ARCHIVIO TEMATICO (in allestimento. Pronto l'indice dei redattori)

giovedì 31 ottobre 2013

Bandiera Rossa, Aiuta la Lotta di Classe !


.. e sostiene la Campagna di Finanziamento 
di Sinistra Anticapitalista !

martedì 29 ottobre 2013

TRAGEDIA SIRIANA: LA PAROLA AD ANTONELLO BADESSI




TRAGEDIA SIRIANA: LA PAROLA AD ANTONELLO BADESSI 



 La conversazione con Antonello Badessi (esponente romano di Sel) che qui proponiamo, è la prima di un breve ciclo dedicato alle odierne, drammatiche vicende siriane. Il nostro intento è quello di far confrontare più punti di vista sul tema, nella consapevolezza che nessuno di essi potrà da solo sciogliere tutti i nodi della più intricata tra le grandi partite della politica internazionale. Naturalmente, queste premesse non rinviamo ad un relativismo assoluto. Intanto perché una volta sentite le diverse voci, ci prenderemo cura di mettere nero su bianco accordi e disaccordi con i nostri interlocutori. In secondo luogo, perché -a monte- abbiamo scelto di non prendere in considerazione quelle posizioni che risolvono la più che sacrosanta opposizione alle manovre degli imperialisti occidentali in un ritorno alla logica "campista". A quei discorsi, cioè, per cui bisogna vincolarsi agli input e alle linee di politica estera di blocchi geopolitici considerati alternativi a quello dominante. Di questo impianto, per fortuna non si trova traccia nelle risposte di Badessi che sembrano piuttosto rinviare alla ricerca di una "terza via" rispetto alle posizioni che hanno sin qui dominato il dibattito a sinistra sulla Siria.

lunedì 28 ottobre 2013

RIFONDAZIONE COMUNISTA, FINE DI UNA STORIA di Marco Veruggio



RIFONDAZIONE COMUNISTA, FINE DI UNA STORIA
di Marco Veruggio

Comitato Politico Nazionale PRC

Portavoce nazionale dell’Associazione ControCorrente per una Sinistra dei Lavoratori




In vista dell’imminente congresso di Rifondazione i compagni dell’Associazione ControCorrente iscritti al PRC hanno deciso di non presentare un proprio documento né di sostenere documenti presentati da altri compagni. Una decisione che nasce da un giudizio di fondo: l’esperienza di Rifondazione Comunista si è chiusa, vittima delle proprie interne contraddizioni e delle decisioni di gruppi dirigenti che per anni hanno predicato bene la propria alterità rispetto al PD e ai partiti del centrosinistra, ma hanno razzolato male continuando ad allearvisi ovunque fosse possibile. In nome dell’unità a sinistra si è sacrificata l’unità coi settori sociali che un partito comunista dovrebbe rappresentare. In nome della presenza nelle istituzioni, pur presentata come un mezzo e non un fine, si è abbandonata la presenza nei posti di lavoro, nelle scuole e nelle università, nei movimenti di lotta, dove certo spesso ci sono gli iscritti del Partito, ma non c’è il Partito, se non quando c’è da lucrarvi qualcosa sul piano elettorale.

Nella storia di un’organizzazione politica ci sono dei punti di non ritorno. Rifondazione Comunista non è un’araba fenice che può risorgere dalle proprie ceneri. Il logoramento politico, organizzativo, finanziario; l’apparire come parte integrante di un sistema politico travolto da una crisi di credibilità generalizzata; la sostituzione della discussione politica con uno scontro tra comitati elettorali e gruppi di interesse in cui la politica è al più un paravento dietro al quale nascondersi, tutto ciò fa sì che oggi l’unica discussione su cui misurarsi sia il superamento di questa esperienza in direzione di un progetto nuovo, costruito su una linea politica di indipendenza di classe e di autonomia politica e organizzativa dal centrosinistra e dallo Stato. Ma questa discussione non ha spazio nell’attuale gruppo dirigente né tra gli iscritti c’è la convinzione che essa sia possibile. Al più aspettano per vedere che cosa succederà.

domenica 27 ottobre 2013

COSTRUIRE L'ALTERNATIVA CON UNA GRANDE BATTAGLIA PER IL WELFARE di Maurizio Zaffarano






COSTRUIRE L'ALTERNATIVA CON UNA GRANDE BATTAGLIA PER IL WELFARE
di Maurizio Zaffarano



