'Italietta piccolo-borghese del blocco catto-comunista della prima repubblica, demolendone miti, paradigmi, squallori e piccole miserie nascoste dietro la facciata perbenista, svelandone grandi e piccole ingiustizie soffocate dal mito del benessere del boom industriale (anche con la tecnica della “storia minima”, ovvero del racconto minimalista di personaggi comuni, si pensi al dramma umano del “Soldato Nencini”, meridionale costretto a fare il servizio militare in una fredda ed ostile Alessandria, che per servire una Patria che non conosce e non sente vicina, sta perdendo l'amore della sua fidanzata rimasta al Sud, si pensi alla tragedia fra fratelli dell'"Armando", che rompe tante illusioni piccolo-borghesi sull'idillio delle relazioni famigliari).

La mia generazione è stata forse fra le ultime ad essere educate dalle canzoni di Jannacci, in un panorama culturale e musicale italiano segnato dalla mediocrità e dal conformismo sciocco e superficiale. Non è quindi per modo di dire che affermo che, il 29 marzo, anche una parte di me, la parte più cara, è scomparsa. Arrivederci, Enzo. Mi piace pensare che porterai anche dall'altra parte quel tuo spiritaccio ruvido e dissacrante, e che un giorno ci rivedremo.


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