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sabato 30 marzo 2013

UN SUCCESSO LA CONFERENZA DEL PROF. PRIBAC di Norberto Fragiacomo





 UN SUCCESSO LA CONFERENZA DEL PROF. PRIBAC AL NARODNI DOM DI TRIESTE
di
NorbertoFragiacomo


L’iniziativa del 22 marzo scorso del Comitato No Debito di Trieste è stata premiata da un discreto successo di pubblico e, soprattutto, dalla visibile soddisfazione dei partecipanti. Il professor Igor Pribac, sociologo e filosofo di chiara fama, ha lasciato in tutti una buona impressione, per la chiarezza espositiva, l’ottimo italiano e la disponibilità mostrata. All’inizio, mentre rivolgeva un breve saluto in sloveno, si è anche un po’ commosso, trovandosi a parlare all’interno dell’edificio che, sorto come casa della “slavità” triestina, fu per questo bruciato dalla teppaglia fascista nel 1920.
Dopo una rapida introduzione del sottoscritto, che ha chiarito il senso dell’iniziativa, l’ospite lubianese (in realtà, capodistriano) ha parlato per tre quarti d’ora abbondanti, per poi offrirsi ai numerosi quesiti dei presenti: il dibattito è proseguito fino alle sette di sera, in un’atmosfera piacevolmente rilassata malgrado la drammaticità dei temi affrontati.

La rivolta dei fiori in Slovenia, tra austerity e speranze di democrazia diretta”: più che rivolta, il termine adoperato dai manifestanti è “insurrezione”, ha precisato Pribac. 
Dopo aver riassunto efficacemente vent’anni di storia slovena (dal ’91, anno dell’indipendenza, ad oggi), il docente si è soffermato sulla genesi della protesta, nell’autunno 2012. Maribor, città industriale in crisi: il discusso sindaco, per fare cassa (ci ricorda qualcosa?), impianta un gran numero di autovelox nelle strade cittadine, e le multe fioccano. La cittadinanza reagisce: dapprincipio si accontenta di manomettere nottetempo gli impianti, poi invade le piazze al grido – rivolto al sindaco – di “sei finito!”. Alla maggioranza pacifica si aggiunge una piccola minoranza “militarmente” organizzata (chi erano? Non lo si sa ancora…): la risposta della polizia è esageratamente dura, l’indignazione monta e, alla fine, il sindaco si dimette. Nel frattempo, la protesta, nata per un motivo poco ideale e assai concreto, si espande nelle principali città – solo a Lubiana e Maribor, tuttavia, acquisterà carattere di massa e “permanente”.
L’obiettivo sembra essere la politica, accusata di non aver previsto la crisi, di essersi cullata - ed aver cullato il Paese - nell’illusione di una crescita senza limiti del PIL. Ci sono, tra i manifestanti, frange consapevoli, di sinistra, che inneggiano al socialismo democratico e alla democrazia diretta (Pribac cita i giovani dell’Università dei lavoratori e dei punk di Lubiana), ma la maggioranza silenziosa che, sugli schermi tv, segue con approvazione i moti pare essere piuttosto animata da un generico livore antipolitico. Nascerà un partito, dal movimento? Forsi sì – dice il conferenziere – forse ne nascerà anche più d’uno, e traccia un parallelismo con la situazione italiana (che giudica simile) e col fenomeno Grillo: anche in Slovenia ci sarebbe un comico pronto a fare da megafono all’insurrezione. D’altra parte è stato lo stesso Beppe a dirci che il suo è un format esportabile…
C’è un collegamento tra la protesta e i sindacati?, chiede un giovane di Falce e Martello. Pribac scuote il capo: no, i sindacati sono fuori dai giochi; si sofferma poi sulla struttura della società slovena, ancora impregnata – dice – di “socialismo” solidaristico (specie a livello di comunità locali), un retaggio del passato jugoslavo che, in qualche modo, ostacola il pieno sviluppo del libero mercato. Il giudizio sul capitalismo non è netto (il nostro sì, ma è cosa nota), mentre sull’Europa Igor Pribac ha le idee chiare: il processo unitario va rafforzato in un’epoca nella quale, sotto la spinta della crisi, riemergono nocivi nazionalismi. In effetti, si concorda sul dato che un singolo popolo, piccolo o grande che sia, non è in grado di opporsi allo strapotere della finanza internazionale: urgono alleanze dal basso, la creazione di un fronte di resistenza solidale a livello europeo. La Slovenia non può esiliarsi dal mondo su un’isola di socialdemocrazia autarchica: questo, si potrebbe aggiungere, vale anche per l’Italia, nonostante i suoi 60 milioni di abitanti.
Una televisione realmente europea potrebbe essere d’aiuto, afferma l’ospite; il problema, chiosiamo noi, è che i media sono appunto “mezzi”, che possono risultare utili o dannosi a seconda di chi li adopera. Molto interessante, infine, la critica che Pribac fa del concetto di democrazia diretta: per metterlo in pratica è indispensabile che le persone si informino, acquisiscano conoscenze, sacrifichino il loro tempo libero (invece dell’escursione, della passeggiata o della cena fuori, si sta in casa, a “studiare”). Quanti sarebbero davvero disposti a faticare, una volta passato l’entusiasmo del momento? Ecco una domanda su cui riflettere; a quelle di carattere tecnico-economico poste da un compagno il professore preferisce non rispondere, confessando di non avere sufficienti competenze di economia. In un mondo di presunti tuttologi, questa ammissione – molto socratica – di “ignoranza” è segno di serietà e intelligenza.
Su un punto alla fine siamo tutti d’accordo: l’evento è stato un “assaggio” di una collaborazione transfrontaliera che, più che utile, appare indispensabile, e potrà tradursi in iniziative comuni “sul campo” (es.: manifestazioni in contemporanea) e dibattiti/tavole rotonde al di qua e al di là del confine.

Un incontro con i giovani attivisti dell’Università dei lavoratori e dei punk – che Pribac ha indicato come la punta di lancia (intellettuale) del movimento – andrebbe organizzato dal Comitato entro la primavera: sarà importante coinvolgere nell’iniziativa il maggior numero possibile di associazioni progressiste italiane e slovene.




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