Mi interessano sempre meno anzi forse mi hanno sempre lasciato indifferente le 'grandi questioni' su cui è solita dividersi la sinistra o in genere l'opposizione di sistema nella sua irrefrenabile attrazione per l'onanismo intellettuale e l'osservazione meticolosa e ossessiva dell'ombelico: dobbiamo ancora definirci di sinistra? bisogna essere radicali o riformisti? deve prevalere la vocazione a governare o la pratica antagonista dell'opposizione? un nuovo soggetto politico può nascere solo attraverso la connessione dei movimenti di base e delle vertenze territoriali oppure (anche) grazie alla fusione delle residue compagini di sinistra esistenti? 
Esiste invece una immensa battaglia da condurre da parte della sinistra o chiamatela come vi pare per riconquistare la supremazia e la centralità politica, culturale, sociale: quella per il welfare. Cioè per garantire a tutti un reddito attraverso lavori socialmente utili e investimenti produttivi pubblici, per la casa, trattamenti pensionistici dignitosi, l'accesso alla scuola e all'università e ad una sanità di qualità, la fruizione dei trasporti e delle reti di comunicazione, per l'assistenza ai disabili.
E' in questa battaglia che si raggiunge unità d'azione e rappresentanza di tutta la classe lavoratrice e dei ceti subalterni, senza divisioni tra giovani e vecchi, uomini e donne, occupati e disoccupati, precari e garantiti, poveri e ceti medi.
E' in questa battaglia che mette insieme valori etici e interessi materiali – pancia, cuore e testa – che riacquistano significato e attualità parole come socialismo e comunismo, lotta al capitalismo e alla dittatura dei mercati finanziari, che si può comprendere il carattere ferocemente violento del profitto e delle politiche di austerità e l'assurdità degli 80 miliardi di euro di interessi all'anno che ci costringe a pagare la folle architettura monetaria che è stata imposta all'Europa, che i principi affermati dalla nostra Costituzione nata dalla Resistenza diventano materia viva e non più astratte enunciazioni giuridiche.
Una grande battaglia, in cui dimenticare arroccamenti e distinguo oggi francamente incomprensibili e anacronistici, da combattere città per città, paese per paese, casa per casa con un'organizzazione politica che si costruisca come rete di ascolto, di solidarietà, di mutuo aiuto offrendosi come concreto punto di riferimento per i cittadini attraverso tutte quelle esperienze (utilizzo e occupazione di beni pubblici, gruppi di acquisto, orti urbani, banche del tempo, tutela legale, sostegno alle iniziative di autogestione delle aziende, ambulatori medici e dentistici popolari) necessarie per resistere in questi tempi tragici e per ricostruire una visione del futuro.

domenica 20 ottobre 2013

LA ROSS@ PRIMAVERA DI GIORGIO L’IRRIDUCIBILE di Norberto Fragiacomo




LA ROSS@ PRIMAVERA DI GIORGIO L’IRRIDUCIBILE
Cremaschi a Trieste: se la sinistra fa la destra, vuol dire che è destra
di
Norberto Fragiacomo


Ai primi d’un ottobre nato d’inverno e sbocciato in primavera, Giorgio Cremaschi ha fatto tappa a Trieste, città alla quale, per ragioni familiari, si dice assai legato.
Una giornata intensa, la sua, da sindacalista vecchio stampo: nel pomeriggio una riunione coi compagni triestini della Rete 28 Aprile (ciò che resta dell’opposizione in CGIL, dopo il riallineamento “critico” di Maurizio Landini); la sera, poi, sfidando il vento e la stanchezza, la presentazione di Rossa@ (Resistenza, Organizzazione, Socialismo, Solidarietà, @nticapitalista), movimento politico/non partitico sorto pochi mesi fa, nella Bologna che un tempo aveva quel colore.
Quanti eravamo ad ascoltarlo nella saletta della Scuola interpreti e traduttori di via Filzi? Tra i trenta e i cinquanta, a seconda dei momenti; ma sono certo che nessuno degli intervenuti ha rimpianto il televisore acceso e il tepore di casa, perché Cremaschi è un oratore coinvolgente, straordinario, e solo in quella stupida scatola che abbiamo in soggiorno può essere messo sotto dai cloni malriusciti di Santoro che, senza curarsi di argomentare, abusano dell’immenso potere concesso al conduttore (allineato). Democrazia televisiva, appunto. Una democrazia da “Mondo nuovo” (Huxley).

sabato 19 ottobre 2013

L'INEVITABILE VIA VERSO IL DEFAULT di Riccardo Achilli




L'INEVITABILE VIA VERSO IL DEFAULT

 di Riccardo Achilli




Non c’è alternativa per il default della nostra economia entro, nel migliore dei casi, i prossimi cinque o sei anni, forse anche entro un paio di anni. Non è una questione di voler fare i catastrofisti in nome di un atteggiamento di “tanto peggio tanto meglio” che altro non è che l’elevazione dell’imbecillità a categoria della politica. Non è nemmeno una questione di teorie economiche che possono confrontarsi ed arrivare a conclusioni diverse l’una dall’altra. E’ una mera questione di identità contabili, cioè di semplici equazioni meramente descrittive, e non interpretative, dei funzionamenti di fondo dell’economia, che quindi non hanno colore teorico o politico, e sono accettate da tutti.

