STORIA DI UNA MORTE ANNUNCIATA
di Francesco Salistrari.
Stiamo assistendo in queste ore all'agonia di un moribondo.
Ne osserviamo gli strepiti, il colorito cinereo, le parole insensate, il respiro pesante, assorbiamo l'aria tesa che si respira intorno a questo cadavere politico.
Sto parlando del PD, cioè di quell'esperimento mal riuscito di far convivere in un unico contenitore politico le due anime dell'Italia, quella di matrice comunista e quella democristiana. E benchè ormai di queste anime se ne avvertano solo eco lontane, non solo nel PD, ma all'interno della stessa società italiana, pur tuttavia il tentativo di conciliare cinquant'anni di contrapposizione ideologica e culturale, filosofica e morale, politica e sociale, non è andato a buon fine.
Lo vediamo chiaramente dalla situazione di impasse nel quale è piombato il partito ad appena due giorni dal voto, una situazione che vede il PD di fronte ad un bivio con strade che portano tutte verso una sconfitta, non più soltanto politica, ma storica.
E già osserviamo le due anime del PD dividersi tra chi vuole un accordo con i grillini (che rifiutano) e il PDL (che aspetta), tra chi tenta di salvare il salvabile (Bersani) e chi prova a sfruttare l'occasione per salire in sella (Renzi).
Una bella gatta da pelare, non c'è che dire.
Bersani, riconfermato almeno per il momento come leader del partito nonostante abbia portato la sua formazione a non vincere delle elezioni che sembravano praticamente in tasca, si trova oggi di fronte ad una scelta difficile, complicata, straziante. Deve scegliere in base a due criteri fondamentali quale strada percorrere, rispetto a quelle che ha di fronte. E questi due criteri sono ilbene del partito e il bene del paese.
La prima delle strade obbligate, sarebbe quella di chiedere nuove elezioni subito (fintando un tentativo di formare comunque un governo) e sperare nella non vittoria di Grillo alla prossima tornata. Il che, per gli interessi immediati del paese, sarebbe un problema (per non dire un dramma).
L'altra strada sarebbe quella di fare un accordo di governo con Grillo (ammesso che riesca a convincerlo), accordo che presupporrebbe una piattaforma di 5/6 punti programmatici da applicare subito tra cui senz'altro delle misure anti-crisi sul versante sociale (tipo il reddito di cittadinanza) e la legge elettorale. Fatto ciò, poi voto. Ma sarebbe una sconfitta politica enorme, perchè alle prossime elezioni vincerebbe sicuramente Grillo, che porterebbe sul piatto degli elettori le conquiste ottenute, il successo elettorale e una credibilità accresciuta, riuscendo senz'altro a portare al voto molti di quelli che a queste elezioni non hanno votato.
Altra possibilità sarebbe quella di provare a cooptare una parte (giusto i numeri necessari) dei parlamentari grillini e fare un accordo con Monti per la formazione di un governo, ma alle prossime elezioni la credibilità del PD starebbe a zero e prenderebbe una sonora lezione. O ancora proporre un “governissimo” in stile ammucchiata con il PDL (da studiare la formula migliore), ma nonostante probabilmente questa sarebbe la scelta migliore per la stabilità del paese rispetto all'agitazione dei mercati (vedi tu come siamo messi!!), sarebbe dal punto di vista elettorale e politico un autentico harakiri, anche ammettendo che entri in campo il maggior sponsor di questa soluzione, vale a dire il rampante Renzi.
In ogni caso, politicamente il PD sarebbe sconfitto e sarebbe costretto a ricostruire sulle proprie macerie. Nelle ipotesi di voto immediato o di accordo con il PDL (o governo Monti+trasfughi) sarebbe più semplice tenere insieme la baracca e ripartire. Certo, ciò presupporrebbe un completo azzeramento dei vertici, un rinnovamento profondo necessario a presentare il partito con un volto completamente cambiato, con un programma diverso, con un leader che abbia più carisma di Bersani. Renzi, insomma scalderebbe già i motori.
Nella peggiore delle ipotesi, quella di accordo con Grillo, benchè sia la migliore dal punto di vista degli interessi del paese, l'unica capace di dare risposte rapide alle prepotenti richieste sociali implicite nel risultato elettorale, l'unica in grado di affrontare e risolvere alcuni nodi cruciali della pericolosa situazione in cui versa l'Italia, sarebbe per il PD, dal punto di vista degli interessi del partito, un autentico suicidio, perchè le due anime tornerebbero a camminare per conto proprio. In altre parole, l'accordo con Grillo (sempre ammesso che il Movimento 5 Stelle ci stia e a sentire le dichiarazioni del comico genovese appare improbabile), significherebbe scissione.
Un bel dilemma.
Una situazione davvero drammatica per un partito che solo poche settimane fa, cioè vale a dire prima dell'esplosione dello scandalo dell'MPS (chissà come mai proprio adesso?), era sulla cresta dell'onda, pronto a governare il paese (certo in nome di un europeismo masochista), sicuro vincitore, protagonista della stagione politica che sembrava aprirsi insieme alle schede elettorali.
E invece adesso siamo qui. Ad osservare gli strepiti di un morente. Di quella morte lenta che passerà alla storia come la fine del Centrosinistra italiano.
Con buona pace di Blair, Clinton e soci, ai cui funerali abbiamo già partecipato tanti anni fa.
27 febbraio 2013
dal sito Memorandum di uno smemorato
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