giovedì 17 ottobre 2013

LA LEGGE DI STABILITA’ di Renato Costanzo Gatti




LA LEGGE DI STABILITA’
di Renato Costanzo Gatti

Non affronterò la legge di stabilità con il bilancino del farmacista per vedere se pagherò più o meno tasse, se avrò più o meno servizi, se il mio comune sarà in grado di sopravvivere. In effetti questa legge, così come è uscita, richiederebbe proprio il bilancino del farmacista, visto che il governo ha dato una regolatina a tutte le vitarelle della macchina pubblica senza quello slancio gagliardo che molti si aspettavano (non conoscendo bene né Saccomanni né Letta).
A mio parere la legge che è uscita denuncia in pieno la mia tesi su gran parte del pensiero del PD , e la mia tesi è che quel partito, che pur, in parte, si vanta di essere l’erede della tradizione marxista italiana così come interpretata dal PCI , non ha elaborato fino in fondo la natura socio-economica della crisi che stiamo attraversando. Quel partito dimostra cioè, così come avevo temuto, di non interpretare la crisi come una crisi sistemica e profonda del capitalismo nella sua versione finanziaria, ma di considerarla come un incidente di percorso nel virtuoso procedere del capitalismo finanziario stesso, dove è sufficiente osservare parametri apodittici dei trattati e soprattutto limitare l’ingerenza dello stato nell’economia, per calmare l’ira del mostro capitalistico, e poi il mercato avrebbe pensato a risolvere i difetti dei singoli paesi dell’unione e far convergere i fondamentali come premessa di un rilancio dello sviluppo e dell’Europa.


mercoledì 16 ottobre 2013

IL CAPITALE, L'IMMIGRAZIONE E IL SUICIDIO A SINISTRA di Emiliano Brancaccio




IL CAPITALE, L'IMMIGRAZIONE E IL SUICIDIO A SINISTRA di Emiliano Brancaccio



Contestare il reato di immigrazione clandestina senza aprire una contesa più generale per il controllo dei movimenti di capitale e per un'alternativa di politica economica, costituisce un suicidio politico. Spunti di riflessione per una "sinistra" allo sbando, da tempo incapace di dare coerenza logica alle fondamentali battaglie contro l'avanzata dei movimenti xenofobi e razzisti. 

Pubblicato sul Financial Times il 23 settembre scorso, il “monito degli economisti” denuncia la mancata volontà delle classi dirigenti europee di concepire una svolta negli indirizzi di politica economica, e individua in tale mancanza una causa delle “ondate di irrazionalismo che stanno investendo l’Europa” e dei relativi “sussulti di propagandismo ultranazionalista e xenofobo”. La recente tragedia di Lampedusa costituisce un esempio terrificante delle conseguenze di questa palese ignavia politica. Il riferimento non è solo al raccapricciante tentativo del Presidente della Commissione europea Barroso di mettere un velo su questa vicenda ricorrendo a una elemosina. Il problema sta pure nel modo in cui le forze di sinistra si sono lanciate in una battaglia per l’abolizione del reato di immigrazione clandestina previsto dalla legge Bossi-Fini. 

lunedì 14 ottobre 2013

ALITALIA: IL CAOS CONTINUA di Renato Costanzo Gatti




ALITALIA: IL CAOS CONTINUA
di Renato Costanzo Gatti


L’Alitalia della CAI e dei capitani volonterosi in quattro anni ha perso 1.200 milioni; la bad company Alitalia è costata ai contribuenti italiano circa 4.000 milioni. Il patrimonio netto e sotto zero. Le cose erano note da tempo e un governo che ambisca ad avere questo nome avrebbe dovuto affrontare per tempo questo problema. Invece c’è voluta la minaccia di ENI di bloccare il rifornimento di cherosene per costringere il governo alle solite soluzioni presciolose (che si sa, come le gatte, fanno i gattini ciechi).
Prima considerazione quindi è quella di un governo che non sa affrontare i problemi per tempo (vedasi ad esempio Telecom) e vive nell’emergenza, senza una strategia, senza un disegno chiaro. E vivendo nell’emergenza e non avendo un disegno chiaro ha imboccato una strada che tende a tenere a galla il cadavere vivente per poter meglio trattare con Air France.
Da una parte fa terrorismo sulle condizioni poste da Air France circa il ruolo che Alitalia avrebbe nel salvataggio di Air France, operazione sterile perché purtroppo, per causa di Berlusconi e dei volonterosi italiani, l’unica alternativa alle proposte penalizzanti di Air France è il fallimento.
Dall’altra parte costruisce un progetto tutto passeriano che prevede:
aumento del capitale di 300 milioni cui se ne aggiungerebbero 200 delle banche;
i componenti del Cda propongono questo aumento, che pure i soci approveranno, ma approvare un aumento di capitale significa che la società necessita di nuovo capitale MA NON SIGNIFICA SOTTOSCRIVERLO, non significa cioè che al voto favorevole del socio corrisponda l’effettiva assunzione di impegno a versare i soldi per il capitale;
il consorzio bancario di garanzia anticipa 100 milioni come “bridge to equità”. Poiché i soci hanno tempo fino al 31 dicembre a sottoscrivere e versare il capitale, il consorzio anticipa 100 milioni che poi gli saranno restituiti con i soldi versati dai soci per onorare l’aumento di capitale.
I soci che già dovrebbero sottoscrivere il capitale sono: le poste italiane per 75 milioni, Benetton 50 milioni e conseguentemente Air France per altri 75 milioni. Il versamento di Benetton si spiega con il fatto che essendo Benetton cointeressata in Adr, perdere Alitalia significa far fallire gli aeroporti di Roma. Si raggiungono così 200 milioni;
il consorzio bancario di garanzia si è impegnato a sottoscrivere 100 milioni di eventuale inoptato, cosicchè i 100 milioni di “bridge to equity” diventano capitale sociale a tutti gli effetti.

domenica 13 ottobre 2013

LA VIA MAESTRA PER UN'ALTERNATIVA POLITICA IN ITALIA di Maurizio Zaffarano





LA VIA MAESTRA PER UN'ALTERNATIVA POLITICA IN ITALIA
di Maurizio Zaffarano



Nel giorno della manifestazione per la difesa e l'attuazione della Costituzione ed in attesa di eventi di mobilitazione non meno importanti quali lo sciopero generale dei sindacati conflittuali del 18 ottobre e dei movimenti sociali contro austerità e precarietà e per il diritto alla casa del 19 ottobre, si deve onestamente riconoscere che oggi Maurizio Landini e Stefano Rodotà sono tra i pochissimi, se non gli unici, personaggi a sinistra in grado di raccogliere – per autorevolezza, carisma, prestigio – un seguito popolare vasto.
E questo senza dimenticare il ruolo ambiguo che Maurizio Landini sta giocando in una CGIL sempre più subalterna alle politiche classiste e antisociali dei governi partecipati dal PD e rispetto agli accordi sulla rappresentanza sindacale che forse salvano il ruolo della sua Fiom ma che nel contempo illegittimamente negano spazi di azione e di lotta alle organizzazioni conflittuali e non allineate come la USB.
Stante il credito di cui godono Landini e Rodotà e considerata la drammaticità della situazione italiana continuo comunque a pensare che sarebbe un grave e colpevole errore se i cittadini, i movimenti, le personalità che hanno animato la manifestazione per la Costituzione non sentissero il dovere, nella consapevolezza della forza popolare e del seguito mediatico che sono in grado di mobilitare, di dare vita ad una proposta politica alternativa per cambiare questo Paese.
Se la Costituzione indica nei partiti la forma attraverso la quale i cittadini partecipano alla contesa politica, sarebbe singolare se proprio coloro che indicano nella difesa e nell'attuazione della Costituzione la priorità assoluta della vita collettiva pensassero di poter dar seguito all'imperativo categorico di cambiare la cosa pubblica italiana senza passare dalla via maestra dell'organizzazione partitica e del confronto elettorale.
La non applicazione da parte degli ultimi governi della volontà dei cittadini espressa con il referendum sull'acqua dimostra che non basta affermare dei pricipi e su questi ottenere la partecipazione della maggioranza dei cittadini se non si controllano le leve del potere. E questo vale tanto di più per i principi costituzionali.
Dopo i fallimenti del passato nella formazione di coalizione politiche alternative si possono comprendere prudenza e ponderatezza, è vero che la Costituzione dovrebbe essere patrimonio di tutti e non solo di una specifica parte politica, ma è altrettanto vero che questo non è più il momento dei tatticismi e che alla menzogna assunta come metodo di governo e alla doppiezza dei partiti che hanno occupato le Istituzioni del Paese serve contrapporre risoluzioni e messaggi espliciti, chiari, trasparenti.
Non è più tempo di aspettarsi conversioni e rinsavimenti da parte di un PD che ha esplicitamente scelto di porsi al servizio del grande potere capitalistico e che proprio per questo si è dato il compito di stravolgere, sotto la regia di Napolitano, la Costituzione insieme a Berlusconi e ai suoi dipendenti: serve al contrario sconfiggerlo contrapponendogli la forza delle idee e della mobilitazione popolare, diventarne un concorrente sul piano elettorale e aggredirne il bacino di consenso per sconfiggerne i progetti liberticidi. Piuttosto è forse il Movimento 5 Stelle che potrà diventare un possibile interlocutore di questo Partito della Costituzione.
E' indispensabile che i comunisti e i socialisti, in forma visibile e organizzata per avere la forza di condizionarne la direzione e con l'orgoglio delle proprie convinzioni e delle proprie visioni, siano presenti, se mai vedrà la luce, in questo vasto schieramento progressista, democratico, costituzionale, unito come in nuovo Comitato di Liberazione Nazionale da alcuni punti fondamentali: la denuncia dei trattati europei e dell'austerità, l'intervento pubblico nell'economia, l'antiliberismo, i diritti sociali e civili, la pace, l'ambiente, la lotta alle mafie e alla corruzione.





sabato 12 ottobre 2013

Costituzione , Lavoro , Diritti e Libertà ! Scendiamo in Piazza !


“Costituzione, Lavoro, Diritti e Liberta!”
Scendiamo in Piazza !

E’ giunta l’ora di reagire, ora basta ! Fermiamo  la catastrofe economica , istituzionale , impediamo la distruzione della sovranità popolare!

> Oggi 12 Ottobre , Tutti in Piazza con Rodotà e Landini per difendere la Costituzione !

> Il 18 Ottobre , Sciopero generale con i sindacati conflittuali e di base per difendere il Lavoro !

> Il 19 Ottobre , con i No TAV , i No MUOS , con i Movimenti per il Diritto ad Abitare, per difendere la volontà popolare di decidere sul proprio 
ambiente di vita !

Tre Manifestazioni a Roma , una sola lotta !

“ Costituzione, Lavoro, Diritti e Libertà “

giovedì 10 ottobre 2013

LA SINISTRA E L'IMMIGRAZIONE di Maurizio Zaffarano



LA SINISTRA E L'IMMIGRAZIONE 
 di Maurizio Zaffarano 


Per chi crede che sia ancora possibile ed anzi doveroso rapportarsi alle grandi questioni politiche attraverso le categorie di destra e sinistra, il tema dell’immigrazione è certamente un fondamentale banco di prova.
Esiste la possibilità di affrontare da sinistra (con i valori della sinistra, proponendo soluzioni di sinistra) i problemi legati all’afflusso nei paesi ricchi, in Europa, in Italia, dei disperati in fuga dal sottosviluppo, dalla guerra, dalle repressioni ma anche alla ricerca di occasioni, evidentemente non sempre nel rispetto della legalità, di realizzazione personale? Oppure è totalmente indifferente il punto di vista di sinistra e di destra rispetto all’immigrazione ed è inevitabile il cedere al populismo leghista (ed ora anche grillino) del "fuori dalle balle", "tornate a casa", "portiamoli in Francia che ha provocato l’afflusso di migranti attaccando la Libia", "non possiamo mantenere anche loro se non riusciamo a mantenere noi stessi"?
Quale elettore di sinistra (e conseguentemente quale amministrazione di sinistra) ha atteggiamenti diversi da quelli della destra quando si prospetta, a due passi dal luogo dove abita, la realizzazione di un centro di accoglienza o di un campo nomadi, quando ci si vede scavalcati da un migrante nell'accesso ad una casa popolare o ai servizi sociali? Paradossalmente i flussi migratori, conseguenza della globalizzazione neoliberista (di destra) e che costituiscono uno degli strumenti attraverso i quali si indeboliscono diritti e retribuzioni dei lavoratori, diventano argomento di propaganda e di consenso della destra che gioca cinicamente sulle paure, sui "naturali" egoismi di ogni persona.
E d'altra parte se sono proprio i ceti al livello più basso della scala sociale i primi a pagare le conseguenze di un'immigrazione tumultuosa e non governata, trovandosi a concorrere sul mercato del lavoro con persone disposte a rinunciare a retribuzioni dignitose, a diritti sindacali e protezioni sociali, perché l'assenza di politiche di accoglienza unite all'insufficienza dei servizi sociali determina il degrado anzitutto delle periferie popolari, è un gioco da ragazzi per le forze populiste e xenofobe additare loro i colpevoli di tutti i propri problemi. In realtà è proprio la sinistra e solo la sinistra che potrebbe dare una risposta risolutiva alla questione dell'immigrazione.

martedì 8 ottobre 2013

PERCHE' LA QUESTIONE-IMMIGRAZIONE VIENE AFFRONTATA MALE SIA "DA SINISTRA" CHE "DA DESTRA" di Giuseppe Angiuli





PERCHE' LA QUESTIONE-IMMIGRAZIONE VIENE 
AFFRONTATA MALE SIA "DA SINISTRA" CHE "DA 
DESTRA"
di Giuseppe Angiuli


In una società come quella italica, imbevuta fin nel midollo di moralismo ipocrita da salotto, le tragedie legate al dramma dell’immigrazione clandestina di massa, come quella appena consumatasi nel mare di Lampedusa, lungi dal costituire una occasione proficua per intavolare una seria discussione sul fenomeno, forniscono prevalentemente il pretesto per portare la propria coscienza (individuale e collettiva) in lavanderia: ci si strappa le vesti, si finge di indignarsi, si annunciano misure ed interventi finalmente “risolutivi” ma poi, nella realtà dei fatti, non accade assolutamente nulla.
Nell’opinione pubblica di casa nostra è venuta meno da tempo – se mai vi è stata – quella capacità di sapere leggere e affrontare gli eventi con lucidità e senso critico, mentre qualsiasi questione problematica della nostra epoca finisce molto facilmente per trasformarsi in una discussione da “bar dello sport”, ammantata di partigianeria e luoghi comuni.

E in una società dove “destra” e“sinistra” sono da tempo diventate soltanto due forme complementari di vuoto e astratto identitarismo, quando accade una tragedia come questa, che ha sepolto negli abissi un gran numero di inermi disperati dalla pelle scura, si assiste ad un vero e proprio trionfo di luoghi comuni, per l’appunto “di destra” e “di sinistra”.

lunedì 7 ottobre 2013

DOCUMENTO DEI GRUPPI DI LAVORO AUTOCONVOCATI PER IL CONGRESSO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

cropped-autoconvocati_1000x288.jpgPubblichiamo il documento dei gruppi di lavoro autoconvocati dei comunisti e delle comuniste di Roma per il Congresso di Rifondazione Comunista. Gli altri due documenti   sono rispettivamente quello della Maggioranza che fa riferimento al segretario Ferrero e alla tendenza di FalceMartello.




Documento congressuale n.3  PRC 2013       

 

Per la Rifondazione di un Partito Comunista

unire la classe, organizzare il conflitto, costruire l’intellettuale collettivo
 Mi sono convinto che anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio. Mi sono convinto che bisogna sempre contare solo su se stessi e sulle proprie forze, non attendersi niente da nessuno e quindi non procurarsi delusioni. Che occorre proporsi di fare solo ciò che si sa e si può fare e andare per la propria via.

Antonio Gramsci (dalla lettera al fratello Carlo del 12/09/1927)

Premessa: perchè questo documento
I congressi nella vita di un Partito devono servire a fare un bilancio rigoroso del lavoro svolto, fissare la linea politica per il futuro e scegliere il gruppo dirigente adatto a perseguirla. Soprattutto in una fase come questa segnata da pesanti sconfitte e arretramenti, che mettono a rischio la stessa sopravvivenza del PRC, c’è bisogno di un congresso davvero “straordinario” che segni una reale discontinuità di linea politica e quindi dei gruppi dirigenti. Come compagni provenienti da diverse collocazioni ed esperienze nel Partito, abbiamo richiesto che la discussione si concentrasse sulle principali scelte da compiere nell’attuale difficile contesto e che le diverse opzioni e tesi che si confrontano-scontrano nel Partito avessero medesima dignità (in termini di presentazione in tutti i congressi, verifica del consenso anche ai fini della elezione dei delegati e dei nuovi gruppi dirigenti, ecc…).
Abbiamo chiesto un congresso a tesi che con trasparenza valorizzasse le parti condivise e concentrasse al tempo stesso la discussione sul merito delle questioni controverse, evitando la proliferazione di documenti, ma dando sovranità-ruolo a tutti i compagni, al di là delle aree di riferimento o di provenienza, in un congresso che ripristinasse la dialettica e fermasse la degenerazione correntizia.
Non solo è stata respinta questa impostazione nella commissione regolamento e nel CPN, ma è stato anche alzato il numero di componenti del CPN necessari per presentare un documento alternativo (dal 3 al 10%), introducendo una logica tipicamente maggioritaria, quella logica che contestiamo ai nostri avversari politici.
Altro che congresso “straordinario”! Per dare piena dignità alle nostre proposte e tesi alternative, fuori da accordi precostituiti tra aree e gruppi dirigenti, non avevamo quindi altra possibilità che utilizzare lo strumento del documento alternativo sottoscritto da almeno 500 iscritti,.un documento che non prefiguri la creazione di una nuova area interna, ma volutamente centrato sulle questioni oggetto di questo congresso.
La raccolta delle firme ha rappresentato un impegno faticoso, ma ci ha permesso di coinvolgere e motivare centinaia di compagni, molti dei quali scettici e delusi. (abbiamo raccolto più di 850 firme). Una esperienza importante per tutto il partito in questa fase difficile, una significativa inversione di tendenza rispetto alla crisi di militanza che rende diverso questo documento!
A partire da noi quindi intendiamo praticare da subito le proposte di funzionamento che proponiamo a tutto il partito e, in relazione al consenso ricevuto, ci impegniamo a garantire la piena sovranità dei compagni dei circoli nella proposta ed elezione dei delegati alle istanze superiori e dei componenti dei comitati politici, sulla base di criteri trasparenti e verificabili legati all’impegno ed alla partecipazione al lavoro politico, per favorire un concreto rinnovamento dei gruppi dirigenti e rimuovere qualsiasi fenomeno di autoconservazione e arroccamento.

IL FALLIMENTO SOCIALE DEL CAPITALISMO di Fausto Rinaldi






IL FALLIMENTO SOCIALE DEL CAPITALISMO 
di Fausto Rinaldi




La crisi del 2007 ha sancito – anche per i più disattenti -  un clamoroso fallimento del mercato; meno evidente, ma ugualmente bruciante (almeno per la pletora di economisti neoliberisti “organici”, corifei del consolidato ordine borghese) quello della proprietà e produzione privata.
Come ampiamente dimostrato in occasione di passate crisi sistemiche, il capitale, fiero osteggiatore dell’ intervento statale a tutela delle fasce più deboli della popolazione, torna a concepire un intervento dello Stato per soccorrere il sistema creditizio e industriale attraverso forme di finanziamento che possano “aggiustare” i danni prodotti dagli eccessi degli “spiriti animali” incarnati dagli imprenditori rampanti e, nel caso in questione, finiti con le chiappe a bagno. Quindi, ecco che si invocano interventi per ripianare i buchi di bilancio dell’ allegro sistema bancario, lanciatosi a capofitto nel vortice della finanza strutturata e riempitosi di titoli del tutto inesigibili; oppure, richiedere provvedimenti legislativi a sostegno della produzione, incentivi, sgravi, etc..: il più classico degli esempi di privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite.
In ogni Paese capitalista, la funzione subordinata dello Stato nei confronti degli interessi del capitale è sistematicamente sottintesa; anche laddove l’ aiuto statale preveda l’ acquisizione di quote di maggioranza di una banca o di una società, la prassi è quella di un non coinvolgimento nella loro diretta gestione.
E’ evidente che, fino a quando non si porrà termine a questi squilibri, la speranza che la collettività possa prendere possesso delle sorti macro economiche dei Paesi resterà confinata nell’ ordine di una mera, improbabile possibilità.
Il tentativo di risolvere la crisi attraverso aiuti agli imprenditori privati (pronti, al momento opportuno, ad aumentare il metraggio degli scafi dei propri yacht con i denari pubblici) o dilapidando fortune di soldi pubblici nel pozzo senza fondo della smisurata insolvenza delle banche - che, comunque, continuano a tesaurizzare questi fondi senza immetterli nel circuito del credito – non può che condurre ad un ulteriore peggioramento dei conti statali, sulla base dei quali l’occhiuta UE determina politiche di sanguinolento rigore a carico delle popolazioni.
E’ di assoluta priorità la creazione di un sistema pubblico che sia in grado di competere convenientemente con quello privato, soprattutto nelle produzioni di merci e servizi di primaria importanza per il benessere della collettività (sistema bancario, sanità, energia, infrastrutture, servizi di pubblica utilità, etc.); sarà decisivo slegare il management dal controllo partitico – sistema ad alta corruzione aggiunta che ha caratterizzato il malaffare e la commistione con gli “interessi di corridoio” delle grandi imprese private - creando un’ etica che abbia come base fondativa quella del perseguimento, bilanci alla mano, degli interessi della popolazione; in funzione, cioè, di tutti quei principi dimenticati nella deificazione anarchica della ricerca del profitto ad ogni costo, come, ad esempio, la salvaguardia dell’ ambiente e della salute morale, psicologica e fisica delle comunità; inoltre, curando che le meccaniche di funzionamento del sistema siano scandite da rigorosi principi di rotazione da parte dei vertici aziendali, allo scopo di evitare quei fenomeni di sclerotizzazione partitica, di stampo para feudale, che hanno condotto a contaminare la gestione politica dell’ esistenza dei cittadini.
Inoltre, va affrontato con decisione il problema dello sviluppo delle forze produttive e i rapporti di produzione: infatti, le scoperte tecnologiche degli ultimi anni hanno dischiuso enormi possibilità di liberare tempo vitale per gli individui, anziché declinarne gli effetti verso la creazione di drammi sociali, attraverso l’ esclusione dal mondo del lavoro e la crescita di una disoccupazione buona solo a ridurre il costo del lavoro, ad uso e consumo del capitale.
Laddove, quindi, non si vorranno cedere tutti i vantaggi ad esclusivo appannaggio all’ interesse privato, sarà possibile ridurre considerevolmente l’ orario di lavoro, per includere nei processi produttivi anche quella fascia di persone che ne sono escluse, ampliando, nel contempo, le possibilità esistenziali di lavoratori che potranno così usufruire di più tempo libero che, sgravato da obblighi forzosi, potrà permettere di ricreare un modello esistenziale più soddisfacente ed equilibrato, liberato dalle eterne catene della produzione coatta di plusvalore.
Esistono enormi possibilità di creazione di benessere pubblico; se solo fossimo capaci di liberarci delle gabbie ideologiche innalzate dal sistema di potere capitalistico e dai suoi prezzolati corifei, appartenenti all’ intellighenzia borghese, al mondo accademico e scientifico, al giornalismo di regime.
Si tratta, una volta per tutte, di strappare tutte le ricchezze prodotte dalla società dalle rapaci mani dell’interesse privato, rovesciato nell’ estorsione da quelle istituzioni che dovrebbero limitarne la vocazione predatoria.
In una parola, vanno scardinati quei principi di stampo neoliberista attraverso i quali le popolazioni sono state inchiodate al complesso di colpa originario del “debito pubblico”, e alle quali è stata avvelenata l’ esistenza perché inesorabilmente sottoposte alle perverse logiche vomitate dall’imperio capitalistico.
La via verso un socialismo non produttivista e solidale è, più che mai, reale.
Solo attraverso la capacità di prospettare un modello sociale ed economico diverso e innovativo si potrà dare una risposta alla crisi culturale e civile, prima ancora che economica, che attanaglia le società occidentali a capitalismo avanzato.

Si sarà capito, leggendo fin qui: aveva ragione Marx quando osservava che la borghesia tutto traduce in termini economici; che, nella modernità borghese, il denaro è, finalmente e in senso assoluto, la misura di ogni valore; che, nel mondo borghese, i rapporti sociali non sono altro che l’organica e coerente manifestazione del processo di accumulazione del capitale.
E aveva ragione GuyDebord quando descriveva la società contemporanea a capitalismo maturo come “teatro della merce”, dove lo spirito del valore monetario domina, ridefinendo tutti i valori a partire da sé.
Nella mente borghese alberga solamente la logica dell’utile, del conveniente, del profittevole; il mondo borghese è il mondo dei calcoli economici e del mercato; la borghesia esiste, pensa, lavora, si ingegna per l’ unico estremo fine dell’accrescimento del capitale, stella polare di una vita degna e operosa.
E’ in questo buio antro di prospettive esistenziali recise che l’uomo moderno deve riprodurre la propria vita, con le devastanti conseguenze di fronte ai nostri occhi.
I valori borghesi hanno invaso e pervaso la coscienza collettiva, asservendo alle proprie logiche le vittime stesse della società capitalistica. Attraverso la sublimazione dei consumi a scopo ultimo dell’esistenza, si sono corrotte menti e distrutte esistenze.

venerdì 4 ottobre 2013

L’UNIONE EUROPEA, UN ORDINAMENTO POSTDEMOCRATICO di Norberto Fragiacomo




L’UNIONE EUROPEA, UN ORDINAMENTO POSTDEMOCRATICO
di
Norberto Fragiacomo


Dando vita, nei primissimi anni cinquanta, alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) Adenauer, De Gasperi e Schuman dimostrarono, ritengo, più generosità che lungimiranza. Certo, il loro sforzo unitario fu encomiabile: in un’Europa semidistrutta dalla guerra, e segnata da freschi rancori, mettere in comune il residuo potenziale economico-produttivo poteva apparire come un primo passo incoraggiante verso la rinascita del continente e, in prospettiva, la costruzione di un’identità condivisa. L’approccio cauto, “funzionalista” – imposto dalle circostanze – si rivelò tuttavia foriero di conseguenze negative, pienamente avvertibili solo al giorno d’oggi: quegli accenni alla concorrenza e a libertà squisitamente economiche, contenuti nei Trattati istitutivi, divennero, col tempo, ragion d’essere e ideologia del nuovo organismo il quale, man mano che si ingigantiva, sempre più accentuava la propria lontananza dalla popolazione europea cui, come interlocutore, venivano preferite le lobby dei produttori e degli affaristi.